Tempo di lettura: 4 minutiUn’indagine internazionale rivela lo spaccato di una realtà femminile presa poco in considerazione nonostante oltre la metà (58%) soffra di incontinenza da stress e più di 1/3 abbia dolore durante i rapporti sessuali. Un disagio legato ai muscoli del pavimento pelvico che le intervistate dichiarano di trascurare.
Il ruolo dei muscoli del pavimento pelvico per il benessere femminile
Muscoli nascosti e, a quanto pare, anche poco conosciuti a molte donne. Lo rivela un’indagine internazionale Censuswide-INTIMINA su oltre 8.000 donne di età compresa tra 25 e 55 anni di 8 paesi (Italia, UK, Francia, Spagna, Germania, Paesi Bassi, Svezia, e Croazia) che ha raccolto il loro vissuto sui problemi del pavimento pelvico e le perplessità per come affrontali (vedi infografica allegata).
Il pavimento pelvico è un gruppo di muscoli e legamenti che supportano la vescica, l’utero e l’intestino. Quando il pavimento pelvico si indebolisce, viene meno il sostegno degli organi pelvici e si possono presentare problemi di incontinenza e di prolasso.
Un problema che colpisce più della metà della intervistate
La maggior parte delle donne intervistate ha avuto problemi al pavimento pelvico almeno una volta. Eppure, la maggior parte di loro non ha fatto nulla al riguardo.
Alla domanda se perdono urina mentre tossiscono, starnutiscono, ridono o sollevano qualcosa di pesante, più della metà delle italiane intervistate ha risposto di sì (53%). Un risultato in linea con quelle delle francesi, spagnole e olandesi (rispettivamente 59% 57%), allontanandosi dal primato delle inglesi (70%). Un problema che, come conferma la media del 46% delle intervistate, viene poco condiviso anche con amici e familiari.
Problema comune nelle neomamme
Il pavimento pelvico si indebolisce principalmente durante la gravidanza, quindi non sorprende che la maggior parte delle intervistate che hanno partorito abbia sperimentato muscoli del pavimento pelvico indeboliti o incontinenza una o più di una volta.
Il numero più alto di questi casi è nel Regno Unito (60%), Svezia (56%) e Spagna (55%) e il più basso in Italia (39%) e Germania (40%).
Dolori durante i rapporti per più di 1/3 delle intervistate
Ma i problemi del pavimento pelvico non riguardano solo l’incontinenza. Il 36% delle donne intervistate afferma infatti di aver avuto rapporti sessuali scomodi o dolorosi a causa di un pavimento pelvico debole. Un dato confermato in Italia (37%), seguito da Croazia, Germania, Francia e Regno Unito (tutti 36%), fino ad arrivare al 47% della Spagna.
Nonostante i problemi fastidiosi del pavimento pelvico, le donne non esercitano i muscoli del pavimento pelvico. Il sondaggio mostra che in tutti i paesi, la maggior parte delle donne non fa mai esercizi di Kegel. In cima alla lista c’è l’Italia (52%), seguita da Francia (49%), Germania (47%), Paesi Bassi (45%), Spagna (40%), Croazia (38%), Regno Unito (32%) e Svezia (30%).
Per coloro che fanno gli esercizi di Kegel, la maggior parte si allena da 1 a 3 giorni alla settimana, come mostrato nei risultati in Spagna (27%), Regno Unito (24%), Svezia (22%) e infine Italia (18%). E i Kegel funzionano, in particolare per le donne spagnole (67%), francesi (59%) e italiane (57%), seguite da quelle inglesi (50%), tedesche e croate (entrambe al 49%), olandesi (47%) e svedesi (45%).
Si dividono i gruppi di donne che vorrebbero regalare a un’amica un device per migliorare gli esercizi di Kegel (come pesi/palline/trainer vaginali). Quasi il 70% delle intervistate spagnole ha detto di sì, molte più numerose di quelle italiane (52%) e croate (45%), a differenza degli altri paesi dove più della metà ha risposto che non era interessata a fare questo cadeau.
Chi vorrebbe riceverlo come regalo sono ancora le spagnole (66%) e si confermano ancora le italiane e le croate (53%). Diversa la reazione degli altri paesi che per più della metà, dichiara di non essere felice se dovesse riceverlo.
Guida agli esercizi di Kegel
La Woman Empowering Coach di INTIMINA Alessandra BITELLI consiglia una semplice guida per fare gli esercizi di Kegel con i pesi vaginali.
Fare un esercizio di Kegel significa contrarre e rilasciare i muscoli del pavimento pelvico, con l’effetto di stringere la vagina o cercare di fermare il flusso di urina. L’uso di pesi vaginali (ne esistono diversi in commercio tra cui Laselle o KegelSmart) può aiutare a eseguire correttamente questi esercizi perché consente di acquisire forza pelvica, assicurandosi di allenare sempre i muscoli giusti e rimanere motivate a continuare. Uno strumento ponderato aggiunge resistenza all’esercizio, permettendo di rafforzare i muscoli pelvici in modo più efficace. Per i principianti, un attrezzo ginnico a resistenza leggera è il migliore. Dopo aver inserito la pallina vaginale e aver preso una posizione comoda:
• contrai i muscoli del pavimento pelvico, solleva la palla verso l’alto
• mantieni la contrazione per 2 secondi mentre fai respiri profondi
• rilasciare la contrazione
• riposati e rilassati per almeno 2 secondi o per tutto il tempo necessario prima di ripetere l’esercizio
• ripeti 10 volte per un set di Kegel
Prova a eseguire un set di Kegel 3 volte a settimana, a giorni feriali alterni. Man mano che avanzi, la durata sia della contrazione che del riposo può essere aumentata fino a 10 secondi ciascuno. Ricorda che, come con qualsiasi esercizio, possono essere necessarie alcune settimane per notare i risultati. Tuttavia, ogni sessione di allenamento ti avvicina alla perfetta salute pelvica. Non sono solo le donne anziane ad avere problemi alla vescica o all’intestino. Un pavimento pelvico debole può capitare alle donne dai vent’anni e persino alle adolescenti. Si verifica più spesso dopo il parto. Ecco perché gli esercizi di Kegel sono importanti e dovrebbero essere eseguiti regolarmente fin dalla tenera età. Quello che deve incoraggiare tutte le donne è che gli esercizi di Kegel si possono eseguire seduti, in piedi o sdraiati, “silenziosamente” senza che nessuno se ne accorga.
Sindrome di Cornelia de Lange: luce sui processi molecolari
BambiniUn team di studiosi dell’Istituto di ricerca genetica e biomedica del Cnr ha descritto il ruolo chiave del gene c-MYC in un gruppo di pazienti affetti dalla sindrome di Cornelia de Lange e da patologie correlate, facendo passi avanti nella comprensione della malattia. Lo studio è stato pubblicato sulla rivista Human Molecular Genetics.
La sindrome di Cornelia de Lange
La sindrome di Cornelia de Lange (CdLS) prende il nome dalla pediatra olandese che nel 1933 descrisse per la prima volta alcuni bambini che ne erano affetti, ed è una patologia malformativa, che si esprime in un insieme di sintomi, tra cui predominano alterazione della simmetria facciale, ritardo cognitivo e anomalie degli arti. La frequenza è di circa un caso su 10.000 nati e la sua base è genetica. Il quadro clinico è complicato dall’osservazione che pazienti affetti da CdLS con fenotipo lieve hanno caratteristiche morfologiche e funzionali che si sovrappongono a quelle di altre patologie, come le sindromi KBG e di Rubinstein-Taybi (RSTS), anch’esse caratterizzate da disabilità intellettiva e microcefalia, rendendo difficile una diagnosi corretta. A conferma di ciò, sono stati pubblicati lavori in cui soggetti con diagnosi di CdLS, in realtà, presentavano mutazioni in geni responsabili di altre patologie. I meccanismi molecolari alla base di questa sovrapposizione non sono noti.
Lo studio
Uno studio dell’Istituto di ricerca genetica e biomedica del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Irgb), sostenuto dalla Fondazione Pisa e pubblicato su Human Molecular Genetics, ha analizzato i profili di espressione genica di 14 pazienti con diagnosi di CdLS, KBG e RSTS. “Abbiamo dimostrato che tutte le cellule sono caratterizzate dall’alterata espressione di centinaia di geni, alcuni sono espressi di più, altri di meno”, spiega Antonio Musio, ricercatore Cnr-Irgb. “Inoltre, condividono vie biochimiche alterate, come la regolazione della trascrizione genica e la sintesi proteica. È interessante notare che il gene c-MYC è espresso di meno in tutte le cellule e rappresenta un hub convergente posto al centro delle vie biochimiche alterate. Infatti, c-MYC regola direttamente o indirettamente molti dei geni deregolati”. I risultati suggeriscono quindi che c-MYC sia responsabile della deregolazione dell’espressione genica osservata nelle sindromi CdLS, KBG e RSTS. “Probabilmente la sovrapposizione dei fenotipi dipende dall’alterata espressione di c-MYC che sembra essere un regolatore centrale della crescita e dello sviluppo mediante il controllo trascrizionale di numerose vie biochimiche”, conclude Musio.
Intelligenza artificiale: Humanitas vince l’AI Research Award, è l’unico ospedale italiano
News PresaLa Società Europea di Endoscopia Gastrointestinale ESGE (European Society of Gastrointestinal Endoscopy) in collaborazione con Medtronic, ha annunciato i vincitori del premio Artificial Intelligence (AI) Research Award Phase I 2020: un riconoscimento nato per supportare la ricerca sull’Intelligenza Artificiale applicata al campo della colonscopia.
Tra i vincitori, un centro d’eccellenza italiano: l’Istituto Clinico Humanitas di Rozzano, che si è aggiudicato cinque moduli di endoscopia intelligente GI Genius™ e 8mila Euro.
Il centro milanese ha ottenuto l’ambito AI Research Award grazie allo studio CERTAIN, con l’obiettivo di determinare l’eventuale effetto sinergico derivante da meccanismi complementari di miglioramento della detection (maggiore esposizione della mucosa e maggior riconoscimento delle lesioni inquadrate).
Un risultato straordinario premiato con un riconoscimento che intende essere anche un sostegno concreto, pensato per le unità ospedaliere di gastroenterologia che stanno affrontandole le gravi conseguenze di COVID-19.
Si stima infatti che la pandemia abbia ritardato la diagnosi di cancro del colon-retto per 83.000 pazienti europei portando ad un aumento in quest’anno dei casi di cancro all’intestino. Nel solo Regno Unito, ad esempio, è stato stimato che questi ritardi potrebbero portare a un aumento dei decessi per cancro del colon-retto del 16,6% nei prossimi 5 anni. Per quanto riguarda il cancro intestinale, una diagnosi precoce permette di arrivare fino a percentuali di sopravvivenza di cinque anni del 90% dei casi, percentuali che scendono drammaticamente (10%) quando la diagnosi arriva tardi.
“In Italia c’è una sfida post-Covid che metterà a dura prova i servizi di endoscopia e che in Humanitas vogliamo accompagnare con la Ricerca“, commenta il vincitore del premio per la ricerca, il dottor Marco Spadaccini, Specialista in Malattie dell’apparato digerente all’interno del Dipartimento di Gastroenterologia dell’Istituto Clinico Humanitas. “Lo studio CERTAIN consente di valutare se l’aggiunta di un dispositivo denominatoEndocuff Vision – che permette di aumentare la superficie di mucosa esposta durante la colonscopia – possa determinare un ulteriore beneficio rispetto ad una colonscopia effettuata utilizzando un dispositivo di AI che già supporta l’endoscopista nel riconoscere le lesioni inquadrate sullo schermo. E’ importante sottolineare” – continua il dottor Spadaccini – “che questo è il primo studio che utilizza la colonscopia assistita da un’AI come standard diagnostico. Si tratta, inoltre, dell’unico progetto italiano premiato nel primo round nell’AI Award e questo è un riconoscimento del lavoro fatto dalla nostra unità operativa nell’uso delle nuove tecnologie dell’AI in campo medico con lo scopo di migliorare la qualità della colonscopia e ridurre l’impatto del tumore del colon retto”, conclude lo specialista.
L’intelligenza artificiale gioca un ruolo fondamentale nella diagnosi e nella prevenzione: aiutando gli endoscopisti a eseguire colonscopie con maggiore precisione, l’AI può ridurre la loro “variabilità delle prestazioni”. Questo dovrebbe garantire colonscopie di alta qualità anche nell’attuale fase della pandemia, caratterizzata da forte pressione esercitata sulle strutture sanitarie. In particolare, GI Genius™, il modulo di endoscopia con Intelligenza Artificiale di Medtronic, aumenta le possibilità di rilevare il cancro del colon-retto: in una fase iniziale viene caricato con oltre 13 milioni di immagini di polipi di varie forme e dimensioni, così da creare un algoritmo. Durante una colonscopia, quando lo strumento rileva un polipo avvisa il medico con una segnalazione sullo schermo, agendo così come un osservatore “virtuale” della procedura e con la capacità di individuare anche polipi molto sottili, più piccoli, più piatti o parzialmente nascosti in una piega dell’intestino.
Il modulo di endoscopia intelligente GI Genius™ individua dunque i polipi più velocemente degli endoscopisti nell’82% dei casi, con un tempo di reazione medio di -1,27; aggiunge il 99,7% di sensibilità nel rilevare una lesione e ha un tasso di falsi positivi dello 0,9%. L’utilizzo di GI Genius™ determina un incremento assoluto dell’ADR (Adenoma Detection Rate) del 14% (un aumento dell’ADR dell’1% significa una diminuzione del 3% del rischio di cancro). Grazie a questa tecnologia, c’è il 50% di probabilità in più di rilevare polipi multipli nei pazienti (rispetto al gruppo di controllo).
GI Genius si rivela dunque un alleato prezioso e gli specialisti dell’Istituto Clinico Humanitas potranno ora contare su cinque ulteriori unità, migliorando ulteriormente i servizi al paziente anche in un momento storico così complesso come quello che stiamo vivendo in questi ultimi due anni.
Proprio nel 2020, immediatamente dopo la prima fase emergenziale, ESGE in collaborazione con Medtronic ha deciso di lanciare l’AI Research Award per supportare, in un momento di grave crisi, l’applicazione dell’Intelligenza Artificiale nel campo della colonscopia. Da marzo 2020, infatti, molti Paesi europei in risposta all’emergenza sanitaria dovuta all’epidemia da COVID-19 hanno sospeso le attività di screening per il cancro del colon-retto, con gravi ritardi nelle diagnosi e nelle cure, oltre ad una maggiore richiesta di risorse da parte dei reparti di gastroenterologia. Eppure i centri ospedalieri non hanno smesso di fare ricerca e, compatibilmente con le difficoltà portate da una situazione senza precedenti, di proporre le migliori soluzioni ai propri pazienti: un impegno che merita certamente un riconoscimento come l’AI Research Award.
Tutte le domande di partecipazione al premio sono state valutate dal Comitato del Premio ESGE sulla base di qualità scientifica, innovazione, rapporto qualità-prezzo e qualità complessiva del progetto.
Torna la convention PreSa e si fa il punto sulla disinformazione pandemica
Eventi d'interesse, News PresaOggi alla Casina Valadier di Roma (ore 16) si rinnova l’annuale appuntamento voluto e organizzato dal Network Editoriale PreSa Prevenzione Salute. Nell’occasione si discuterà di Green Pass, di Vaccinazione Covid ma soprattutto sarà diffuso il secondo report sulle fake news che quest’anno promette di scoperchiare un vero e proprio vaso di Pandora, offrendo una nuova chiave di lettura sul fenomeno No Vax. Come sempre tantissimi e di primo piano gli ospiti della convention, per dare vita ad un dibattito costruttivo che possa tracciare percorsi nuovi e far discutere su quei temi che oggi più che mai sono centrali per la vita del paese.
Alla Federico II la prima sala ibrida della Campania
News PresaAl Policlinico Federico II di Napoli nasce un nuovo reparto con sala di emodinamica e sala ibrida per il trattamento delle patologie cardiovascolari. Un progetto innovativo per far fronte all’aumento di malattie cardiache strutturali di natura degenerativa, che rappresentano ancora oggi le principali cause di morbosità, invalidità e mortalità nel nostro Paese. Sarà la prima sala ibrida, realizzata in Campania e nel Mezzogiorno, dedicata al trattamento di pazienti con patologie dell’apparato cardiovascolare attraverso la combinazione di tecniche di cardiologia interventistica e di chirurgia cardiaca. Si tratta di una sala operatoria (Hybrid Operating Room, OR) dotata al suo interno di apparecchiature di diagnostica per immagini e chirurgiche all’avanguardia. L’assetto strutturale e organizzativo garantisce il rispetto dei requisiti minimi di sicurezza per questo tipo di interventi e consente di completare il trattamento di patologie complesse nell’ambito di una sola seduta, con conseguenti benefici in termini di spesa sanitaria (ottimizzazione delle risorse, diminuzione dei tempi di degenza, riduzione del rischio di infezioni). La nuova sala di emodinamica, in aggiunta, garantirà l’adeguamento delle strutture e degli strumenti -necessari allo svolgimento dell’attività routinaria del laboratorio di Cardiologia interventistica – agli standard più moderni
HI-TECH
«La tecnologia medicale ed ICT di ultimissima generazione aggiudicata e l’ottimizzazione degli spazi permetterà il miglioramento del lavoro dell’Heart Team dell’A.O.U. impegnati nelle nuove procedure di Cardiologia Strutturale come TAVI, LAAC e Mitraclip», spiega Giovanni Esposito, Direttore UOC di Cardiologia, Emodinamica, UTIC dell’AOU Federico II di Napoli, a capo dell’Heart Team dell’Azienda. «Il Direttore Generale ha mobilitato tutte le risorse professionali dell’Azienda – aggiunge Esposito – riuscendo, nonostante le criticità imposte dalla pandemia, a raggiungere questo obiettivo che garantirà ai pazienti cure e trattamenti all’avanguardia». Per la realizzazione del progetto, a cui hanno lavorato il servizio di ingegneria clinica, l’ufficio tecnico e la direzione sanitaria aziendale del Policlinico Federico II, l’Azienda ha scelto il dialogo competitivo quale strumento di gara, che è stata aggiudicata per un importo di non molto inferiore ai 3 milioni di euro (2.815.609 per la precisione). Si punta al miglioramento dei percorsi diagnostici, alla prevenzione e alle diagnosi precoci sui pazienti, contribuendo a migliorare la prevenzione delle malattie cardiovascolari più gravi e quindi i tempi di ospedalizzazione dei pazienti. Serviranno ora 35 settimane per consegnare il reparto che sarà realizzato in parte con i fondi della Regione Campania del programma straordinario di ammodernamento tecnologico.
Allarme dei medici: la piattaforma Covid funziona male
News PresaNelle settimane decisive per evitare che la quarta ondata di Covid diventi un nuovo dramma assistenziale la Campania vive un’emergenza nell’emergenza. A denunciarlo sono i medici di famiglia della sezione locale della FIMMG, per i quali «c’è un enorme problema con più di 1.000.000 di cittadini, che rischiano di restare prigionieri di ingiuste quarantene a causa di un malfunzionamento della piattaforma Sinfonia». La piattaforma è quella che la Regione ha abilitato alla raccolta, tra l’altro, di tutte le informazioni necessarie in fatto di Covid: positività, guarigioni, quadrante e altro. Eppure, dicono i rappresentanti territoriali di FIMMG Luigi Sparano e Corrado Calamaro, le cose vanno molto male a casa di un problema tecnico e chiedono un immediato intervento affinché la situazione torni alla normalità.
KO SU ANDROID
«Ormai da giorni – spiega il dottor Calamaro – la piattaforma non dialoga più con le applicazioni per smartphone Android, rendendo impossibile per noi medici di famiglia provvedere alle registrazioni di positività o di avvenuta guarigione quando non siamo a studio». Un problema non da poco, visto che da quelle registrazioni dipende la libertà degli assistiti di uscire di casa, o la possibilità di assentarsi legittimamente da lavoro per una positività. Per non parlare del rischio altissimo connesso all’esigenza di tracciare i contagi e limitare la diffusione del contagio in un momento di picco come quello attuale. «La nostra Regione ha giustamente fatto dell’efficienza tecnologica un vanto – osserva il dottor Sparano -, ora nonostante le nostre segnalazioni rischia di cadere su un problema che tutto sommato si potrebbe risolvere facilmente. Trovo assurdo che si metta a rischio la salute pubblica per una App che non funziona». Per questo “disguido tecnico” sono ad oggi circa 1.500 i medici di famiglia che non riescono a connettersi con la piattaforma Sinfonia quando non si trovano nel proprio studio. Un numero enorme che crea un rischio altrettanto grave di farsi scappare di mano la gestione dei pazienti Covid.
FIAMMATA PREOCCUPANTE
A lanciare l’allarme per l’aumento dei casi è stato anche lo stesso presidente di Regione Vincenzo De Luca. «Ieri abbiamo avuto 40mila vaccinati di cui molti con prima dose – ha spiegato -. Si conferma che c’è una ripresa della campagna anche se da ieri cominciamo ad aver un dato estremamente preoccupante, aumenta la diffusione de contagio ad un ritmo impressionante. Un aumento che è dell’ordine del 200-300% di contagi.Ci stiamo avvicinando anche in Italia, si pure con ritardo ai livelli che registriamo in altri paesi in Europa – ha spiegato – c’è da augurarsi che il livello elevato di vaccinazione ci salvaguardi da effetti pesanti ma siamo di fronte ad una fiammata di contagio estremamente preoccupante. Siamo di nuovo in una situazione di grave emergenza. C’è una maledetta accelerata diffusione del Covid, siamo nel pieno della quarta ondata, dobbiamo riaprire le terapie intensive».
Cala mortalità e migliora sopravvivenza per molti tumori in Italia
News PresaCala la mortalità e migliora la sopravvivenza per molti tumori in Italia. I dati del nostro Paese in genere sono migliori rispetto alla media europea, ma ci sono anche alcuni aspetti meno positivi, che fanno scattare campanelli di allarme.
La fotografia emerge a margine della presentazione del volume I numeri del cancro in Italia 2021: un rapporto molto influenzato dalla pandemia e arrivato quest’anno alla sua undicesima edizione.
Alla stesura hanno collaborato l’Associazione italiana di oncologia medica (AIOM), l’Associazione italiana registri tumori (AIRTUM), la Società italiana di anatomia patologica e di citologia diagnostica (SIAPEC-IAP), la Fondazione AIOM, PASSI (Progressi delle aziende sanitarie per la salute in Italia), PASSI d’Argento e l’Osservatorio nazionale screening (ONS).
Di cancro si muore un po’ meno
Pur senza i dati di incidenza, il volume porta con sé una quantità enorme di informazioni aggiornate, a partire da quelle che riguardano la mortalità, con una stima di 181.330 decessi nel 2021: 100.200 uomini e 81.100 donne, un calo di 1.870 morti rispetto al 2020.
I tassi di mortalità per tutti i tumori in Italia nel 2021 sono decisamente più bassi rispetto alla media europea, e nel corso degli ultimi sei anni sono diminuiti del 9,7 per cento negli uomini e dell’8 per cento nelle donne. Risultati particolarmente positivi si sono registrati per il tumore dello stomaco (-18,4 per cento negli uomini e -25 per cento nelle donne) e del colon-retto (-13,6 per cento e -13,2 per cento in uomini e donne, rispettivamente). Andamento opposto invece tra i due sessi per i tumori legati al fumo: il tasso di mortalità per tumore del polmone ha fatto registrare un calo del 15,6 per cento negli uomini e un aumento del 5 per cento nelle donne, per le quali sono aumentati anche i decessi per tumore della vescica (+5,6 per cento). “Queste differenze sono legate a cambiamenti in abitudini e comportamenti che si sono verificati negli ultimi anni (in particolare l’aumento delle donne che fumano) e che manifestano i loro effetti a lungo termine. Per questa ragione la tendenza sarà verosimilmente confermata anche nel prossimo futuro” ha commentato Giordano Beretta, presidente AIOM.
Infine, il tumore del pancreas si conferma come uno dei più difficili da trattare, con tassi di mortalità che restano stabili negli uomini e crescono di quasi 4 punti percentuali nelle donne.
Tumori: sopravvivenza in crescita
I dati di sopravvivenza riflettono la qualità dell’assistenza oncologica nel nostro Paese. A cinque anni dalla diagnosi di tumore è ancora in vita il 59,4 per cento degli uomini (la stima del 2020 era del 54 per cento) e il 65 per cento delle donne (63 per cento nel 2020). I dati mostrano che per alcuni tumori il tasso di sopravvivenza supera il 90 per cento (tiroide e melanoma nelle donne; testicolo, tiroide e prostata negli uomini) e che anche per i tumori più difficili da curare (polmone, esofago, mesotelioma e pancreas) ci sono stati comunque miglioramenti superiori al 2 per cento. Per i tumori pediatrici il tasso di sopravvivenza a cinque anni dalla diagnosi è pari all’84,3 per cento, rispetto a una media europea del 78 per cento.
Inoltre, dall’analisi emerge l’importanza di un contesto di cura adeguato e della tempestività degli interventi di diagnosi e trattamento. “La probabilità di sopravvivere per almeno cinque anni al cancro sale notevolmente per chi supera il primo anno dalla diagnosi, e raggiunge il 77,7 per cento negli uomini e l’80,4 per cento nelle donne” ha spiegato Diego Serraino, del Centro di riferimento oncologico di Aviano e direttore del Registro tumori del Friuli-Venezia Giulia.
Il segno del Covid
La pandemia di Covid-19 ha lasciato un’impronta profonda in oncologia. I risultati di un’indagine condotta in 19 anatomie patologiche italiane ha mostrato nel 2020 riduzioni, rispetto all’anno precedente, del 12 per cento circa degli interventi chirurgici per tumore della mammella e del 13 per cento per quelli del colon-retto. “I risultati di questa indagine fanno emergere, in generale e per entrambe le patologie, una diminuzione dei tumori in situ (meno 11 per cento per la mammella, meno 32 per cento per il colon-retto), caratterizzati da alte probabilità di guarigione, che può essere la conseguenza della temporanea riduzione degli screening oncologici nel 2020” ha specificato Anna Sapino, presidente di SIAPEC-IAP.
Proprio il ritardo negli screening è uno dei temi affrontati in questa edizione del rapporto. A causa della pandemia, infatti, nei primi mesi del 2020 sono state sospese le attività di screening e questo ha causato l’accumulo di ritardi importanti sia nell’invio degli inviti (fino a meno 33 per cento per lo screening del tumore della cervice), sia nell’esecuzione dei test di diagnosi, con una riduzione del 45,5 per cento per lo screening colorettale. In totale si parla di circa 2 milioni e mezzo di screening non effettuati. Senza contare che, anche quando gli inviti sono stati inviati, i pazienti stessi, in molti casi, non hanno voluto partecipare per paura del contagio. “I mesi di ritardo in media sono stati 5,5 per lo screening colorettale, 5,2 per quello cervicale e 4,5 per le mammografie” spiega Paola Mantellini, direttrice dell’Osservatorio nazionale screening. “È importante sottolineare che, per tutti e tre i programmi, nell’autunno 2020 alcune regioni sono riuscite a erogare più test rispetto al 2019, mettendo in evidenza una notevole capacità strategico-organizzativa” ha aggiunto.
La pandemia si è però fatta sentire anche a livello psicologico, come riportano i risultati di uno studio condotto da Fondazione AIOM su 500 pazienti tra aprile e maggio 2020. “Lo studio mette in luce la necessità di garantire una presenza strutturata di psiconcologi nelle oncologie per fornire assistenza ai pazienti, ai familiari e caregiver e al personale sanitario” ha dichiarato Stefania Gori, presidente di Fondazione AIOM.
Gli stili di vita
Gli stili di vita hanno un ruolo di primo piano nella prevenzione dei tumori. Dai numeri raccolti dai sistemi di sorveglianza PASSI e PASSI d’Argento, emerge che poco meno del 30 per cento dei cittadini che vivono in Italia ha uno stile di vita sedentario, con tassi in aumento nel tempo, soprattutto al Sud. In quest’area queste percentuali sono passate dal 35 per cento del 2018 al 45 per cento del 2019. Sovrappeso e obesità restano problemi importanti, tanto che il 31,5 per cento dei cittadini è in sovrappeso e il 10,8 per cento è obeso. Altri fattori di rischio da tenere particolarmente d’occhio sono il fumo di sigaretta e il consumo di alcol.
In seguito alla pandemia, il progressivo calo dei fumatori registrato nel decennio precedente (2008-2019) sembra abbia rallentato, a causa soprattutto dell’aumento dell’abitudine al fumo tra le donne con più di 35 anni. Si è per fortuna ridotta invece la percentuale di persone che consumano alcol fuori pasto o che praticano il cosiddetto “binge drinking” (bere molto in poco tempo, una sorta di “abbuffata di alcol”), probabilmente anche a causa delle limitazioni alla socialità imposte dal Covid. Sono però aumentate le donne anziane che bevono alcolici, forse come gesto “consolatorio”. “Serve grande cautela nell’analizzare i dati e le differenze prima e dopo la pandemia” ha sottolineato Maria Masocco, responsabile scientifico dei progetti PASSI e PASSI d’Argento.
In conclusione, il rapporto AIRTUM parla dell’importanza di un approccio olistico alla malattia, come ha spiegato Brusaferro: “L’approccio One Health, che parte dal presupposto che la salute è una sola per ambiente, uomini e animali, è la chiave di lettura secondo noi da prediligere anche per il cancro”, soprattutto pensando al legame tra tumori e fattori di rischio associati ad abitudini, comportamenti e all’ambiente che ci circonda.
Malattie mieloproliferative croniche: studio identifica bersaglio terapeutico
Ricerca innovazioneUno studio sulle malattie mieloproliferative croniche si è focalizzato sulla presenza nelle cellule del sangue e del midollo osseo della mutazione V617F nel gene JAK2 e ha rivelato il ruolo della proteina Pbx1. La ricerca a firma Humanitas è pubblicata su Stem Cell Report
Se abitualmente, la proteina Pbx1, regola la funzione delle cellule staminali nel sangue e la formazione di globuli rossi e piastrine, in caso di mutazione a carico del gene JAK2, risulta fuori controllo. Dallo studio emerge come impedire l’evoluzione della patologia o determinarne la regressione sia possibile rimuovendo la proteina Pbx1. Un risultato che permette di identificare un nuovo possibile bersaglio terapeutico: gli studi sulle malattie mieloproliferative proseguiranno dunque in questo senso, valutando se Pbx1 o altre proteine regolate da Pbx1, possano essere bloccate mediante azione farmacologica e migliorare così la condizione clinica del paziente.
Lo studio è stato condotto dall’équipe della dottoressa Francesca Ficara, composta da specialisti di Humanitas e di altri Istituti, tra cui la dottoressa Laura Crisafulli e la dottoressa Sharon Muggeo e parzialmente finanziato da AIRC-Fondazione Cariplo e Fondazione Damiano per l’Ematologia. La Ricerca si è svolta in Humanitas dal gruppo del CNR-IRGB, con la collaborazione di altre unità Humanitas (Genomic Unit, Flow Cytometry Core, Biostatistic Unit e Cancer Center con il gruppo del professor Matteo Della Porta).
La policitemia vera, la trombocitemia essenziale e le altre patologie mieloproliferative croniche si associano a una produzione abnorme di globuli rossi, piastrine e/o granulociti. Una condizione che inficia la qualità della vita e la salute dei pazienti. Nonostante i progressi terapeutici degli ultimi anni, in una percentuale di pazienti il trattamento standard non è in grado di garantire un controllo ottimale della malattia. Da qui, l’importanza di identificare nuovi bersagli terapeutici.
Sicurezza alimentare, si discute sul “bisfenolo A”
AlimentazioneNella giornata dell’avvio delle vaccinazioni anti Covid pediatriche per la fascia dai 5 agli 11 anni rischia di passare sotto silenzio una notizia che relativa alla sicurezza alimentare che arriva da Bruxelles, ovvero che l’autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa) ha deciso di proporre di abbassare in modo significativo la dose giornaliera tollerabile per il bisfenolo A (Bpa). La decisione è stata accompagnata dall’indicazione di un rischio per la salute derivante dall’esposizione alimentare al composto. Una questione burocratica? No, tutt’altro. Trattandosi di sicurezza alimentare la vicenda riguarda tutti i cittadini, e da vicino, perché il Bpa è usato comunemente nella produzione delle plastiche in policarbonato, utilizzate nei recipienti per uso alimentare, e nelle resine epossidiche che compongono il rivestimento protettivo interno presente nella maggior parte delle lattine per alimenti e bevande.
TOLLERABILITA’
La bozza di parere Efsa sui pericoli della sostanza chimica rivede dunque al ribasso il quantitativo tollerabile dall’uomo senza che vi siano rischi. Secondo gli esperti Efsa la dose giornaliera che non produce danni, cioè la stima della quantità di una sostanza che può essere ingerita giornalmente nel corso della vita senza rischi apprezzabili, va abbassata a 0,04 nanogrammi per kg di peso corporeo. La precedente valutazione dell’Efsa, datata 2015, aveva indicato 4 nanogrammi per chilo. L’abbassamento del valore, precisano dall’Autorità con sede a Parma, risulta dalla valutazione da studi che non erano disponibili nel precedente parere, in particolare quelli sugli effetti negativi del Bpa sul sistema immunitario. Basandosi sulle stime dell’esposizione dei consumatori al Bpa nella dieta, l’Efsa conclude che l’esposizione alimentare media al Bpa supera ampiamente il nuovo parametro, con potenziali problemi per la salute a lungo termine. Il dibattito al momento resta aperto, non resta che attendere la decisone finale sulla questione e, quando si fa la spesa, prestare sempre mota attenzione alle etichette.
Pavimento pelvico: vive un disagio più della metà della intervistate. Gli esercizi di Kegel
PrevenzioneUn’indagine internazionale rivela lo spaccato di una realtà femminile presa poco in considerazione nonostante oltre la metà (58%) soffra di incontinenza da stress e più di 1/3 abbia dolore durante i rapporti sessuali. Un disagio legato ai muscoli del pavimento pelvico che le intervistate dichiarano di trascurare.
Il ruolo dei muscoli del pavimento pelvico per il benessere femminile
Muscoli nascosti e, a quanto pare, anche poco conosciuti a molte donne. Lo rivela un’indagine internazionale Censuswide-INTIMINA su oltre 8.000 donne di età compresa tra 25 e 55 anni di 8 paesi (Italia, UK, Francia, Spagna, Germania, Paesi Bassi, Svezia, e Croazia) che ha raccolto il loro vissuto sui problemi del pavimento pelvico e le perplessità per come affrontali (vedi infografica allegata).
Il pavimento pelvico è un gruppo di muscoli e legamenti che supportano la vescica, l’utero e l’intestino. Quando il pavimento pelvico si indebolisce, viene meno il sostegno degli organi pelvici e si possono presentare problemi di incontinenza e di prolasso.
Un problema che colpisce più della metà della intervistate
La maggior parte delle donne intervistate ha avuto problemi al pavimento pelvico almeno una volta. Eppure, la maggior parte di loro non ha fatto nulla al riguardo.
Problema comune nelle neomamme
Dolori durante i rapporti per più di 1/3 delle intervistate
Guida agli esercizi di Kegel
Indagine rapida: Omicron solo nello 0,19% del campione, Delta oltre 99%
News PresaIl 6 dicembre scorso la variante delta predominava largamente in Italia, con una prevalenza stimata superiore al 99%. I casi di Omicron sono stati 4, corrispondenti allo 0,19% del campione esaminato. I risultati emergono della nuova indagine rapida condotta dall’Iss e dal Ministero della Salute insieme ai laboratori regionali e alla Fondazione Bruno Kessler. “L’indagine integra le attività di monitoraggio di routine – specifica l’ISS – e non contiene quindi tutti i casi di varianti rilevate ma solo quelle relative alla giornata presa in considerazione”. Per l’indagine è stato chiesto ai laboratori delle Regioni e Province Autonome di selezionare dei sottocampioni di casi positivi e di sequenziare il genoma del virus. Il campione richiesto è stato scelto dalle Regioni/PPAA in maniera casuale fra i campioni positivi garantendo una certa rappresentatività geografica e, se possibile, per fasce di età diverse. In totale, hanno partecipato all’indagine le 21 Regioni/PPAA e complessivamente 114 laboratori e sono stati sequenziati 2241 campioni, di cui 4 sono risultati positivi alla Omicron. “La flash survey dà una fotografia della situazione in un determinato giorno, da cui si può stimare la prevalenza delle varianti in circolazione. È uno strumento molto utile nelle fasi di transizione, in cui si cerca di monitorare possibili variazioni, e le informazioni che ne derivano sono complementari a quelle date dalla piattaforma ICoGen, che invece raccoglie tutte le segnalazioni di casi – osserva il presidente dell’Iss Silvio Brusaferro -. La presenza della Omicron era largamente attesa, in linea con quanto osservato anche negli altri paesi, e le prossime indagini ci permetteranno di stimarne la velocità di diffusione. Restano fondamentali le raccomandazioni date finora, di iniziare o completare il ciclo vaccinale anche con la dose booster e di seguire le misure di distanziamento e igiene per ridurre al minimo la diffusione del virus”.
Omicron: i numeri della survey
I nuovi risultati sono in linea con la quick survey del mese di settembre 2021. La variante Delta di SARS-CoV-2 è ancora predominante nel nostro Paese (prevalenza stimata> 99%). – La variante omicron è stata segnalata in quattro casi in tre Regioni, relativamente alla data di campionamento di questa survey dell’inizio di dicembre (prevalenza grezza 0,19%, prevalenza pesata per numero di casi regionali 0,32%). L’ISS precisa in una nota “che la vaccinazione continua a prevenire i decessi, riduce il numero dei ricoveri nonostante il continuo predominio della variante Delta, che è fino al 60% più trasmissibile rispetto alla variante precedentemente dominante, Alfa”.