Tempo di lettura: 4 minutiIl sole è un valido alleato della salute, ma può anche essere un temibile nemico per la vista. Soprattutto ini estate, prendersi cura degli occhi è importante. E’ proprio in questa stagione che i raggi solari aumentano di intensità e che tutti noi trascorriamo più tempo all’aperto. MioDottore – piattaforma leader in Italia e nel mondo specializzata nella prenotazione online di visite mediche e parte del gruppo DocPlanner – ha coinvolto una delle sue specialiste, la dottoressa Raffaella Corradi, oculista abruzzese, per approfondire questo tema e stilare una lista di preziosi e pratici accorgimenti da seguire per prendersi cura della vista.
Esposizione alla luce: come prevenire e curare danni e fastidi in estate?
«L’esposizione prolungata ai raggi ultravioletti, il caldo e le condizioni climatiche tipiche del periodo estivo (mare, salsedine, vedo e sole) possono causare seri danni agli occhi, come provocare o accelerare malattie quali cataratta, degenerazione maculare (maculopatia) e pterigio (crescita anomala della membrana che riveste l’occhio) – dice Corradi -. Inoltre, senza un’adeguata protezione, si possono presentare episodi di secchezza oculare e infiammazioni dolorose di congiuntiva e cornea (cheratocongiuntiviti attiniche), dovute alle radiazioni solari. “Le palpebre e le lacrime sulla superficie oculare (film lacrimale) ci proteggono dall’ambiente esterno, ma quando apriamo gli occhi in presenza di una forte luce, oppure in condizioni climatiche particolari, queste non sono sufficienti a schermare l’occhio in modo adeguato».
L’esperta spiega che per limitare l’effetto degli agenti atmosferici e prevenire arrossamenti oculari e infezioni è consigliabile evitare l’uso di lenti a contatto. «La salinità dell’acqua di mare altera l’osmosi e tende a fare asciugare le lenti a contatto, che perdono così le loro caratteristiche essenziali. Inoltre, si può essere esposti più facilmente a infezioni, veicolate dalla lente stessa, se questa non viene trattata in modo adeguato dopo il bagno. Anche il vento e le elevate temperature, che alterano l’assetto del film lacrimale, possono interferire con le lenti a contatto, riducendone la tollerabilità. Le lacrime artificiali, se usate con frequenza, possono aiutare a mantenere l’occhio idratato».
OCCHIALI DA SOLE
«Proteggere gli occhi dai raggi del sole è importante e necessario, sia quando il cielo è sereno, sia nelle giornate nuvolose. Per prevenire eventuali danni, è fondamentale scegliere occhiali da sole adeguati, con lenti di alta qualità, tenendo conto diversi fattori: fototipo, età, difetto refrattivo, condizioni di illuminazione e ambiente in cui si utilizzano». L’ideale sarebbe acquistare occhiali da sole che possano proteggere dai rischi, in grado di bloccare almeno il 99% dei raggi UVB ed il 95% di quelli UVA e che riportino in etichetta dettagliate informazioni sul potere filtrante. Sono preferibili le lenti da sole polarizzate che, oltre a proteggere gli occhi al 100% dai raggi UV, abilitano una maggior nitidezza anche in lontananza, restituiscono ai colori una maggior saturazione e naturalezza e permettono di percepire maggiormente i contrasti. Il colore delle lenti influisce anche sul contrasto e sulla capacità di differenziare le gradazioni di colore. «Chi ha difetti alla vista dovrà fare attenzione alla scelta del colore: i miopi e gli astigmatici dovranno preferire lenti marroni, gli ipermetropi dovranno orientarsi invece sul verde/grigio. Le lenti di colore blu, per quanto esteticamente più accattivanti, possono alterare la percezione dei colori e attenuare il contrasto, generando fastidio se per esempio si è alla guida. Il giallo/ocra/arancione è la gamma di colori ideali per proteggersi dagli effetti della luce blu. Le lenti alla melanina, infine, disponibili ormai da qualche anno, regalano una protezione pressoché totale nei confronti dei raggi UV e della luce blu» spiega l’oculista.
Anche il colore degli occhi determina diversi livelli di sensibilità alla luce ed eventuali problemi di vista: “Soggetti con occhi chiari manifestano maggior fotofobia rispetto ai soggetti con occhi scuri. La fotofobia è dovuta alla ridotta quantità di melanina contenuta nelle iridi chiare, che conferisce una minore protezione contro l’illuminazione solare”. Questo sintomo fastidioso e i conseguenti effetti dannosi della luce solare, possono essere ridotti con l’uso di integratori a base di luteina, zeaxantina, beta-carotene e vitamina A, che creano un valido filtro di protezione a livello retinico prevenendo anche i danni ossidativi indotti dalla luce solare.
AD OGNI ETA’ LA SUA LENTE
Anche l’età è un aspetto importante quando si sceglie un occhiale da sole. Gli occhi dei bambini, fino a 12 anni, sono particolarmente sensibili alla luce; per questo è necessario acquistare modelli che possono essere utilizzati sia al mare, sia in montagna, con lenti infrangibili e otticamente pure, senza imperfezioni. Per proteggere la vista, soprattutto nei bambini molto piccoli o che potrebbero risultare intolleranti alle lenti solari, è preferibile utilizzare anche cappellini con ampia visiera che possono coadiuvare l’uso degli occhiali, riducendo e schermando parzialmente i raggi solari.
Le lenti a specchio, invece, sono ideali per i giovani, soprattutto in montagna, dove il riverbero della luce può essere molto forte. Anche gli over 60 devono seguire degli accorgimenti: “In questa fascia d’età l’occhio subisce delle mutazioni, dovute all’invecchiamento. Per questo, sia nei soggetti senza difetti visivi che in quelli operati di cataratta, le lenti fotocromatiche che regolano in modo graduale l’afflusso di luce possono rappresentare la soluzione ottimale,” sottolinea la dottoressa Corradi.
LE REGOLE D’ORO
- Protezione solare a partire dalla prima infanzia con lenti da sole certificate e scelte in base all’utilizzo che se ne deve fare e funzionali in qualsiasi condizione climatica (sole, vento, giornate nuvolose). Queste devono essere utilizzate non solo al mare, ma in tutte le situazioni di elevata luminosità. Gli occhiali da sole, con filtri a norma di legge, devono essere indossati da tutti per limitare l’azione dannosa per la vista dei raggi ultravioletti (UVA e UVB);
- Ridurre al minimo l’esposizione solare, evitando le ore più calde;
- Per chi utilizza lenti a contatto, prestare particolare attenzione alle modalità e alle situazioni di utilizzo;
- Utilizzare sostituti lacrimali monodose senza conservanti per evitare sgradevoli complicanze legate all’iperevaporazione lacrimale (secchezza oculare) e/o lubrificanti a base di acido ialuronico e lenitivi, meglio se monodose senza conservanti, che permettono di riequilibrale il film lacrimale, o colliri con sistemi di filtrazione della radiazione luminosa a base di riboflavina;
- Bere molta acqua e seguire un’alimentazione adeguata (ricca in vitamine e sali minerali) per evitare la disidratazione del corpo vitreo e idratare l’occhio dall’interno;
- Ricordarsi di usare un’adeguata protezione solare anche su palpebre e contorno occhi. Si tratta di zone delicate che vanno difese, oltre che con gli occhiali da sole, anche con una crema solare ipoallergenica e priva di profumazione;
- Utilizzare occhiali da sole idonei, sportivi e protettivi quando si praticano jogging, sport acquatici, ciclismo, arrampicata su roccia o escursionismo;
- Indossare un cappello con visiera anche se si utilizzano occhiali da sole, soprattutto in età pediatrica;
- Individuare possibili trattamenti farmacologici in atto o patologie della superficie oculare o uso scorretto di lenti a contatto che possono amplificare la sensibilità alla luce del sole e se possibile rimuovere tali cause.
Tumore al polmone, arriva la “terapia social”
PrevenzioneDopo i farmaci a bersaglio molecolare e la terapia biologica, la lotta contro il cancro ha trovato ora una nuova potentissima arma: i social media. Si tratta di un non farmaco che mira a combattere il tumore prima ancora che possa formarsi, perché incide sui fattori predisponenti, vale a dire (in questo caso) sugli stili di vita. Si tratta della campagna antifumo della Fondazione Airc per la ricerca sul cancro rivolta soprattutto a giovani e donne. Per sensibilizzare ragazzi e ragazze il progetto coinvolge alcune fra le voci più amate e seguite del web. Da Camilla Boniardi, nota influencer meglio conosciuta come Camihawke, a Chiara Galiazzo, Alice Venturi, Sofia Viscardi, alle K4U. Un gruppo tutto al femminile che, con il supporto degli esperti di Airc, coinvolgerà i fan con modalità, contenuti e toni adatti alla loro età.
DRITTI AL PUNTO
«Per agganciare l’attenzione dei ragazzi su un argomento così serio bisogna parlare la loro lingua. 500 mila visualizzazioni in 24 ore per una story contro il fumo su Instagram sono un bel risultato, sto avendo molte risposte positive», racconta Camihawke. «Sono un’ex fumatrice, avevo in mente da anni l’idea di partecipare ad una campagna contro le sigarette, per questo ho voluto essere ambasciatrice di Airc. Parlo per esperienza: fumare è stupido, si può smettere». Si può, ma i dati dicono che in Italia le cose vanno male. Lo ribadisce Marina Chiara Garassino, responsabile di Oncologia toracica del Dipartimento di Oncologia della Fondazione Irccs Istituto Nazionale dei Tumori di Milano. Il numero di donne che fumano è aumentato del 24% in un solo anno, siamo il fanalino di coda dell’Europa «È assolutamente necessario e urgente arrestare questa tendenza – spiega – se non faremo nulla, fra vent’anni dovremo affrontare una vera e propria epidemia di tumore ai polmoni».
DONNE A RISCHIO
E proprio per le donne il rischio è maggiore, perché il ha su di loro effetti ancora più negativi perché, oltre a fare maggiore uso di sigarette, fumano in modo diverso rispetto agli uomini, con un’inalazione più profonda, che può aumentare sia l’incidenza sia l’aggressività dei tipi di tumore ai polmoni da cui sono colpite. Secondo i dati diffusi dall’indagine internazionale “Global Youth Tobacco Survey”, raccolti per l’Italia dall’Istituto Superiore di Sanità, già fra 13 e i 15 anni un ragazzo su cinque fuma quotidianamente le sigarette tradizionali, mentre il 18% utilizza sigarette elettroniche. Le ragazze sono fumatrici abituali di sigaretta tradizionale nel 24% dei casi, contro il 16% dei coetanei maschi, mentre utilizzano regolarmente la sigaretta elettronica il 22% dei maschi e il 13% delle femmine. La fascia di età dell’iniziazione al fumo di sigaretta è quella della scuola secondaria di primo grado (10-13 anni).
Pentole antiaderenti causano il cancro? Airc fa chiarezza
News PresaPentole e padelle antiaderenti sono oggetti immancabili nella cucina di molte persone. Tuttavia da anni si discute dei possibili rischi associati al tumore. In realtà, Airc ha chiarito che le padelle più moderne, realizzate nel rispetto delle normative vigenti, non sono pericolose per la salute, a patto che vengano utilizzate in modo adeguato.
Il problema nasce per via del rivestimento dei tegami che in alcuni casi può contenere il politetrafluoroetilene (più conosciuto con i nomi commerciali dei prodotti in cui è contenuto, per esempio Teflon, Fluon, Algoflon, Hostaflon, Inoflon), una sostanza composta da carbonio e fluoro. Il rivestimento antiaderente dei tegami, però, non è associato di per sé a un aumento del rischio di ammalarsi di cancro o di avere particolari problemi di salute, se la cottura avviene senza raggiungere temperature troppo alte e mantenendo integra la superficie. La potenziale pericolosità dei tegami antiaderenti è legata alla presenza – sempre più rara nei prodotti moderni – dell’acido perfluoroottanoico (PFOA), utilizzato in alcuni processi di preparazione del prodotto finale.
Il PFOA è classificato dall’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro in classe 2B (possibilmente cancerogeno per l’uomo).
Padelle antiaderenti e sostanze: cosa dice la scienza
Per l’American Cancer Society, il politetrafluoroetilene di per sé non è cancerogeno e non provoca rischi per la salute alle dosi con le quali normalmente si viene in contatto.
Il rischio per la salute nell’utilizzo di prodotti che contengono politetrafluoroetilene è legato in realtà all’acido perfluoroottanoico, noto anche con le sigle PFOA o C8, un composto impiegato in alcune fasi della produzione del politetrafluoroetilene stesso. Sul PFOA gli studi non mancano e hanno portato alcune agenzie internazionali a pronunciarsi sull’argomento. Recentemente l’Agenzia per la protezione ambientale statunitense (EPA) ha affermato che i dati oggi disponibili suggeriscono un possibile legame causale tra PFOA (e altri composti simili) e il cancro; l’American Conference of Governmental Industrial Hygienists (ACGIH) ha classificato il PFOA come cancerogeno confermato negli animali, con rilevanza ancora incerta per gli esseri umani (ATSDR 2015).
Nel 2016 l’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (IARC), ente con sede a Lione (Francia) e legato all’Organizzazione mondiale della sanità, ha classificato il PFOA nel gruppo 2B, del quale fanno parte le sostanze “possibilmente cancerogene per l’uomo”. In effetti studi condotti in animali di laboratorio hanno mostrato un aumento di tumori di fegato, testicoli, mammella e pancreas dopo esposizione a PFOA (spesso però a dosi molto elevate e per periodi prolungati, condizioni difficili da realizzare nella vita quotidiana). I dati degli effetti sugli esseri umani sono meno chiari e si basano in particolare su studi condotti in persone esposte per motivi professionali o di residenza vicino a un impianto di produzione. Anche in questi casi ci sono prove di un possibile incremento del rischio di alcuni tumori (vescica, testicolo, fegato e altri), ma servono dati più affidabili per arrivare a conclusioni definitive.
Nel 2006 l’EPA e otto aziende che utilizzavano regolarmente PFOA hanno dato il via a uno speciale programma, con l’obiettivo di ridurre i livelli di emissioni e i prodotti contenenti questa sostanza del 95 per cento entro il 2010 e di eliminarli completamente entro il 2015. Secondo i dati e le dichiarazioni delle aziende, l’obiettivo è stato raggiunto. In Europa la Commissione europea ha chiesto all’Agenzia europea per la sicurezza degli alimenti (EFSA) di valutare i rischi per la salute umana delle sostanze perfluoroalchiliche (PFAS), delle quali fanno parte anche il perfluorottano sulfonato (PFOS) e il già citato PFOA, due sostanze che persistono nell’ambiente, hanno tempi di degradazione molto lunghi e possono accumularsi nell’organismo umano. La prima partedel lavoro, pubblicata nel 2018, sarà seguita da una seconda e conclusiva relazione.
Nel frattempo, come si legge sul sito EFSA, “il 4 luglio 2020 entreranno in vigore restrizioni alla fabbricazione e all’immissione sul mercato dei PFOA, dopo le valutazioni scientifiche effettuate dall’Agenzia europea per le sostanze chimiche (ECHA)”.
Airc ha anche stilato una lista di consigli su come utilizzare in modo sicuro le pentole antiaderenti:
Un cuore artificiale in attesa del trapianto
News PresaCi sono interventi chirurgici che possono cambiare la vita di un paziente, ed è certamente il caso della straordinaria operazione realizzata (prima volta in Campania) all’Ospedale Monaldi. I medici lo hanno definito un intervento ibrido, capace di coinvolgere la chirurgia cardiovascolare e l’emodinamica interventistica con l’obiettivo di sostenere la circolazione sanguigna in un paziente affetto da grave disfunzione cardiaca e in attesa di un trapianto di cuore urgente.
LAVORO DI SQUADRA
A realizzare l’intervento è stata l’equipe del Centro trapianti di cuore adulti, diretto da Ciro Maiello, in collaborazione con l’Unità operativa complessa di Cardiologia interventistica, diretta da Giulio Bonzani e con il supporto cardio anestesiologico della terapia intensiva cardiochirurgica guidata da Nicola Galdieri. La procedura, a cui hanno lavorato in team cardiochirurghi, cardiologi emodinamisti interventisti, cardioanestesisti e cardiologi clinici esperti in ecocardiografia, scompenso cardiaco e shock, si è resa necessaria perché il paziente, in attesa di un cuore in emergenza, era da giorni dipendente dal supporto di circolo senza un organo trapiantabile, con crescenti rischi di complicanze. Per questo è stata creata una protesi vascolare su arteria ascellare, con l’obiettivo di inserire una vera e propria pompa rotante in grado di aspirare il sangue dal ventricolo sinistro e pomparlo in aorta, sostenendo il circolo generale per preservare i tessuti. E’ stato quindi possibile, attraverso questo intervento conservativo, eliminare altri supporti associati e attendere un cuore compatibile senza dover ricorrere al respiratore automatico e con una maggiore stabilità emodinamica.
SGUARDO AL FUTURO
«Si tratta di procedure innovative che sono possibili grazie al lavoro di un team multidisciplinare di medici altamente qualificati. Queste procedure innovative si rendono necessarie vista la drammatica carenza di organi e una importante quota di opposizione alla donazione – spiega Antonio Giordano, commissario straordinario dell’Azienda Ospedaliera dei Colli -. Ancora una volta si conferma la vocazione cardiopolmonare dell’ospedale Monaldi».
Maternità surrogata, proposta di legge dalle associazioni
News PresaLe associazioni fanno leva su due punti in tema di maternità surrogata : dare sicurezza e dire no allo sfruttamento e alla commercializzazione. La proposta di legge sulla Gestazione per Altri solidale (GPA) è stata presentata ieri dalle associazioni Luca Coscioni per la libertà di ricerca scientifica, Certi Diritti e Famiglie Arcobaleno durante un convegno presso la sede nazionale della Cgil nazionale.
Maternità surrogata, la proposta delle associazioni
Il testo che disciplina la maternità surrogata, definita come percorso di Gestazione per Altri solidale (GPA), è costituito da 8 articoli, elaborati da giuristi, medici ed esperti. Obiettivo della proposta è superare i limiti imposti dalla Legge 40 e chiedere al Parlamento di normare le modalità di accesso alla fecondazione medicalmente assistita anche per chi non può sostenere una gestazione.
“In molti altri paesi del mondo come Canada, Stati Uniti o Grecia, il testo descrive con precisione le condizioni di accesso al percorso – spiega Filomena Gallo, segretario dell’Associazione Coscioni –ammettendolo ai soli fini solidaristici e prevedendo una serie di tutele volte ad assicurare che le parti ricevano un adeguato monitoraggio medico e siano consapevoli”.
I minori nati acquisirebbero, sin dal trasferimento in utero dell’embrione, lo status di figli legittimi dei nuovi genitori, senza alcun riferimento alle circostanze in cui è avvenuto il concepimento. Un’altra proposta è, invece, stata fatta dal portale di informazione giuridica Articolo29, in cui si prevede anche il controllo da parte di un’autorità giuridica. In merito alla gestazione per altri, l’Ufficio Nuovi Diritti della Cgil ha aperto un confronto con tutte le realtà che si interessano al tema.
Sono 10mila le donne potenzialmente interessate: “donne nate senza utero o a cui è stato asportato per un tumore, donne che hanno fatto chemioterapia, o che hanno aritmie cardiache, problemi renali: sono circa 10.000 in Italia quelle fertili, ma che non possono avere gravidanze a causa di problemi di salute. E almeno un centinaio di loro, ogni anno, si reca all’estero, per ottenere un figlio”, spiega Marcello Pili, titolare di Cardiologia della Asl 6 di Cagliari, in occasione del convegno “Fecondazione assistita e gestazione per altri”, organizzato presso la sede della Cgil dalle associazioni Luca Coscioni, Certi Diritti e Famiglie Arcobaleno. Tuttavia i dati fanno pensare che si tratti di un numero molto maggiore e in costante aumento, a cui vanno aggiunte le donne con endometriosi grave o altre malattie sistemiche che rendono la gravidanza impossibile, come diabete non compensato, patologie autoimmuni, neurologiche, malformazioni o malattie ossee che non consentono al bacino di modificare le sue forme per accogliere una gravidanza”.
Queste donne hanno ovaie ben funzionanti e, in altri Paesi, spiega Filomena Gallo, segretario dell’associazione Luca Coscioni, “hanno una soluzione legale che non si chiama ‘utero in affitto’, ma si chiama ‘gestazione per altri solidale’: non si tratta di un mercimonio, ma di una terapia, purtroppo costosa, e riservata a pochissime coppie. Mentre le altre sono costrette a rinunciare a una delle aspirazioni più alte dell’essere umano: dare la vita”.
Landini (Cgil), ribadisce di non voler dare nessun appoggio alla legge
“La Cgil è interessata a confrontarsi con tutte le opinioni” ma “non promuove né appoggia alcuna legge di sostegno o di regolamentazione della maternità surrogata”, si legge in una nota del segretario generale della Cgil Maurizio Landini. “So – aggiunge – che il tema è delicato, e comprendo appieno il dramma di chi non può avere figli naturali, siano esse ragioni mediche o di genere. Personalmente ritengo il pericolo di mercificazione, di riduzione della persona a oggetto e di deprezzamento della vita una prospettiva che dobbiamo evitare anche solo di evocare. E al direttivo della Cgil esprimerò la mia posizione”.
Anche per la vista, “occhio” alla prevenzione
PrevenzioneIl sole è un valido alleato della salute, ma può anche essere un temibile nemico per la vista. Soprattutto ini estate, prendersi cura degli occhi è importante. E’ proprio in questa stagione che i raggi solari aumentano di intensità e che tutti noi trascorriamo più tempo all’aperto. MioDottore – piattaforma leader in Italia e nel mondo specializzata nella prenotazione online di visite mediche e parte del gruppo DocPlanner – ha coinvolto una delle sue specialiste, la dottoressa Raffaella Corradi, oculista abruzzese, per approfondire questo tema e stilare una lista di preziosi e pratici accorgimenti da seguire per prendersi cura della vista.
Esposizione alla luce: come prevenire e curare danni e fastidi in estate?
«L’esposizione prolungata ai raggi ultravioletti, il caldo e le condizioni climatiche tipiche del periodo estivo (mare, salsedine, vedo e sole) possono causare seri danni agli occhi, come provocare o accelerare malattie quali cataratta, degenerazione maculare (maculopatia) e pterigio (crescita anomala della membrana che riveste l’occhio) – dice Corradi -. Inoltre, senza un’adeguata protezione, si possono presentare episodi di secchezza oculare e infiammazioni dolorose di congiuntiva e cornea (cheratocongiuntiviti attiniche), dovute alle radiazioni solari. “Le palpebre e le lacrime sulla superficie oculare (film lacrimale) ci proteggono dall’ambiente esterno, ma quando apriamo gli occhi in presenza di una forte luce, oppure in condizioni climatiche particolari, queste non sono sufficienti a schermare l’occhio in modo adeguato».
L’esperta spiega che per limitare l’effetto degli agenti atmosferici e prevenire arrossamenti oculari e infezioni è consigliabile evitare l’uso di lenti a contatto. «La salinità dell’acqua di mare altera l’osmosi e tende a fare asciugare le lenti a contatto, che perdono così le loro caratteristiche essenziali. Inoltre, si può essere esposti più facilmente a infezioni, veicolate dalla lente stessa, se questa non viene trattata in modo adeguato dopo il bagno. Anche il vento e le elevate temperature, che alterano l’assetto del film lacrimale, possono interferire con le lenti a contatto, riducendone la tollerabilità. Le lacrime artificiali, se usate con frequenza, possono aiutare a mantenere l’occhio idratato».
OCCHIALI DA SOLE
«Proteggere gli occhi dai raggi del sole è importante e necessario, sia quando il cielo è sereno, sia nelle giornate nuvolose. Per prevenire eventuali danni, è fondamentale scegliere occhiali da sole adeguati, con lenti di alta qualità, tenendo conto diversi fattori: fototipo, età, difetto refrattivo, condizioni di illuminazione e ambiente in cui si utilizzano». L’ideale sarebbe acquistare occhiali da sole che possano proteggere dai rischi, in grado di bloccare almeno il 99% dei raggi UVB ed il 95% di quelli UVA e che riportino in etichetta dettagliate informazioni sul potere filtrante. Sono preferibili le lenti da sole polarizzate che, oltre a proteggere gli occhi al 100% dai raggi UV, abilitano una maggior nitidezza anche in lontananza, restituiscono ai colori una maggior saturazione e naturalezza e permettono di percepire maggiormente i contrasti. Il colore delle lenti influisce anche sul contrasto e sulla capacità di differenziare le gradazioni di colore. «Chi ha difetti alla vista dovrà fare attenzione alla scelta del colore: i miopi e gli astigmatici dovranno preferire lenti marroni, gli ipermetropi dovranno orientarsi invece sul verde/grigio. Le lenti di colore blu, per quanto esteticamente più accattivanti, possono alterare la percezione dei colori e attenuare il contrasto, generando fastidio se per esempio si è alla guida. Il giallo/ocra/arancione è la gamma di colori ideali per proteggersi dagli effetti della luce blu. Le lenti alla melanina, infine, disponibili ormai da qualche anno, regalano una protezione pressoché totale nei confronti dei raggi UV e della luce blu» spiega l’oculista.
Anche il colore degli occhi determina diversi livelli di sensibilità alla luce ed eventuali problemi di vista: “Soggetti con occhi chiari manifestano maggior fotofobia rispetto ai soggetti con occhi scuri. La fotofobia è dovuta alla ridotta quantità di melanina contenuta nelle iridi chiare, che conferisce una minore protezione contro l’illuminazione solare”. Questo sintomo fastidioso e i conseguenti effetti dannosi della luce solare, possono essere ridotti con l’uso di integratori a base di luteina, zeaxantina, beta-carotene e vitamina A, che creano un valido filtro di protezione a livello retinico prevenendo anche i danni ossidativi indotti dalla luce solare.
AD OGNI ETA’ LA SUA LENTE
Anche l’età è un aspetto importante quando si sceglie un occhiale da sole. Gli occhi dei bambini, fino a 12 anni, sono particolarmente sensibili alla luce; per questo è necessario acquistare modelli che possono essere utilizzati sia al mare, sia in montagna, con lenti infrangibili e otticamente pure, senza imperfezioni. Per proteggere la vista, soprattutto nei bambini molto piccoli o che potrebbero risultare intolleranti alle lenti solari, è preferibile utilizzare anche cappellini con ampia visiera che possono coadiuvare l’uso degli occhiali, riducendo e schermando parzialmente i raggi solari.
Le lenti a specchio, invece, sono ideali per i giovani, soprattutto in montagna, dove il riverbero della luce può essere molto forte. Anche gli over 60 devono seguire degli accorgimenti: “In questa fascia d’età l’occhio subisce delle mutazioni, dovute all’invecchiamento. Per questo, sia nei soggetti senza difetti visivi che in quelli operati di cataratta, le lenti fotocromatiche che regolano in modo graduale l’afflusso di luce possono rappresentare la soluzione ottimale,” sottolinea la dottoressa Corradi.
LE REGOLE D’ORO
Estratto dai melograni, ecco il nettare per i muscoli
AlimentazioneAnche se ormai è abbastanza chiaro che l’elisir di lunga vita non esiste, è altrettanto evidente che ci sono dei piccoli segreti (o meglio piccoli accorgimenti) che possono aiutarci a tagliare il traguardo degli “anta” in maniera più che dignitosa. Tra le varie soluzioni, più o meno note, se ne aggiunge una che mai ci si sarebbe aspettati. Una sostanza estratta dai melograni ha dimostrato i suoi effetti anti-aging in un trial clinico di fase uno, i cui risultati sono apparsi sulla rivista Nature Metabolism. Lo studio è stato condotto al Politecnico di Losanna ( École polytechnique fédérale de Lausanne) e mostra che l”urolitina A’ (presente in melograni e da altra frutta) potrebbe rallentare l’invecchiamento muscolare e la perdita di forza e massa muscolare tipica della terza età.
LONGEVITA’ MUSCOLARE
L’Urolitina A era stata testata in precedenza su animali (vermetti e topolini) dimostrandone la capacità di aumentare longevità e forza muscolare rispettivamente. In questa sperimentazione la molecola è stata somministrata in tre dosi diverse per 28 giorni a tre gruppi di anziani, sedentari ma in buona salute, mentre un quarto gruppo ha ricevuto una sostanza placebo. L’urolitina A si è dimostrata sicura a tutte le dosi e gli esperti hanno visto che, a livello muscolare, la molecola stimola l’aumento della ‘biogenesi’ dei mitocondri, ossia il normale ricambio di questi organelli – le centraline elettriche delle cellule – che sono fondamentali per la contrazione muscolare. Via via che i mitocondri diventano difettosi vengono sostituiti da organelli nuovi, ma questo ricambio rallenta fisiologicamente con l’età e anche con la sedentarietà, portando a perdita di massa muscolare fino a sarcopenia (un disturbo che colpisce gli anziani). L’effetto prodotto dalla molecola dei melograni è compatibile con quello normalmente indotto da una regolare attività fisica, che spesso l’anziano ha difficoltà a svolgere. Gli esperti, che hanno formato la spin-off Amazentis in seno all’EPFL, sperano di portare presto l’urolitina A sul mercato e di rivelare altri vantaggi per la salute umana nascosti in questa molecola.
IL CINEMA
La possibilità di mantenerci giovani e belli a lungo è stata più volte protagonista dei film di Hollywood e non solo. Una delle pellicole più amate e celebrate è certamente “La morte ti fa bella”, (Death Becomes Her) film del 1992 diretto da Robert Zemeckis, interpretato dai premi Oscar Meryl Streep e Goldie Hawn e da Bruce Willis ed Isabella Rossellini. Ironia della sorte, anche questa splendida pellicola ormai sembra essere sbiadita nel ricordo dei più a causa dell’età.
Un orsetto per superare la paura della flebo. Il grande piano di Ella
News PresaElla è una bambina che vive in Connecticut. Quando aveva sette anni le è stata diagnosticata una patologia: la “porpora trombocitopenica idiopatica”. Per via di questa malattia il suo corpo attacca e distrugge le piastrine del sangue, provocando rischi di sanguinamento e ferite. La sua prima più grande paura è stata quella di affrontare le numerose flebo, necessarie alle infusioni endivenose con cadenza di sei-otto settimane. Quell’enorme numero di tubi e attrezzature mediche sull’asta delle flebo la spaventava, così ha chiesto aiuto al suo orsetto di peluche che l’ha aiutata a mascherare gli attrezzi, attaccandolo sulla parte davanti con la colla a caldo. Così è nato Medi Teddy, l’orsacchiotto ‘nascondi-sacca’, grazie al quale le cure son diventate più leggere.
Paura della flebo. Un piano per aiutare gli altri bambini
Oggi Ella ha dodici anni e ha in mente un progetto per aiutare anche gli altri bambini a superare la paura della flebo. “Lo scopo di Medi Teddy – ha raccontato alla Cnn – è quello di nascondere una sacca di fluido, farmaco o prodotto sanguigno dal bambino che lo riceve”.
Gli operatori sanitari tuttavia potranno vedere lo stato del medicinale dal retro. Ella ha realizzato diversi prototipi e li ha consegnati alle infermiere che la curano per avere un feedback su come migliorarlo. Non si è fermata qui, ha poi studiato i piani aziendali a scuola per uno studio indipendente e ha creato il proprio per Medi Teddy. Ora con l’aiuto della mamma, vorrebbe creare un’organizzazione no-profit. Nel frattempo ha lanciato una campagna di raccolta fondi per racimolare 5 mila dollari per poter realizzare e consegnare i primi 500 Medi Teddy. Gli americani hanno risposto subito all’appello e in poche ore sono arrivati oltre 20 mila dollari. Una volta raccolti i soldi per realizzarli, gli orsetti verranno donati ai bimbi ricoverati nei reparti pediatrici degli ospedali.
Mal d’auto, i consigli degli esperti prima di mettersi in viaggio
BambiniIl mal d’auto, quello strano malessere difficile da descrivere, soprattutto quando l’interessato è un bambino, è causato dall’ipersensibilità del centro dell’equilibrio situato all’interno dell’orecchio. Tra i sintomi provoca pallore, sbadigli, sudorazione fredda e nausea fino al vomito. La problematica colpisce soprattutto i bambini – ne soffre circa uno su tre – ma può riguardare anche gli adulti. Questo stato di malessere può essere tenuto a bada seguendo 7 regole base. A dirlo sono gli esperti dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù insieme alla Fondazione Ania (Associazione Nazionale fra le Imprese Assicuratrici) che alla vigilia dell’estate e delle partenze, hanno diffuso una guida per viaggiare in sicurezza con i consigli contro il mal d’auto. La guida è pubblicata all’interno del magazine “A scuola di salute” del Bambino Gesù.
Mal d’auto, cos’è
La condizione del mal d’auto o cinetosi è causata dall’ipersensibilità del centro dell’equilibrio, situato all’interno dell’orecchio. La ripetuta sollecitazione di questo centro comporta un malessere in forma di mal d’auto, mal di mare, mal d’a- ereo, mal di treno, generalmente in seguito a movimenti rotatori ed esposizione ad eccessivi stimoli visivi. Nel caso del mal d’auto è lo scorrimento laterale del paesaggio rispetto al corpo fermo a causare gli stimoli contraddittori e i sintomi tipici.
I sintomi
Pallore, sbadigli, sudo- razione fredda e nausea fino al vomito sono indi- catori della cinetosi. Solitamente un episodio di vomito aiuta il bambi- no a stare meglio.
Mal d’auto, i consigli degli esperti
I sette consigli per fronteggiare il mal d’auto, soprattutto quando si tratta di bambini, sono:
Malasanità (vera o presunta) ecco quanto ci costa
News PresaSi può vivere per 20anni con una sonda nello stomaco senza saperlo? A quanto pare sì, almeno a leggere quanto riportato da diversi quotidiani. La storia è quella di una donna di 62 anni che da 20 era rimasta con forse con una parte di una Peg (gastrostomia endoscopica percutanea) nello stomaco. Il tubo, largo circa 2,5 centimetri e lungo circa 6, è stato rimosso nel corso di un intervento effettuato nell’ospedale San Carlo di Potenza. La donna dopo 48 ore si è alimentata senza complicanze legate alla procedura. Un po’ come se il famosissimo dottor Nowzaradan (medico protagonista del celebre programma Tv Vite al Limite) dimenticasse di estrarre dalla paziente di turno un qualche attrezzo chirurgico prima di pronunciare la fatidica frase “potete richiudere”.
I PRECEDENTI
La storia di questa donna, per quanto incredibile, non è certo l’unica avvenuta negli anni. Basta cercare negli archivi del Corriere della Sera per ritrovare traccia di un altro titolo che la dice lunga: «Dimenticano» un telo chirurgico nello stomaco della paziente: due medici sotto processo». Nell’articolo si legge: «L’incidente risale al 29 gennaio del 2009» quando la signora (all’epoca 67 anni), si era ricoverata «per sottoporsi a un intervento di asportazione dell’utero. L’operazione, almeno in apparenza, viene portata a termine con successo, ma a poche ore dal risveglio la paziente avverte subito dolori allo stomaco. Una situazione che pare inspiegabile. È allora necessario procedere ad accertamenti, dai quali emerge la strana presenza di un corpo estraneo di dieci centimetri nell’addome». Altro titolo, del 2014: «Chiari: donna operata, nello stomaco dimenticano il bisturi». L’articolo parla stavolta di una «brutta sorpresa post operatoria per un’insegnante di 40 anni operata a inizio anno» e prosegue: «Ad un paio di giorni dall’intervento infatti la donna ha cominciato ad accusare fortissimi dolori addominali, tanto da convincerla a richiedere un nuovo ricovero, nello stesso ospedale. Sottoposta ad una Tac, per accertamenti, ecco la ‘negligente’ verità: nel suo stomaco, da poco operato, un bisturi lungo quasi 30 centimetri». La storia della medicina è costellata da notizie simili, ma non si legge spesso – purtroppo – dei milioni di interventi che invece salvano vite ormai in bilico. E non è retorica.
I COSTI
Al di là dei casi nei quali ci sono degli errori conclamati, per i quali è più che giusto che ci siano pene severe e risarcimenti, va detto che oggi la sanità (o meglio la presunta malasanità) è diventata un bel business per molti. Sono significativi e molto esplicativi i dati emersi durante l’ultimo congresso dei chirurghi ospedalieri italiani (Acoi) tenutosi a Matera dal 9 al 12 giugno. Secondo questi dati ogni anno in Italia si aprono 35.600 nuove azioni legali, mentre ne giacciono 300 mila nei tribunali contro medici e strutture sanitarie pubbliche. Azioni legali che quasi sempre finiscono con un nulla di fatto, considerando che il 95% nel penale e il 70% nel civile si concludono con il proscioglimento. A preoccupare sono anche i costi del fenomeno per lo Stato, legati al “buco nero” della medicina difensiva, che arrivano a sfiorare i 12 miliardi di euro all’anno (11,87 mld nel 2018): 1 miliardo al mese, 1.543 euro a persona l’anno. Secondo un report messo a punto dall’associazione i contenziosi sono in buona parte attivati nelle regioni del Sud e nelle Isole (44,5%), mentre al Nord siamo al 32,2% e nelle regioni del Centro al 23%. L’area professionale a maggior rischio è la chirurgia con il 45,1% dei sinistri. L’errore chirurgico (presunto tale) è l’evento che viene denunciato con maggiore frequenza (34,9%), seguito da errori diagnostici (18,5%) e terapeutici (9,4%). Ciò che solo pochi non comprendono è che cercare di trasformare la presunta malasanità in un business ha il solo effetto di impoverire il sistema sanitario pubblico.
Arresto cardiaco uccide 60mila italiani l’anno: “diffondere defibrillatori”
News PresaIn Europa 1000 persone al giorno muoiono per arresto cardiaco, 400.000 in un anno, di cui 60.000 in Italia. Un dato che lo colloca come il primo killer nel mondo occidentale: uccide una persona ogni 8 minuti. Tuttavia, la sopravvivenza triplica se si interviene tempestivamente con l’uso di un defibrillatore, in attesa dei soccorsi. È quanto è stato spiegato, durante l’audizione in Commissione Affari Sociali della Camera, da Daniela Aschieri, direttore dell’Unità operativa di cardiologia e riabilitazione presso l’Ospedale Unico della Valtidone (Piacenza), nell’ambito dell’esame delle otto proposte di legge presentate alla Camera recanti “Disposizioni in materia di utilizzo dei defibrillatori semiautomatici e automatici in ambiente extraospedaliero”. Aschieri ha illustrato i risultati ottenuti dal Progetto Vita, grazie al quale Piacenza è diventata la città più cardioprotetta d’Europa.
Piacenza contro l’arresto cardiaco
Si tratta di un’esperienza, pilota in Europa, ha spiegato Aschieri, esperta dell’Associazione Nazionale Medici Cardiologi Ospedalieri (Anmco) che esiste da 21 anni e ha consentito di istallare 877 defibrillatori nella città, tutti integrati con la centrale operativa attraverso una app regionale. Per una persona colpita da arresto cardiaco, ogni minuto che passa diminuisce del 10% la possibilità di sopravvivere. I dati dell’associazione mostrano il 41% di sopravvivenza tra i defibrillati da personale laico a fronte del 5% di quelli defibrillati da personale a bordo dell’ambulanza. A Piacenza ora è presente un defibrillatore ogni 150 metri. Il problema però non è sempre la mancanza del dispositivo salva vita, ma anche la paura di fare del danno. Deve andare quindi di pari passo l’aumento della disponibilità di informazioni sulle modalità di utilizzo.