Tempo di lettura: 3 minutiDalle modalità di contagio alla resistenza del virus nel corso del tempo, sono tanti gli interrogativi che riguardano il Coronavirus. La dottoressa Elena Azzolini, medico della direzione sanitaria di Humanitas, ha fatto chiarezza sui dubbi più frequenti che riguardano la quotidianità, dal fare la spesa al portare a spasso il cane.
Coronavirus: come minimizzare i rischi al ritorno dal lavoro o dal supermercato
Probabilmente non esiste una formula magica per evitare al 100% che il Coronavirus vada a intaccare la nostra casa, ma una serie di accorgimenti possono ridurre di parecchio il rischio di infettarsi. La comunità scientifica raccomanda, ad esempio, di recarsi al supermercato più vicino e di fare la spesa una volta alla settimana, meglio ancora ogni 10 giorni. Inoltre è meglio andare con le idee chiare e una lista della spesa e un solo componente per famiglia, al fine di ridurre al minimo i tempi di permanenza all’interno del negozio. Il corretto utilizzo dei guanti e la mascherina abbasseranno ancor più il rischio, senza dimenticare di mantenere la distanza di sicurezza di almeno un metro.
Oggetti da disinfettare e raccomandazioni per il cibo
Il coronavirus è sensibile ai comuni disinfettanti quali quelli contenenti alcol (etanolo) o la comune amuchina o candeggina, a base di ipoclorito di sodio. Le superfici o gli oggetti da sanificare sono quelli che vengono più frequentemente toccati o utilizzati, quindi maniglie delle porte, corrimano, chiavi, citofono, interruttori della luce, rubinetti, telefoni, tastiere e ovviamente il proprio cellulare.
I disinfettanti vanno comunque usati con attenzione perché sono prodotti altamente infiammabili e possono anche determinare irritazioni cutanee. Per quanto riguarda i cibi, normalmente le malattie respiratorie non si trasmettono con gli alimenti, e finora il Coronavirus non fa eccezione, purché chi manipola il cibo rispetti l’igiene delle mani e le altre precauzioni.
Igiene dei vestiti e dei capelli
Se si mantengono le precauzioni che conosciamo (come lavarsi bene e spesso le mani, indossare correttamente mascherina e guanti, o starnutire su un fazzoletto o nel proprio gomito), è poco plausibile che i vestiti, noi stessi o i nostri capelli possano essere contaminati dal virus dopo che si è usciti per fare la spesa. Le norme igieniche dovrebbero essere le stesse che il buon senso impone, spiega la dottoressa Azzolini, magari evitando di appoggiare il cappotto sul divano o sul tavolo, ad esempio.
Il bucato
Il bucato, perché venga garantita la sterilizzazione, dovrebbe essere lavato ad alte temperature in lavatrice a 60°per 30 minuti (o a tempi più brevi per temperature superiori) con comuni detersivi. Dato che non tutti gli indumenti possono resistere a questo tipo di lavaggio, per i capi bianchi e resistenti è possibile aggiungere un po’ di candeggina secondo il dosaggio indicato sul flacone, per gli altri attenersi all’utilizzo dei comuni detersivi.
Scarpe: le suole possono trasportare il virus?
In teoria, se camminiamo su una superficie in cui una persona infetta abbia espulso catarro o secrezioni respiratorie varie, è possibile che il virus sia trasportato sulle suole delle scarpe. Difficilmente toccheremo il pavimento con le mani, perciò il rischio è trascurabile, a meno che ci siano bambini in casa, specie se piccoli: in questo caso una buona norma igienica potrebbe essere quella di lasciare le scarpe all’ingresso, fuori dalla porta.
Le zampe del cane
Se il cane viene a contatto con secrezioni infette – come potrebbe accadere con le suole delle scarpe – in linea teorica è possibile che le zampe del cane trasportino il virus in casa. Tuttavia finora non risultano casi di contagio avvenuti in questo modo. Sì può garantire la pulizia delle zampe del cane utilizzando, al rientro, acqua mista a euclorina, una sostanza simile alla candeggina ma meno aggressiva. È importante sciacquare le zampe con attenzione, onde evitare irritazioni. O ancor più semplicemente evitiamo di farlo salire su superfici con cui si viene comunemente a contatto come il divano o il letto.
Quanto resiste il virus sulle superfici e quali prodotti è meglio utilizzare
Il virus sopravvive per tempi diversi in base al tipo di materiale su cui si deposita. Alcuni materiali, come la plastica, assorbono meno facilmente le goccioline infette, perciò il virus resterà attivo più a lungo. Sembra che plastica e acciaio possano restare infetti fino a 72 ore, carta e cartone fino a 24 ore; sul rame, invece, il virus resisterebbe fino a 4 ore. Il rischio diminuisce notevolmente con il passare del tempo. I pavimenti e le superfici andrebbero lavate con prodotti a base di cloro allo 0,1%, come la candeggina o la varechina diluita.
COVID-19 e perdita di gusto e olfatto. La ricerca
Ricerca innovazioneIl nuovo COVID-19 si manifesta con sintomi quali raffreddore, mal di gola, tosse e febbre o nei casi più seri con polmonite e difficoltà respiratorie. In molti casi i pazienti manifestano alterazioni acute dell’olfatto e del gusto, con una riduzione o una perdita dei due sensi. Un fenomeno che è stato osservato anche in un alto numero di soggetti asintomatici. Gli esperti stanno indagando su quale sia il rapporto tra l’infezione da coronavirus SARS-CoV-2 e gusto e olfatto.
“L’infezione da COVID-19 rappresenta una nuova malattia sulla quale apprendiamo ogni giorno nuove informazioni – ha spiegato il professor Alberto Albanese, Responsabile di Neurologia I in Humanitas. I primi dati, provenienti in particolare da Cina, Corea del Sud e Italia, indicano una frequenza di anosmia(perdita di olfatto) nel 30-60% delle persone colpite. Questo fenomeno è stato segnalato anche dai medici che sono stati infettati dal virus. Di conseguenza, è ragionevole ritenere che potrebbe esserci una relazione tra il numero crescente di segnalazioni di perdita dell’olfatto e l’attuale pandemia dovuta a COVID-19”, spiega il professore.
COVID-19: la perdita del gusto e dell’olfatto
La maggior parte dei sapori che avvertiamo è percepita attraverso il naso più che attraverso la lingua. I sapori si diffondono nel cavo orale e producono una sensazione mista di percezione gustativa e olfattiva, responsabile della più ampia percezione del gusto. La perdita del gusto è dunque una naturale conseguenza della perdita dell’olfatto.
Gli studi epidemiologici sulla perdita dell’olfatto sono complicati dalla presenza di sintomi respiratori con riniti, tosse e irritazione delle mucose, che rendono difficile creare un collegamento diretto tra il COVID-19 e il sistema olfattivo umano”, prosegue il professor Albanese.
I nuovi studi
Tuttavia la via olfattiva rappresenta la porta d’ingresso di diversi virus respiratori al sistema nervoso centrale, quali herpes virus 1 e 6, virus della rabbia e dell’influenza. Un primo studio mostra che il sistema olfattivo potrebbe rappresentare una via di accesso privilegiata al nostro organismo per alcuni coronavirus e questo potrebbe verificarsi anche con SARS-CoV-2 responsabile di COVID-19. L’epitelio olfattivo, infatti, ospita anche terminazioni del nervo trigemino, attraverso le quali il virus potrebbe guadagnare l’accesso all’encefalo.
“In Humanitas stiamo sviluppando un progetto proprio con l’obiettivo di identificare i pazienti in cui questo meccanismo può aver avuto luogo. Alcuni dati preliminari indicherebbero una differenza di genere e di età: il fenomeno colpirebbe preferenzialmente le donne – che in genere hanno forme più benigne di infezione respiratoria – e le persone più giovani. La Ricerca scientifica è focalizzata a comprendere i diversi comportamenti di questo nuovo virus”, ha concluso il prof. Albanese.
Fecondazione assistita e coronavirus, gli effetti sulla gravidanza
News Presa“Al momento non sembrano esserci prove della trasmissione del virus da madre a feto, così come non esistono prove di trasmissione del virus tramite trattamenti di Fecondazione Assistita”, ha spiegato la Dott.ssa Daniela Galliano, Direttrice sanitaria della sede romana di IVI, Istituto Valenciano di Infertilità. “È necessaria però cautela, poiché i dati disponibili sono ancora limitati”. Secondo un recente studio della rivista Lancet, che ha analizzato 9 donne in stato interessante affette da COVID-19, le caratteristiche cliniche della polmonite COVID-19 nelle donne in gravidanza sono simili a quelle riportate in pazienti adulti non gravidi che hanno sviluppato polmonite da COVID-19.
“Sempre in questo studio – prosegue la Dott.ssa Galliano – è stata analizzata la possibile trasmissione intrauterina del virus, analizzando il liquido amniotico e il sangue del cordone ombelicale e la trasmissione non risulta avvenuta. Il Royal College of Obstetricians & Gynaecologists afferma inoltre come, poiché non vi sono prove di infezione fetale intrauterina con COVID-19, si ritiene attualmente improbabile che vi siano effetti congeniti del virus sullo sviluppo fetale. Secondo l’Istituto Superiore di Sanità, infine, al momento non sembrano esserci dati certi che dimostrino la diffusione del virus nel latte materno. Sempre secondo il Royal College of Obstetricians & Gynaecologists, non vi sono dati che suggeriscano un aumento del rischio di aborto spontaneo o perdita precoce della gravidanza in relazione a COVID-19. I casi riportati da studi precedenti riguardanti SARS e MERS non dimostrano una relazione convincente tra infezione e aumento del rischio di aborto spontaneo o perdita del secondo trimestre”
“Anche dal punto di vista sintomatologico, i dati a disposizione dimostrano che i sintomi sono gli stessi sia per le donne in gravidanza che per le donne non in stato interessante. Bisogna però sempre considerare che alcune infezioni, come ad esempio quelle del tratto respiratorio, sono comunque pericolose per una donna incinta. Le donne in gravidanza infatti si trovano in uno stato di immunodepressione, che le porta ad essere maggiormente esposte a eventuali patologie.”“Quindi alle donne in stato interessante raccomando prudenza e di seguire scrupolosamente tutte le norme pubblicate sul sito http://www.salute.gov.it/nuovocoronavirus”
Cimice asiatica e pesticidi: ora lotta biologica diventa possibile
News PresaSono oltre 600 milioni di euro i danni causati alla frutticoltura del nostro Paese dalla Cimice asiatica, con tutte le ricadute ambientali e di conseguenza sulla salute, determinate dal massiccio uso di pesticidi, utilizzati dagli agricoltori nel disperato tentativo di fronteggiare questa invasione. Il 31 marzo dopo il parere favorevole del Ministero delle Politiche agricole e del Ministero della Salute, la Conferenza Stato-Regioni-Province autonome ha approvato il Decreto del Ministero dell’Ambiente che rende di nuovo possibile anche in Italia fare interventi di Lotta Biologica Classica con antagonisti naturali di Insetti alieni che hanno devastato le colture italiane. Tra i nemici della Cimice asiatica assumono infatti particolare importanza nei territori di origine di questo Insetto antagonisti naturali capaci di ucciderne le uova, come la piccolissima “Vespa samurai”, non più grande di 2 millimetri e innocua per l’uomo.
“Nell’ottica di rendere possibile un vasto programma di Controllo Biologico della Cimice asiatica, il Centro di Ricerca CREA Difesa e Certificazione (CREA-DC) su incarico del Ministero delle Politiche Agricole, ha introdotto in Italia già nel 2018 in condizioni di quarantena proprio una popolazione della Vespa samurai, non solo per verificarne la potenzialità ma anche soprattutto per realizzare il non facile STUDIO di ANALISI DEL RISCHIO, indispensabile per valutarne il possibile impatto ambientale. Questo lavoro condotto con un anticipo di ben due anni permette oggi al settore agricolo del nostro Paese di essere pronto da subito per presentare la documentazione necessaria prevista dal nuovo Decreto senza perdere altro prezioso tempo che l’agricoltura italiana non ha. Oggi diventa quindi possibile l’attuazione del Programma di Lotta Biologica alla Cimice asiatica preparato dal Tavolo Tecnico costituito dal Servizio Fitosanitario Centrale del Ministero delle Politiche Agricole insieme con il CREA, i Servizi Fitosanitari delle Regioni e Province Autonome e varie Università e Fondazioni scientifiche di eccellenza del nostro Paese. Il Programma di collaborazione Ministero, CREA, Servizi Fitosanitari Regionali, Enti Scientifici, che ci si augura possa a breve essere approvato prevede, senza nessun onere per gli agricoltori, la distribuzione della Vespa samurai su gran parte dei territori colpiti per avviare quel riequilibrio ecologico necessario per ridare fiato alla frutticoltura italiana”. Così Pio Federico Roversi, direttore del CREA Difesa e Certificazione in merito al provvedimento.
Coronavirus e igiene: dagli alimenti al bucato, quali precauzioni
Prevenzione, Stili di vitaDalle modalità di contagio alla resistenza del virus nel corso del tempo, sono tanti gli interrogativi che riguardano il Coronavirus. La dottoressa Elena Azzolini, medico della direzione sanitaria di Humanitas, ha fatto chiarezza sui dubbi più frequenti che riguardano la quotidianità, dal fare la spesa al portare a spasso il cane.
Coronavirus: come minimizzare i rischi al ritorno dal lavoro o dal supermercato
Probabilmente non esiste una formula magica per evitare al 100% che il Coronavirus vada a intaccare la nostra casa, ma una serie di accorgimenti possono ridurre di parecchio il rischio di infettarsi. La comunità scientifica raccomanda, ad esempio, di recarsi al supermercato più vicino e di fare la spesa una volta alla settimana, meglio ancora ogni 10 giorni. Inoltre è meglio andare con le idee chiare e una lista della spesa e un solo componente per famiglia, al fine di ridurre al minimo i tempi di permanenza all’interno del negozio. Il corretto utilizzo dei guanti e la mascherina abbasseranno ancor più il rischio, senza dimenticare di mantenere la distanza di sicurezza di almeno un metro.
Oggetti da disinfettare e raccomandazioni per il cibo
Il coronavirus è sensibile ai comuni disinfettanti quali quelli contenenti alcol (etanolo) o la comune amuchina o candeggina, a base di ipoclorito di sodio. Le superfici o gli oggetti da sanificare sono quelli che vengono più frequentemente toccati o utilizzati, quindi maniglie delle porte, corrimano, chiavi, citofono, interruttori della luce, rubinetti, telefoni, tastiere e ovviamente il proprio cellulare.
I disinfettanti vanno comunque usati con attenzione perché sono prodotti altamente infiammabili e possono anche determinare irritazioni cutanee. Per quanto riguarda i cibi, normalmente le malattie respiratorie non si trasmettono con gli alimenti, e finora il Coronavirus non fa eccezione, purché chi manipola il cibo rispetti l’igiene delle mani e le altre precauzioni.
Igiene dei vestiti e dei capelli
Se si mantengono le precauzioni che conosciamo (come lavarsi bene e spesso le mani, indossare correttamente mascherina e guanti, o starnutire su un fazzoletto o nel proprio gomito), è poco plausibile che i vestiti, noi stessi o i nostri capelli possano essere contaminati dal virus dopo che si è usciti per fare la spesa. Le norme igieniche dovrebbero essere le stesse che il buon senso impone, spiega la dottoressa Azzolini, magari evitando di appoggiare il cappotto sul divano o sul tavolo, ad esempio.
Il bucato
Il bucato, perché venga garantita la sterilizzazione, dovrebbe essere lavato ad alte temperature in lavatrice a 60°per 30 minuti (o a tempi più brevi per temperature superiori) con comuni detersivi. Dato che non tutti gli indumenti possono resistere a questo tipo di lavaggio, per i capi bianchi e resistenti è possibile aggiungere un po’ di candeggina secondo il dosaggio indicato sul flacone, per gli altri attenersi all’utilizzo dei comuni detersivi.
Scarpe: le suole possono trasportare il virus?
In teoria, se camminiamo su una superficie in cui una persona infetta abbia espulso catarro o secrezioni respiratorie varie, è possibile che il virus sia trasportato sulle suole delle scarpe. Difficilmente toccheremo il pavimento con le mani, perciò il rischio è trascurabile, a meno che ci siano bambini in casa, specie se piccoli: in questo caso una buona norma igienica potrebbe essere quella di lasciare le scarpe all’ingresso, fuori dalla porta.
Le zampe del cane
Se il cane viene a contatto con secrezioni infette – come potrebbe accadere con le suole delle scarpe – in linea teorica è possibile che le zampe del cane trasportino il virus in casa. Tuttavia finora non risultano casi di contagio avvenuti in questo modo. Sì può garantire la pulizia delle zampe del cane utilizzando, al rientro, acqua mista a euclorina, una sostanza simile alla candeggina ma meno aggressiva. È importante sciacquare le zampe con attenzione, onde evitare irritazioni. O ancor più semplicemente evitiamo di farlo salire su superfici con cui si viene comunemente a contatto come il divano o il letto.
Quanto resiste il virus sulle superfici e quali prodotti è meglio utilizzare
Il virus sopravvive per tempi diversi in base al tipo di materiale su cui si deposita. Alcuni materiali, come la plastica, assorbono meno facilmente le goccioline infette, perciò il virus resterà attivo più a lungo. Sembra che plastica e acciaio possano restare infetti fino a 72 ore, carta e cartone fino a 24 ore; sul rame, invece, il virus resisterebbe fino a 4 ore. Il rischio diminuisce notevolmente con il passare del tempo. I pavimenti e le superfici andrebbero lavate con prodotti a base di cloro allo 0,1%, come la candeggina o la varechina diluita.
Sensori ambientali sul posto di lavoro per prevenire il contagio da covid-19
News Presa, PrevenzioneTornare tutti in ufficio o in azienda ma in condizioni di sicurezza da Covid-19, per far ripartire l’economia colpita dalla pandemia virale, è oggi una priorità. Aziende e pubblica amministrazione devono mettere in campo strumenti idonei per permettere la convivenza in spazi chiusi, come gli uffici, quando inizierà la fase di riapertura graduale. iComfort, un’azienda italiana con sede a Roma, specializzata nella misurazione delle variabili ambientali (temperatura, umidità, occupazione degli spazi, presenza di inquinanti, etc.), ha sviluppato dei sensori per aiutare le aziende a prepararsi al post-emergenza da virus Covid-19.
“Il sistema di sensori ambientali messo a punto – spiega Ernesto Lombardi, amministratore delegato iComfort, – permette la raccolta e l’elaborazione dei dati, fornendo allarmi ed informazioni al personale preposto al controllo. In particolare, si può misurare la Temperatura corporea in tempo reale con errore di +-0,3 C° per persone a 3 metri di distanza dal sensore, con invio di notifiche per mail o sms e segnalazione della foto della persona con temperatura anomala. Allo stesso tempo, viene inviato un Alert audio alla persona appena viene rilevata l’anomalia”.
Come si legge nel “Protocollo di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento alla diffusione del virus Covid-19 negli ambienti di lavoro” del 14/3/2020, viene infatti autorizzata, con richiesta di ottemperanza alla norma, la possibilità per il datore di lavoro di procedere alla: rilevazione della temperatura dei dipendenti; mantenimento della distanza sociale nei luoghi indoor e identificazione dei malati.
“Per quanto riguarda il mantenimento del Distanziamento sociale sul luogo di lavoro, noi usiamo tecnologie che consentono, per esempio, di analizzare la coda o altro luogo affollato; controllare l’occupazione di uno spazio – Sala riunione, bar, piano, etc. – rispettando le indicazioni da Covid19; infine, analizzare la distanza tra le persone nella zona sorvegliata, definendo la distanza minima tra persone. Ancora – conclude Lombardi – l’elaborazione digitale delle misure raccolte dal sistema di sensori ambientali consente anche l’Identificazione dei percorsi ex-post di eventuali dipendenti infetti (anche asintomatici)”. In altre parole, è un modo per aumentare la consapevolezza delle aziende e aiutare i dipendenti a limitare il rischio di contagio.
Montali: alzati Italia, ne usciremo più forti
News Presa, Stili di vitaNei giorni della pandemia, della quarantena forzata e dei flash-mob. In una dimensione che nessuno si sarebbe mai immaginato potesse arrivare, una voce fuori dal coro incita alla riscossa. In un videomessaggio lacciato su nostro portale, Gian Paolo Montali parla ai lettori e lo fa con il piglio di sempre. Indimenticabile alla guida della Maxicono Motta, Montali ci regala un po’ di quella magia che si vive solo nello spogliatoio di un grande club. Parla all’Italia come avrebbe fatto con la nazionale dopo una sconfitta cocente. O, se si preferisce, prima di tornare in campo per la partita della rivalsa.
ESSERE PRONTI E’ TUTTO
«Il mondo dello sport – dice “il Monti”- mi ha insegnato ha vincere tanto, ma anche a perdere tanto. A vivere momenti di grande difficoltà. In quei casi c’era una cosa che facevo spesso. Mettevo una scritta negli spogliatoi, negli armadietti di qualche mio giocatore. Una frase semplice ma estremamente vera: essere pronti è tutto. Penso che in situazioni difficili e in momenti di grande conforto è bene riuscire a trarre un insegnamento. A diventare più forti».
[youtube]https://www.youtube.com/watch?v=dFFlKctihi8[/youtube]
Con la grinta di sempre, Montali incita l’Italia a rialzarsi. A fare tesoro delle esperienze, anche se drammatiche, e tornare più forte di prima. La quarantena può essere un momento da sfruttare. Questo periodo deve servire come opportunità per fare cose nuove, imparare nuove strategie. Studiare una nuova partitura che servirà nel momento in cui saremo chiamati a scendere nuovamente in campo. Insomma, sorprendere. «Dobbiamo sorprendere tutti, sorprendere gli avversari e attaccare il tempo».
Malattia di Parkinson, scoperta la memoria delle cellule
Ricerca innovazioneElvira De Leonibus, Barbara Picconi e Paolo Calabresi, sono questi i nomi dei ricercatori che hanno scoperto un nuovo meccanismo di memoria cellulare attivato dall’apprendimento motorio, che viene alterato nelle fasi iniziali della malattia di Parkinson. Il lavoro, finanziato dalla Fondazione con il Sud e dal Miur, è stato pubblicato sulla rivista Brain.
La memoria motoria
Questo particolare tipo di memoria è in realtà l’abilità attraverso cui impariamo a compiere azioni come scrivere, andare in bicicletta, suonare uno strumento, ed è caratterizzata da un apprendimento lento e progressivo che richiede tanto addestramento ma che, una volta acquisito, consente di compiere automaticamente i movimenti. Si sapeva già che la sede cerebrale dell’apprendimento motorio fosse il corpo striato, una struttura antica del cervello posta al di sotto della corteccia cerebrale. Non era chiaro, invece, come le cellule dello striato riuscissero a ricordare quanto già appreso e, partendo da lì, ad apprendere nuovi movimenti e a perfezionare quelli noti. «Nel nostro studio abbiamo scoperto, in modelli animali, che l’esercizio motorio lascia un segno per giorni nei neuroni dello striato», spiega De Leonibus, coordinatrice del team di ricerca. «Se applichiamo uno stimolo elettrico ai neuroni dello striato di animali non addestrati, questi danno una risposta inibitoria; se lo stesso stimolo è applicato ad animali sottoposti alle prime sessioni di apprendimento, i neuroni rispondono eccitandosi e questo li rende riconoscibili e consente di perfezionare i movimenti appresi. Tuttavia, una volta che l’esercizio motorio viene acquisito alla perfezione e il movimento viene effettuato automaticamente, i neuroni tornano a darà una risposta inibitoria allo stimolo elettrico».
Verso una diagnosi precoce
Il gruppo di ricerca, che ha coinvolto numerosi giovani ricercatori, come Nadia Giordano e Attilio Iemolo, ha studiato la rilevanza di questa nuova forma di memoria cellulare nella malattia di Parkinson, i cui sintomi (tremori a riposo e lentezza nei movimenti) indicano la morte di un particolare tipo di cellule che porta allo striato la dopamina. «Oggi sappiamo che l’aumento nella produzione della proteina alfa-sinucleina può da sola portare alla morte dei neuroni dopaminergici e, quindi, allo sviluppo della malattia. I ricercatori hanno quindi inserito all’interno delle cellule che producono dopamina il gene dell’alfa-sinucleina umana, in modo che questa venisse prodotta in quantità spropositate nelle cellule che rilasciano dopamina nello striato, determinandone la morte», prosegue la ricercatrice dell’Igb-Cnr. «Si è visto così che molto prima di arrivare alla morte l’eccesso di alfa-sinucleina impediva agli animali di effettuare automaticamente i movimenti appresi. Questi risultati identificano per la prima volta una manifestazione clinica molto precoce nell’apprendimento motorio che precede la morte dei neuroni nella malattia di Parkinson. È quindi un campanello d’allarme utile per la diagnosi precoce e per lo sviluppo di nuove terapie che, se somministrate subito, possono prevenire o rallentare la morte dei neuroni».
Un nuovo meccanismo
I ricercatori si sono chiesti a questo punto in che modo l’eccesso di alfa-sinucleina impedisse la formazione della memoria cellulare, una domanda importante per capire le primissime modificazioni biologiche legate allo sviluppo del Parkinson. «Abbiamo visto che l’eccesso di alfa-sinucleina preveniva la formazione della memoria cellulare riducendo drasticamente la quantità del trasportatore della dopamina, una sorta di controllore dei punti di contatto tra diversi neuroni, e quando i livelli di questo trasportatore si riducono tutte le vescicole di dopamina rilasciate disturbano il corretto scambio di informazioni tra le cellule nervose e, dunque, la formazione della memoria motoria», conclude De Leonibus. «L’identificazione di bassi livelli del trasportatore della dopamina in questo stadio precoce, quando ancora non c’è neurodegenerazione, è perciò un aspetto molto rilevante per la diagnosi della malattia. I risultati di questa ricerca suggeriscono che bassi livelli del trasportatore non necessariamente indicano la morte dei neuroni dopaminergici, ma possono invece indicare una sinucleinopatia, un’ipotesi diagnostica che merita approfondimenti mirati con indagini genetiche e prelievo di liquor, al fine di prevederne l’evoluzione».
Ecco le mascherine intelligenti, e quelle egoiste
News Presa, Stili di vitaMascherine sì, mascherine no. Anche nel pieno della pandemia rappresentanti politici, istituzionali e a volte persino tecnici, sembrano non essere sempre d’accordo sull’impiego delle mascherine. Un esempio? In questi giorni hanno fatto molto discutere le parole del capo della Protezione Civile Angelo Borrelli che ha dichiarato di non usare la mascherina, salvo poi precisare – come riportato dall’agenzia di stampa AdnKronos – «rispetto le regole del distanziamento sociale. La mascherina è importante, se non si rispettano le distanze, per evitare l’infezione da virus». Cambi di passo e d’opinione che hanno creato una bella confusione nell’opinione pubblica, anche perché quello di Borrelli è solo uno dei tanti esempi di un’informazione a volte contrastante.
NEMICO SCONOSCIUTO
La verità è che questi cambi di direzione sono legati ad un fatto indiscutibile: il Covid-19 è un virus che non conosciamo, perché è apparso sul pianeta solo da pochi mesi. Probabilmente è questa la verità più difficile da ammettere, siamo inermi (o quasi) al cospetto di un nemico nuovo. Questo non significa che non ci siano studi e nuove terapie, ma in gran parte le nostre conoscenze sul Covid-19 si stanno formando ora. Possibilità di propagazione nell’aria, capacità di infettare anche i nostri animali domestici, sopravvivenza nell’ambiente, sono tutte informazioni che gli scienziati stanno acquisendo. Sulle quali non esistono prove definitive. Ospite a Che Tempo che Fà con Fabio Fazio, il virologo Roberto Burioni lo ha spiegato in maniera molto chiare: questo virus è nuovo, un virus che sino a poco tempo fa non conoscevamo.
TUTORIAL
Tornando quindi al punto di partenza, resta da capire se e quando le mascherine siano utili nella lotta al virus. E anche quali modelli, e come, si debbano indossare. Questa settimana sul web ha iniziato a diventare virale un video tutorial realizzato da Alessandro Gasbarrini, chirurgo dell’istituto ortopedico Rizzoli di Bologna, che in maniera semplice e diretta ha messo in riga le domande che tutti i non addetti ai lavori si pongono. Il medico propone una classificazione delle mascherine in tre categorie: altruiste, egoiste e intelligenti. Chiaramente si parla dell’utilizzo delle stesse da parte di cittadini e non del personale in servizio negli ospedali. Riepilogando, le mascherine altruiste sono quelle chirurgiche. [youtube]https://www.youtube.com/watch?v=Mpv83TbQ2PQ[/youtube] Il medico spiega che servono non tanto a proteggere se stessi, bensì gli altri. Questo perché sono utili a fermare le goccioline di saliva (che il virus usa per spostarsi) che con uno starnuto o un colpo di tosse si spargono nell’aria. Le mascherine egoiste sono invece quelle dotate di valvola e chiamate Ffp2. Perché egoiste? Perché proprio per quella valvola non consentono al virus di entrare, ma se si è già contagiati gli permettono di uscire e di contagiare altre persone nelle vicinanze. Infine, le mascherine Ffp3 senza valvola. Le mascherine intelligenti che non consentono al virus né di entrare, né di uscire. Il grosso problema è che intelligenti, egoiste o altruiste, le mascherine sono ormai introvabili ed è alto il rischio di comprare qualcosa che in realtà contro il virus serve a ben poco.
Single più sani. Fra 20anni un 50enne su 4 non sarà mai stato in coppia
News Presa, Stili di vitaIn Italia quasi una famiglia su 3 è composta da una sola persona. All’altare si arriva sempre più tardi e c’è chi per scelta, sua o degli altri, rimane da solo. La tendenza, però, non ha a che fare soltanto con il mondo occidentale, ma è un fenomeno globale. Alcuni studi hanno esaminato i pro e i contro e molti fattori, come l’alimentazione, l’attività sessuale e la salute sembrano andare a favore di coloro che scelgono di vivere da single. Numeri, come quelli di oggi, non si erano mai registrati. Il rapporto dell’ufficio del censimento statunitense parla chiaro: più del 45% dei residenti – circa 110 milioni di persone di età superiore ai 18 anni – è divorziata, vedova o è sempre stata single.
I matrimoni di ieri e quelli di oggi
Se negli anni 70, otto persone su dieci si sposavano entro i 30 anni di età; oggi, per osservare lo stesso rapporto numerico si devono aspettare i 45 anni. L’età media del primo matrimonio è salita a 29,5 anni negli uomini e a 27,4 anni nelle donne. Inoltre, quando i giovani di oggi raggiungeranno i 50 anni, circa una persona su quattro di loro sarà stata single per tutta la vita.
Cambiano valori e priorità
Più della metà del campione intervistato, non ritiene il matrimonio o il concepimento di un figlio una pietra miliare importante dell’età adulta. Le energie degli adulti convergono sull’istruzione e sulla ricerca di un lavoro stabile. Le persone single, inoltre, fanno maggiore attività sessuale rispetto alle persone sposate o divorziate, ma c’è una nuova tendenza che si fa strada: quella dell’asessualità che non è dovuta a disfunzioni o disturbi sessuali o psicologici, ma che interessa il 3% della popolazione mondiale. Ma gli aspetti pratici, cosa dicono?
Salute e autostima
Gli esperti Eva C. Luciano e Ulrich Orth hanno condotto uno studio su 9mila adulti in Germania, e hanno scoperto che l’inizio di una relazione migliora l’autostima solo se la relazione funziona in modo stabile per un certo periodo, un anno o più. Le persone sposate prese in analisi dai ricercatori, infatti, non godevano di una maggiore autostima rispetto a chi era single.
Il matrimonio o una relazione seria, secondo alcuni studi, non porterebbero un maggior benessere psico-fisico. Uno studio in particolare ha preso in esame per 3 anni più di 79mila donne statunitensi di età compresa tra 50 e 79 anni, con situazioni sentimentali diverse (sposate, separate, divorziate o single). Ne è emerso che alcuni parametri fisici, come l’indice di massa corporea, la pressione arteriosa, e lo stile di vita (dieta, esercizio fisico, alcol, fumo) erano migliori nelle donne che erano rimaste single o che avevano divorziato.
Pedopornografia: metà del materiale proviene dai profili di mamme e papà
News PresaGli ultimi rapporti sulla pedopornografia in rete destano allarme. Il materiale scambiato aumenta e diventa sempre più difficile risalire agli autori. I pericoli per i ragazzini crescono, tra social network e dark web: da quando esiste la rete i pedofili hanno più mezzi. I dati dell’ultimo rapporto di Meter, (onlus che collabora con la Polizia postale), sono chiari: si parla di due milioni di immagini censite, il doppio rispetto all’anno precedente. Inoltre aumenta la pedopornografia con vittime che vanno dagli 0 ai 3 anni e gli orchi hanno imparato a non lasciare tracce: «Grazie a servizi come Dropfile, che consentono lo scambio temporaneo di file – si legge nel report – ci si dà appuntamento virtuale su una chat, si rende il materiale disponibile al massimo 24 ore e poi lo si cancella. In questo modo la finestra in cui le autorità possono intervenire si restringe notevolmente».
Il pedofilo in rete
Lo scambio di materiale pedopornografico online avviene quasi sempre nel dark web. Per accedervi basta usare il software gratuito Tor: il programma che garantisce il totale anonimato, utilizzato anche da attivisti per comunicare in sicurezza in paesi sottoposti a regimi autoritari. In questo modo diventa molto complesso risalire al loro indirizzo IP. Nel solo novembre 2016, Meter ha segnalato un indirizzo nel dark web con 82.046 video scaricati da 476.914 utenti. Il 10 marzo del 2017 il numero di video era salito a 109.535. Centinaia di migliaia di bambini.
Le foto postate online dai genitori
Almeno la metà del materiale rinvenuto nei siti pedopornografici proviene dai profili Facebook di mamme e papà inconsapevoli. Il fenomeno di condivisione di foto dei propri figli è in forte diffusione e viene definito sharenting. Il problema è quando un’immagine familiare innocente viene immessa nel mercato nero della pornografia senza che i genitori sappiano nulla, perché una volta condivisa se ne perde il controllo per sempre. Come riportano i dati della ricerca della Australia’s new Children’s eSafety che sovrintende alla sicurezza dei minori in rete: il cinquanta per cento dei milioni di scatti di pedopornografia sequestrati dalla polizia australiana, ritraevano bambini immortalati in comuni attività quotidiane come fare sport o giocare al parco. Le foto erano state rubate da Facebook e in misura minore da Instagram e molte erano geolocalizzabili. Infatti, le foto possono diventare una miniera di informazioni per chi le sa guardare attentamente. I pedofili, o qualunque altro tipo di malintenzionati, possono risalire a scuole, palestre e interessi dei propri figli. Inoltre in questo modo si crea una reputazione digitale ai bambini, i quali potrebbero anche non essere d’accordo. In Francia, stante la vigente legislazione, i genitori possono essere denunciati dai figli, una volta diventati adulti, per aver condiviso immagini in Rete senza il loro permesso. I genitori infatti sono responsabili della sicurezza e dell’immagine dei loro bambini e dovrebbero darne conto prima di tutto a loro.