Tempo di lettura: 2 minutiCon un flash mob, ieri, la sanità campana ha detto no alla camorra. Ma anche “basta” alla violenza contro i camici bianchi. La manifestazione è stata voluta dalla struttura commissariale dell’Asl Napoli 1 Centro e dai sindacati dopo l’assurdo episodio verificatosi 10 giorni fa, quando un sicario armato ha fatto irruzione in ospedale per “chiudere i conti” con la sua vittima designata. Una scena surreale, superiore nella sua assurdità persino ai copioni di Gomorra. Casco integrale sulla testa e nessuna considerazione della vita umana, l’uomo ha sparato più volte nel mucchio di parenti e medici assiepati all’ingresso del pronto soccorso. Un episodio che ha scioccato l’intera città di Napoli, anche se i medici e gli infermieri sono rimasti tutti al proprio posto. Pronti a portare a termine un lavoro divenuto ormai ad alto rischio.
DISARMIAMO LA CAMORRA
Lo slogan voluto per il flash mob è molto chiaro: “disarmiamo la camorra”. L’idea di fondo, ha poi spiegato il commissario straordinario Ciro Verdoliva, è quella di fare muro contro tutti gli atteggiamenti camorristici. Quelli che si palesano nel modo più clamoroso, con colpi d’arma da fuoco, ma anche gli insulti, le minacce, gli schiaffi che ogni giorno vengono rivolti nei confronti di chi indossa un camice. «La battaglia di civiltà che parte simbolicamente dal pronto soccorso dei Pellegrini, ma che in contemporanea si leva da tutti i presidi dell’Asl Napoli 1 Centro e – sento di poter dire – non solo dai nostri, è una battaglia che riguarda tutti. Nessuno escluso. Che siano proiettili, pugni, schiaffi o insulti, ogni colpo è un colpo che alla fine si ritorce contro tutta la collettività. Oggi noi siamo qui uniti, la coesione è ciò che ci rende forti. Che ci mette in condizione di disarmare la camorra. E badate, la camorra non è solo quella che arriva per mano di un sicario che fa fuoco. I germi della camorra si annidano ovunque si ceda al compromesso, al mancato rispetto delle regole. La camorra è un’infezione che prolifera nell’indifferenza, nell’omertà e nella rassegnazione, purtroppo di tanti».
[youtube]https://www.youtube.com/watch?v=goy8vexDg1g[/youtube]
I MEDICI
Tra i primi a lanciare una campagna contro le aggressioni ai danni dei medici, Silvestro Scotti (presidente dell’Ordine dei Medici di Napoli) ricorda che «se un paziente aggredisce un medico, ancorché sostituto, in uno studio della Medicina di Famiglia significa che non esiste più limite alla certezza di impunità nel compiere un gesto simile. Aggredire un medico con la certezza di essere identificati e non curarsi minimamente delle conseguenze significa essere ben oltre il limite». Scotti, si riferisce ad un altro episodio di violenza che ha scosso la medicina generale di Napoli, avvenuto nei giorni scorsi. «Da medico, prima ancora che da presidente dell’Ordine, mi rivolgo ai cittadini e ai colleghi: facciamo in modo che il nostro messaggio arrivi forte e chiaro, oltre le mura del Pellegrini e oltre i confini di Napoli arrivi allo Stato che in fin dei conti siamo tutti noi».
ALTA TENSIONE
Purtroppo, nonostante la coesione mostrata dai napoletani, resta alta la tensione a causa delle aggressioni. Sarebbe però un errore banalizzare la questione come violenza negli ospedali, quello che sta accadendo è un fenomeno che va ben al di là della sanità, è un allarme sociale al quale chi di dovere dovrebbe prestare l’orecchio. Ascoltare per reagire con forza e far sentire a tutti la presenza dello Stato. Questo è l’unico modo per cambiare veramente le cose, ogni altra considerazione resta semplice bagarre politica. Nulla che serva ai cittadini, solo proclami e promesse che servono a screditare il grande lavoro che si sta facendo in Campania.
MioDottore Awards, la Campania tra le regioni con più candidati
News PresaSi chiama MioDottore Awards ed è un riconoscimento unico nel suo genere, perché celebra i professionisti della salute che si sono distinti per professionalità, passione e dedizione. Ma soprattutto premia i più apprezzati sulla base delle recensioni e dei giudizi espressi da pazienti e colleghi con la stessa specializzazione. La seconda edizione vede accedere alla fase di voto una lista di 379 medici nominati, con una crescita del 41%, rispetto allo scorso anno. In aumento anche il numero delle specializzazioni, 26 in questa nuova edizione, con otto novità: allergologi, angiologi e chirurghi vascolari, fisiatri, pneumologi, podologi, radiologi e reumatologi.
LE REGIONI
Il Lazio si conferma anche in questa edizione la regione con il maggior numero di specialisti nominati (26%). Seguono Lombardia (17%, con una lieve crescita rispetto al 2018) e Campania (14%). Stabile rispetto all’edizione 2018 dei MioDottore Awards la rappresentanza femminile, con quasi un terzo (29%) delle dottoresse nominate tra le eccellenze in gara. Tra le nuove specializzazioni di questa edizione, le categorie più nutrite comprendono allergologi, fisiatri e radiologi; tra queste, la quota maschile prevale ancora tra radiologi, allergologi e pneumologi.
VOCE AI GIUDICI
La prima fase dell’iniziativa che si è conclusa con la determinazione di una rosa di nominati è stata guidata dal parere dei pazienti: i candidati, infatti, sono stati scelti in base al numero e alla qualità dei giudizi ottenuti rispetto a puntualità, attenzione al paziente e qualità dello studio medico. Segue ora la fase di voto, dal 28 maggio a metà giugno, durante la quale i professionisti appartenenti alle categorie di specializzazione in lizza potranno giudicare i colleghi nominati secondo criteri quali professionalità, esperienza e curriculum professionale, facendo leva sulle proprie competenze di medici professionisti. Conclusa la fase di voto, la selezione finale dei vincitori, che avverrà nel mese di giugno, terrà conto del numero totale di opinioni positive raccolte tra gli utenti, dei giudizi dei colleghi di specializzazione e del contributo dello specialista alla risoluzione di dubbi o domande all’interno della sezione “Chiedi al Dottore”. I Doctoralia Awards sono nati nel 2014, con il lancio dell’iniziativa in Spagna e Messico. Il contest si è successivamente esteso all’Argentina, poi in Cile e, lo scorso anno anche in Italia. Si è giunti ad oltre 4.448 specialisti nominati nelle varie edizioni, con una partecipazione crescente di anno in anno, sia in termini numerici sia in termini di varietà di specializzazioni.
Epatite E, come si trasmette. I casi in Italia
News PresaIn Italia, tra il 2007 e il 2019, sono stati registrati 357 casi di Epatite E (280 maschi e 70 femmine) tra cui 253 casi autoctoni e 104 casi importati. I dati sono stati presentati dal Sistema di Sorveglianza dell’ISS (SEIEVA) ieri in ISS nell’ambito del Workshop del Centro Nazionale per la prevenzione e il controllo delle malattie 2016 (CCM) del Ministero della Salute sul Progetto “Epatite E, un problema emergente in sicurezza alimentare: approccio One Health per la valutazione del rischio”.
Il Progetto CCM è stato sviluppato con il Dipartimento Attività Sanitarie e Osservatorio Epidemiologico della Regione Siciliana e il coordinamento scientifico dell’Istituto Superiore di Sanità per incrementare le conoscenze sulla diffusione del Virus HEV attraverso informazioni trasversali provenienti dagli studi sulla virologia ambientale, veterinaria e alimentare.
Epatite E, come si trasmette
I dati confermano che la maggiore causa di infezione da Epatite E – afferma la Dottoressa Maria Elena Tosti del Centro Nazionale Salute Globale (ISS) – proviene dal consumo di alimenti considerati a rischio come i frutti di mare crudi o poco cotti (21,08%) carne di maiale cruda o poco cotta (68,6 %) salsicce di maiale (69,9%), carne di cinghiale cruda o poco cotta (14,5%), salsicce di cinghiale (40,0%) e altra selvaggina (23%) e che solo il 31,1 % riguarda i contagi provocati da viaggi in zone endemiche.
L’OMS stima che annualmente siano 20 milioni le infezioni nel mondo con 3 milioni di casi acuti e circa 60.000 morti l’anno, un trend in aumento anche a livello europeo per quanto riguarda le infezioni autoctone.
Tabacco, una giornata per smettere
PrevenzioneUna giornata liberi dal tabacco, il 31 maggio torna il Word No Tabacco Day, manifestazione voluta dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) per cercare di dare un segnale forte contro il tabagismo. L’idea è quella di riuscire ad astenersi per 24 ore dal consumo di tabacco, offrendo a qualcuno (si spera a molti) lo spunto per dire basta e liberarsi dalle catene del fumo.
DATI ALLARMANTI
Anche se il gesto è simbolico, serve ad accendere un faro su un problema che non sembra trovare fine e che, anzi, diventa sempre più allarmante: se non saranno attuate efficaci politiche di contrasto, avverte l’OMS, entro il 2030 moriranno ogni anno oltre 8 milioni di fumatori e più dell’80% di questi decessi prevenibili sarà tra le persone che vivono nei paesi a basso e medio reddito. Solo in Italia, si stima che il fumo sia la causa di oltre 80mila decessi annuali. Una vera e propria strage. Ecco perché il 31 sarà una giornata di riflessione globale sui rischi e l’edizione 2019 è dedicata al tema «Tabacco e la salute dei polmoni», con l’obiettivo di aumentare la consapevolezza sugli effetti nocivi derivati dall’uso del tabacco e dal fumo passivo, fra le principali cause di morte al mondo».
[youtube]https://www.youtube.com/watch?v=Fyi-ePw9Qn0[/youtube]
VIVERE MENO E PEGGIO
Secondo i dati certificati dal ministero della salute, l’assunzione costante e prolungata di tabacco è in grado di incidere sulla durata della vita media oltre che sulla qualità della stessa: 20 sigarette al giorno riducono di circa 4,6 anni la vita media di un giovane che inizia a fumare a 25 anni. Questo significa che per ogni settimana di fumo si perde un giorno di vita. Si stima che di 1.000 maschi adulti che fumano uno morirà di morte violenta, sei moriranno per incidente stradale, 250 saranno uccisi dal tabacco per patologie correlate. Gli organi colpiti dal fumo di tabacco sono molti: l’apparato broncopolmonare e quello cardiovascolare sono i più bersagliati. Il Center for Disease Control and Prevention – CDC degli USA ha identificato 27 malattie fumocorrelate. Ogni malattia ha un particolare rischio correlato al fumo. La gravità dei danni fisici dovuti all’esposizione (anche passiva) al fumo di tabacco, è direttamente proporzionale all’entità complessiva del suo abuso. Insomma, il motivo per celebrare con serietà la giornata senza tabacco e magari per dire definitivamente addio alle sigarette.
Mangiare sano salva vite. Lo prova la scienza
Alimentazione“Healthy eating saves lives” (Mangiare sano salva vite) è il titolo di un’infografica realizzata ad aprile 2019 dall’Institute for Health Metric and Evaluation (Ihme) dell’Università di Washington (Usa). Si tratta di un documento che punta a riprodurre sinteticamente e con l’aiuto di disegni e grafici i risultati dello studio “Health effects of dietary risks in 195 countries, 1990–2017: a systematic analysis for the Global Burden of Disease Study 2017” pubblicato su The Lancet. La ricerca ha dimostrato l’impatto della dieta sulla mortalità mondiale. Nell’infografica, l’attenzione è posta da una parte sui “consigli” per una alimentazione salutare (come per esempio mangiare più frutta e verdura e diminuire il consumo di sodio), dall’altra sul peso di una cattiva alimentazione sulla mortalità (undici milioni di morti soltanto nel 2017). È possibile consultare l’infografica “Healthy eating saves lives” dell’Ihme e leggere l’articolo originale “Health effects of dietary risks in 195 countries, 1990–2017: a systematic analysis for the Global Burden of Disease Study 2017” pubblicato su The Lancet ad aprile 2019.
Mangiare bene, i consigli dell’OMS
L’Oms sottolinea come ciò che mangiamo e beviamo può influenzare la capacità del nostro corpo di combattere le infezioni, e la probabilità di sviluppare problemi di salute più avanti nella vita, tra cui obesità, malattie cardiache, diabete e diversi tipi di cancro. Variare gli alimenti, ridurre il sale, lo zucchero, i grassi e l’alcol, sono gli elementi di un’alimentazione sana secondo l’organismo delle Nazioni Unite. Le diete devono contenere una grande varietà di cibi freschi e nutrienti. Mangiare troppi grassi, ad esempio, aumenta il rischio di obesità, malattie cardiache e ictus. In particolare i grassi trans industriali sono i più pericolosi per la salute. Una dieta ricca di questo tipo di grasso è risultata in grado di aumentare il rischio di malattie cardiache di circa il 30%.
Dipendenza da videogame, allarme dell’Oms
PsicologiaTrascorrono sempre più tempo davanti al monitor, si isolano, sviluppano insonnia e nevrosi. È l’identikit dei “gamers” patologici, quelli che non riescono proprio a staccarsi dalla consolle. Un tema che sta diventando sempre più preoccupante, al punto da far finire la dipendenza da videogiochi nell’elenco delle malattie dell’Organizzazione mondiale della Sanità (Oms).
IL VOTO
Durante l’Assemblea Generale in corso a Ginevra i Paesi membri hanno votato a favore dell’adozione del nuovo aggiornamento dell’International Statistical Classification of Diseases and Related Health Problems (la cui sigla è Icd-11), che contiene per la prima volta il “Gaming Disorder”. Il nuovo testo, che sarà in vigore dal primo gennaio 2022, contiene definizioni e codici per oltre 55 mila malattie e condizioni patologiche, e viene usato per uniformare diagnosi e classificazioni in tutto il mondo.
GAMING DISORDER
Questo disturbo è definito come «una serie di comportamenti persistenti o ricorrenti legati al gioco, sia online che offline, manifestati da: un mancato controllo sul gioco; una sempre maggiore priorità data al gioco, al punto che questo diventa più importante delle attività quotidiane e sugli interessi della vita; una continua escalation del gaming nonostante conseguenze negative personali, familiari, sociali, educazionali, occupazionali o in altre aree importanti». Per essere considerato patologico, continua il capitolo dedicato al problema, il comportamento deve essere reiterato per 12 mesi, «anche se la durata può essere minore se tutti i requisiti diagnostici sono rispettati e i sintomi sono gravi». Tra le altre novità introdotte nel manuale ci sono anche l’introduzione di un capitolo sulla medicina tradizionale e la riorganizzazione delle malattie sessuali, che prima erano divise in varie parti del manuale, sotto un unico capitolo.
NEL PROFONDO
Ciò che non si dovrebbe mai sottovalutare è che alla base di una dipendenza, di qualsiasi tipo sia, c’è sempre un problema più ampio. Spesso il fattore psicologico è determinante. Nel videogioco, ad esempio, ci si crea una nuova personalità, soprattutto nei giochi di ruolo: è un modo di sfuggire alle interazioni sociali convenzionali. Chi ha quella che gli specialisti definiscono una “personalità evitante” trova una sicurezza che non ha nella vita vera. Ci si costruisce un personaggio dal quale poi è difficile staccarsi, perché in quella costruzione si riesce a dare sfogo al bisogno del controllo. Solitamente, chi si rifugia in mondi digitali ha difficoltà relazionali. Più o meno inconsciamente, l’interazione viene percepita come minacciosa, provoca ansia e difficoltà.
Obesità, maggiore nelle aree rurali rispetto alle città
News PresaL’obesità sta aumentando più velocemente nelle aree rurali del mondo rispetto alle città. È quanto rileva uno studio sui trend mondiali dell’indice di massa corporea (Body mass index, BMI), condotto dall’Imperial College di Londra, i cui risultati sono stati pubblicati sulla rivista Nature, nell’articolo “Rising rural body-mass index is the main driver of the global obesity epidemic”.
L’analisi ha incluso 2009 studi di popolazione, coinvolgendo una rete di oltre 1000 ricercatori in tutto il mondo, con misurazioni di altezza e peso in più di 112 milioni di adulti di 200 Paesi e territori, per stimare i trend nazionali, regionali e globali del valore medio del Bmi stratificato per luogo di residenza (area rurale o urbana) dal 1985 al 2017.
Obesità: i dati sull’aumento del BMI
Dai dati emerge che, a livello mondiale in questi 33 anni, l’indice di massa corporea è cresciuto mediamente di 2,0 kg/m² nelle donne e di 2,2 kg/m² negli uomini (che equivale a un aumento di peso corporeo di circa 5-6 kg) e che tale aumento è stato maggiore nelle zone rurali. La collaborazione scientifica ha consentito di rilevare che dal 1985 il Bmi medio nelle aree rurali è aumentato di 2,1 kg/m² sia nelle donne che negli uomini, mentre nelle città, l’aumento è stato di 1,3 kg/m² e di 1,6 kg/m², rispettivamente nelle donne e negli uomini.
Contrariamente al paradigma dominante secondo cui l’urbanizzazione sarebbe uno dei più importanti fattori dell’epidemia mondiale di obesità, i dati di questo studio dimostrerebbero quindi che oltre il 55% dell’aumento globale del Bmi medio dal 1985 al 2017, e più dell’80% in alcune regioni a basso e medio reddito, è dovuto all’aumento del Bmi nelle zone rurali. Anche nei Paesi ad alto reddito e industrializzati, è stato registrato un livello di indice di massa corporea lievemente più elevato nelle aree rurali, in particolare per le donne.
L’Italia ha partecipato allo studio con 48 coorti; l’Istituto superiore di sanità (Iss) ha fornito i dati delle coorti di popolazione del Progetto Cuore (Fine-Finland, Italy, Netherlands, Elderly; Matiss-Malattie cardiovascolari ATerosclerotiche Istituto Superiore di Sanità; OEC 1998-2002 – Osservatorio epidemiologico cardiovascolare; OEC/HES 2008-2012 – Osservatorio epidemiologico cardiovascolare/Health examination survey) e con le coorti Ilsa-Italian Longitudinal Study on Aging e Iprea-Italian Project on the Epidemiology of Alzheimer’s disease.
In Italia, il Bmi medio per le donne è diminuito da 25.4 kg/m² a 24.3 kg/m² nelle zone rurali ed è rimasto sostanzialmente stabile nelle zone urbane da 24.6 kg/m² a 24.5 kg/m²; negli uomini, il valore di Bmi medio è aumentato sia nelle zone rurali (da 25,1 kg/m² a 26,1 kg/m²) che nelle zone urbane (da 24,9 kg/m² a 26,3 kg/m²).
L’analisi dei dati sottolinea l’urgente necessità di implementare un approccio integrato alla nutrizione nelle aree rurali che favorisca l’accesso ai cibi sani sia dal punto di vista economico che dal punto di vista della disponibilità, in modo da evitare di sostituire lo svantaggio della denutrizione rurale nei Paesi poveri con uno svantaggio di malnutrizione più generale che comporti l’eccessivo consumo di calorie di bassa qualità.
Violenza sui medici, Napoli si ribella
News PresaCon un flash mob, ieri, la sanità campana ha detto no alla camorra. Ma anche “basta” alla violenza contro i camici bianchi. La manifestazione è stata voluta dalla struttura commissariale dell’Asl Napoli 1 Centro e dai sindacati dopo l’assurdo episodio verificatosi 10 giorni fa, quando un sicario armato ha fatto irruzione in ospedale per “chiudere i conti” con la sua vittima designata. Una scena surreale, superiore nella sua assurdità persino ai copioni di Gomorra. Casco integrale sulla testa e nessuna considerazione della vita umana, l’uomo ha sparato più volte nel mucchio di parenti e medici assiepati all’ingresso del pronto soccorso. Un episodio che ha scioccato l’intera città di Napoli, anche se i medici e gli infermieri sono rimasti tutti al proprio posto. Pronti a portare a termine un lavoro divenuto ormai ad alto rischio.
DISARMIAMO LA CAMORRA
Lo slogan voluto per il flash mob è molto chiaro: “disarmiamo la camorra”. L’idea di fondo, ha poi spiegato il commissario straordinario Ciro Verdoliva, è quella di fare muro contro tutti gli atteggiamenti camorristici. Quelli che si palesano nel modo più clamoroso, con colpi d’arma da fuoco, ma anche gli insulti, le minacce, gli schiaffi che ogni giorno vengono rivolti nei confronti di chi indossa un camice. «La battaglia di civiltà che parte simbolicamente dal pronto soccorso dei Pellegrini, ma che in contemporanea si leva da tutti i presidi dell’Asl Napoli 1 Centro e – sento di poter dire – non solo dai nostri, è una battaglia che riguarda tutti. Nessuno escluso. Che siano proiettili, pugni, schiaffi o insulti, ogni colpo è un colpo che alla fine si ritorce contro tutta la collettività. Oggi noi siamo qui uniti, la coesione è ciò che ci rende forti. Che ci mette in condizione di disarmare la camorra. E badate, la camorra non è solo quella che arriva per mano di un sicario che fa fuoco. I germi della camorra si annidano ovunque si ceda al compromesso, al mancato rispetto delle regole. La camorra è un’infezione che prolifera nell’indifferenza, nell’omertà e nella rassegnazione, purtroppo di tanti».
[youtube]https://www.youtube.com/watch?v=goy8vexDg1g[/youtube]
I MEDICI
Tra i primi a lanciare una campagna contro le aggressioni ai danni dei medici, Silvestro Scotti (presidente dell’Ordine dei Medici di Napoli) ricorda che «se un paziente aggredisce un medico, ancorché sostituto, in uno studio della Medicina di Famiglia significa che non esiste più limite alla certezza di impunità nel compiere un gesto simile. Aggredire un medico con la certezza di essere identificati e non curarsi minimamente delle conseguenze significa essere ben oltre il limite». Scotti, si riferisce ad un altro episodio di violenza che ha scosso la medicina generale di Napoli, avvenuto nei giorni scorsi. «Da medico, prima ancora che da presidente dell’Ordine, mi rivolgo ai cittadini e ai colleghi: facciamo in modo che il nostro messaggio arrivi forte e chiaro, oltre le mura del Pellegrini e oltre i confini di Napoli arrivi allo Stato che in fin dei conti siamo tutti noi».
ALTA TENSIONE
Purtroppo, nonostante la coesione mostrata dai napoletani, resta alta la tensione a causa delle aggressioni. Sarebbe però un errore banalizzare la questione come violenza negli ospedali, quello che sta accadendo è un fenomeno che va ben al di là della sanità, è un allarme sociale al quale chi di dovere dovrebbe prestare l’orecchio. Ascoltare per reagire con forza e far sentire a tutti la presenza dello Stato. Questo è l’unico modo per cambiare veramente le cose, ogni altra considerazione resta semplice bagarre politica. Nulla che serva ai cittadini, solo proclami e promesse che servono a screditare il grande lavoro che si sta facendo in Campania.
Retinopatia, da un batterio un collirio per curarla
Ricerca innovazioneUn collirio potrebbe migliorare la vista nei casi di retinopatia. È stato prodotto grazie a uno studio condotto dai ricercatori dell’ISS su una proteina batterica. La ricerca, pubblicata sulla rivista Neuroscience, ha osservato che la somministrazione topica tramite collirio di una soluzione contenente la proteina batterica Fattore Citotossico Necrotizzante 1 (CNF1) di Escherichia Coli, è stata in grado di migliorare le prestazioni visive in un modello animale di retinopatia ipertensiva, una condizione clinica che si riscontra in soggetti con alti valori di pressione arteriosa sistemica che altera il funzionamento della retina portando ad una perdita graduale della vista.
Retinopatia, lo studio sul batterio CNF1
Il CNF1, tramite la modulazione dell’attività della proteina Rac1 nella retina, potrebbe agire come antiinfiammatorio, migliorando quindi la funzionalità visiva. La proteina Rac1 appartiene alla famiglia delle Rho GTPasi, piccole proteine regolatorie già note per essere coinvolte nei processi infiammatori e nella risposta allo stress ossidativo a livello vascolare. i risultati confermano studi precedenti, pubblicati sempre dal gruppo di Carla Fiorentini del Centro Nazionale per laSalute Globale (ISS), dove l’uso del CNF1 è già stato dimostrato avere risultati molto incoraggianti su modelli di altre malattie con una componente neuro-infiammatoria.
“Aver dimostrato che l’agire sull’attività della proteina Rac1 sia in grado di migliorare la funzionalità in una retina già compromessa – spiega la Dott.ssa Fiorentini – apre la strada a nuove strategie terapeutiche mirate a patologie della vista nella cui patogenesi esiste un’importante componente neuro-infiammatoria. Parlo di malattie altamente invalidanti come la retinopatia ipertensiva, la retinopatia diabetica e il glaucoma, per le quali ad oggi non esistono cure”.
Questa ricerca nasce da una collaborazione multidisciplinare che ha coinvolto ricercatori del Centro Nazionale per la Salute Globale(ISS), del Centro Nazionale per la Ricerca Farmacologica e Terapia Sperimentale (ISS), del Centro diriferimento Scienze Comportamentali e Salute Mentale (ISS), del Dipartimento per la Sicurezza Alimentare, Nutrizione e Sanità Pubblica Veterinaria (ISS), del Dipartimento Malattie Cardiovascolari, Dismetaboliche e dell’Invecchiamento (ISS) e del Dipartimento di Farmacia e Biotecnologie dell’Università di Bologna.
“In particolare – conclude laDott.ssa Fiorentini – questo studio è stato condotto da Laura Ricceri, Andrea Matteucci e Stefano Loizzo che hanno dimostrato l’efficacia del trattamento topico con il CNF1 sulla retinopatia da ipertensione, oltre che da un punto di vista biochimico, anche attraverso analisi di tipo comportamentale ed elettrofisiologico che rendono questi risultati piuttosto incoraggianti per lo sviluppo di un nuovo potenziale farmaco”.
Gioco, ISS: diritto fondamentale per i bimbi con disabilità
Bambini“Giocare tutti, nessuno escluso” è il titolo dell’iniziativa che l’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza ha lanciato in occasione della Giornata Mondiale del Gioco che si celebra il 28 maggio. Un’iniziativa che promuove laboratori di gioco o di lettura ad alta voce per bambini e ragazzi con disabilità, insieme agli altri coetanei. Gli appuntamenti sono consultabili sul sito dell’Autorità Garante per l’Infanzia e l’adolescenza. L’ISS promuove le iniziative a conferma dell’importanza del gioco, soprattutto per i bambini e ragazzi con disabilità. Attraverso il gioco è possibile promuovere le interazioni tra pari e l’inclusione sociale. I momenti di gioco, se opportunamente adattati, sono occasioni informali finalizzate al piacere dello stare insieme ed al divertimento, che assecondano le relazioni tra bambini e ragazzi con e senza disabilità favorendo pari opportunità ricreative, educative e sociali. Il diritto al gioco per i bambini e ragazzi deve essere garantito non solo all’interno del sistema scolastico, ma anche durante il tempo libero attraverso il superamento di barriere architettoniche e culturali.
Il gioco è un diritto di tutti i bambini
Il gioco è stato riconosciuto come vero e proprio diritto dall’Organizzazione delle Nazioni Unite già nel 1989. L’evidenza scientifica mostra come il gioco promosso fin dalla primissima infanzia sia essenziale per lo sviluppo delle competenze sociali, emotive, cognitive, intellettuali, psicologiche e motorie del bambino con una ricaduta positiva sul futuro dell’individuo. Inoltre, il gioco promuove lo sviluppo della creatività, del pensiero astratto, del comportamento diretto ad aiutare gli altri, del linguaggio e dell’autoregolazione.
La lettura e la musica sono strumenti utili a favorire momenti ludici. Da diversi anni l’Associazione Culturale Pediatri, in collaborazione con l’Associazione Italiana Biblioteche ed il Centro per la Salute del Bambino, ha sviluppato il progetto Nati per Leggere, che promuove la lettura ad alta voce anche negli asili nidi e nelle scuole dell’infanzia di tutte le regioni italiane (per informazioni: http://www.natiperleggere.it/), ed il progetto Nati per La Musica, che ha lo scopo di formare operatori sanitari, culturali e socio-educativi e di promuovere l’esperienza musicale fin dalla primissima infanzia (per informazioni: http://www.natiperlamusica.org/). Per favorire l’accesso alla lettura anche ai bambini con disabilità, Nati per Leggere ha incluso tra i libri da proporre nella primissima infanzia anche libri tradotti in simboli e ha sollecitato l’editoria per ragazzi alla loro pubblicazione. Più di 70 biblioteche pubbliche italiane hanno attivato sezioni di libri in simboli.
Fumo in spiaggia, arrivano i divieti
PrevenzioneIl fumo fa male, nonostante questo anni fa nessuno avrebbe mai neanche pensato di vietare le sigarette in spiaggia. Non erano vietate nei locali pubblici, figurarsi all’aperto. A quanto pare le cose (fortunatamente) stanno cambiando e da quest’anno anche sotto l’ombrellone la sigaretta sarà vietata. Non ovunque, ma è un primo passo. La decisione, che certamente farà discutere e arrabbiare più di qualche fumatore incallito, servirà ad allontanare ancor più lo spettro del tabagismo dalle nostre case e, soprattutto, dalle nostre vite.
NO SMOKING BEACH
Il divieto di fumare sulle spiagge dovrebbe essere un provvedimento nazionale in quanto tutela la salute pubblica. E’ quanto afferma il Codacons commentando l’annuncio di Lampedusa e Linosa di consentire di fumare solamente in apposite aree dotate di posacenere. «Lampedusa e Linosa – scrivono in una nota – solo solamente due degli ultimi esempi della diffusione delle “no smoking beach” sul territorio italiano. Ormai sempre più comuni hanno dichiarato guerra al fumo in spiaggia, per ultimi, infatti, gli esempi di Sassari e di Savona, che hanno proibito il fumo in spiaggia sanzionando duramente i trasgressori». Un provvedimento necessario, secondo il Coordinamento delle associazioni per la difesa dell’ambiente e dei diritti degli utenti e dei consumatori che deve essere diffuso nelle spiagge di tutta Italia, al fine di tutelare la salute pubblica della collettività. Di qui l’appello: «Ci rivolgeremo al Ministero dell’Ambiente chiedendo un provvedimento di portata nazionale che normi e vieti espressamente il fumo sulle spiagge italiane».
DANNI ALLA SALUTE
Evitare danni all’ambiente è certamente una giusta causa, ma anche quelli alla salute non sono poi da meno. Visto che ormai tutti sanno che il fumo causa il cancro ai polmoni e danneggia gravemente le arterie, il cervello, i denti e chi più ne ha più ne metta… beh proviamo ad incoraggiarci non pensando ai danni (o non solo a quelli) ma ai benefici che possiamo avere quando smettiamo.
Entro 20 minuti si normalizza la pressione arteriosa, si normalizza il battito cardiaco, torna normale la temperatura di mani e piedi
Entro 8 ore scende il livello di anidride carbonica nel sangue, si normalizza il livello di ossigeno nel sangue
Entro 24 ore diminuisce il rischio di attacco cardiaco
Entro 48 ore iniziano a ricrescere le terminazioni nervose, migliorano i sensi dell’olfatto e del gusto
Entro 72 ore si rilassano i bronchi, migliora il respiro, aumenta la capacità polmonare
Da 2 settimane a 3 mesi migliora la circolazione, camminare diventa sempre meno faticoso
Da 3 a 9 mesi diminuiscono affaticamento, respiro corto, e altri sintomi come la tosse, aumenta il livello generale di energia
Entro 5 anni la mortalità da tumore polmonare per il fumatore medio (un pacchetto di sigarette al giorno) scende da 137 per centomila persone a 72.
Entro 10 anni le cellule precancerose vengono rimpiazzate, diminuisce il rischio di altri tumori: alla bocca, alla laringe, all’esofago, alla vescica e al pancreas
Dopo 10 anni la mortalità da tumore polmonare scende a 12 per centomila che é la normalità; praticamente il rischio di decesso per tumore polmonare è paragonabile a quello di una persona che non ha mai fumato