Tempo di lettura: 3 minutiHD on the Bike e Open Day: un doppio appuntamento oggi e domani a Firenze per far luce sulla malattia di Huntington. Sono il frutto del lavoro di NOI Huntington, l’associazione italiana giovanile sulla malattia di Huntington, che promuove due giorni di sensibilizzazione, conoscenza, sport, musica e aggregazione all’insegna della consapevolezza e della condivisione. Insieme all’associazione LIRH Toscana e alla Fondazione Lega Italiana Ricerca Huntington e sotto l’ombrello della European Huntington Association (EHA).
La malattia
La malattia di Huntington è una rara malattia neurodegenerativa più diffusa di quanto si immagini. Infatti, in Europa e negli USA, la frequenza è stimata in 10-14 casi per 100.000 abitanti.Nel nostro Paese, la frequenza, anche se sottostimata, si aggira intorno agli 11 casi per 100.000 persone. Quindi, si tratterebbe di circa 6.000-6.500 persone malate solo in Italia, ma trattandosi di una malattia genetica dominante, le persone a rischio di ereditare la mutazione salirebbero a 30.000-40.000.
“La malattia di Huntington è una malattia rara dominante”, spiega il prof. Ferdinando Squitieri, Responsabile dell’Unità Ricerca e Cura dell’IRCCS Casa Sollievo della Sofferenza (San Giovanni Rotondo), della Neurologia dell’Istituto CSS-Mendel (Roma) e Responsabile Scientifico della Fondazione Lega Italiana Ricerca Huntington e malattie correlate (LIRH) di Roma. “Ciò significa che ogni figlio può ricevere il gene mutato da uno dei due genitori ammalati con un rischio del 50%. È una patologia grave, con andamento progressivo, invalidante sia per le implicazioni fisiche, che incidono soprattutto a livello motorio con spasmi muscolari di difficile controllo che portano a muoversi ‘danzando’ (tanto che la malattia è anche nota come còrea), sia per le ripercussioni intellettive. Una nostra recente ricerca ha identificato la variante giovanile più aggressiva nella presentazione e nell’evoluzione di questa malattia. Si tratta di una forma che colpisce i bambini, con manifestazioni cliniche e caratteristiche di danno cerebrale completamente diverse dagli adulti, nella quale una parte profonda dell’encefalo, non sembra svilupparsi adeguatamente, andando incontro a neurodegenerazione solo in un momento molto successivo, insieme ad altre parti dell’encefalo”, precisa Squitieri. “La nostra speranza, pertanto, è quella di agire sulla cattiva funzione delle cellule nervose, prima ancora che sulla loro morte, per prevenire l’insorgere e il progredire della malattia”.
Speranza nella ricerca e condivisione di una condizione che, benché rara, riguarda migliaia di persone, adulti e ragazzi, è stato l’obiettivo dell’ “HD On the Bike”, la pedalata di 20 km in bicicletta, con un percorso adatto a tutte le età, da Firenze a Campi Bisenzio. È partita questa mattina da Parco delle Cascine per arrivare a Campi Bisenzio presso la sede della Pubblica Assistenza.
L’Open Day sulla patologia, invece, pensato e realizzato proprio nel mese dedicato alla consapevolezza dell’Huntington, desidera mettere in rete persone che vivono esperienze simili, diffondendo e promuovendo la cultura dell’attività fisica e tutte le informazioni utili per far conoscere la rete italiana impegnata nella assistenza, nel sostegno e nella ricerca. Domani domenica 19 maggio, all’Abbazia di San Miniato al Monte, è previsto concerto e open day sulla malattia rara a partire dalle ore 16.00. Un appuntamento semplice, divertente e piacevole per informarsi e parlare con specialisti, familiari e associazioni per saperne di più e avere strumenti per combattere il pregiudizio della rarità.
“Un messaggio importante lanciato al termine della 14° Conferenza Annuale organizzata a Palm Springs dalla CHDI Foundation sulla malattia di Huntingtonruota intorno all’enorme sforzo che ricercatori e industria farmaceutica stanno compiendo per abbassare i livelli di huntingtina tossica” – continua Squitieri – “E questi sforzi sono legati in parte a farmaci antisenso, come quelli proposti da Rochee Wave Life Sciences https://www.wavelifesciences.com/, e in parte ad altre nuove tecnologie”.
“Oltre a ciò sono emerse altre tre strategie che non sono ancora in fase avanzata di sperimentazione clinica ma che risultano promettenti” – afferma Squitieri – “Una di queste è condotta da UniQure http://uniqure.com/ed è una terapia genica in senso stretto perché sfrutta un vettore virale per veicolare un gene che codifica per un frammento di micro RNA (miRNA), il quale rappresenta una sonda complementare all’RNA dell’huntingtina a cui si lega in maniera specifica e selettiva, riducendone così i livelli.
“Una seconda terapia in sperimentazione, proposta da Voyager Therapeutics https://www.voyagertherapeutics.com/ha come obiettivo quello di impedire che il gene mutato produca la huntingtina agendo su questo con tecniche di editing ma di nuova generazione, evitando un taglio e, quindi, un maggior carico di effetti collaterali” – conclude l’esperto – “Infine, c’è l’approccio proposto da PTC Therapeutics http://www.ptcbio.it/it/che sta studiando la possibilità di non infondere farmaci nel liquor, ma di fornire ai pazienti una terapia per via orale o per infusione nel circolo ematico. Gli studi prelimiari sul modello murino hanno messo in luce la possibilità di ridurre i livelli di huntingtina nell’encefalo fino all’80% con questa strategia. È una strategia pre-clinica interessante e non invasiva e dall’azienda hanno fatto sapere che sperano di arrivare a uno studio clinico di Fase I sull’uomo già a partire dal 2020”.
Programma – Sabato 18 maggio
In bicicletta da Firenze (viale della Catena, 2) a Campi Bisenzio (Via Orly ,39)
Programma – Domenica 19 maggio
Concerto e Open Day presso l’Abbazia di San Miniato al Monte, via delle Porte Sante, 34
Cos’è l’Huntington
L’Huntington è una malattia rara, genetica, neurodegenerativa, ereditaria. Per saperne di più leggi il Focus a cura di Osservatorio Malattie Rare: https://www.osservatoriomalattierare.it/malattia-di-huntington-che-cose
Terapia del dolore e diritto a essere curati, Federdolore: legge poco riconosciuta
News PresaSono passati quasi 10 anni dall’entrata in vigore della legge che garantisce assistenza e trattamenti per 15 milioni di italiani che soffrono di dolore cronico. Tuttavia in molte aree italiane non viene ancora applicata e Federdolore – SICD ha lanciato un appello. “Questa legge ha quasi 10 anni e purtroppo in molte aree italiane non è ancora applicata. Per chi non la applica non esistono sanzioni – spiega Giuliano De Carolis, Presidente Federdolore – SICD durante il Congresso Nazionale – Ma molti italiani non sanno che è un loro diritto essere curati per il dolore ed è un obbligo di legge per il medico curare il dolore. Se non viene fatto si può intravedere il reato di omissione nell’applicazione dei dettami della legge. Ci sono già le prime sentenze in merito a favore dei pazienti”
La rete prevede due tipologie di centri di riferimento per il paziente: quello chiamato hub e quello spoke. Quest’ultimo nasce per accogliere il cittadino in prima battuta, in cui viene valutato e trattato secondo le terapie famacologiche più idonee. Qualora la complessità del caso dovesse richiedere un livello di approfondimento superiore, il paziente viene inviato al Centro Hub per un ulteriori livello di trattamento.
“Ogni cittadino ha diritto allo stesso tipo di assistenza e trattamento: la legge parla chiaro – incalza De Carolis – Purtroppo è largamente disattesa ancora in molte regioni italiane, a danno soprattutto della salute fisica e psicologica dei pazienti.
Una tra le nostre mission è quella di informare il cittadino dei propri diritti soprattutto in un contesto fragile come quello della sofferenza in cui lottano milioni di persone fragili. Siamo certi che un lavoro sulla consapevolezza è uno dei passi fondamentali per sostenere un diritto così importante. Parallelamente è stata appena presentata alla Camera una risoluzione che impegna il Governo a svolgere azioni concrete per la terapia del dolore e cure palliative”.
Infertilità maschile, visite di prevenzione gratuite a Roma
PrevenzioneSe l’età della donna è uno dei fattori determinanti nel concepimento, anche l’età del padre ha la sua responsabilità. Già a partire dai 35-40 anni infatti gli spermatozoi subiscono una alterazione in quantità, qualità e mobilità.
“Si tratta di fattori indipendenti dall’età materna” spiega il Professor Salvatore Sansalone, specialista in Andrologia e Ricercatore all’Università di Tor Vergata: “già dai 35 anni e comunque a 45, si parla di APA, acronimo di Advanced Paternal Age, età paterna avanzata”.
Fattore poco considerato ma che ha una estrema rilevanza nelle tecniche di riproduzione assistita: la possibilità di portare a termine la fecondazione con una gravidanza aumentano se l’uomo ha meno di 41 anni . Nonostante l’effetto dell’età sul liquido seminale sia ancora controverso, è ormai acclarato che per ogni candeline spenta in più diminuisce del 2.6% nella concentrazione, dello 0.3% nel numero di spermatozoi mobili e dello 0,7% in termini di cambiamenti nella morfologia .
“Per questa seconda edizione dell’Open Day del Centro di Prevenzione dell’Infertilità Maschile della Clinica abbiamo deciso di sensibilizzare gli uomini a fare maggiore attenzione all’età in cui decidono di mettere su famiglia, spiegando che è vero che possono concepire sino a tarda età ma non senza rischi per il nascituro” ha spiegato il Professor Salvatore Sansalone, Responsabile del Centro.
Durante l’Open Day di mercoledì 5 giugno, presso la Clinica Sanatrix di Roma, si potrà effettuare una visita gratuita dalle 9 alle 13 e dalle 14.30 alle 18.30, prenotando telefonicamente. Prevederà anamnesi, esame obiettivo e valutazione anatomica.
Nei casi di inseminazione intrauterina (IUI) l’ età paterna avanzata è stata associata a più bassi tassi di gravidanza e aumento dei tassi di aborto spontaneo (a prescindere dall’età materna). Se confrontati con uomini <25 anni, gli uomini di APA (> 45 anni) avevano una probabilità 4,6 volte maggiore di non indurre la gravidanza fino a dopo 1 anno di rapporti sessuali non protetti regolari.
Ma è anche noto che l’età del padre ha una influenza anche sulla salute del nascituro a causa della più alta frequenza di mutazioni genetiche casuali negli spermatozoi ogni anno in più del padre comporterebbe un incremento di 1,51 nuove mutazioni genetiche nei figli.
Il progressivo spostamento dell’età in cui si diventa genitori non è un buon viatico per le generazioni future: gli uomini di età superiore ai 45 anni hanno il 14 per cento più probabilità di avere un bambino nato prematuramente, e gli uomini di 50 anni hanno il 28 per cento in più di probabilità di avere un bambino che ha bisogno di terapia intensiva neonatale.
Giovani e Malattia di Huntington: a Firenze una pedalata per accendere la speranza
News PresaHD on the Bike e Open Day: un doppio appuntamento oggi e domani a Firenze per far luce sulla malattia di Huntington. Sono il frutto del lavoro di NOI Huntington, l’associazione italiana giovanile sulla malattia di Huntington, che promuove due giorni di sensibilizzazione, conoscenza, sport, musica e aggregazione all’insegna della consapevolezza e della condivisione. Insieme all’associazione LIRH Toscana e alla Fondazione Lega Italiana Ricerca Huntington e sotto l’ombrello della European Huntington Association (EHA).
La malattia
La malattia di Huntington è una rara malattia neurodegenerativa più diffusa di quanto si immagini. Infatti, in Europa e negli USA, la frequenza è stimata in 10-14 casi per 100.000 abitanti.Nel nostro Paese, la frequenza, anche se sottostimata, si aggira intorno agli 11 casi per 100.000 persone. Quindi, si tratterebbe di circa 6.000-6.500 persone malate solo in Italia, ma trattandosi di una malattia genetica dominante, le persone a rischio di ereditare la mutazione salirebbero a 30.000-40.000.
“La malattia di Huntington è una malattia rara dominante”, spiega il prof. Ferdinando Squitieri, Responsabile dell’Unità Ricerca e Cura dell’IRCCS Casa Sollievo della Sofferenza (San Giovanni Rotondo), della Neurologia dell’Istituto CSS-Mendel (Roma) e Responsabile Scientifico della Fondazione Lega Italiana Ricerca Huntington e malattie correlate (LIRH) di Roma. “Ciò significa che ogni figlio può ricevere il gene mutato da uno dei due genitori ammalati con un rischio del 50%. È una patologia grave, con andamento progressivo, invalidante sia per le implicazioni fisiche, che incidono soprattutto a livello motorio con spasmi muscolari di difficile controllo che portano a muoversi ‘danzando’ (tanto che la malattia è anche nota come còrea), sia per le ripercussioni intellettive. Una nostra recente ricerca ha identificato la variante giovanile più aggressiva nella presentazione e nell’evoluzione di questa malattia. Si tratta di una forma che colpisce i bambini, con manifestazioni cliniche e caratteristiche di danno cerebrale completamente diverse dagli adulti, nella quale una parte profonda dell’encefalo, non sembra svilupparsi adeguatamente, andando incontro a neurodegenerazione solo in un momento molto successivo, insieme ad altre parti dell’encefalo”, precisa Squitieri. “La nostra speranza, pertanto, è quella di agire sulla cattiva funzione delle cellule nervose, prima ancora che sulla loro morte, per prevenire l’insorgere e il progredire della malattia”.
Speranza nella ricerca e condivisione di una condizione che, benché rara, riguarda migliaia di persone, adulti e ragazzi, è stato l’obiettivo dell’ “HD On the Bike”, la pedalata di 20 km in bicicletta, con un percorso adatto a tutte le età, da Firenze a Campi Bisenzio. È partita questa mattina da Parco delle Cascine per arrivare a Campi Bisenzio presso la sede della Pubblica Assistenza.
L’Open Day sulla patologia, invece, pensato e realizzato proprio nel mese dedicato alla consapevolezza dell’Huntington, desidera mettere in rete persone che vivono esperienze simili, diffondendo e promuovendo la cultura dell’attività fisica e tutte le informazioni utili per far conoscere la rete italiana impegnata nella assistenza, nel sostegno e nella ricerca. Domani domenica 19 maggio, all’Abbazia di San Miniato al Monte, è previsto concerto e open day sulla malattia rara a partire dalle ore 16.00. Un appuntamento semplice, divertente e piacevole per informarsi e parlare con specialisti, familiari e associazioni per saperne di più e avere strumenti per combattere il pregiudizio della rarità.
“Un messaggio importante lanciato al termine della 14° Conferenza Annuale organizzata a Palm Springs dalla CHDI Foundation sulla malattia di Huntingtonruota intorno all’enorme sforzo che ricercatori e industria farmaceutica stanno compiendo per abbassare i livelli di huntingtina tossica” – continua Squitieri – “E questi sforzi sono legati in parte a farmaci antisenso, come quelli proposti da Rochee Wave Life Sciences https://www.wavelifesciences.com/, e in parte ad altre nuove tecnologie”.
“Oltre a ciò sono emerse altre tre strategie che non sono ancora in fase avanzata di sperimentazione clinica ma che risultano promettenti” – afferma Squitieri – “Una di queste è condotta da UniQure http://uniqure.com/ed è una terapia genica in senso stretto perché sfrutta un vettore virale per veicolare un gene che codifica per un frammento di micro RNA (miRNA), il quale rappresenta una sonda complementare all’RNA dell’huntingtina a cui si lega in maniera specifica e selettiva, riducendone così i livelli.
“Una seconda terapia in sperimentazione, proposta da Voyager Therapeutics https://www.voyagertherapeutics.com/ha come obiettivo quello di impedire che il gene mutato produca la huntingtina agendo su questo con tecniche di editing ma di nuova generazione, evitando un taglio e, quindi, un maggior carico di effetti collaterali” – conclude l’esperto – “Infine, c’è l’approccio proposto da PTC Therapeutics http://www.ptcbio.it/it/che sta studiando la possibilità di non infondere farmaci nel liquor, ma di fornire ai pazienti una terapia per via orale o per infusione nel circolo ematico. Gli studi prelimiari sul modello murino hanno messo in luce la possibilità di ridurre i livelli di huntingtina nell’encefalo fino all’80% con questa strategia. È una strategia pre-clinica interessante e non invasiva e dall’azienda hanno fatto sapere che sperano di arrivare a uno studio clinico di Fase I sull’uomo già a partire dal 2020”.
Programma – Sabato 18 maggio
In bicicletta da Firenze (viale della Catena, 2) a Campi Bisenzio (Via Orly ,39)
Programma – Domenica 19 maggio
Concerto e Open Day presso l’Abbazia di San Miniato al Monte, via delle Porte Sante, 34
Cos’è l’Huntington
L’Huntington è una malattia rara, genetica, neurodegenerativa, ereditaria. Per saperne di più leggi il Focus a cura di Osservatorio Malattie Rare: https://www.osservatoriomalattierare.it/malattia-di-huntington-che-cose
Dolore cronico: è il cervello femminile quello che sopporta e “maschera” di più
News PresaSono le più sensibili, marchiate come “sesso debole”, ma sono proprio le donne le uniche capaci di lottare per sopportare il dolore cronico. Spesso lo scacciano mentalmente, simulano di stare bene ma stringendo i denti perché troppo occupate a gestire casa e lavoro. Si conclude oggi la 3° giornata del VII Congresso Federdolre-SICD riunitosi a Roma dal 15 al 17 maggio con una fotografia di genere del dolore cronico, che vede una prevalenza femminile di oltre 10 milioni di donne alle prese con il dolore cronico dovuto soprattutto a emicrania, fibromialgie, lombalgie, dolore pelvico e post operatorio.
Un italiano su 4 (circa 15 milioni di italiani) soffre di dolore cronico, di cui circa la metà ha meno di 50 anni e 1/5 soffre da oltre vent’anni. Il dolore viene sopportato o sottovalutato in quasi 1/3 dei casi (29%) oppure curato con antidolorifici non specifici (23%). E a pagarne di più sono è la popolazione femminile che supera 10 milione di casi
“Questo dato conferma un aspetto culturale presente nell’immaginario comune, tale per cui si pensa che la donna sia predisposta a “sopportare” il dolore, come se avesse una maggiore resistenza – spiega Giuliano De Carolis, Presidente Federdolore-SICD – Purtroppo viene definito come un segnale di debolezza che invece si manifesta in una forza adattiva e protettiva. Questa maggiore suscettibilità al dolore trova ragione anche nelle proprie caratteristiche di genere, che si manifestano a livello sensitivo ed emotivo per differenze anatomiche, ormonali e fisiologiche. Spiego sempre che è “normale” sopportare il dolore, ma senza esagerare, perché rivolgersi agli specialisti giusti mette al riparo da ripercussioni sulla propria qualità di vita e chi ruota intorno”.
Agguato in ospedale. Verdoliva (Asl): «Medici eroi, lavorano in un teatro di guerra»
News PresaSe “la mafia uccide solo d’estate” (titolo di un celebre film del 2013) la camorra sembra essere a proprio agio anche in primavera. E non importa che il bersaglio sia ormai arrivato in ospedale, il comando è: inseguire e uccidere. Quello che può accadere viene classificato dai sicari sotto la voce “danni collaterali”. Ieri notte lo show di Gomorra (spettacolo fin troppo glorificato dalle fiction) è andato in onda in uno dei più noti ospedali del centro storico, il Pellegrini, dove un giovane era stato trasportato proprio a causa di ferite da arma da fuoco. «Una scena mai vista – racconta uno degli infermieri in servizio – lavoro qui al pronto soccorso da anni e alla violenza sono abituato, con parenti di gente ferita in agguati che sfogano la loro rabbia su di noi e sull’ospedale. Ma quello che è successo stanotte le ha superate tutte». Peppe, questo il nome dell’infermiere, ripercorre quei terribili momenti: «Eravamo tutti intenti a soccorrere il ragazzo ferito, come sempre con l’aiuto di guardie giurate, quando si è scatenato l’inferno. Si è intravisto un uomo che a volto coperto ha cominciato a sparare verso di noi. Un miracolo che nessuno sia stato colpito. Qui ci sarebbe bisogno di una vigilanza della polizia h24 ma mi rendo conto delle cose che succedono in città che i poliziotti non possono essere dappertutto». L’infermiere aggiunge: «Mi fa piacere che subito, già dalle prime ore di stamattina in ospedale è arrivato il vertice dell’Asl a portare solidarietà a chi era presente».
EROI DISARMATI
Proprio il commissario straordinario Ciro Verdoliva ha stigmatizzato con forza quanto accaduto. «Un fatto vergognoso, di una gravità inaudita, al quale bisogna reagire con forza ed estrema determinazione». Verdoliva sottolinea che «fatti simili non sono accettabili in un paese civile e in una città come Napoli, che merita di vivere il proprio riscatto senza essere oscurata dalle schifose ombre della camorra». Appena saputo dell’accaduto il manager Asl è corso in ospedale per portare la propria a tutto il personale che nel presidio sanitario Asl ha dovuto vivere quei momenti di grande paura. «Li ho guardati negli occhi – dice – e li ho ringraziati tutti, perché tutti loro sono degli eroi. I nostri non sono più ospedali, sono teatri di guerra nei quali ci muoviamo senza avere armi. Tutto il personale in servizio è ormai un bersaglio e questo, francamente, è inaccettabile. Il mio grazie va anche alle forze dell’ordine che sono al nostro fianco». Il commissario Straordinario ha rivolto il suo personale ringraziamento a tutti i dipendenti che, nonostante l’accaduto, non hanno mollato un secondo, continuando a lavorare fino allo smonto turno per garantire assistenza ai pazienti. «La nostra – conclude – è una battaglia di civiltà, ma non è una battaglia solo di Napoli o dei Napoletani, è una battaglia che riguarda tutti».
SOLIDARIETA’ DAI MEDICI
Anche il presidente dell’Ordine dei Medici di Napoli ha voluto esprimere la propria solidarietà ai colleghi in servizio al Vecchio Pellegrini. Del resto Silvestro Scotti è uno che ha sempre denunciato le situazioni di violenza che tengono in ostaggio il sistema sanitario campano, divenendo per questo anche oggetto di dure polemiche. «E’ importante – dice ora – che lo Stato si faccia avanti con risposte forti, Napoli non può essere abbandonata».
I PRECEDENTI
A Napoli, nei tanti presidi di frontiera, cose simili non sono purtroppo delle rarità. In molti al Pellegrini hanno ancora negli occhi le immagini di un raid portato a termine per “sollecitare” il soccorso di un ragazzo nei quartieri spagnoli. Nell’occasione una folla scalmanata aveva letteralmente sequestrato un ambulanza in sosta all’ospedale per dirotta verso il luogo di un incidente. Quella stessa folla aveva trafugato un letto da un reparto per infilarlo alla meglio nel mezzo e usarlo come lettiga di fortuna. Anche in quel caso si moltiplicarono i messaggi di solidarietà e di denuncia da parte di politici nazionali che poi, a quanto pare, non hanno dato seguito a nulla. Napoli è ancora la stessa città, splendida ma dannata. Vittima della prepotenza di pochi che con le armi e con una ferocia inaudita impongono la propria legge allo Stato. Ogni giorno, ad ogni agguato, si alza un po’ l’asticella. E ciò che era un tabù anche per i peggiori delinquenti, pian piano sta diventando possibile. Ne paga ancora le spese la piccola Noemi, costretta ad una lotta strenua tra la vita e la morte, ne pagano le conseguenze i medici e gli infermieri che ieri notte hanno rischiato la vita. Viene da chiedersi quanto ancora bisognerà aspettare perché da Roma dalle parole si passi ai fatti. Chi governa la sanità regionale può mettere a posto i conti e può risalire nella griglia Lea. I manager possono lavorare per raggiungere gli obiettivi, ma se poi pazienti e medici rischiano di essere trucidati sulle scale di un pronto soccorso, beh c’è poco da fare.
Medici, una campagna contro la fuga dei camici bianchi
News Presa, RubricheL’Italia paga per la loro formazione, gli altri Paesi ne beneficiano. È questo, in strettissima sintesi, concetto che c’è dietro la nuova campagna contro la fuga dei camici bianchi avviata dalla Federazione nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri (Fnomceo), lanciata a Roma in occasione dell’apertura degli Stati Generali della Professione medica. Vari e volutamente polemici gli slogan: «Laureata a Milano, medico a Berlino. Offre l’Italia». E ancora, «Laureato a Bari, anestesista a Parigi. Offre l’Italia». Accanto agli slogan, le foto di due giovani medici in camice bianco. E i numeri: «Ogni anno, 1500 medici vanno a specializzarsi all’estero. E non tornano. Costano all’Italia oltre 225 milioni». Infine, una richiesta al Governo: «Servono più posti di specializzazione». L’emorragia è dovuta all’ondata di pensionamenti attesa per il 2025, quando la cosiddetta “gobba pensionistica” toccherà il suo apice e, se non arriveranno nuovi specialisti a sostituirli, il Servizio sanitario nazionale rimarrà senza chirurghi, anestesisti, ortopedici, ginecologi, medici di famiglia.
SPECIALIZZAZIONI
«In realtà i medici ci sono – afferma il presidente Fnomceo Filippo Anelli -. Già oggi abbiamo almeno 10.000 laureati che non chiedono altro che poter essere specializzati. Aprire gli accessi alla facoltà di medicina non farebbe che ingrandire la massa di medici che non riescono ad accedere alle Scuole di specializzazione e rimangono prigionieri nel cosiddetto imbuto formativo. Tra questi, i 1500 che emigrano all’estero per specializzarsi, trovando un impiego a condizioni retributive e organizzative migliori delle nostre». Abolire ora il numero programmato sarebbe non solo inutile, ma controproducente, conclude il presidente Fnomceo . «Le soluzioni sono quelle che noi da sempre prospettiamo: aumentare il numero delle borse, e il Governo ci ha in parte ascoltato, portandole a 8000; incrementare i posti per il Corso di Medicina Generale; contrattualizzare gli specializzandi dell’ultimo anno, liberando così risorse per altre 5000 borse; recuperare i fondi delle borse abbandonate, che oggi vanno persi». Oltre ai manifesti, che saranno affissi a cura degli Ordini provinciali nelle varie città d’Italia, la campagna sarà promossa sulla stampa e i social.
SHOPPING DI PROFESSIONISTI
Che in Italia stia accadendo qualcosa di strano lo dimostrano anche le campagne di shopping proposte da alcune strutture private tedesche e inglesi, che nei mesi scorsi hanno avvitato campagne di reclutamento molto vantaggiose per i medici pronti a trasferirsi. I giovani medici italiani sono insomma una merce preziosa, ma non sembra accorgersene la politica nostrana, che non riesce (o non sente l’esigenza) di proporre politiche atte a gratificare i giovani e rendere allettanti le opportunità di lavoro nelle nostre strutture. La speranza è che presto cambi il vento, prima che il sistema sanitario si impoverisca irrimediabilmente.
Tiroide, problemi per 6 milioni di italiani. Le cause
PrevenzioneIn Italia oltre 6 milioni di persone hanno un problema della tiroide. Si tratta di un organo che incide su molte funzioni vitali, come la circolazione sanguigna, il ritmo del sonno, il metabolismo delle ossa e lo sviluppo del sistema nervoso. Le malattie della tiroide possono colpire per cause diverse entrambi i sessi, anche se sono più frequenti nelle donne, con il 10% che sviluppa un disturbo durante la vita e andando avanti con l’età.
Ipotiroidismo e ipertiroidismo
L’ipotiroidismo è presente in forma lieve in quasi il 5% della popolazione e arriva al 10% nella donna sopra i 60 anni. La causa più frequente di ipotiroidismo è di origine autoimmune (tiroidite cronica di Hashimoto) ed ha una forte predisposizione genetica. L’ ipertiroidismo franco colpisce fino al 2-3% delle donne e raggiunge una prevalenza del 4-6% nelle forme più lievi. L’ipertiroidismo può avere un’origine autoimmune (morbo di Basedow) ed in questo caso colpisce soprattutto le donne in età giovane/adulta oppure può essere causato da noduli tiroidei iperfunzionanti (gozzo multinodulare tossico) specialmente nella popolazione più anziana proveniente da aree iodocarenti ed in questo caso colpisce in egual misura maschi e femmine.
Cause
La causa più frequente di disturbi alla tiroide è la carenza di iodio che può provocare gozzo, noduli o ipotiroidismo. Perciò è importante assumere iodio in quantità adeguata con l’alimentazione. Il fabbisogno quotidiano stimato è di 150 microgrammi per adulti, 90 per bimbi fino a 6 anni, 250 per donne in gravidanza e l’allattamento.
Le iniziative
In tutto il mondo dal 20 al 26 maggio si celebra la settimana mondiale della tiroide, per informare su questo piccolo organo che influenza tutte le funzioni del nostro corpo. Sul sito www.settimanamondialedellatiroide.it sono riportate tutte le iniziative pubbliche e c’è un pagina Facebook dedicata. Il tema scelto per la settimana, con il patrocinio del Ministero della Salute e dell’Istituto Superiore di Sanità, è “Amo la mia tiroide e faccio la cosa giusta'”, L’obiettivo è sensibilizzare al tema della prevenzione e sull’importanza di stili di vita sani.
Isabelle, salvata da un super virus
Ricerca innovazioneUna 17enne unica al mondo. Si chiama Isabelle Holdaway e ha dentro di sé qualcosa che nessuno ha mai avuto: virus batteriofagi geneticamente modificati. È uno dei passi in avanti più interessanti e promettenti dell’ultimo decennio, soprattutto se visto nell’ottica dell’antibiotico-resistenza che minaccia la salute negli anni a venire. Andiamo con ordine. La teenager, grazie a questa innovazione scientifica mai tentata prima, è guarita da un’infezione resistente agli antibiotici e ormai all’ultimo stadio. La diagnosi infausta era di fibrosi cistica, così la giovane ha rischiato di morire in seguito ad un doppio trapianto di polmoni necessario per la quasi totale compromissione dei suoi organi respiratori. Intervento che aveva favorito la diffusione di un’infezione resistente agli antibiotici, a base di batteri Mycobacterium abscessus.
IL VIRUS “BUONO”
Il trattamento al quale è stata sottoposta Isabelle è, come detto, un trattamento sperimentale. Si basa sull’introduzione nel corpo di virus batteriofagi geneticamente modificati. È la prima volta al mondo che si è tentato (con successo) un uso terapeutico di virus potenziati dagli scienziati con l’editing genetico che, in pratica, si nutrono di batteri. La curiosità che rende questa storia ancor più sorprendete è che ad avere l’intuizione di utilizzare virus batteriofagi è stata la madre della piccola, che aveva letto qualcosa sul tema in una rivista. È stata lei quindi a convincere la pediatra a contattare i medici che poi hanno messo in pratica la tecnica. Quasi una storia da film. E c’è da crederci se oggi la piccola Isabelle si considera una delle ragazze più fortunate al mondo.
COCKTAIL VINCENTE
Nella storia di Isabelle, a dire il vero, molte variabili si sono mosse nel verso giusto al momento giusto. Nei primi mesi del 2018 i medici hanno scoperto un virus batteriofago capace di colpire il ceppo batterico che stava mettendo a rischio la vita della 17enne. Isabelle è stata trattata con un cocktail di questi virus, geneticamente modificati e potenziati. Così, a giugno dello stesso anno, al suo ritorno in ospedale (il Great Ormond Street) i medici hanno potuto constatare che l’infezione era essenzialmente scomparsa. La storia di Isabelle, che sta facendo il giro del mondo, apre nuove importanti possibilità nella cura di infezioni per le quali oggi non c’è speranza.
I Fogli di Roma sulla Nutrizione Clinica: la fotografia dell’Italia
AlimentazioneI Fogli di Roma sulla Nutrizione Clinica sono il frutto del lavoro degli oltre 100 esperti che durante il 1°Forum sulla Nutrizione Clinica “Nutrendo” si sono riuniti in sei tavoli tematici: associazioni pazienti, società scientifiche, formazione, SSN, industria e comunicazione. Dal documento in corso di finalizzazione e di prossima pubblicazione entro l’estate, arriva oggi la sintesi delle proposte di cui è stato verificato il livello di importanza e di accordo.
“La nutrizione clinica” dichiara il Professor Maurizio Muscaritoli, Presidente SINuC e ideatore del Forum Nutrendo “è a tutti gli effetti un’opportunità non ancora sfruttata. Dalla sua implementazione nel campo delle patologie croniche è ormai ampiamente dimostrato come possa derivare un consistente risparmio in termini di costi sanitari, sociali e vite umane. Il Forum Nutrendo promosso dalla SINuC ha gettato le basi per un risorgimento della specialità, nelle nostre intenzioni infatti i Fogli di Roma saranno il punto di partenza per migliorare l’assistenza, renderla razionale, efficace e appropriata.”
Formazione universitaria, inserimento della nutrizione clinica nei PDTA delle malattie croniche, introduzione delle terapie nutrizionali nei LEA almeno per alcune categorie di pazienti, a partire dai pazienti oncologici, blocco della chiusura delle U.O di Nutrizione esistenti e creazione di nuove, ecco alcuni degli interventi identificati da tutti gli stakeholders come urgenti.
“Mancano formazione, informazione e conoscenza anche da parte dei medici” spiega il Professor Filippo Rossi Fanelli, Presidente Onorario della SINuC “un paradosso se pensiamo che l’80% delle risorse del SSN sono destinate alle malattie croniche, proprio quelle correlate ad uno stato di malnutrizione”.
Tra le proposte con maggiore convergenza, quella di rendere obbligatorio nei reparti ospedalieri e nelle residenze sanitarie assistenziali, lo screening nutrizionale per i pazienti a rischio al momento del ricovero. Per superare le difficoltà di inquadramento amministrativo degli interventi nutrizionali, la soluzione proposta è quella di integrare la logica dei DRG con quella dell’approccio per percorsi, svincolandola dalla singola prestazione.
Dal punto di vista normativo invece è emerso come manchi una legge nazionale sulla nutrizione artificiale domiciliare che permetta una equità di trattamento. Nota dolente a cui si accompagna la necessità di provvedere alla corretta e completa applicazione di leggi e linee di indirizzo esistenti (es. legge Balduzzi 189/2012; linee di indirizzo ministeriali per la ristorazione ospedaliera ed assistenziale; linee di indirizzo sui percorsi nutrizionali nei pazienti oncologici), anche attraverso la proposta di istituire un osservatorio permanente in collaborazione con Agenas.
“Le società scientifiche ed i referenti coinvolti sul tema formazione hanno chiarito la necessità urgente di attivare la formazione universitaria in Nutrizione Clinica, non solo nelle scuole di specializzazione ma anche nei corsi di laurea in medicina e delle professioni sanitarie. Inoltre è emersa in modo consistente l’opportunità di condurre studi di registro che portino evidenze e a identificare buone pratiche, come avvenuto ad esempio per il Protocollo ERAS nel paziente chirurgico.” Riferisce il Professor Alessio Molfino, Tesoriere SINuC.
Il Forum infine ha riunito un gruppo di giornalisti ed esperti di comunicazione che hanno concordato sulla necessità di chiarire sempre la differenza tra alimentazione e nutrizione selezionando i contenuti da presentare ai media. Mentre per combattere concretamente il fenomeno delle fake news, la proposta è quella di creare una task force di clinici e giornalisti che si occupino con costanza di diffondere notizie vere ed attendibili.
Stress, il Dna dei giovani medici invecchia più velocemente
News PresaVi è mai capitato di vivere giorni di lavoro tanto duri da esclamare: «ho perso dieci anni di vita»? Beh, i giovani medici, impegnati nella specializzazione e in situazioni di grandissimo stress, i anni in uno li perdono veramente. Il test che lo conferma è stato fatto negli Stati Uniti e si riferisce a quello che loro chiamano “training years” (che corrisponde più o meno agli anni della specializzazione in Italia). Anni così intensi che in soli dodici mesi il loro Dna invecchia sei volte più veloce del normale.
I TELOMERI
È in particolare una ricerca dell’Università del Michigan, pubblicata su Biological Psychiatry, a svelare la fatica dei camici bianchi. Le parti terminali dei cromosomi, i telomeri si restringono in modo accelerato tra i medici in formazione e questo secondo gli studiosi suggerisce l’importanza di sforzi per ridurre la fatica della formazione medica. La ricerca ha coinvolto 250 medici in formazione provenienti da tutti gli Stati Uniti e un gruppo di confronto di studenti universitari. «La ricerca ha considerato i telomeri come un indicatore dell’invecchiamento e del rischio di malattia – spiegaSrijan Sen, autrice senior dello studio – ma questi risultati longitudinali fanno avanzare la possibilità che la lunghezza dei telomeri possa fungere da biomarcatore che tiene traccia degli effetti dello stress e ci aiuti a capire come ‘entri sottopelle’ e aumenti il nostro rischio di malattia». Sarà importante studiare come i cambiamenti dei telomeri avvengono in gruppi più ampi di giovani medici, e in altre tipologie di persone sottoposte a specifici stress prolungati: come coloro che affrontano la formazione militare, gli studi universitari in scienze e giurisprudenza, lavorano per le startup, o in gravidanza e nei primi mesi in cui si diventa genitori. In media, tutti i tirocinanti nello studio hanno affermato di aver lavorato 64,5 ore settimanali. Ma più lavoravano, più velocemente i loro telomeri si accorciavano.
STRESS
Non solo giovani medici, dunque, ma tutti coloro che sono sottoposti a grende stress possono mettere a rischio la propria salute. In questo senso è emblematico uno studio di Assosalute che svela come quasi 9 italiani su 10 soffrono di disturbi legati allo stress. Stanchezza, irritabilità, ansia, mal di testa, digestione lenta, bruciori di stomaco, insonnia, tensioni muscolari. A volte herpes sulle labbra e addirittura cuore «impazzito». Si tratta di disturbi spesso lievi in grado, però, di condizionare in maniera negativa il nostro benessere psicofisico, peggiorando, di conseguenza, la qualità della vita di tutti i giorni. Secondo l’indagine, i disturbi da stress sono molto diffusi: l’85% della popolazione intervistata ha sofferto negli ultimi sei mesi di almeno un disturbo, mentre il 45% dichiara di averne avuti tre o più. Le donne e i giovani sono i più colpiti dai disturbi da stress, sia per incidenza, sia per frequenza. Il mal di testa (46,2%) e la stanchezza (45,9%) risultano i disturbi più diffusi, seguono il mal di stomaco (26,9%), la tensione/dolore muscolare (25,5%), l’insonnia (24,9%) e l’ansia/agitazione (23,4%).