Tempo di lettura: 6 minutiLe mamma italiane sono più consapevoli ma restano ancora da promuovere l’allattamento e la prevenzione delle malformazioni congenite. Sono questi alcuni tra i primi risultati del Sistema di Sorveglianza sui determinanti di salute nella prima infanzia, coordinato dall’ISS, a cui partecipano 11 Regioni, promosso e finanziato dal Ministero della Salute, e illustrato oggi nel corso di un convegno. Lo studio ha coinvolto circa 30.000 mamme intercettate nei centri vaccinali tra dicembre 2018 ed aprile 2019.
“Nel periodo compreso tra il concepimento e il compimento del secondo anno di vita si pongono le basi per lo sviluppo psico-fisico del bambino – dichiara Angela Spinelli, Direttrice del Centro Nazionale Prevenzione delle Malattie e Promozione della Salute dell’ISS – La nuova Sorveglianza raccoglie importanti informazioni su alcuni determinanti di salute dei bambini, mostrando ampia variabilità nei comportamenti e ampio margine di azione e di miglioramento. I risultati, se evidenziano che ormai molti genitori hanno compreso l’importanza di mettere a dormire i neonati a pancia in su ed è diminuita la percentuale di mamme che non allattano, mettono anche in risalto che ancora solo una mamma su 4 allatta il proprio bambino in maniera esclusiva a 4-5 mesi di vita e ancora molte non assumono l’acido folico prima dell’inizio della gravidanza”.
In base ai dati dello studio, la quasi totalità (93,8%) delle mamme riferisce di non aver fumato in gravidanza, la maggioranza (64%) mette a dormire il proprio bambino a pancia in su nel rispetto di quanto raccomandato per prevenire la morte improvvisa in culla e l’80,5% intende vaccinare i propri figli ricorrendo sia alle vaccinazioni obbligatorie che a quelle raccomandate. Risulta invece alta la percentuale di bambini potenzialmente esposti a fumo passivo a causa della convivenza con almeno un genitore e/o un’altra persona fumatrice (41,9%). Quasi tutte le mamme (97,3%) hanno assunto acido folico in occasione della gravidanza, ma poche (21,7%) lo hanno fatto in maniera appropriata iniziandolo almeno un mese prima del concepimento. Troppo pochi i bambini allattati in maniera esclusiva per il tempo raccomandato dall’OMS: appena il 23,6% a 4-5 mesi di età. Un bambino su dieci risulta inoltre non essere mai stato allattato. Circa il 15% delle mamme di bambini con meno di 6 mesi riferisce di avere difficoltà nel farli stare seduti e allacciati al seggiolino, quota che sale al 34,2% sopra l’anno di età; troppi, infine, i bambini che passano del tempo davanti a uno schermo già a partire dai primi mesi di vita: il 34,3% dei piccoli sotto ai 6 mesi e ben il 76,4% dei bambini oltre l’anno di età.
Lo studio dell’ISS è stato svolto in collaborazione con la Ulss 9 Scaligera di Verona e con le 11 Regioni che ad oggi hanno aderito alla Sorveglianza della prima infanzia: Piemonte, Valle d’Aosta, Provincia Autonoma (PA) di Trento, Marche, Lazio, Campania, Puglia, Calabria, Basilicata, Sicilia e Sardegna. La Regione Toscana partecipa fornendo i risultati dell’Indagine sul percorso nascita già attiva sul proprio territorio che investiga indicatori comuni alla Sorveglianza.
“Grazie anche a questa nuova Sorveglianza – afferma Enrica Pizzi, coordinatrice dell’Indagine e ricercatrice del Reparto Salute della Donna e dell’Età Evolutiva dell’ISS diretto da Serena Donati – si potrà misurare la diffusione di “buone pratiche” su alcuni determinanti di salute nei Primi 1000 giorni di vita per progettare strategie di prevenzione sempre più mirate”.
Bambini 0-2 anni. L’indagine sulla prima infanzia
Assunzione di acido folico in epoca periconcezionale
L’assunzione quotidiana di 0,4 mg di acido folico (vitamina B9) da quando la coppia comincia a pensare a una gravidanza fino alla fine del terzo mese di gestazione, protegge il bambino da alcune gravi malformazioni congenite. Oltre il 97% delle mamme nelle regioni partecipanti alla Sorveglianza ha assunto acido folico in occasione della gravidanza, ma poco più di un quinto di loro (21,7%) lo ha fatto in maniera appropriata per la prevenzione delle malformazioni congenite, con una variabilità per Regione compresa tra il 16,7% e il 35,7 %.
Fumo in gravidanza e in allattamento
Fumare in gravidanza aumenta il rischio di basso peso alla nascita, prematurità, mortalità perinatale. I bambini esposti a fumo passivo hanno un rischio maggiore di malattie delle basse vie respiratorie e di episodi di asma. Nelle Regioni coinvolte nella Sorveglianza il 6,2% delle mamme ha dichiarato di aver fumato in gravidanza con un range compreso tra il 3,7% e il 7,9% Ha dichiarato invece di fumare in allattamento l’8,1% delle mamme (range: 5,2% – 10,1%). La percentuale di bambini potenzialmente esposti al fumo passivo a causa della convivenza con almeno un genitore e/o altra persona fumatrice varia dal 27,0% al 46,5%, con valori tendenzialmente più elevati nelle Regioni del Sud.
Alcol in gravidanza e in allattamento
L’assunzione di alcol in gravidanza e in allattamento può associarsi a spettro dei disordini feto-alcolici (FASD), aborto spontaneo, parto pretermine, basso peso alla nascita, alcune malformazioni congenite, sindrome della morte improvvisa in culla (SIDS) e alcune difficoltà cognitive e relazionali. La percentuale di mamme che ha riferito di aver assunto bevande alcoliche almeno 1-2 volte al mese durante la gravidanza e l’allattamento è pari rispettivamente al 19,7% e al 34,9%. Tra le Regioni partecipanti alla Sorveglianza, il consumo di alcol in gravidanza e in allattamento risulta tendenzialmente più diffuso in quelle del Centro-Nord.
Allattamento
I benefici dell’allattamento sia per la mamma che per il bambino sono ormai ben documentati. L’OMS e l’UNICEF raccomandano di allattare in modo esclusivo fino ai 6 mesi di età del bambino e di prolungare l’allattamento fino ai 2 anni e oltre, se desiderato dalla mamma e dal bambino. Nelle regioni coinvolte i bambini allattati in maniera esclusiva a 4-5 mesi di età sono meno di un quarto (23,6%) con una variabilità dal 16,6% al 44,7% e quote più basse rilevate nelle regioni del Sud. Risultano non essere mai stati allattati l’11,7% dei bambini, con una variabilità dal 5% al 18,4%.
Lettura precoce ad alta voce
Leggere regolarmente al bambino già dai primi mesi di vita significa contribuire al suo sviluppo cognitivo, emotivo e relazionale. Nella settimana precedente l’intervista non è mai stato letto un libro al 44,7% dei bambini nella fascia di età 6-12 mesi e al 34,7% nella fascia oltre i 12 mesi. I bambini a cui sono stati letti regolarmente libri tutti i giorni della settimana sono invece rispettivamente il 15,5% tra i più piccoli e il 21,6% sopra i 12 mesi. Nelle regioni del Sud, tra quelle coinvolte nella Sorveglianza, si rilevano quote più elevate di bambini a cui non sono stati letti libri.
Esposizione a schermi
Le evidenze scientifiche sui rischi per la salute psicofisica dei bambini – disturbi del sonno, emotivi, sociali – derivanti dall’uso eccessivo e/o scorretto delle tecnologie audiovisive e digitali sono in aumento. Viene raccomandato di utilizzare queste tecnologie in presenza di un adulto e di evitarne l’uso tra i bambini al di sotto dei 2 anni di vita. Il 34,3% dei bambini di età inferiore a 6 mesi, il 64,1% di quelli tra 6 e 12 mesi e il 76,4% dei bambini oltre l’anno di età passa del tempo davanti a TV, computer, tablet o telefono cellulare. I bambini risultano maggiormente esposti a schermi nelle regioni del Sud.
Posizione in culla
La sindrome della morte improvvisa in culla (SIDS) rappresenta una delle principali cause di morte post neo-natale. Tra gli interventi semplici ed efficaci nel ridurne il rischio è raccomandato di mettere a dormire il bambino in posizione supina. Dalla rilevazione risulta che la maggioranza delle mamme dichiara di mettere a dormire il proprio bambino a pancia in su (64,1%) con un range compreso tra il 54,5% e l’81,3%. Risulta dunque frequente anche l’adozione di posizioni diverse da quella raccomandata, con oltre un quarto delle mamme (26,0%) che pone il bambino in culla di lato.
Intenzione vaccinale
Le vaccinazioni proteggono il bambino dal rischio di contrarre alcune malattie infettive che possono determinare complicanze pericolose. La Sorveglianza rileva le intenzioni delle mamme riguardo ai futuri appuntamenti vaccinali dei loro bambini. Ha dichiarato di voler effettuare tutte le vaccinazioni (sia obbligatorie che raccomandate) l’80,5% delle mamme, con un range compreso tra il 71,5% e l’88,9%. Restano un 15,1% di mamme intenzionate ad effettuare solo le vaccinazioni obbligatorie e un 4,3% di indecise, con una variabilità per regione compresa tra il 2,4% e il 5,7%.
Incidenti domestici
Il rischio di incorrere in un incidente domestico risulta elevato tra i bambini, in particolare sotto i 5 anni di età. Il 6,3% delle mamme di bambini di età inferiore a 6 mesi ha dichiarato di essersi rivolto a un medico (pediatra o altro) e/o al pronto soccorso per un incidente domestico occorso al proprio figlio e la prevalenza cresce raggiungendo il 19,8% sopra l’anno di età.
Sicurezza in auto
L’utilizzo corretto dei dispositivi di protezione per il trasporto in auto dei bambini può ridurre sensibilmente il rischio di traumi e di morte a seguito di incidente stradale. Il 14,8% delle mamme di bambini con meno di 6 mesi ha riferito di avere difficoltà nel far stare il bambino seduto e allacciato al seggiolino. La prevalenza sale al 30,6% tra le mamme di bambini di 6-12 mesi e al 34,2% sopra l’anno di età. Nelle regioni del Centro e del Sud si rilevano quote più elevate di mamme che riferiscono difficoltà nell’uso del seggiolino.
L’indagine
La Sorveglianza, inserita nel DPCM del 2017 sui Sistemi di Sorveglianza e i Registri Nazionali cui tutte le Regioni dovranno gradualmente aderire, viene effettuata tramite indagini campionarie periodiche, finalizzate a produrre stime di prevalenza rappresentative a livello regionale e, per alcune regioni, a livello aziendale.
In questa prima edizione della rilevazione sono state intervistate complessivamente 29.492 mamme di bambini fino a 2 anni di età, utilizzando un questionario anonimo autocompilato presso i Centri Vaccinali tra dicembre 2018 ed aprile 2019. In tutte le 11 regioni coinvolte nella rilevazione il tasso di partecipazione è risultato superiore al 95%.
A livello internazionale, la Dichiarazione di Minsk, gli Obiettivi delle Nazioni Unite per uno sviluppo sostenibile e il documento “Nurturing care for Early Childhood Development” identificano le principali azioni preventive da promuovere nei primi 1000 giorni di vita. In Italia il Ministero della Salute ha recentemente predisposto un documento di indirizzo per la protezione e promozione della salute dei bambini rivolto a genitori, operatori sanitari e decisori con l’obiettivo di promuovere la qualità dell’assistenza prenatale, al parto e post natale, con particolare attenzione a diversi indicatori monitorati dalla Sorveglianza Bambini 0-2 anni tra cui l’allattamento materno, lo sviluppo psico-fisico del bambino e la prevenzione degli incidenti.
Parkinson, fermati tremori con ultrasuoni nel cervello. Trial in Italia
Ricerca innovazioneSi tratta di una nuova tecnica mininvasivo che si basa su gli ultrasuoni. Questa nuova scoperta potrebbe alleviare i tremori del Parkinson. A fornire questa nuova opportunità è un trial clinico italiano, condotto presso l’Università dell’Aquila.
Gli ultrasuoni direzionati ad alta intensità guidati da risonanza magnetica riscaldano e distruggono un piccolissimo pezzetto di tessuto cerebrale, il talamo, riducendo da subito i tremori e con una efficacia che perdura a lungo termine.
Il lavoro è stato presentato ieri durante il meeting della Radiological Society of North America (RSNA) a Chicago da Federico Bruno, radiologo del Dipartimento di Biotecnologie e Scienze Cliniche applicate.
Parkinson e ultrasuoni. Il lavoro italiano
Il trial svolto in Italia ha coinvolto 39 pazienti con tremori (sia malati di Parkinson, sia pazienti con tremore essenziale) che non avevano risposto alle terapie classiche e soffrivano da anni di tremori. La nuova terapia agisce con ultrasuoni eliminando il ‘talamo’, una minuscola regione cerebrale alla base dei tremori che sono il risultato di spasmi muscolari spesso alle mani e che rappresentano un fattore invalidante per i pazienti. La metodica è risultata molto sicura ed efficace nel 95 per cento dei casi. Il professor Bruno ha spiegato nel corso del meeting che un ulteriore vantaggio degli ultrasuoni è l’effetto immediato che il trattamento dà ai pazienti, al contrario della stimolazione profonda che oltre ad essere invasiva, perché richiede un intervento di applicazione di una specie di pacemaker nel cervello, richiede del tempo prima di iniziare ad agire. Inoltre, spiega lo specialista, questa terapia con ultrasuoni ha bisogno di un minor tempo di degenza, quindi si adatta anche a pazienti molto fragili che non potrebbero sostenere un intervento chirurgico. Si tratta di una svolta per i pazienti che soffrono di queste patologie neurologiche. L’uso clinico della nuova tecnica è stato approvato dalla FDA meno di tre anni fa. Ad oggi pochi pazienti conoscono questa opportunità terapeutica e ci sono ancora pochi centri specializzati che possono offrirla.
Epatite e tumori del fegato, cinque morti al giorno
PrevenzioneErnesto Claar
«Siamo la prima regione in Italia in termini di terapia erogate/popolazione per la cura dell’ epatite C – spiega il dottor Ernesto Claar, responsabile dell’ Unità Operativa di Epatologia presso l’ Ospedale Evangelico Betania di Napoli ed espressione del Network Epatologico dell’ ASL Na 1 Centro -. Abbiamo creato una rete efficiente ed efficace per la cura dell’epatocarcinoma attraverso un Percorso Diagnostico Terapeutico Assistenziale regolato dalla Rete Oncologica Campana, stiamo riuscendo a creare una organizzazione per i trapianti di fegato sempre più valida, incrementando la fiducia dei cittadini e riducendo la migrazione sanitaria». Di questo e molto altro si discuterà al Centro Congressi dell’Università Federico II in via Partenope il 4 e 5 dicembre nell’ambito dell’ottava edizione de “L’epatologia nel terzo millennio”, il corso di aggiornamento del Dipartimento Medicina Interna – Unità Operativa Epatologia dell’Ospedale Evangelico Betania, coordinato dal dottor Ernesto Claar.
I DATI
I COSTI
IL PROGRAMMA DEL CORSO
Animazione sospesa, realizzato il primo intervento
News PresaNon si parla di ibernazione, bensì di animazione sospesa. È una tecnica futuristica di intervento provata per la prima volta dai chirurghi dell’università del Maryland e la notizia è stata resa nota dalla rivista New Scientist. Andiamo con ordine. L’animazione sospesa, mai usata prima su un essere umano, prevede l’abbassamento della temperatura corporea al punto da mettere in standby i processi del metabolismo, e in questo modo si consente ai chirurghi di intervenire in un arco di tempo maggiore. Naturalmente non tutti hanno esigenza di essere operai in animazione sospesa, questa tecnica potrebbe essere decisi per i pazienti in condizioni drammatiche, vittime di un trauma molto grave come una ferita da arma da fuoco. Pazienti che altrimenti subirebbero danni cerebrali permanenti.
SOSTITUZIONE
Semplificando, la tecnica consiste nel sostituire il sangue del paziente, a cuore fermo, con una soluzione salina fredda. La procedura è stata effettuata “almeno su un paziente”, ha spiegato uno dei ricercatori coinvolti e fa parte di un test clinico che dovrebbe arruolarne 20. La tecnica, chiamata Epr (Emergency preservation and resuscitation) consiste nel sostituire il sangue del paziente, a cuore fermo, con una soluzione salina fredda per portare il corpo intorno ai 10 gradi di temperatura. Questo blocca praticamente l’attività cellulare, evitando quindi i danni ai tessuti derivanti dalla scarsa ossigenazione. A questo punto i medici hanno due ore per operare e al termine dell’intervento il corpo viene riscaldato reintroducendo il sangue. Studi precedenti, sottolinea Samuel Tisherman, il ricercatore coinvolto, hanno dimostrato che sugli animali la tecnica permette di “guadagnare tempo” per interventi che altrimenti andrebbero compiuti in pochi minuti per evitare danni cerebrali. «Abbiamo pensato che fosse tempo di portarla ai nostri pazienti. Ora che lo stiamo facendo stiamo imparando molte cose. Una volta provato che funziona potremo espandere la tecnica per aiutare a sopravvivere pazienti che altrimenti non ce la farebbero». Facile intuire quali strade si aprano per un futuro prossimo, un futuro che sempre più assume i contorni della fantascienza.
Prima infanzia: acido folico si assume tardi, allattamento dura poco. Indagine ISS
News PresaLe mamma italiane sono più consapevoli ma restano ancora da promuovere l’allattamento e la prevenzione delle malformazioni congenite. Sono questi alcuni tra i primi risultati del Sistema di Sorveglianza sui determinanti di salute nella prima infanzia, coordinato dall’ISS, a cui partecipano 11 Regioni, promosso e finanziato dal Ministero della Salute, e illustrato oggi nel corso di un convegno. Lo studio ha coinvolto circa 30.000 mamme intercettate nei centri vaccinali tra dicembre 2018 ed aprile 2019.
“Nel periodo compreso tra il concepimento e il compimento del secondo anno di vita si pongono le basi per lo sviluppo psico-fisico del bambino – dichiara Angela Spinelli, Direttrice del Centro Nazionale Prevenzione delle Malattie e Promozione della Salute dell’ISS – La nuova Sorveglianza raccoglie importanti informazioni su alcuni determinanti di salute dei bambini, mostrando ampia variabilità nei comportamenti e ampio margine di azione e di miglioramento. I risultati, se evidenziano che ormai molti genitori hanno compreso l’importanza di mettere a dormire i neonati a pancia in su ed è diminuita la percentuale di mamme che non allattano, mettono anche in risalto che ancora solo una mamma su 4 allatta il proprio bambino in maniera esclusiva a 4-5 mesi di vita e ancora molte non assumono l’acido folico prima dell’inizio della gravidanza”.
In base ai dati dello studio, la quasi totalità (93,8%) delle mamme riferisce di non aver fumato in gravidanza, la maggioranza (64%) mette a dormire il proprio bambino a pancia in su nel rispetto di quanto raccomandato per prevenire la morte improvvisa in culla e l’80,5% intende vaccinare i propri figli ricorrendo sia alle vaccinazioni obbligatorie che a quelle raccomandate. Risulta invece alta la percentuale di bambini potenzialmente esposti a fumo passivo a causa della convivenza con almeno un genitore e/o un’altra persona fumatrice (41,9%). Quasi tutte le mamme (97,3%) hanno assunto acido folico in occasione della gravidanza, ma poche (21,7%) lo hanno fatto in maniera appropriata iniziandolo almeno un mese prima del concepimento. Troppo pochi i bambini allattati in maniera esclusiva per il tempo raccomandato dall’OMS: appena il 23,6% a 4-5 mesi di età. Un bambino su dieci risulta inoltre non essere mai stato allattato. Circa il 15% delle mamme di bambini con meno di 6 mesi riferisce di avere difficoltà nel farli stare seduti e allacciati al seggiolino, quota che sale al 34,2% sopra l’anno di età; troppi, infine, i bambini che passano del tempo davanti a uno schermo già a partire dai primi mesi di vita: il 34,3% dei piccoli sotto ai 6 mesi e ben il 76,4% dei bambini oltre l’anno di età.
Lo studio dell’ISS è stato svolto in collaborazione con la Ulss 9 Scaligera di Verona e con le 11 Regioni che ad oggi hanno aderito alla Sorveglianza della prima infanzia: Piemonte, Valle d’Aosta, Provincia Autonoma (PA) di Trento, Marche, Lazio, Campania, Puglia, Calabria, Basilicata, Sicilia e Sardegna. La Regione Toscana partecipa fornendo i risultati dell’Indagine sul percorso nascita già attiva sul proprio territorio che investiga indicatori comuni alla Sorveglianza.
“Grazie anche a questa nuova Sorveglianza – afferma Enrica Pizzi, coordinatrice dell’Indagine e ricercatrice del Reparto Salute della Donna e dell’Età Evolutiva dell’ISS diretto da Serena Donati – si potrà misurare la diffusione di “buone pratiche” su alcuni determinanti di salute nei Primi 1000 giorni di vita per progettare strategie di prevenzione sempre più mirate”.
Bambini 0-2 anni. L’indagine sulla prima infanzia
Assunzione di acido folico in epoca periconcezionale
L’assunzione quotidiana di 0,4 mg di acido folico (vitamina B9) da quando la coppia comincia a pensare a una gravidanza fino alla fine del terzo mese di gestazione, protegge il bambino da alcune gravi malformazioni congenite. Oltre il 97% delle mamme nelle regioni partecipanti alla Sorveglianza ha assunto acido folico in occasione della gravidanza, ma poco più di un quinto di loro (21,7%) lo ha fatto in maniera appropriata per la prevenzione delle malformazioni congenite, con una variabilità per Regione compresa tra il 16,7% e il 35,7 %.
Fumo in gravidanza e in allattamento
Fumare in gravidanza aumenta il rischio di basso peso alla nascita, prematurità, mortalità perinatale. I bambini esposti a fumo passivo hanno un rischio maggiore di malattie delle basse vie respiratorie e di episodi di asma. Nelle Regioni coinvolte nella Sorveglianza il 6,2% delle mamme ha dichiarato di aver fumato in gravidanza con un range compreso tra il 3,7% e il 7,9% Ha dichiarato invece di fumare in allattamento l’8,1% delle mamme (range: 5,2% – 10,1%). La percentuale di bambini potenzialmente esposti al fumo passivo a causa della convivenza con almeno un genitore e/o altra persona fumatrice varia dal 27,0% al 46,5%, con valori tendenzialmente più elevati nelle Regioni del Sud.
Alcol in gravidanza e in allattamento
L’assunzione di alcol in gravidanza e in allattamento può associarsi a spettro dei disordini feto-alcolici (FASD), aborto spontaneo, parto pretermine, basso peso alla nascita, alcune malformazioni congenite, sindrome della morte improvvisa in culla (SIDS) e alcune difficoltà cognitive e relazionali. La percentuale di mamme che ha riferito di aver assunto bevande alcoliche almeno 1-2 volte al mese durante la gravidanza e l’allattamento è pari rispettivamente al 19,7% e al 34,9%. Tra le Regioni partecipanti alla Sorveglianza, il consumo di alcol in gravidanza e in allattamento risulta tendenzialmente più diffuso in quelle del Centro-Nord.
Allattamento
I benefici dell’allattamento sia per la mamma che per il bambino sono ormai ben documentati. L’OMS e l’UNICEF raccomandano di allattare in modo esclusivo fino ai 6 mesi di età del bambino e di prolungare l’allattamento fino ai 2 anni e oltre, se desiderato dalla mamma e dal bambino. Nelle regioni coinvolte i bambini allattati in maniera esclusiva a 4-5 mesi di età sono meno di un quarto (23,6%) con una variabilità dal 16,6% al 44,7% e quote più basse rilevate nelle regioni del Sud. Risultano non essere mai stati allattati l’11,7% dei bambini, con una variabilità dal 5% al 18,4%.
Lettura precoce ad alta voce
Leggere regolarmente al bambino già dai primi mesi di vita significa contribuire al suo sviluppo cognitivo, emotivo e relazionale. Nella settimana precedente l’intervista non è mai stato letto un libro al 44,7% dei bambini nella fascia di età 6-12 mesi e al 34,7% nella fascia oltre i 12 mesi. I bambini a cui sono stati letti regolarmente libri tutti i giorni della settimana sono invece rispettivamente il 15,5% tra i più piccoli e il 21,6% sopra i 12 mesi. Nelle regioni del Sud, tra quelle coinvolte nella Sorveglianza, si rilevano quote più elevate di bambini a cui non sono stati letti libri.
Esposizione a schermi
Le evidenze scientifiche sui rischi per la salute psicofisica dei bambini – disturbi del sonno, emotivi, sociali – derivanti dall’uso eccessivo e/o scorretto delle tecnologie audiovisive e digitali sono in aumento. Viene raccomandato di utilizzare queste tecnologie in presenza di un adulto e di evitarne l’uso tra i bambini al di sotto dei 2 anni di vita. Il 34,3% dei bambini di età inferiore a 6 mesi, il 64,1% di quelli tra 6 e 12 mesi e il 76,4% dei bambini oltre l’anno di età passa del tempo davanti a TV, computer, tablet o telefono cellulare. I bambini risultano maggiormente esposti a schermi nelle regioni del Sud.
Posizione in culla
La sindrome della morte improvvisa in culla (SIDS) rappresenta una delle principali cause di morte post neo-natale. Tra gli interventi semplici ed efficaci nel ridurne il rischio è raccomandato di mettere a dormire il bambino in posizione supina. Dalla rilevazione risulta che la maggioranza delle mamme dichiara di mettere a dormire il proprio bambino a pancia in su (64,1%) con un range compreso tra il 54,5% e l’81,3%. Risulta dunque frequente anche l’adozione di posizioni diverse da quella raccomandata, con oltre un quarto delle mamme (26,0%) che pone il bambino in culla di lato.
Intenzione vaccinale
Le vaccinazioni proteggono il bambino dal rischio di contrarre alcune malattie infettive che possono determinare complicanze pericolose. La Sorveglianza rileva le intenzioni delle mamme riguardo ai futuri appuntamenti vaccinali dei loro bambini. Ha dichiarato di voler effettuare tutte le vaccinazioni (sia obbligatorie che raccomandate) l’80,5% delle mamme, con un range compreso tra il 71,5% e l’88,9%. Restano un 15,1% di mamme intenzionate ad effettuare solo le vaccinazioni obbligatorie e un 4,3% di indecise, con una variabilità per regione compresa tra il 2,4% e il 5,7%.
Incidenti domestici
Il rischio di incorrere in un incidente domestico risulta elevato tra i bambini, in particolare sotto i 5 anni di età. Il 6,3% delle mamme di bambini di età inferiore a 6 mesi ha dichiarato di essersi rivolto a un medico (pediatra o altro) e/o al pronto soccorso per un incidente domestico occorso al proprio figlio e la prevalenza cresce raggiungendo il 19,8% sopra l’anno di età.
Sicurezza in auto
L’utilizzo corretto dei dispositivi di protezione per il trasporto in auto dei bambini può ridurre sensibilmente il rischio di traumi e di morte a seguito di incidente stradale. Il 14,8% delle mamme di bambini con meno di 6 mesi ha riferito di avere difficoltà nel far stare il bambino seduto e allacciato al seggiolino. La prevalenza sale al 30,6% tra le mamme di bambini di 6-12 mesi e al 34,2% sopra l’anno di età. Nelle regioni del Centro e del Sud si rilevano quote più elevate di mamme che riferiscono difficoltà nell’uso del seggiolino.
L’indagine
La Sorveglianza, inserita nel DPCM del 2017 sui Sistemi di Sorveglianza e i Registri Nazionali cui tutte le Regioni dovranno gradualmente aderire, viene effettuata tramite indagini campionarie periodiche, finalizzate a produrre stime di prevalenza rappresentative a livello regionale e, per alcune regioni, a livello aziendale.
In questa prima edizione della rilevazione sono state intervistate complessivamente 29.492 mamme di bambini fino a 2 anni di età, utilizzando un questionario anonimo autocompilato presso i Centri Vaccinali tra dicembre 2018 ed aprile 2019. In tutte le 11 regioni coinvolte nella rilevazione il tasso di partecipazione è risultato superiore al 95%.
A livello internazionale, la Dichiarazione di Minsk, gli Obiettivi delle Nazioni Unite per uno sviluppo sostenibile e il documento “Nurturing care for Early Childhood Development” identificano le principali azioni preventive da promuovere nei primi 1000 giorni di vita. In Italia il Ministero della Salute ha recentemente predisposto un documento di indirizzo per la protezione e promozione della salute dei bambini rivolto a genitori, operatori sanitari e decisori con l’obiettivo di promuovere la qualità dell’assistenza prenatale, al parto e post natale, con particolare attenzione a diversi indicatori monitorati dalla Sorveglianza Bambini 0-2 anni tra cui l’allattamento materno, lo sviluppo psico-fisico del bambino e la prevenzione degli incidenti.
Cancro del colon, muoversi rallenta la progressione. Lo studio
News PresaL’attività fisica rallenta la progressione del cancro del colon e riduce gli effetti collaterali delle terapie per i pazienti con tumore in fase avanzata. Gli studi in precedenza avevano già dimostrato come svolgere attività fisica regolarmente riducesse il rischio di sviluppare il cancro del colon-retto. Ora uno studio americano evidenzia come l’attività fisica sia molto utile anche per coloro che si sono già ammalati di questo tipo di tumore. Lo studio è stato realizzato dai ricercatori del Dana-Farber Cancer Institute e del Brigham and Women’s Hospital di Boston e i risultati sono stati pubblicati sulla rivista Journal of Clinical Oncology.
Cancro del colon. Lo studio
Gli studiosi hanno esaminato 1.200 pazienti con tumore del colon retto avanzato o metastatico, coinvolti in uno studio clinico in cui veniva valutata l’efficacia di due terapie farmacologiche. All’inizio hanno chiesto ai pazienti di compilare un questionario sull’attività fisica svolta nei due mesi precedenti, specificando quali attività, con quale frequenza e per quanto tempo. I ricercatori hanno poi calcolato il livello di attività motoria settimanale di ogni paziente e lo hanno messo in relazione con il decorso della malattia nei sei anni successivi. Dai numeri è emerso che i pazienti più attivi avevano quasi il 20 per cento di probabilità in più che la malattia non progredisse rispetto a quelli che facevano meno esercizio. Gli effetti positivi si avevano già con una attività a bassa intensità come camminare o salire le scale, purché esercitate per almeno qualche ora alla settimana. Questo dato rende l’obiettivo perseguibile anche per i pazienti in cura con chemioterapia. Jeffrey A. Meyerhardt, direttore del Gastrointestinal Cancer Center del Dana-Farber Cancer Institute e principale autore dello studio, ha sottolineato come questo lavoro sia importante per incoraggiare i pazienti a fare esercizio fisico, fisioterapia o a partecipare a programmi di allenamento in piccoli gruppi. Oltre a rallentare la malattia, l’attività fisica permette di tollerare meglio le terapie. Il rischio di eventi avversi gravi dipendenti dai farmaci diminuiva del 30 per cento circa nei pazienti che facevano almeno 30 minuti di attività fisica moderata al giorno.
Alzheimer, la cura è più di una speranza
Ricerca innovazioneLa malattia di Alzheimer potrebbe avere “gli anni contanti”. Una nuova scoperta, che arriva (lo diciamo con orgoglio) da uno studio italiano, apre infatti le porte alla speranza per centinaia di miglia di pazienti in tutto il mondo. I ricercatori della Fondazione EBRI Rita Levi-Montalcini hanno individuato una molecola che “ringiovanisce” il cervello bloccando l’Alzheimer nella prima fase. Si tratta dell’anticorpo A13, che favorisce la nascita di nuovi neuroni e contrasta così i difetti che accompagnano le fasi precoci della malattia. Lo studio è stato effettuato su topi che, così trattati, hanno ripreso a produrre neuroni ad un livello quasi normale. Una strategia, secondo i ricercatori, che apre nuove possibilità di diagnosi e cura. Lo studio è coordinato da Antonino Cattaneo, Giovanni Meli e Raffaella Scardigli, presso la Fondazione EBRI (European Brain Research Institute) Rita Levi-Montalcini, in collaborazione con il CNR, la Scuola Normale Superiore e il Dipartimento di Biologia dell’Università di Roma Tre. E’ stato pubblicato sulla rivista Cell Death and Differentiation.
SCIVOLARE NELL’OBLIO
La ragione per la quale la notizia sta rapidamente facendo il giro del mondo è semplice: la malattia di Alzheimer è un nemico crudele e implacabile. Immaginate che il vostro mondo sparisca, un po’ alla volta. Lentamente, e al principio in maniera consapevole, si scivola nell’oblio. Il sintomo precoce più frequente è la difficoltà nel ricordare eventi recenti, o ricordare parole di uso comune. Con l’avanzare dell’età i sintomi peggiorano , spesso insorgono fasi di afasia, disorientamento, cambiamenti repentini di umore, depressione, incapacità di prendersi cura di sé, problemi nel comportamento. Tutto questo porta la persona colpita da malattia di Alzheimer a isolarsi nei confronti della società e della famiglia. A poco a poco, le capacità mentali basilari vengono perse. Anche se la velocità di progressione può variare, l’aspettativa media di vita dopo la diagnosi è dai tre ai nove anni. Ecco perché la speranza di una cura è un raggio di luce che tutti aspettano.
Medici napoletani, “Sherlock Holmes” del respiro
News PresaQuarantasei Medici di Famiglia dell’ASL Napoli 2 Nord, attivi nell’area flegrea e riuniti nella Cooperativa “Progetto Leonardo”, si sono trasformati in “Sherlock Holmes” per indagare il respiro dei propri assistiti ed individuare e trattare appropriatamente i casi di asma e di BPCO (BroncoPneumopatia Cronica Ostruttiva) non diagnosticati correttamente. Il progetto ha permesso di ridurre di oltre il 50% i ricoveri dovuti a problematiche respiratorie presso l’ospedale di Pozzuoli, la struttura ospedaliera di riferimento per l’area. La cooperativa Progetto Leonardo impatta su 67.469 cittadini residenti nei Comuni di Pozzuoli, Bacoli e Monte di Procida (circa i due terzi della popolazione residente). Il progetto, denominato reSPIRO Flegreo, ha consentito l’effettuazione di circa 2751 spirometrie in cinque anni di attivita’. E’ stato cosi possibile confermare diagnosi gia’ in essere o eliminare quelle non corrette. Le diagnosi sono state effettuate grazie agli spirometri messi a disposizione dall’Azienda Sanitaria e hanno garantito in molti casi una prematura individuazione del problema ed una conseguente riduzione del rischio di aggravamento dei pazienti.
BATTAGLIA DA VINCERE
«La BPCO è una patologia grave che riduce notevolmente la qualità della vita dei pazienti che ne sono affetti, costringendo all’utilizzo dell’ossigeno terapeutico in modo continuativo- spiega Filippo Bove, medico della cooperativa Progetto Leonardo -. Si tratta di una malattia che è possibile prevenire con un corretto stile di vita e una terapia adeguata. Per fare ciò occorre effettuare una diagnosi corretta e tempestiva; il progetto reSPIROflegreo andava proprio in questa direzione. Grazie a quest’attività abbiamo individuato molti pazienti che non sapevano di essere affetti da BPCO, mentre in altri casi abbiamo verificato l’infondatezza di diagnosi di BPCO». Il progetto è nato dal dialogo serrato tra i Medici di Famiglia e l’ASL Napoli 2 Nord. L’Azienda, infatti, aveva verificato l’elevato consumo di farmaci per la cura della BPCO in fase avanzata, ma un basso consumo di farmaci per la cura della malattia nella fase moderata. Questa anomalia ha evidenziato la necessità di realizzare un progetto per una diagnosi più accurata della BroncoPneumopatia Cronica Ostruttiva. «Siamo orgogliosi di aver lavorato insieme ai Medici di Famiglia di Progetto Leonardo per la realizzazione di reSPIROflegreo- commenta Antonio d’Amore, Direttore Generale dell’ASL Napoli 2 Nord -. Il lavoro congiunto ha permesso di sviluppare un modello assistenziale di grande interesse, tanto da essere adottato dalla Regione su tutto il territorio campano con la denominazione di Progetto AGIRE». Nella giornata di ieri, inoltre, a Pozzuoli presso il Centro di Formazione dell’ASL Napoli 2 Nord in via Campana è stato presentato un nuovo progetto che coinvolgerà in via sperimentale 15 medici ed una popolazione di circa 20.000 persone. Gli studi dei medici coinvolti contatteranno tutti i propri pazienti promuovendo in modo personalizzato gli screening oncologici, l’adesione alle campagne vaccinali, la corretta assunzione delle terapie.
4 giovani su 5 fanno poca attività. Italiani tra i peggiori al mondo
News PresaI giovani italiani non si muovono abbastanza. Lo confermano i dati allarmanti pubblicati sulla rivista The Lancet Child & Adolescent Health. Ma il problema riguarda gli adolescenti di tutto il mondo. La tendenza, secondo gli esperti, rappresenta un rischio grave per la salute, presente e futura. La poca attività, anche se non si è del tutto sedentari, è il quarto principale fattore di rischio per morte in età precoce. Poco movimento si associa a tantissime malattie, oltre a sovrappeso e obesità. Inoltre sempre più studi dimostrano un’associazione tra inattività fisica e ridotte capacità mentali e rendimento scolastico inferiore.
Poca attività. I dati
Lo studio ha coinvolto 1,6 milioni di ragazzi nel mondo: oltre 4 teenager su 5 (l’81% di quelli di 11-17 anni) non fanno abbastanza attività fisica (l’OMS raccomanda per questa fascia di età un’ora al giorno di attività da moderata a intensa). Gli adolescenti del nostro Paese sono tra i peggiori in classifica: quasi 9 su 10 (l’88,6%) non sono sufficientemente attivi.
I ragazzi italiani
Secondo i dati estrapolati dalla Guthold per il nostro paese, i giovani italiani si classificano terzultimi (al 23/imo posto) tra 25 paesi ricchi (paesi dell’Europa Occidentale, Australia, Nuova Zelanda, Israele, Canada, USA). I maschi sono addirittura penultimi in questa classifica a 25 (l’85,9% di loro è inattivo secondo i parametri OMS), mentre le femmine terzultime (il 91,5% di loro è inattivo). Anche a livello mondiale sono tra i più inattivi, classificandosi 137/imi sui 146 paesi considerati (131/imi i maschi e 136/ime le femmine). Peggio dell’Italia c’è solo Nuova Zelanda, Venezuela, Australia, Zambia, Timor Leste, Sudan, Cambogia, Filippine e Repubblica di Corea (ultima classificata con ben il 94,2% di giovani che si muovono troppo poco).
In Italia e nel mondo sono più inattive le femmine dei maschi e il divario di genere si è acuito dal 2001 al 2016 praticamente in tutti i paesi. Al contrario, tra i maschi l’inattività si è ridotta, anche se di poco (la percentuale dei giovani fisicamente poco attivi è scesa dall’80% del 2001 al 78% del 2016), nelle femmine non ci sono state variazioni.
I paesi del mondo “più virtuosi”, con meno adolescenti poco attivi, sono il Bangladesh in cui il 66,1% dei teenager non svolge attività fisica a sufficienza; seguono la Slovacchia (71,5%), l’Irlanda (71,8%), gli Stati Uniti (72%). Tra i principali pericoli che alimentano la scarsa attività fisica dei ragazzi vi sono i dispositivi elettronici. Con la rivoluzione digitale le persone dormono meno, stanno più tempo seduti, fanno meno attività fisica e anche il gioco è diventato più statico.
Secondo gli autori è urgente pianificare strategie per spingere i giovani a una maggiore attività fisica. L’Assemblea Mondiale della Salute, organo legislativo Oms, ha fissato come obiettivo nel 2018 quello di ridurre entro il 2030 la prevalenza dei giovani poco attivi al 70% rispetto all’attuale 81%. Ma i numeri oggi sono ancora lontani.
Violenza di genere, una giornata per dire basta
News PresaFlash mob, reading e tante altre iniziative per ricordare a tutti che la violenza di genere è ancora oggi un grandissimo problema. Per la giornata internazionale contro la violenza sulle donne sono moltissimi gli ospedali di Napoli che hanno organizzato eventi di sensibilizzazione. Molte sono le panchine rosse che sono state installate e ancor di più gli inviti a non nascondere, a denunciare. Al Cardarelli, più grande Azienda ospedaliera del Mezzogiorno, gli studenti infermieri del polo didattico hanno voluto inscenare un flash mob, ma anche un momento canoro. Un momento di riflessione sostenuto dalla Direzione strategica aziendale in collaborazione con il Comitato Unico di Garanzia. «La nostra speranza – sottolinea il direttore generale Giuseppe Longo – è anche quella di riuscire a sensibilizzare i giovani su un problema ancora oggi molto diffuso».
PERCORSO ROSA
Importantissimi gli eventi di sensibilizzazione, ma ancor più importanti sono i percorsi rosa che tutti gli ospedali hanno istituito a partire dal 2017. Il percorso rosa è come una corsia preferenziale che permette a medici e operatori sanitari, in caso di episodi di violenza, prendersi cura al meglio delle donne maltrattare. Uno degli ultimi ad essere stato istituiti è quello del CTO di Napoli, chiamato simbolicamente “Femmena ‘e mare”. In questo, come negli altri percorsi rosa, la prima accoglienza spetta agli infermieri del triage, che hanno una formazione ad hoc per identificare i campanelli d’allarme che possono svelare una violenza di genere e per entrare rapidamente in empatia con la vittima di questa violenza.Quando si attiva il codice rosa la donna entra immediatamente in un percorso blindato, viene accompagnata in una stanza riservata e accogliente dove ha la possibilità di raccontare il proprio vissuto. Intanto si prosegue con tutto l’iter diagnostico necessario e in aggiunta la donna vittima di violenza riceve anche un referto psicologico. Un documento che potrà essere utilizzato dal giudice nel corso di un processo penale per commisurare la sentenza. Chiedere aiuto ai centri antiviolenza, affidarsi alle cure dei medici nell’ambito dei percorsi rosa, è sempre la strada giusta. Ciò che non ci si deve mai dimenticare è che un uomo che è stato violento una volta lo sarà sempre.
Postura corretta al lavoro e a scuola. Il decalogo della SIOT
News PresaLa regola generale che vale un po’ per tutti è quella di mantenere sempre le spalle e il tronco in posizione eretta, sia quando si è seduti sia quando si è in piedi. Tuttavia soprattutto per i ragazzi alle prese con zaini, libri, telefonini e giochi vari non sempre è facile mantenere la postura ideale. La Società Italiana di Ortopedia e Traumatologia ha realizzato un decalogo utile per gli studenti, ma anche per i lavoratori alle prese con pc, borse e postazioni di lavoro, con dieci regole semplici per mettere al riparo la schiena da disturbi come cifosi dorsale e lordosi lombare che possono portare a gravi deformità ossee.
Postura corretta, il decalogo SIOT
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