Tempo di lettura: 4 minutiLa rinascita della Dieta Mediterranea passa anche per la riscoperta dei legumi. Una fonte di proteine vegetali, priva di colesterolo e a basso impatto ambientale. Un dato non da poco in un’epoca minacciata dall’emergenza ambientale. Tant’è che l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite (UNGA) ha designato il 10 febbraio come Giornata Mondiale dei Legumi ((World Pulses Day – WPD). Dal dopoguerra ad oggi, con l’industrializzazione, in 70 anni abbiamo dimezzato il consumo di legumi. Oggi, con le evidente scientifiche, la rotta sta cambiando. La domanda di proteine vegetali nei 12 mesi tra giugno 2020 e giugno 2021 è cresciuta più velocemente (+20%) rispetto a quella di proteine animali (dati Istat), tanto che ormai quasi un quarto (22%) di tutte le proteine assunte in Italia è di origine vegetale. Inoltre, la pandemia ha accelerato una tendenza già in atto. Gli studi hanno ampiamente dimostrato come l’assunzione di legumi prevengano obesità, diabete, numerose malattie cardiovascolari. Di legumi ne esistono infinite varietà: fagioli, lenticchie, soia, ceci, piselli; si prestano ad essere assunti in tantissimi modi.
Proteine e minerali, senza colesterolo. Aumentano senso di sazietà
I legumi sono ricchissimi di proteine, zinco, ferro e contengono una grande quantità di fibre, polifenoli e potassio, Basta fare un paragone con la carne per capire il loro valore: 100 grammi di ceci contengono 6,2 mg di ferro; una bistecca di manzo, circa 2,4 mg. Mangiando legumi non esiste il pericolo di colesterolo: che si tratti di ceci, di cicerchie, di fagioli o di lupini, semplicemente non ne contengono. Una bistecca di manzo, invece, contiene 78 mg di colesterolo. Inoltre, l’alto contenuto di fibre dei legumi stimola il funzionamento dell’intestino e aumenta il senso di sazietà. Le fibre, infatti, tendono a dilatarsi all’interno dello stomaco, occupando spazio. Inoltre, una volta nell’intestino, rinforzano il microbiota, proteggendo l’apparato digerente. I legumi sono ideali come piatti unici, spiegano gli esperti, ma associati a un cereale e a qualche verdura, possono fornire i principi nutritivi completi. Contengono, infatti, una gran quantità di aminoacidi, le unità strutturali che l’organismo utilizza per produrre le proteine. “Tuttavia –spiega la dottoressa Elisabetta Macorsini, biologa nutrizionista di Humanitas Mater Domini – da soli non contengono tutti i vari aminoacidi, che possono però essere complementati proprio dai cereali. La pasta associata ai legumi diventa quindi un pasto dall’apporto proteico completo, tranquillamente paragonabile a quello della carne, senza però alcun grasso di origine animale“. Tuttavia, quando non si è abituati ad assumere legumi, soprattutto all’inizio “alcune componenti delle fibre, fermentando, possono causare la formazione di gas. A tutto questo – continua l’esperta – si può ovviare inserendo i legumi gradualmente nella propria dieta, partendo magari da quelli che hanno una buccia meno dura – i piselli, ad esempio – o optando per i legumi decorticati: è nella buccia, infatti, che risiede la maggior parte delle fibre”. Inoltre, quelli decorticati sono anche indicati in caso di sindrome dell’intestino irritabile.
I legumi allungano la vita di 10 anni. Lo studio
Le scelte alimentari possono allungare la vita di 10 anni: queste scelte hanno a che fare con i legumi. Lo dimostra una recente ricerca realizzata da un team di scienziati norvegese che ha stimato l’impatto delle abitudini alimentari sull’aspettativa di vita, arrivando alla definizione di una dieta ottimale per la longevità. Per vivere più a lungo è necessario uno stile di vita sano e cioè: mangiare “bene”, praticare attività fisica, non fumare e limitare l’alcol. Cosa significa, però, mangiare bene? Esaminando i risultati delle ricerche e confrontandoli con quelli del Global Burden of Disease Study, lo studio che fornisce una sintesi dello stato di salute della popolazione di molti Paesi, il team di ricerca norvegese ha calcolato come i quantitativi di frutta, verdura, cereali integrali, cereali raffinati, noci, legumi, pesce, uova, latticini, carne rossa e bevande zuccherate incidano sull’aspettativa di vita, arrivando a sviluppare una dieta ottimale per la longevità. La ricerca, è stata pubblicata sulla rivista scientifica Plos Medicine. La dieta ottimale, oltre a verdura e frutta, include molti legumi (fagioli, piselli e lenticchie), cereali integrali (avena, orzo e riso integrale), noci e molte meno carni rosse e lavorate rispetto a quelle consumate oggi nella dieta occidentale. Seguendo questa impostazione a partire dai 20 anni, le stime degli studiosi indicano che l’aspettativa di vita di uomini e donne potrebbe essere aumentata di oltre 10 anni. Se il passaggio da una dieta occidentale a quella ottimale avvenisse invece all’età di 60 anni, l’aspettativa di vita aumenterebbe comunque di otto anni. Nel caso degli over 80, l’aspettativa di vita potrebbe aumentare di quasi 3 anni e mezzo. I ricercatori hanno anche calcolato cosa accadrebbe se le persone adottassero una dieta a metà strada tra quella ottimale e la tipica dieta occidentale, chiamando questo regime alimentare un approccio di fattibilità. Anche in questo caso, l’aspettativa di vita dei ventenni potrebbe comunque aumentare poco più di 6 anni per le donne e 7 per gli uomini.
L’iniziativa di Slow Food
Per celebrare il 10 febbraio, la Giornata mondiale dei legumi, è nata l’iniziativa “Aggiungi un legume tavola”, raccolta dai cuochi dell’Alleanza Slow Food e lanciata dall’associazione della Chiocciola e dalla sua rete giovani. La giornata, promossa dalla FAO, ha l’obiettivo di aumentare la consapevolezza dei consumatori sui valori nutrizionali dei legumi e sostenere il loro ruolo nei sistemi agroalimentari sostenibili. Focus del 2022 è il ruolo che questi preziosi alimenti possono avere, in particolare per le nuove generazioni, nella costruzione di un’agricoltura che rispetti la terra e le risorse idriche e di diete sane ed equilibrate. Ad aderire all’appello di Slow Food Italia e Slow Food Youth Network Italia (SFYN) oltre 140 cuochi dell’Alleanza Slow Food da ogni regione che il 10 febbraio (e non solo) inseriranno nei loro menù almeno un piatto a base di legumi, valorizzando quelli meno conosciuti del loro territorio, utilizzando Presìdi Slow Food o riproponendo ricette antiche.
Sperimentato vaccino contro tutte le varianti. Lo studio
Ricerca innovazioneL’obiettivo dei ricercatori è arrivare a vaccini contro SARS-CoV-2 di maggiore efficacia, cosicché una nuova strategia ha selezionato come bersaglio la proteina N. Quest’ultima al contrario della più nota spike coinvolta negli attuali vaccini non mostra quasi nessuna mutazione tra le varianti finora note. Lo studio preclinico condotto dai ricercatori del Centro Nazionale per la Salute Globale dell’ISS ha dimostrato che questo nuovo approccio genera una risposta immunitaria efficace e duratura in topi infettati con SARS-CoV-2. I risultati dello studio sono stati appena pubblicati sulla rivista Viruses.
Il metodo con cui è usata in questo studio la proteina N genera inoltre una memoria immunitaria a livello polmonare che potrebbe essere garanzia di un effetto protettivo duraturo nel tempo.
Il nuovo meccanismo è basato sulla ingegnerizzazione delle nanovescicole naturalmente rilasciate dalle cellule muscolari e potrebbe superare i limiti degli attuali vaccini sul decadimento degli anticorpi e la perdita di efficacia contro le varianti emergenti.
Vaccini, la nuova proteina bersaglio
Il gruppo di ricercatori ISS ha dimostrato che, quando le vescicole extracellulari vengono caricate con la proteina N del nucleocapside del SARS-CoV-2, si può generare una reazione immunitaria in topi tale da indurre una sostanziale protezione dall’infezione con cariche virali molto elevate.
Inoltre, nel modello animale studiato, la tecnica messa a punto in ISS è in grado di generare una memoria immunitaria a livello delle vie respiratorie, condizione essenziale per un effetto duraturo di qualsiasi strategia vaccinale contro patogeni respiratori.
“Tutte le cellule rilasciano costantemente minuscole vescicole a base lipidica definite vescicole extracellulari – spiega Maurizio Federico responsabile del Centro e autore senior dello studio – e la tecnica messa a punto in ISS è in grado di caricare queste nanovescicole naturali con proteine di SARS-CoV-2. Queste nanovescicole così ingegnerizzate vengono elaborate dal sistema immunitario in modo da generare una forte immunità cellulare orchestrata da una famiglia di linfociti identificata come linfociti CD8”.
Studi addizionali in programma stabiliranno parametri come ad esempio la sicurezza della piattaforma vaccinale e la sua tollerabilità. Questi parametri saranno essenziali per porre le basi di futuri studi clinici che possano confermare in via definitiva l’efficacia di questa scoperta. Sarà inoltre necessario comprendere se eventuali vaccini sviluppati con la nuova piattaforma debbano essere integrati da forme di immunizzazione basate sulle tecnologie oggi in uso, per esempio su mRNA.
CHARM: la sfida europea per la diagnosi e la cura del cancro
Ricerca innovazioneUn dispositivo medico basato sulla tecnologia dell’imaging Raman digitale e sull’intelligenza artificiale potrebbe rivoluzionare la diagnosi e il trattamento del cancro. Il nuovo strumento è frutto del progetto “CHARM” (Chemometric HistopAthology via coherent Raman imaging for precision Medicine). Il dispositivo analizzerà la composizione molecolare in campioni di tessuto derivati da pazienti con lo scopo di distinguere cellule cancerogene da quelle sane senza la necessità di colorazioni chimiche, semplificando di molto il processo.
Il progetto di ricerca, di cui è partner l’Istituto di fotonica e nanotecnologie (Ifn) del Cnr di Milano, è finanziato con 3,3 milioni di euro nell’ambito del programma europeo “EIC Transition” del Consiglio europeo per l’innovazione.
Il progetto “CHARM”: la sfida tecnologica per battere il cancro
“CHARM” è una collaborazione paneuropea tra CRI srl, l’Università di Cambridge, le istituzioni italiane Consiglio nazionale delle ricerche e Politecnico di Milano, l’ospedale universitario di Jena in Germania e le aziende INsociety dall’Italia e Inspiralia dalla Spagna.
“Siamo orgogliosi di vedere la nostra tecnologia riconosciuta dall’Unione Europea come un‘innovazione potenzialmente rivoluzionaria, in grado di migliorare la routine clinica in ambito diagnostico e di fornire informazioni accurate che supportino diagnosi di cancro sempre più precise”, commenta il coordinatore del progetto, dottor Matteo Negro, Chief Technology Officer di CRI.
“CHARM” è uno dei 42 progetti selezionati per il finanziamento tra i 292 presentati durante il primo bando in assoluto del programma EIC Transition, destinato a supportare il trasferimento tecnologico della ricerca al mondo reale. L’EIC è il programma di punta europeo con lo scopo di identificare, sviluppare e scalare tecnologie rivoluzionarie che portino a cambiamenti radicali sul mercato. Nel caso di “CHARM” supporterà lo sviluppo del dispositivo medico fino alla fase di validazione preclinica.
Nello specifico, la spettroscopia Raman Coerente unita alla tecnologia brevettata dei laser in fibra a base di grafene permette di generare immagini digitali e ricche di informazioni sulla composizione chimica dei tessuti prelevati dal paziente. Le immagini vengono analizzate automaticamente mediante intelligenza artificiale fornendo un importante supporto alla diagnosi. Poiché le immagini sono digitali, possono essere visualizzate da remoto, consentendo agli istopatologi di lavorare in modo efficiente e favorendone l’uso anche in aree prive di personale specializzato. In futuro, la tecnologia potrebbe trovare ulteriore applicazione nell’individuazione di terapie personalizzate per il cancro.
All’interno del progetto, l’unità di Milano del Cnr-Ifn, coordinata da Renzo Vanna, si occuperà della transizione dai protocolli di diagnosi tradizionali, basati sull’istologia, a quelli basati sul Raman imaging digitale, e contribuirà alla validazione della tecnologia mediante utilizzo di una casistica di pazienti con tumore. “E’ per noi una grande soddisfazione prendere parte a una sfida tecnologica e biomedica che muoverà un passo fondamentale per l’introduzione di dispositivi che ad oggi non hanno ancora ricevuto validazione clinica in Europa” commenta il ricercatore.
Il futuro della sanità è digitale, l’accordo per formare e informare
News PresaLa dimensione del mercato della salute digitale ha superato i 141,8 miliardi di dollari nel 2020 e si stima che nel 2027 arrivi a 426,9 miliardi. La pandemia di COVID-19 ha sconvolto tutte le maggiori attività a livello globale e il settore della salute digitale ha assistito a una enorme spinta positiva, destinata a mantenersi ed incrementare dopo il termine dell’emergenza sanitaria. Molti Governi, sia nelle economie sviluppate che in via di sviluppo, hanno modificato regole e norme relative all’uso delle tecnologie digitali per scopi sanitari, che facilitano questo sviluppo, determinando un’impennata nell’uso delle tecnologie di salute digitale (Fonte : Global Market Insights – Digital Health Market 2020 – 2027).
Con l’obiettivo di sviluppare l’informazione e la formazione della classe medica sulle tematiche di Digital Medicine, l’Università degli Studi di Roma UnitelmaSapienza ha siglato un accordo con PharmaStar, testata giornalistica specializzata nell’informazione sui farmaci. Oggetto dell’accordo è la trasformazione digitale della diagnosi, del trattamento, della riabilitazione e del monitoraggio delle malattie croniche e dei nuovi percorsi diagnostico-terapeutici che oggi sono abilitati da nuove tecnologie quali Digital Rehabilitation, Digital Drug Supports, Digital Self-management Education and Support, Digital Biomarkers, Digital Monitoring e Digital Therapeutics. L’accordo è stato siglato dal Magnifico Rettore di UnitelmaSapienza Antonello Folco Biagini e da Danilo Magliano, direttore della testata PharmaStar, alla presenza del direttore generale di UnitelmaSapienza Donato Squara e del direttore della School of Health Sebastiano Filetti.
«La tecnologia sta trasformando le modalità con cui si gestisce la salute e di eroga la sanità – ha detto Giuseppe Recchia Co-Founder e CEO di daVi DigitalMedicine – Il successo di questa evoluzione dipende dalle condizioni normative dei paesi e dalla maturità digitale delle persone. L’Italia è in ritardo per entrambe queste condizioni, ma oggi il Piano Nazionale di Recupero e Resilienza offre al paese nuove opportunità. L’informazione è un elemento fondamentale per lo sviluppo di un nuovo modello di medicina, che oggi chiamiamo “digitale” e che tra qualche anno chiameremo solo “medicina”».
Inquinamento ambientale, algoritmi e satelliti per scovarlo
News PresaQuello tra inquinamento e salute è un binomio inscindibile e molto pericoloso, sono tristemente noti diversi casi in Italia di zone martoriate da attività industriali o dal malaffare nelle quali le persone si ammalano di cancro (o di altre patologie) molto più che altrove. La cosiddetta Terra dei Fuochi in Campania, o l’Ilva di Taranto, tanto per citare due esempi, ma non mancano casi anche nel Centro e nel Nord Italia. La domanda che molti ricercatori si pongono è come scovare le tracce qualche cosa che non va? E un’interessante risposta, basata su avanzatissime tecnologie, arriva ora da uno studio dell’Istituto Superiore di Sanità in collaborazione con la Scuola di Ingegneria Aerospaziale dell’Università “La Sapienza” di Roma e del Dipartimento irlandese di Food Biosciences del Teagasc. La ricerca propone per la prima volta l’uso di algoritmi applicati alle analisi di immagini satellitari dell’Agenzia Spaziale Europea (Sentinel-2A). Lo studio ha messo sotto la lente un territorio in particolare, la Basilicata, proponendosi di analizzare in tempo reale dell’inquinamento da idrocarburi e le fioriture di alghe nel lago del “Pertusillo”, che si trova in prossimità dell’impianto ENI-COVA di Viggiano, la cui acqua è utilizzata a scopo potabile da più di 3.5 milioni di persone. Le immagini sono state elaborate con due diversi algoritmi, che hanno permesso di rilevare separatamente lo stato di inquinamento del lago per alghe e idrocarburi.
METAGENOMICA
Il verificarsi di diversi eventi noti di inquinamento da idrocarburi in combinazione con fioriture di alghe periodiche nel lago Pertusillo e la disponibilità online di dati terrestri prodotti dalle associazioni territoriali e dall’Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente della Basilicata (ARPAB), circa la presenza di entrambi i contaminanti, ha offerto l’opportunità di testare nuovi metodi di monitoraggio che possono supportare strategie per la rapida allerta e la bonifica delle risorse idriche. La conoscenza della metagenomica degli ecosistemi e in questo caso particolare del Pertusillo, come evidenziato in un altro articolo degli stessi autori, «permette di valutare le variazioni nel microbioma in funzione della presenza e della natura dei contaminanti ed è stata determinate per la convalida dei dati satellitari di telerilevamento degli inquinati discussi in questo studio», dicono gli autori Emilio D’Ugo, Milena Bruno e Fabio Magurano. La combinazione di sistemi satellitari con approfondite tecniche metagenomiche, proposta dagli autori anche nei recenti bandi indipendenti ISS, può contribuire ad importanti progressi nelle metodologie di monitoraggio e bonifica ambientale. Un sistema che potrebbe consentire di osservare la terra dallo spazio per individuare in modo accurato aree a rischio e quindi intervenire dove serve.
Body shaming, l’altra faccia del cyber bullismo: “ragazze amate il vostro corpo”
Prevenzione, PsicologiaChe siano star o persone comuni, i commenti denigratori per l’aspetto fisico di qualcuno si leggono tutti i giorni sotto alcune foto. Per molti si tratta di parole innocue o scherzose e invece il fenomeno ha un nome: si chiama “Body Shaming”. Se il web è nato per scopi nobili, il suo utilizzo reale dipende dagli utenti. Il bullismo –o meglio “cyber bullismo”– è una delle forme di violenza veicolate da internet, il body shaming è una delle sue facce. Significa letteralmente giudicare le forme del corpo, in particolare attraverso il web e i social network. Il termine deriva dall’inglese shame e come sostantivo vuol dire vergogna, mentre come verbo significa generare vergogna. In altre parole, si può tradurre come: far vergognare qualcuno per il suo corpo, attuando un’atteggiamento di derisione e presa in giro. Che siano corpi troppo magri, troppo grossi, troppo tatuati, con malattie della pelle o con cellulite, la pratica denigratoria del body shaming non risparmia nessuno, ma sono soprattutto le donne a subire il giudizio. Il motivo affonda le sue radici in un fattore culturale che ancora esige standard di bellezza troppo rigidi nei confronti del corpo femminile. Ad essere prese di mira, infatti, sono soprattutto persone con un aspetto fisico non conforme ai canoni di bellezza socialmente stabiliti.
Body shaming, non si tratta di commenti innocui
Il Body Shaming può avere effetti devastanti sulle vittime, soprattutto quando si tratta di adolescenti, naturalmente più vulnerabile. Il condizionamento dell’autostima provoca una perdita di certezze, sicurezze personali; un aumento degli stati d’ansia e in casi estremi il rischio che diventi un’ossessione. Da qui nascono molti disturbi alimentari che se non presi in tempo possono portare nei casi più gravi anche alla morte. Un altro effetto è lo scoraggiamento, la perdita di volontà nel raggiungere un obiettivo. Secondo le statistiche, le più sensibili a questo argomento sono le adolescenti dai 18 ai 21, soprattutto se prese di mira dai propri coetanei. A nutrire il terreno di questi fenomeni è soprattutto il continuo paragone con gli altri. Tra filtri e ritocchi, i social rimandano continuamente immagini perfette, alimentando standard che non corrispondono alla realtà. Inoltre, il nascondersi dietro la tastiera fa sentire più liberi di esprimere giudizi e offese.
Emma Marrone alle ragazze: “il vostro corpo è perfetto così com’è, dovete amarlo e rispettarlo”
Negli ultimi anni sono sono state tante le campagne delle star in difesa delle vittime di bullismo, partite proprio dai social, dove si alimenta questa pratica. In questi giorni ha fatto discutere l’episodio che ha interessato Emma Marrone. La cantante ha risposto al commento di un giornalista che definiva le sue gambe troppo “importanti” per poter indossare delle calze a rete. “Il body shaming con il linguaggio politically correct, non so se è più imbarazzate o noioso” – attraverso le storie sul suo profilo Instagram la cantante ha risposto alle critiche sul suo abbigliamento (e sul suo corpo) a Sanremo 2022, rivolgendosi alle ragazze, in particolare a quelle giovanissime: “Evitate di ascoltare o leggere commenti del genere. Il vostro corpo è perfetto così com’è, dovete amarlo e rispettarlo e soprattutto dovete vestirvi come vi pare”.
Legumi: allungano la vita umana e del pianeta. La Giornata Mondiale
AlimentazioneLa rinascita della Dieta Mediterranea passa anche per la riscoperta dei legumi. Una fonte di proteine vegetali, priva di colesterolo e a basso impatto ambientale. Un dato non da poco in un’epoca minacciata dall’emergenza ambientale. Tant’è che l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite (UNGA) ha designato il 10 febbraio come Giornata Mondiale dei Legumi ((World Pulses Day – WPD). Dal dopoguerra ad oggi, con l’industrializzazione, in 70 anni abbiamo dimezzato il consumo di legumi. Oggi, con le evidente scientifiche, la rotta sta cambiando. La domanda di proteine vegetali nei 12 mesi tra giugno 2020 e giugno 2021 è cresciuta più velocemente (+20%) rispetto a quella di proteine animali (dati Istat), tanto che ormai quasi un quarto (22%) di tutte le proteine assunte in Italia è di origine vegetale. Inoltre, la pandemia ha accelerato una tendenza già in atto. Gli studi hanno ampiamente dimostrato come l’assunzione di legumi prevengano obesità, diabete, numerose malattie cardiovascolari. Di legumi ne esistono infinite varietà: fagioli, lenticchie, soia, ceci, piselli; si prestano ad essere assunti in tantissimi modi.
Proteine e minerali, senza colesterolo. Aumentano senso di sazietà
I legumi sono ricchissimi di proteine, zinco, ferro e contengono una grande quantità di fibre, polifenoli e potassio, Basta fare un paragone con la carne per capire il loro valore: 100 grammi di ceci contengono 6,2 mg di ferro; una bistecca di manzo, circa 2,4 mg. Mangiando legumi non esiste il pericolo di colesterolo: che si tratti di ceci, di cicerchie, di fagioli o di lupini, semplicemente non ne contengono. Una bistecca di manzo, invece, contiene 78 mg di colesterolo. Inoltre, l’alto contenuto di fibre dei legumi stimola il funzionamento dell’intestino e aumenta il senso di sazietà. Le fibre, infatti, tendono a dilatarsi all’interno dello stomaco, occupando spazio. Inoltre, una volta nell’intestino, rinforzano il microbiota, proteggendo l’apparato digerente. I legumi sono ideali come piatti unici, spiegano gli esperti, ma associati a un cereale e a qualche verdura, possono fornire i principi nutritivi completi. Contengono, infatti, una gran quantità di aminoacidi, le unità strutturali che l’organismo utilizza per produrre le proteine. “Tuttavia –spiega la dottoressa Elisabetta Macorsini, biologa nutrizionista di Humanitas Mater Domini – da soli non contengono tutti i vari aminoacidi, che possono però essere complementati proprio dai cereali. La pasta associata ai legumi diventa quindi un pasto dall’apporto proteico completo, tranquillamente paragonabile a quello della carne, senza però alcun grasso di origine animale“. Tuttavia, quando non si è abituati ad assumere legumi, soprattutto all’inizio “alcune componenti delle fibre, fermentando, possono causare la formazione di gas. A tutto questo – continua l’esperta – si può ovviare inserendo i legumi gradualmente nella propria dieta, partendo magari da quelli che hanno una buccia meno dura – i piselli, ad esempio – o optando per i legumi decorticati: è nella buccia, infatti, che risiede la maggior parte delle fibre”. Inoltre, quelli decorticati sono anche indicati in caso di sindrome dell’intestino irritabile.
I legumi allungano la vita di 10 anni. Lo studio
Le scelte alimentari possono allungare la vita di 10 anni: queste scelte hanno a che fare con i legumi. Lo dimostra una recente ricerca realizzata da un team di scienziati norvegese che ha stimato l’impatto delle abitudini alimentari sull’aspettativa di vita, arrivando alla definizione di una dieta ottimale per la longevità. Per vivere più a lungo è necessario uno stile di vita sano e cioè: mangiare “bene”, praticare attività fisica, non fumare e limitare l’alcol. Cosa significa, però, mangiare bene? Esaminando i risultati delle ricerche e confrontandoli con quelli del Global Burden of Disease Study, lo studio che fornisce una sintesi dello stato di salute della popolazione di molti Paesi, il team di ricerca norvegese ha calcolato come i quantitativi di frutta, verdura, cereali integrali, cereali raffinati, noci, legumi, pesce, uova, latticini, carne rossa e bevande zuccherate incidano sull’aspettativa di vita, arrivando a sviluppare una dieta ottimale per la longevità. La ricerca, è stata pubblicata sulla rivista scientifica Plos Medicine. La dieta ottimale, oltre a verdura e frutta, include molti legumi (fagioli, piselli e lenticchie), cereali integrali (avena, orzo e riso integrale), noci e molte meno carni rosse e lavorate rispetto a quelle consumate oggi nella dieta occidentale. Seguendo questa impostazione a partire dai 20 anni, le stime degli studiosi indicano che l’aspettativa di vita di uomini e donne potrebbe essere aumentata di oltre 10 anni. Se il passaggio da una dieta occidentale a quella ottimale avvenisse invece all’età di 60 anni, l’aspettativa di vita aumenterebbe comunque di otto anni. Nel caso degli over 80, l’aspettativa di vita potrebbe aumentare di quasi 3 anni e mezzo. I ricercatori hanno anche calcolato cosa accadrebbe se le persone adottassero una dieta a metà strada tra quella ottimale e la tipica dieta occidentale, chiamando questo regime alimentare un approccio di fattibilità. Anche in questo caso, l’aspettativa di vita dei ventenni potrebbe comunque aumentare poco più di 6 anni per le donne e 7 per gli uomini.
L’iniziativa di Slow Food
Per celebrare il 10 febbraio, la Giornata mondiale dei legumi, è nata l’iniziativa “Aggiungi un legume tavola”, raccolta dai cuochi dell’Alleanza Slow Food e lanciata dall’associazione della Chiocciola e dalla sua rete giovani. La giornata, promossa dalla FAO, ha l’obiettivo di aumentare la consapevolezza dei consumatori sui valori nutrizionali dei legumi e sostenere il loro ruolo nei sistemi agroalimentari sostenibili. Focus del 2022 è il ruolo che questi preziosi alimenti possono avere, in particolare per le nuove generazioni, nella costruzione di un’agricoltura che rispetti la terra e le risorse idriche e di diete sane ed equilibrate. Ad aderire all’appello di Slow Food Italia e Slow Food Youth Network Italia (SFYN) oltre 140 cuochi dell’Alleanza Slow Food da ogni regione che il 10 febbraio (e non solo) inseriranno nei loro menù almeno un piatto a base di legumi, valorizzando quelli meno conosciuti del loro territorio, utilizzando Presìdi Slow Food o riproponendo ricette antiche.
Pacemaker, lo smartphone nel taschino lo può disattivare
Ricerca innovazioneUna vecchia pubblicità diceva “una telefonata può salvarti la vita”, oggi l’Istituto superiore di sanità mette in guardia dal rischio di alcuni cellulari per i portatori di pacemaker. In rari casi, si legge in un recente documento messo on line, se lo smartphone viene tenuto a meno di un centimetro dal cuore. In particolare, «il magnete presente nell’iPhone 12 può attivare l’interruttore magnetico di pacemaker e defibrillatori impiantabili, ed è quindi molto importante attenersi alle indicazioni fornite dai produttori di dispositivi medici e della Apple stessa secondo cui deve essere mantenuta una distanza di almeno 15 cm tra un telefono cellulare e il dispositivo». A dimostrare questo rischio è stato uno studio dell’Iss appena pubblicato dalla rivista Pacing and Clinical Electrophysiology.
LO STUDIO
Nel febbraio 2021 alcuni dati presenti nella letteratura scientifica e ripresi dalla stampa non specializzata indicavano la possibilità che Il magnete utilizzato nello smartphone potesse attivare l’interruttore magnetico presente nel defibrillatore, disattivando la terapia prevista in caso di aritmia ventricolare. Questo studio dell’ISS è il primo a valutare in laboratorio l’interferenza magnetica dell’iPhone 12 e dei suoi accessori MagSafe su un campione rappresentativo dell’attuale mercato italiano di pacemaker e defibrillatori impiantabili, incluso il defibrillatore sottocutaneo. Ma non è tutto, per la prima volta i fenomeni di interferenza magnetica sono stati accuratamente correlati ai livelli di campo magnetico misurati attorno all’iPhone 12. I ricercatori hanno valutato i pacemaker e i defibrillatori impiantabili dei principali produttori mondiali (Abbott, Biotronik, Boston Scientific, Medico, Medtronic, Microport), utilizzando un simulatore di battito cardiaco. I risultati hanno mostrato che, in alcuni casi, il magnete presente nell’ iPhone 12 può attivare involontariamente l’interruttore magnetico nel campione di pacemaker e defibrillatori impiantabili che è stato valutato.
CASI RARI
Il fenomeno è stato osservato fino ad una distanza massima di 1 cm. Va comunque sottolineato che l’attivazione della modalità magnetica è stata osservata solo in alcune specifiche posizioni dell’iPhone rispetto al dispositivo e che nella maggior parte delle posizioni il fenomeno non si innesca. Il campo magnetico generato dal magnete interno all’iPhone12, misurato dai ricercatori ISS, è risultato essere maggiore del valore a cui i pacemaker e i defibrillatori impiantabili devono essere immuni. «L’attivazione non voluta dell’interruttore magnetico può raramente accadere anche in altre situazioni di vita comune in presenza di magneti – sottolineano gli autori – ma data la grande diffusione dell’iPhone 12 e l’abitudine di mettere lo smartphone nel taschino, l’attivazione involontaria della modalità magnete provocata da iPhone 12 può essere meno rara». Oltre a seguire le indicazioni sulla distanza, concludono i ricercatori, sarebbe opportuno avvertire il paziente rispetto a questa caratteristica unica dell’Phone12 e valutare questo potenziale rischio in futuro per i nuovi modelli di smartphone.
Long Covid: alcuni sintomi possono persistere dopo un anno
CovidAlcuni disturbi possono persistere dopo oltre un anno: come le alterazioni dell’olfatto, per esempio, che sono uno dei sintomi più comuni della sindrome da Long Covid. Un problema che riguarda tra il 20% ed il 25% dei pazienti a distanza di 12 mesi dall’infezione da Sars-CoV-2. Lo rivelano i risultati di uno studio prospettico, il primo al mondo, condotto su 152 pazienti e coordinato da Arianna Di Stadio, professore associato di Otorinolaringoiatria all’Università di Catania. Alla ricerca, pubblicata sulla rivista scientifica Brain Sciences, ha partecipato Angelo Camaioni, direttore del Dipartimento testa-collo e della Uoc Otorinolaringoiatria dell’azienda ospedaliera San Giovanni-Addolorata. Tuttavia, i sintomi da Long Covid possono essere di molti tipi e non risparmiano nessuno. Affaticamento e sintomi neuropsichiatrici persistenti sono altri disturbi comuni. Il rischio riguarda adulti e bambini. Tant’è che i pediatri e gli altri specialisti convengono sull’opportunità di programmare sempre una visita medica dopo 4 settimane dall’infezione.
Long Covid e monitoraggio a lungo termine
Monitorare gli effetti a lungo termine dell’infezione da SARS-CoV2, per accrescerne le conoscenze e per uniformarne l’approccio e la gestione clinica a livello nazionale. Con questo scopo nasce il progetto CCM, finanziato dal Ministero della salute, “Analisi e strategie di risposta agli effetti a lungo termine dell’infezione COVID-19 (Long-COVID)” di cui l’Istituto Superiore di Sanità è capofila, presentato ieri nel corso del webinar “Long-COVID: pronti a fronteggiare l’impatto presente e futuro della pandemia?”, organizzato online dall’ISS.
“Ormai sappiamo che se a distanza di quattro settimane dall’infezione e nonostante la negatività del test, i sintomi persistono – afferma Silvio Brusaferro, Presidente dell’ISS – ci troviamo di fronte ad una condizione che oggi viene inquadrata come Long COVID. Le conoscenze sul Long COVID sono tuttora oggetto di numerose indagini e in questa prospettiva di approfondimento va inquadrato questo progetto. L’iniziativa, lanciata dal Ministero, mira a dimensionare, riconoscere e affrontare questa condizione, attraverso l’istituzione di una rete nazionale di sorveglianza, una mappa di centri clinici collegati tra loro e capaci di condividere “buone pratiche”.
“Stanchezza, a volte anche mentale (ovvero problemi di memoria e difficoltà a concentrarsi), perdita di olfatto e gusto, ma anche cefalea e stress insieme a difficoltà cardio – respiratorie e molto altro. Sono questi alcuni dei sintomi persistenti associati al Covid-19, anche a guarigione avvenuta – spiega Graziano Onder, Direttore del Dipartimento Malattie cardiovascolari, dismetaboliche e dell’invecchiamento dell’ISS, coordinatore del progetto –, che fanno parlare di Long-Covid. Non è ancora chiaro se tutto ciò sia conseguenza di un danno causato ‘a monte’ dal virus contro questo o quell’organo, o dalla risposta immunitaria innescata sempre dal virus ma poi “deviata” contro organi e tessuti. Il progetto ci aiuterà innanzitutto ad aumentare le nostre conoscenze sul fenomeno, base da cui partire per trattamenti più mirati, oltre che omogenei”.
Il progetto
Il progetto coinvolge per due anni una serie di Enti in tre Regioni (Friuli Venezia Giulia, Toscana, Puglia) – ARS Toscana, Aress Puglia, Azienda Sanitaria Universitaria Friuli Centrale, Rete delle Neuroscienze e Neuroriabilitazione (rete degli IRCCS), Rete Aging (rete degli IRCCS), Associazione Rete Cardiologica (rete degli IRCCS), Università Cattolica del Sacro Cuore – e viene declinato incinque obiettivi specifici:
Vertigini quando ci si alza, ecco come evitarle
News PresaA volte, quando ci sia alza in piedi, ci si può sentire storditi o è possibile che si abbiano delle vertigini. In alcuni casi questa è una condizione ricorrente, che può essere anche molto invalidante. Le cause possono essere diverse, ma non tutti sanno che ci sono degli accorgenti che possono essere molto utili. Si tratta di semplici tecniche muscolari che possono servire a gestire efficacemente i sintomi, secondo uno studio dell’Università canadese di Calgary, pubblicato su Heart Rhythm. Svenimento (o sincope), vertigini, stordimento o perdita di coscienza da ipotensione ortostatica iniziale colpiscono per gli esperti fino al 40% della popolazione generale (di tutte le età), mentre la presincope è probabilmente ancora più comune. Ciò nonostante, la condizione è relativamente poco studiata e sono disponibili informazioni minime sui meccanismi sottostanti o sulla gestione e trattamento dei sintomi.
LO STUDIO
Attualmente, ci sono pochissime opzioni disponibili per i pazienti che hanno difficoltà gravi ed episodi frequenti e nessun trattamento farmacologico. Lo studio ha preso in esame 22 giovani di un’età media di 32 anni con una storia importante di svenimento subito dopo la posizione eretta e più di quattro episodi di presincope o sincope al mese. Per la ricerca è stato previsto di fissare il calo significativo della pressione sanguigna sistolica ad almeno 40 mmHg in piedi per soddisfare i criteri diagnostici di ipotensione ortostatica iniziale. È emerso che sia la preattivazione dei muscoli della parte inferiore del corpo (cosce) attraverso ripetuti sollevamenti delle ginocchia prima di stare in piedi, sia la tensione dei muscoli della parte inferiore del corpo (cosce e glutei) attraverso l’incrocio e la tensione delle gambe immediatamente dopo la posizione eretta migliorano efficacemente il calo della pressione sanguigna. Un piccolo trucco, che porta a una riduzione dei sintomi quando ci si alza.
Effetto pandemia: cala anche il desiderio sessuale. Gli studi
News PresaSan Valentino è alle porte, ma le ricerche sulle dinamiche di coppia post pandemia non sono incoraggianti. Un forte legame tra stress, depressione e desiderio sessuale è ormai dimostrato da tempo. Il periodo forzato insieme ha inciso sull’eccitazione sessuale soprattutto per le donne, ma lo sforzo di cercare nuovi stimoli interni alla coppia sembra funzionare. A commentare le evidenze scientifiche e a suggerire nuove strategie, è la sessuologa e psicoterapeuta per Intimina Roberta ROSSI. La ricerca del “Female Sexual Dysfunction and Disorders” ha identificato un deterioramento della funzione sessuale delle donne in tutti i paesi durante la pandemia, con un’enfasi sul desiderio sessuale: diminuisce la frequenza dei rapporti sessuali e aumenta il comportamento sessuale solitario. Per molte donne è chiaro anche il calo nella frequenza e nella soddisfazione sessuale, soprattutto tra quelle senza una relazione stabile. “All’inizio della pandemia, i fattori di stress potrebbero non aver innescato la depressione. Ma quando questi fattori di stress si sono prolungati – spiega Roberta ROSSI, sessuologa e psicoterapeuta – le persone ne hanno maggiormente risentito e questo accumulo ha portato in molti casi alla depressione che a sua volta influisce negativamente sul desiderio sessuale. I blocchi di vario tipo (chiusure, lavoro in casa, perdita di lavoro etc, indotti dalla pandemia) hanno creato un’atmosfera di incertezza e paura, soprattutto sulle donne”.
Pandemia e desiderio sessuale. Gli studi
Sono numerose le indagini scientifiche che hanno analizzato questi cambiamenti, come emerso anche da una meta-analisi su oltre 64 studi clinici che sottolinea quanto gli effetti della coabitazione forzata prolungata abbiano portato le persone a rivolgersi più alla masturbazione. “Il tempo “nuovo” e prolungato che tutte le coppie hanno trascorso insieme all’inizio della pandemia ha fatto sicuramente riscoprire alcuni aspetti intimi, ma alla lunga ha inciso seriamente sull’eccitazione sessuale. Quando ci si vede per tutta la giornata e per molto tempo – continua ROSSI – il senso di mistero si esaurisce, togliendo una delle chiavi che mantiene in auge il desiderio in una relazione a lungo termine. La possibilità di provare qualcosa di nuovo aiuta a ravvivare il desiderio e l’intimità come confermato dai colleghi del Kinsey Institute. Gli studiosi hanno analizzato i comportamenti delle coppie durante la pandemia che hanno tentato il rinnovamento, individuandone alcune che hanno riferito risultati soddisfacenti” (sperimentando comportamenti nuovi).