Tempo di lettura: 3 minutiChi più che meno siamo ormai tutti pronti alle vacanze estive; qualcuno è già partito, altri partiranno a breve. Per tutti può essere utile sapere cosa fare in caso incontri ravvicinati con insetti, vipere e meduse. Ecco perché vi proponiamo un piccolo vademecum stilato dal Direttore del Centro Antiveleni dell’Ospedale Niguarda di Milano.
VESPE, API E CALABRONI
Quando si trascorre molto tempo all’aria aperta, soprattutto se in collina o in montagna, il rischio di essere punti da imenotteri (vespe, api o calabroni) è alto. In questo caso il rischio è duplice: ci sono le reazioni cutanee localizzate, che si possono trattare con del ghiaccio (mai direttamente sulla cute) ed eventualmente con cortisone e antistaminici. E poi (più di rado e spesso in soggetti predisposti) ci possono essere reazioni sistemiche che comprendono orticaria, gonfiori sottocutanei, difficoltà respiratoria da edema laringeo, vomito e diarrea, fino al quadro più grave, lo shock anafilattico, caratterizzato da un improvviso calo della pressione arteriosa con perdita di coscienza. Tali reazioni possono essere estremamente severe e persino fatali. La domanda a questo punto è: in caso di puntura a cosa prestare attenzione? Se dopo essere stati punti da un’ape, da un calabrone o da una vespa, oltre al dolore e alla reazione locale, subentrano sintomi come un intenso malessere generale, orticaria diffusa, senso di mancamento o mancanza di respiro, è bene senza indugio allertare servizio di emergenza e farsi trasportare al Pronto Soccorso più vicino. Per le emergenze è disponibile, inoltre, una terapia specifica da portare con sé: l’adrenalina per auto-iniezione, un farmaco salvavita ad azione rapidissima e fornito gratuitamente ai pazienti che abbiano già presentato reazioni allergiche alla puntura di imenotteri.
MORSO DI VIPERA
E’ un animale piuttosto timido, che morde solo se molestato e il cui veleno, per tipo e quantità, solo raramente provoca dei quadri clinici gravi. Attenzione ai muri a secco e ai prati esposti al sole, sono tra gli habitat preferiti. Da ricordare, però, che le vipere avvertono le vibrazioni, per questo picchiare con un bastone a terra sarà sufficiente a metterle in fuga. In caso di morso si deve invece mantenere la calma, muovere il meno possibile l’arto colpito senza comprimerlo e recarsi al Pronto Soccorso più vicino. Tra le cose assolutamente da non fare, quella di agire alla John Wayne: non serve a niente incidere la pelle con un coltello e succhiare il veleno. E’ inutile e si rischia di ledere i nervi. Allo stesso modo non vanno applicati né lacci né ghiaccio.
LO SCORPIONE
In alcune località italiane può capitare di essere punti persino da scorpini. Fortunatamente le specie presenti in Italia, pur essendo velenose, sono abbastanza inoffensive. Infatti è scarsa o nulla l’aggressività nei confronti dell’uomo. Inoltre il veleno dello scorpione difficilmente provoca conseguenze preoccupanti. Il trattamento è generalmente sintomatico e prevede pochi e semplici step: immobilizzare la zona colpita e applicare ghiaccio, non direttamente a contatto con la pelle, per attenuare il dolore. Se le manifestazioni sono più gravi ma comunque limitate alla zona della puntura (dolore particolarmente intenso e gonfiore significativo), possono essere consigliati farmaci antidolorifici per bocca insieme a cortisonici e antistaminici ad azione locale. Per questi farmaci può rendersi necessaria una somministrazione per via sistemica, ma solo dopo la valutazione di un Centro Antiveleni.
AL MARE
Uno dei nemici più temibili quando si fa il bagno è la medusa che, con i suoi tentacoli urticanti, può causare reazioni cutanee locali in sede di contatto molto dolorose che provocano forte bruciore, tanto da essere considerate delle vere e proprie ustioni. In caso di contatto con la medusa, rimanere in acqua e asportare accuratamente le vescicole che contengono le sostanze urticanti utilizzando l’acqua di mare. Se il lavaggio, infatti, si effettua con acqua “dolce” non si fa altro che peggiorare la situazione favorendo la rottura delle vescicole e quindi l’effetto urticante con conseguente peggioramento di infiammazione e dolore. Una volta usciti, applicare ghiaccio- ricordandosi di non farlo direttamente sulla cute perché il risultato è una ustione da freddo- e pomate al cortisone.
TRACINE E NON SOLO
Questi pesci vivono sui fondali e può capitare di calpestarli, anche in acque poco profonde. Le tracine, tra cui il pesce ragno, gli scorfani e le razze possiedono aculei con il quale iniettano un veleno poco pericoloso, ma molto doloroso che, fortunatamente, è termolabile. Per questo è sufficiente tenere la zona interessata in ammollo in acqua calda il più a lungo possibile. In mancanza di acqua, va bene anche la sabbia irraggiata dal sole. Dopo di che bisogna applicare la pomata al cortisone. Il consiglio che si può dare a tutti, naturalmente, quello di tenere gli occhi aperti ed evitare comportamenti “pericolosi”. Un po’ di buon senso non guasta mail.
Viaggiare in gravidanza, ecco le regole d’oro
News PresaIn gravidanza, viaggio sì o viaggio no. Questo è il dilemma per migliaia di future mamme in vista delle vacanze, diffidenti all’idea di mettersi in viaggio con il pancione. E allora, proviamo a chiarire qualche punto dell’amletico dubbio partendo, come sempre, dal buon senso. Già, se si usa criterio nel fare le cose un viaggio è sempre possibile, tenendo comunque presente che i primi tre mesi sono un momento critico per (si registra un caso su 6 di aborto spontaneo) ma che questo avviene indipendentemente dal fatto di viaggiare o meno.
IN VOLO
Quello che preoccupa molte donne in gravidanza è l’idea di salire in aereo. Nel caso di una gravidanza “normale”, quindi non gemellare e senza particolari complicazioni, il limite per un viaggio in volo è alla 37° settimana. Ecco perché molte compagnie aeree non consentono l’imbarco alle donne oltre a questo periodo. In previsione di un parto gemellare è meglio non viaggiare oltre le 32 settimane di gravidanza. Detto questo, se è il mezzo a preoccupare, l’aereo è molto più sicuro della macchina. Ciò che importa è la distinzione tra tratte lunghe e tratte brevi. La linea di confine tra la prima e la seconda ipotesi è quella delle 4 ore di percorrenza. Se si vola per meno di 4 ore non servono particolari precauzioni. Mentre, se il volo in questione dura di più si può correre il rischio di una trombosi, e quindi è bene indossare vestiti e scarpe comode e sedersi in un posto vicino al corridoio per poter camminare e muovere le gambe almeno ogni 30 minuti. Infine, le future mamme faranno bene a indossare delle calze a compressione graduata, ridurre l’apporto di caffeina e gli alcolici (che sarebbe sempre meglio evitare).
AUTO E NAVE
Altra domanda frequente è quella relativa ai viaggi in auto. Si può viaggiare in gravidanza in auto? Sì, con alcune attenzioni. Per gli spostamenti in macchina, non dimenticare di tenere sempre allacciata la cintura di sicurezza. Sfatiamo il mito dei rischi per il piccolo e chiariamo che è raccomandata anche in gravidanza, con l’accortezza di fare passare le fasce ben al di sopra e al disotto del pancione. La moto, invece, è meglio evitarla. Non solo perché le vibrazioni stimolano la contrattilità uterina, ma soprattutto perché in caso di caduta è molto rischiosa per il bambino. Infine, la nave. Anche qui, se si tratta di brevi spostamenti per raggiungere qualche isola, non ci sono problemi. Meglio evitare, invece, le crociere: a causa del moto ondoso le nausee potrebbero diventare un vero e proprio incubo.
Punture estive? Ecco come risolvere il problema
News PresaChi più che meno siamo ormai tutti pronti alle vacanze estive; qualcuno è già partito, altri partiranno a breve. Per tutti può essere utile sapere cosa fare in caso incontri ravvicinati con insetti, vipere e meduse. Ecco perché vi proponiamo un piccolo vademecum stilato dal Direttore del Centro Antiveleni dell’Ospedale Niguarda di Milano.
VESPE, API E CALABRONI
Quando si trascorre molto tempo all’aria aperta, soprattutto se in collina o in montagna, il rischio di essere punti da imenotteri (vespe, api o calabroni) è alto. In questo caso il rischio è duplice: ci sono le reazioni cutanee localizzate, che si possono trattare con del ghiaccio (mai direttamente sulla cute) ed eventualmente con cortisone e antistaminici. E poi (più di rado e spesso in soggetti predisposti) ci possono essere reazioni sistemiche che comprendono orticaria, gonfiori sottocutanei, difficoltà respiratoria da edema laringeo, vomito e diarrea, fino al quadro più grave, lo shock anafilattico, caratterizzato da un improvviso calo della pressione arteriosa con perdita di coscienza. Tali reazioni possono essere estremamente severe e persino fatali. La domanda a questo punto è: in caso di puntura a cosa prestare attenzione? Se dopo essere stati punti da un’ape, da un calabrone o da una vespa, oltre al dolore e alla reazione locale, subentrano sintomi come un intenso malessere generale, orticaria diffusa, senso di mancamento o mancanza di respiro, è bene senza indugio allertare servizio di emergenza e farsi trasportare al Pronto Soccorso più vicino. Per le emergenze è disponibile, inoltre, una terapia specifica da portare con sé: l’adrenalina per auto-iniezione, un farmaco salvavita ad azione rapidissima e fornito gratuitamente ai pazienti che abbiano già presentato reazioni allergiche alla puntura di imenotteri.
MORSO DI VIPERA
E’ un animale piuttosto timido, che morde solo se molestato e il cui veleno, per tipo e quantità, solo raramente provoca dei quadri clinici gravi. Attenzione ai muri a secco e ai prati esposti al sole, sono tra gli habitat preferiti. Da ricordare, però, che le vipere avvertono le vibrazioni, per questo picchiare con un bastone a terra sarà sufficiente a metterle in fuga. In caso di morso si deve invece mantenere la calma, muovere il meno possibile l’arto colpito senza comprimerlo e recarsi al Pronto Soccorso più vicino. Tra le cose assolutamente da non fare, quella di agire alla John Wayne: non serve a niente incidere la pelle con un coltello e succhiare il veleno. E’ inutile e si rischia di ledere i nervi. Allo stesso modo non vanno applicati né lacci né ghiaccio.
LO SCORPIONE
In alcune località italiane può capitare di essere punti persino da scorpini. Fortunatamente le specie presenti in Italia, pur essendo velenose, sono abbastanza inoffensive. Infatti è scarsa o nulla l’aggressività nei confronti dell’uomo. Inoltre il veleno dello scorpione difficilmente provoca conseguenze preoccupanti. Il trattamento è generalmente sintomatico e prevede pochi e semplici step: immobilizzare la zona colpita e applicare ghiaccio, non direttamente a contatto con la pelle, per attenuare il dolore. Se le manifestazioni sono più gravi ma comunque limitate alla zona della puntura (dolore particolarmente intenso e gonfiore significativo), possono essere consigliati farmaci antidolorifici per bocca insieme a cortisonici e antistaminici ad azione locale. Per questi farmaci può rendersi necessaria una somministrazione per via sistemica, ma solo dopo la valutazione di un Centro Antiveleni.
AL MARE
Uno dei nemici più temibili quando si fa il bagno è la medusa che, con i suoi tentacoli urticanti, può causare reazioni cutanee locali in sede di contatto molto dolorose che provocano forte bruciore, tanto da essere considerate delle vere e proprie ustioni. In caso di contatto con la medusa, rimanere in acqua e asportare accuratamente le vescicole che contengono le sostanze urticanti utilizzando l’acqua di mare. Se il lavaggio, infatti, si effettua con acqua “dolce” non si fa altro che peggiorare la situazione favorendo la rottura delle vescicole e quindi l’effetto urticante con conseguente peggioramento di infiammazione e dolore. Una volta usciti, applicare ghiaccio- ricordandosi di non farlo direttamente sulla cute perché il risultato è una ustione da freddo- e pomate al cortisone.
TRACINE E NON SOLO
Questi pesci vivono sui fondali e può capitare di calpestarli, anche in acque poco profonde. Le tracine, tra cui il pesce ragno, gli scorfani e le razze possiedono aculei con il quale iniettano un veleno poco pericoloso, ma molto doloroso che, fortunatamente, è termolabile. Per questo è sufficiente tenere la zona interessata in ammollo in acqua calda il più a lungo possibile. In mancanza di acqua, va bene anche la sabbia irraggiata dal sole. Dopo di che bisogna applicare la pomata al cortisone. Il consiglio che si può dare a tutti, naturalmente, quello di tenere gli occhi aperti ed evitare comportamenti “pericolosi”. Un po’ di buon senso non guasta mail.
Diabete e cancro: gli uomini e le donne sono davvero uguali?
News PresaIl rischio di sviluppare un tumore aumenta negli uomini e nelle donne con diabete di tipo 2 rispetto a persone del loro stesso sesso senza problemi metabolici. A dimostrarlo sono i risultati di una ricerca condotta in Cina in oltre 410.000 adulti. Inoltre, secondo un’analisi più approfondita si nota che il rischio oncologico legato al diabete non è pari fra uomini e donne. “Per i tumori in generale, abbiamo osservato un aumento del rischio relativo pari al 34 per cento per gli uomini e al 62 per cento per le donne in presenza di diabete” dichiarano gli autori della ricerca, aggiungendo anche che servono studi più approfonditi per distinguere con precisione gli effetti del diabete di tipo 2 e di altri fattori sulla possibilità di sviluppare un tumore. Rispetto alla popolazione generale, gli aumenti significativi di rischio di ammalarsi per gli uomini riguardano il tumore della prostata(+86 per cento), ma anche leucemie e linfomi, tumore della pelle, della tiroide, del rene, del fegato, del pancreas, del colon-retto e dello stomaco. Per le donne, invece, il rischio di sviluppare un tumore rinofaringeo è più che doppio, ma aumenta anche quello relativo a tumori di fegato, esofago, tiroide, polmone, pancreas, sangue (leucemie e linfomi), utero, colon-retto, seno, cervice uterina e stomaco.
Si potrebbe obiettare che lo studio è stato condotto in una popolazione specifica, quella cinese, e che di conseguenza i risultati potrebbero essere diversi negli abitanti, per esempio, dei paesi occidentali. In realtà l’associazione tra diabete e rischio di cancro è nota, ed è stata confermata in diversi studi, tra cui una metanalisi della letteratura che ha valutato i risultati ottenuti in 121 gruppi (coorti) di pazienti con diabete, per un totale di oltre 19 milioni di persone in tutto il mondo. Secondo questo e altri studi il diabete è un fattore di rischio per lo sviluppo del cancro sia negli uomini sia nelle donne. È importante tenere conto anche del genere del paziente nello studio del legame tra diabete e rischio, come nella prevenzione e nel trattamento del cancro. La buona notizia è che le regole di base per prevenire diabete e tumori sono spesso sovrapponibili: cercare di mantenere un peso nella norma (con particolare attenzione a evitare un girovita troppo ampio), puntare su frutta e verdura, riducendo il consumo di alcol e carne rossa, e rimanere sempre attivi, limitando al minimo il tempo trascorso in attività sedentarie.
Bambini e dentista, “istruzioni per l’uso”
PrevenzioneConvincere un bambino a lavarsi i denti, le mamme e i papà lo sanno bene, è veramente un lavoraccio. Ma a che età ci si deve iniziare a preoccupare dell’igiene orale dei propri figli? In realtà la salute della bocca parte dai primi mesi di vita, anche se la “dentizione” va dalla comparsa del primo dentino (tra il sesto e l’ottavo mese) e la comparsa dei denti del giudizio (più o meno verso i 15 anni). La comparsa dei primi denti, la cosiddetta eruzione dentale, è per tutti i genitori un momento emozionante e qualche volta tormentato. Spesso i bambini sentono dolore, oppure, a causa di un’eruzione prematura ci possono essere problemi con l’allattamento. O, ancora, alcuni denti possono essere accavallati o con il dente permanente che arriva esternamente a quello da latte, senza però riuscire a farlo cadere da subito. Insomma, i problemi possono essere i più vari. Ma, niente paura.
LA PRIMA VISITA
Tanti genitori si domandano a che età debba avvenire la prima visita. Alcuni pensano che non sia necessario prima dei 5 o 6 anni, ma non è così. La figura del dentista è spesso associata alla paura di sentire dolore, proprio per questo la prima visita odontoiatrica andrebbe effettuata già all’età di 1 anno. Quindi in un momento sereno che non prevede “emergenze”. Una sorta di presentazione, un modo per consentire al piccolo di casa di prendere confidenza con l’ambiente e con il dentista, che in pochi minuti potrà già eseguire una prima ispezione sommaria della bocca. L’odontoiatra valuterà lo stato di salute dei tessuti molli (gengive e mucose orali) e ricercherà eventuali carie, alterazioni dello smalto, presenza di elementi dentari in eccesso o, al contrario, la mancata eruzione di qualche dente.
ALLEATI PER IL SORRISO
Una visita così precoce servirà anche a creare una vera e propria “alleanza” tra genitori e dentista. Una buona occasione per ricevere le prime informazioni e indicazioni sulle misure di igiene orale e le corrette abitudini alimentari da adottare. Le visite odontoiatriche dovrebbero poi proseguire ogni 12 mesi per verificare lo sviluppo armonico della bocca e dei denti e, allo stesso tempo, creare una collaborazione tra dentista e bambino. Insomma, un vero e proprio lavoro di squadra per mantenere il sorriso. E, se la preoccupazione è la spesa, val bene ricordare che così facendo si risparmieranno moltissimi soldi. Perché, come dice il motto più famoso: prevenire è meglio che curare.
Epatite C, 200mila casi In Italia: la campagna per i “sommersi”
News Presa“Aiutaci a cancellare l’epatite C!” recita lo spot della Campagna Sociale per l’eliminazione dell’epatite C realizzata in occasione della Giornata Mondiale delle epatiti che cade il 28 luglio. L’iniziativa è stata presentata questa mattina in Senato, promossa da Simit – Società Italiana di Malattie Infettive e Tropicali con Aisf – Associazione Italiana per lo Studio del Fegato, e con il patrocinio della Presidenza del Consiglio dei Ministri e del Ministero della Salute. Il virus dell’epatite C (Hcv) colpisce il fegato, oggi le cure consentono di eliminare il virus in circa il 97% dei casi trattati. L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha posto l’obiettivo di eliminazione l’infezione da Hcv entro il 2030. Il nostro Paese, grazie alle politiche di accesso al trattamento introdotte dall’Aifa, raggiungerà l’obiettivo dell’Oms della riduzione del 65% della mortalità Hcv correlata nel 2022. Inoltre l’Italia, secondo le ultime analisi condotte dal Center Disease Analysis (Usa), si colloca tra i 12 Paesi avviati positivamente verso il traguardo dell’Oms dell’eliminazione dell’infezione da Hcv entro il 2030, a patto di mantenere alto il numero degli individui trattati.
Epatite C, i casi sommersi
In Italia risultavano a fine giugno oltre 185mila trattamenti avviati e nella stragrande maggioranza già conclusi con successo. Tuttavia, considerando l’alta prevalenza di Hcv nella popolazione generale in Italia, per aumentare la diagnosi e il trattamento delle persone infette è indispensabile far emergere il ‘sommerso’ nelle categorie maggiormente a rischio. Una particolare attenzione va dedicata a soggetti con fattori di rischio per esposizione al virus dell’epatite C (trasfusione di derivati del plasma prima degli anni ’90, storia di chirurgia maggiore, storia di iniezioni con siringhe di vetro non monouso, portatori di tatuaggi e/o piercing, etc), ed a popolazioni a rischio, come coloro che frequentano i Servizi per le dipendenze (SerD) o la popolazione carceraria, per i quali bisogna istituire dei programmi specifici di screening e di terapia.
La campagna di sensibilizzazione
Dalla scoperta del virus nel 1989, l’epatite C in Italia ha causato oltre 100mila morti, per cirrosi epatica o tumori del fegato. Dopo 30 anni, in Italia vi sono ancora 200mila persone stimate con infezione da Hcv. Oggi grazie alla ricerca il virus può essere sconfitto in poche settimane con una terapia per bocca semplice e non tossica. Lo spot che andrà in onda su tutte le emittenti radio e TV della RAI invita a rivolgersi al proprio medico, perchè l’epatite C è un rischio quotidiano e accorcia la vita. Infatti l’obiettivo della campagna, che ha tra i partner anche Ferrovie dello Stato Italiane, è quello di raggiungere i casi ‘sommersi’ che secondo le stime sarebbero tra le 100mila e le 350mila persone e che avrebbero a disposizione una terapia gratuita e della durata di poche settimane.
Un nuovo farmaco antitumorale “addormenta” le cellule neoplastiche
PrevenzioneUn nuovo farmaco antitumorale in grado di neutralizzare le cellule cancerogene è stato creato dall’Istituto Superiore di Sanità, in collaborazione con l’Università Alma Mater di Bologna e l’Università Cattolica, e i risultati sono stati pubblicati oggi sulla rivista Cell Death and Disease.
Lo studio, reso possibile grazie ai finanziamenti dell’Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro (AIRC), descrive una nuova formulazione del farmaco fenretinide, che in passato aveva mostrato un promettente effetto antitumorale in fase preclinica ma che nell’uomo non aveva dato i risultati sperati a causa della sua scarsa biodisponibilità.
Il farmaco antitumorale
“La nuova formulazione, da noi battezzata Nanofenretinide – dice Ann Zeuner del Dipartimento di Oncologia e Medicina Molecolare dell’ISS e coordinatrice dello studio – è stata ottenuta attraverso un processo di nanoincapsulazione che rende la molecola solubile nei liquidi corporei e pertanto biodisponibile. I vantaggi del nuovo farmaco, che abbiamo sperimentato su una varietà di cellule tumorali tra cui colon, polmone, melanoma, sarcoma, mammella, ovaio e glioblastoma, oltre alla biodisponibilità sono il suo effetto ad ampio spettro e la sua apparente assenza di tossicità”.
Il farmaco sarebbe in grado di uccidere gran parte delle cellule tumorali e di imporre uno stato di quiescenza (o dormienza) alle cellule che riescono a sopravvivergli. La sua capacità di mantenere dormienti le cellule cancerogene, insieme alla sua scarsa tossicità, lo renderebbe adatto anche a terapie a lungo termine finalizzate ad evitare ricadute tumorali.
Il farmaco si trova ora in una fase precoce di sperimentazione e naturalmente saranno necessari altri esperimenti per confermare sia l’assenza di tossicità che l’efficacia sui pazienti.
Buona Sanità, quei medici “eroi”
News PresaUna targa, un riconoscimento per l’abnegazione e la professionalità. Un modo per dire grazie a tutti i medici che con il proprio operato si sono distinti nel corso del 2019, quei medici che sono l’esempio delle eccellenze, troppo spesso invisibili agli occhi del paese, della sanità campana. La cerimonia di premiazione della Buona Sanità si è tenuta alla sala Nassiriya del Palazzo del Consiglio Regionale della Campania alla presenza del presidente del Consiglio Regionale Rosa D’Amelio e del consigliere regionale e membro della commissione Sanità Francesco Emilio Borrelli
CHI SONO
A voler premiare tutti i medici della Campania che ogni giorno fanno miracoli, senza clamori o telecamere pronte a riprendere, non sarebbe bastata una settimana. Così, simbolicamente, i vincitori sono stati selezionati in base alle segnalazioni arrivate dai presidi sanitari e alle notizie lanciate da giornali e Tv. Questi “angeli” sono Giacomo Carrisi, Pasquale Formisano, Ciriaco Pedicini e Raffaele De Nardo (Psaut di San Bartolomeo in Galdo) per aver salvato, nel maggio 2017, una donna colpita da un trauma commotivo. Dario Formigli, Michelantonio Maffeo (premio in memoria, è stato ritirato dalla moglie Marisa Foiano) e Ciriaco Pedicini dello stesso presidio per aver salvato, nell’agosto 2018, la vita ad un giovane infartuato. Il caporeparto dei vigili del fuoco Vincenzo Gilardi e l’autista soccorritore Antonio Raggi per aver tratto in salvo una donna che, il 28 aprile 2019, minacciava di lanciarsi nel vuoto da una finestra dell’Ospedale pediatrico Santobono. La I Unità Operativa Complessa Malattie infettive ad indirizzo neurologico dell’Ospedale Cotugno-Azienda dei Colli per aver curato, nell’ottobre 2018, un’intera famiglia affetta da colera, destinandogli un’intera ala del reparto. Il chirurgo Angelo Sorge dell’ospedale San Giovanni Bosco per aver operato e dimesso in giornata, nell’aprile 2019, un anziano di 93 anni affetto da ernia inguinale. L’Unità Operativa Complessa di Terapia del Dolore dell’Ospedale Cardarelli che è rimbalzato agli onori delle cronache per aver ospitato recentemente Loredana Simioli per l’impagabile attività quotidiana di supporto e cura ai malati terminali. Il personale dell’Ospedale Santobono per essere riuscito a gestire in maniera efficace un caso inusuale per una struttura pediatrica come quello della piccola Noemi, raggiunta da un colpo di pistola durante una sparatoria in piazza Nazionale e il Reparto Medicina di Urgenza del Cto per aver permesso ad una malata terminale di coronare il suo sogno d’amore, permettendole di celebrare le nozze all’interno del reparto.
IL VOLTO MIGLIORE
«Spesso gli operatori del settore sono oggetti di attacchi e violenze – affermano Borrelli e D’Amelio –. Oggi abbiamo mostrato il volto migliore della Sanità in Campania rappresentativo della stragrande maggioranza degli operatori del comparto che oltre a svolgere azioni esemplari e professionalmente ineccepibili sono frequentemente protagonisti di grandi storie di umanità». Storie che troppo spesso nessuno racconta, ma che restano nel cuore delle tante famiglie che le vivono e che, ne siamo certi, sono le prime a porgere commossi il loro grazie.
Scompenso cardiaco, arriva il Tir Aisc
PrevenzioneLo scompenso cardiaco è una malattia che in Italia riguarda 1 milione di persone, addirittura 14 milioni se lo sguardo cade su tutta l’Europa. Parliamo di 20 nuovi casi ogni 1.000 persone tra 65 e 69 anni e più di 80 casi ogni 1.000 tra gli over-85. E nonostante scompenso cardiaco sia la causa più comune di ricovero tra gli ultra 65enni (la stima è che entro il 2020 sarà anche la terza causa di decessi in tutto il mondo) il livello di consapevolezza da parte della popolazione è ancora molto basso e richiede una costante opera di informazione e sensibilizzazione.
PREVENZIONE
Proprio per informare e aiutare i cittadini a prendersi cura del proprio cuore l’Associazione Italiana Scompensati Cardiaci (AISC) ha messo instrada un vero e proprio Tir dello scompenso cardiaco. Iniziativa che, ormai da diversi anni, prevede tappe in diverse città italiane per trasmettere corrette informazioni, ad esempio sull’attenzione ai sintomi, sulla gestione dell’evento in emergenza e, soprattutto, sull’importanza della prevenzione tramite stili di vita corretti e seguendo, in modo rigoroso, le cure mediche. Il Tir, che difficilmente passa inosservato e ha un cuore stilizzato e la scritta AISC, ha iniziato un vero e proprio tour per l’Italia (sino ad ottobre), con soste in diverse città italiane e incontri aperti con la popolazione.
LE TAPPE
A tutti gli interessati (pazienti e non) viene offerta la possibilità di iscriversi gratuitamente all’Associazione, di ricevere documentazione informativa e – aspetto rilevante – di effettuare in loco, gratuitamente, una serie di valutazioni cliniche sulla patologia. Quest’anno, inoltre, il Tir AISC- più capiente rispetto al passato – ospiterà personale specializzato per effettuare dimostrazioni e interventi di Primo Soccorso, indispensabili per coloro che assistono un paziente scompensato, o che possono trovarsi in situazioni di emergenza. L’iniziativa, che ha il supporto non condizionato di leader nel settore biomedicale, farmaceutico, ospedaliero quali Boston Scientific, Novartis, Humanitas, ha registrato grande consenso e un elevato numero di presenze nelle tappe effettuate in giugno a Roma (Ospedale M.G Vannini – Istituto Figlie di San Camillo), a Napoli, nel Veneto. I prossimi appuntamenti prenderanno vita tra Settembre e Ottobre:
Coppette mestruali sono sicure e igieniche. Lo studio
News PresaUna meta-analisi pubblicata su Lancet Public Health ha promosso le coppette mestruali. Il gruppo di ricercatori ha esaminato 43 studi precedenti su 3319 donne. La ricerca ha verificato i possibili effetti collaterali o danni conseguenti all’uso delle coppette che aderendo alle pareti vaginali raccolgono il flusso invece di assorbirlo. Le coppette mestruali sono state valutate come affidabili allo stesso modo degli assorbenti usa e getta.
Coppette mestruali, la ricerca
La ricerca ha promosso la maggior parte dei marchi in vendita censiti dalla ricerca (in tutto 199 in 99 Paesi). Il materiale con cui sono realizzate le coppette mestruali è il silicone, hanno un costo in media di 15-20 euro. L’uso delle coppette ha preso piede negli ultimi anni anche il minor impatto sull’ambiente rispetto ad assorbenti e tamponi. Per questo motivo lo studio in questione suggerisce l’esigenza di nuove valutazioni su costi e benefici. Ad ogni lavaggio la coppetta si può riutilizzare, sterilizzandola dopo ogni ciclo, fino a una durata di 10 anni. Lo studio di Lancet registra anche una scarsa consapevolezza sulle coppette tra le donne che risultano essere poco informate.
Creme solari: sì alle ecocompatibili per il pianeta e per la pelle
News PresaUn progetto di legge bandisce la vendita e il consumo di creme solari contenenti due ingredienti tossici per il Reef: l’oxybenzone e l’octinoxate (presente nella maggior parte delle creme). A proporlo per prime sono state le Hawaii, seguite poi dall’Isola di Aruba e quella di Palau, a est delle Filippine. Uno stop obbligato per via dell’allarmante situazione della Grande Barriera Corallina dell’Australia che negli ultimi 30 anni ha perso quasi metà dei suoi coralli. Secondo i dati riportati nel manuale “Salviamo il mare e gli oceani” di Agnès Vandewiele (Slow Food Editore), il 25% delle barriere coralline del mondo è già distrutto e il 75% è in pericolo. Tra le cause ci sono anche le creme con i filtri solari, come è stato dimostrato da uno studio dell’Università della Florida su Archives of Environmental Contamination and Toxicology, dove un gruppo di ricercatori alcuni anni fa ha dimostrato che l’oxybenzone (che si trova nelle creme solari più diffuse) è tossico per lo sviluppo dei coralli e aumenta la loro tendenza allo sbiancamento. Non solo, queste sostanze non fanno bene neppure alla pelle delle persone. Uno studio recentissimo commissionato dalla Food and Drug Administration ad un gruppo di dermatologi americani dimostra come attraverso l’utilizzo di filtri chimicia alcune sostanze penetrino nel sangue. Queste sostanze sono sotto osservazione come disturbatori endocrini, sia per la fauna marina che per gli umani. Lo studio è stato pubblicato su Jama. In altre parole scegliere solari ecocompatibili fa bene al pianeta e alla nostra pelle. Sono ormai tantissime le aziende cosmetiche che hanno formulato oli e creme solari ecosostenibili di nuova generazione che utilizzano ingredienti facilmente biodegradabili e rispettano l’ambiente acquatico.