Tempo di lettura: 6 minutiParte ObeWeCare, il progetto che traccia un nuovo percorso di screening indirizzato alle donne affette da obesità e che consente di prevenire il rischio di tumori femminili. Per la prima volta un percorso nazionale e dedicato di screening sancito da chirurghi bariatrici e ginecologi di 5 ospedali italiani.
L’obesità è una malattia che moltiplica il rischio di neoplasie. Nasce da qui, a pochi giorni di distanza dalla giornata mondiale dell’obesità, World Obesity Day, e in occasione della Giornata Internazionale della Donna di ieri, questo progetto, grazie al coinvolgimento di 5 centri di cura di eccellenza – ASST Fatebenefratelli Sacco di Milano, il Policlinico S.Orsola-Malpighi a Bologna, Policlinico Universitario Agostino Gemelli di Roma, l’A.O.U. Federico II di Napoli e l’A.O.U. Policlinico “G. Martino” di Messina – e al contributo non condizionato di Medtronic, azienda leader di HealthCare Technology.
Obiettivi del progetto sono: aumentare la conoscenza sull’obesità femminile a fini preventivi, disegnare e realizzare percorsi diagnostici terapeutici efficaci e multidisciplinari, diffondere informazioni corrette e certificate sull’obesità, sulle sue comorbidità e sull’incidenza di questa patologia sui tumori femminili, favorire la consapevolezza delle pazienti obese.
Esperienze e studi condotti in questi 5 centri in Italia, oggi riuniti in un percorso comune, evidenziano, infatti, da un lato, che le pazienti obese hanno maggiori probabilità di presentare precursori tumorali quali iperplasie complesse atipiche e sviluppare carcinomi dell’endometrio e, dall’altro, che hanno minori probabilità di conoscere il rischio che corrono. E’ necessario quindi avviare un percorso di screening e di sensibilizzazione per far sì che possano sottoporsi in tempo a controlli periodici adeguati.
Il progetto ObeWeCarevuole quindi supplire alla carenza di informazione che, di fatto, rappresenta una minaccia per la salute delle donne obese e creare un’esperienza pilota di un percorso di screening che possa avviare poi una best practice replicabile a livello nazionale.
Con il supporto non condizionato di Medtronic Italia, 5 centri di eccellenza, già punti di riferimento delle 5 regioni coinvolte – Lombardia, Emilia-Romagna, Lazio, Campania e Sicilia – avviano questo progetto per informare e sensibilizzare le pazienti obese attraverso i medici specialisti di chirurgia bariatrica, ginecologia e endocrinologia, ai fini di favorire controlli congiunti e promuovere la cultura della prevenzione avviando percorsi di screening che coniughino i controlli legati all’obesità e alle sue comorbidità al percorso legato alle patologie femminili, viste le ripercussioni che l’obesità può comportare nelle donne.
Il progetto ObeWeCare si tradurrà poi in iniziative di ascolto, Open Day, percorsi di visite congiunti, che saranno delineati e programmati, nei mesi a venire, dalle singole strutture che hanno deciso di avviare il progetto.
“Il quadro pandemico dell’obesità, che tocca il 10,4% della popolazione, rende necessario e fondamentale intensificare l’attenzione sanitaria alle comorbilità ad essa correlate – avverte il professor Marco Antonio Zappa, presidente nazionale Sicob Società Italiana chirurgia obesità -Le patologie ginecologiche, anche tumorali, rappresentano certamente un aspetto poco considerato ma percentualmente molto rilevante e che necessita di una attenta valutazione nell’ambito di centri di riferimento dove la professionalità di tipo ginecologico sia associata all’esperienza nella cura della grande obesità. Nasce così l’iniziativa di riunire quei centri ginecologici italiani che affiancano quotidianamente i centri Sicob di chirurgia dell’obesità per mettere a punto un progetto di ricerca e valutazione terapeutica delle patologie ginecologiche del paziente obeso”.
L’obesità e le condizioni metaboliche ad essa associate (iperestrogenismo, sindrome metabolica, resistenza periferica all’insulina, diabete) sono dunque ritenute da tempo fattori che favoriscono lo sviluppo del tumore dell’endometrio. “Al Policlinico Universitario ‘Agostino Gemelli’ IRCCS di Roma è attivo un Percorso Clinico Assistenziale per le donne giovani desiderose di gravidanza affette da tumore dell’endometrio – informa la dr.ssa Ursula Catena, coordinatrice del percorso -. Questo percorso è particolarmente importante nelle pazienti affette da obesità, alle quali, grazie ad un trattamento personalizzato e ad un approccio multidisciplinare, si dà la possibilità di una gravidanza prima della chirurgia radicale”.
“Il trattamento proposto consiste nell’asportazione conservativa della patologia endometriale per via isteroscopica associato poi a terapia ormonale. Sebbene le terapie da eseguirsi siano le medesime utilizzate nella paziente normopeso, il tasso di risposta nelle pazienti obese è dimostrato essere inferiore, come anche il loro tasso di successo ostetrico – interviene ilprofessor Francesco Fanfani, UOC Ginecologia Oncologica Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS -. L’associazione con una terapia in grado di interferire con le alterazioni metaboliche tipiche dell’obesità ha dimostrato un effetto sinergico nel trattare le patologie dell’endometrio nelle pazienti obese”.
“A sua volta, la chirurgia bariatrica, attraverso la riduzione significativa del peso corporeo e dei fattori predisponenti legati alle patologie associate all’obesità, può ridurre il rischio di sviluppare una patologia endometriale – sottolinea il professor Marco Raffaelli, direttore UOC Chirurgia Endocrina e Metabolica sempre al Policlinico Gemelli – L’approccio multidisciplinare che coinvolge, al Policlinico Gemelli, ginecologi, chirurghi bariatrici, endoscopisti, nutrizionisti, endocrinologi e psicologi è fondamentale per la prevenzione, la diagnosi precoce ed il trattamento personalizzato della patologia endometriale nelle pazienti affette da grave obesità”.
Anche perché, precisa il professor Mario Musella, Direttore della UOC di Chirurgia Generale ad Indirizzo Endocrino Metabolico dell’AOU “Federico II” di Napoli, tra i promotori del nuovo progetto “la chirurgia bariatrica si è dimostrata in grado di attivare una serie di risposte metaboliche, per molti versi deficitarie nei soggetti obesi, in una maniera che è direttamente, ma anche indirettamente collegata alla perdita di peso indotta appunto chirurgicamente. Questo è il motivo per cui oggi si parla più correttamente di chirurgia bariatrico-metabolica (BMS). La risoluzione del diabete di tipo II, dei dismetabolismi, dell’ipertensione arteriosa e degli accidenti cardiovascolari è stata ampiamente dimostrata dall’evidenza clinica. Ma la ricerca è sempre in movimento, e i rapporti tra obesità e cancro, specie quei modelli oncologici tipici della sfera genitale femminile, per molti aspetti ancora poco conosciuti, potranno essere adeguatamente studiati grazie a questo progetto, innovativo e stimolante, attraverso l’interazione tra chirurghi bariatrici e ginecologi”.
Infatti, “non può essere assolutamente trascurata la prevenzione delle neoplasie ginecologiche. E’ ormai un dato acclarato che la prevenzione primaria del tumore dell’endometrio si attua correggendo gli stili di vita a rischio già in età giovanile e tra questi certamente l’eccesso di peso e il relativo iperestrogenismo. Lavorare ad un progetto di cura dell’obesità e di prevenzione delle neoplasie ginecologiche che veda coinvolte tante discipline è certamente un obiettivo prioritario” dichiara il professor Giuseppe Bifulco, Direttore della UOC di Ginecologia, Ostetricia e Centro di Sterilità dell’AOU Federico II di Napoli.
L’iperplasia è tra i potenziali precursori del tumore dell’endometrio, e per questo si tratta di una condizione meritevole di trattamento tempestivo, onde evitare un’evoluzione a forme più maligne e aggressive. Questa relazione deve portare le pazienti a sottoporsi a controlli ginecologici periodici e riconoscere precocemente i sintomi, ove si manifestino, dell’insorgenza di nuove patologie. Ugualmente, gli specialisti medici dediti alla cura dell’obesità devono essere preparati ad anticipare complicanze ginecologiche, conducendo, ove possibile, visite congiunte. Le visite congiunte di chirurghi bariatrici, ginecologi e endocrinologi possono, potenzialmente, ridurre numero di casi di forme neoplastiche, anticipo della diagnosi e conseguente riduzione dei casi oncologici più avanzati, ponendo le premesse per un netto miglioramento della sopravvivenza e della qualità di vita.
“Ci siamo fatti promotori di questo nuovo progetto comune perché presso l’IRCCS Sant’Orsola di Bologna vi è da sempre attenzione alle problematiche delle donne affette da obesità grave, grazie al lavoro sinergico di endocrinologi, ginecologi e chirurghi bariatrici, mediante percorsi dedicati in particolare alle pazienti con lesioni preneoplastiche endometriali e carcinoma endometriale – sottolineano il dottor Paolo Bernante, che dirige il Centro Interaziendale di Chirurgia Metabolica e obesità IRCCS Policlinico Sant’Orsola Ausl Bentivoglio ed il Dott. Paolo Casadio, responsabile del servizio di isteroscopia dell’IRCCS AOU di Bologna – Per alcune di loro, in casi selezionati, sono previsti anche trattamenti personalizzati: la gestione conservativa medico-chirurgica con preservazione della funzione riproduttiva in donne giovani desiderose di future gravidanze oppure trattamenti chirurgici combinati bariatrico-ginecologici con il supporto di tecnologie innovative per coagulare in una sola procedura la radicalita’ oncologica ad un’efficace perdita di peso e miglioramento della funzione endocrino-metabolica, al fine di migliorare la sopravvivenza delle nostre pazienti riducendo il rischio di recidiva neoplastica e di problematiche cardiovascolari maggiori nel lungo periodo. L’occasione di questa importante campagna di sensibilizzazione permetterà di focalizzare ulteriormente l’attenzione della popolazione generale e del personale medico-sanitario sulla prevenzione, la diagnosi precoce e la terapia personalizzata della patologia endometriale così frequentemente associata all’obesità”.
“E’ quindi con grande interesse e determinazione che la nostra Unità Operativa Complessa di Ostetricia e Ginecologia del Presidio Ospedaliero Macedonio Melloni ASST Fatebenefratelli Sacco, Milano – sottolinea il direttore professor Michele Vignali – aderisce al progetto nazionale ObeWeCare dedicato alla cura delle pazienti obese. L’obesità può essere un fattore di alto rischio di patologia ginecologica benigna e maligna. Il progetto prevede la diagnosi ed il monitoraggio in questi soggetti dei problemi ginecologici. Un ambulatorio dedicato sarà disponibile nel nostro ospedale dal prossimo giugno per soddisfare le necessità di queste pazienti ed indirizzarle ad un percorso appropriato”.
“Medtronic è da sempre impegnata a fianco delle Società Scientifiche, di tutti gli stakeholder e di EASO – European Association for the Study of Obesity, in occasione del World Obesity Day, nella lotta all’obesità. – ha spiegato Emanuele Abate, Business Director Surgical Innovations Medtronic Italia – Quest’anno, a pochi giorni dal World Obesity Day e in occasione della Festa della Donna abbiamo deciso di supportare un progetto per promuovere la cura dell’obesità femminile, attraverso percorsi di screening volti a prevenire patologie tumorali. Nasce così la nostra idea di supportare il progetto ObeWeCare, interamente dedicato alle donne, per promuovere percorsi di cura adeguati e sicuri per l’obesità e le sue comorbidità”.
In conclusione, alla base di ObeWeCare – ASST Fatebenefratelli Sacco di Milano, Policlinico S.Orsola-Malpighi, Policlinico Universitario Agostino Gemelli, Azienda Ospedaliera Universitaria Federico II e Azienda Ospedaliera Universitaria Policlinico “G. Martino” con il sostegno non condizionato di Medtronic Italia – c’è il progetto di creare insieme un’esperienza pilota che dimostri l’impatto delle visite congiunte e avviare poi una best practice replicabile a livello nazionale.
Nasce progetto Obewecare dedicato alla donne con obesità
PrevenzioneParte ObeWeCare, il progetto che traccia un nuovo percorso di screening indirizzato alle donne affette da obesità e che consente di prevenire il rischio di tumori femminili. Per la prima volta un percorso nazionale e dedicato di screening sancito da chirurghi bariatrici e ginecologi di 5 ospedali italiani.
L’obesità è una malattia che moltiplica il rischio di neoplasie. Nasce da qui, a pochi giorni di distanza dalla giornata mondiale dell’obesità, World Obesity Day, e in occasione della Giornata Internazionale della Donna di ieri, questo progetto, grazie al coinvolgimento di 5 centri di cura di eccellenza – ASST Fatebenefratelli Sacco di Milano, il Policlinico S.Orsola-Malpighi a Bologna, Policlinico Universitario Agostino Gemelli di Roma, l’A.O.U. Federico II di Napoli e l’A.O.U. Policlinico “G. Martino” di Messina – e al contributo non condizionato di Medtronic, azienda leader di HealthCare Technology.
Obiettivi del progetto sono: aumentare la conoscenza sull’obesità femminile a fini preventivi, disegnare e realizzare percorsi diagnostici terapeutici efficaci e multidisciplinari, diffondere informazioni corrette e certificate sull’obesità, sulle sue comorbidità e sull’incidenza di questa patologia sui tumori femminili, favorire la consapevolezza delle pazienti obese.
Esperienze e studi condotti in questi 5 centri in Italia, oggi riuniti in un percorso comune, evidenziano, infatti, da un lato, che le pazienti obese hanno maggiori probabilità di presentare precursori tumorali quali iperplasie complesse atipiche e sviluppare carcinomi dell’endometrio e, dall’altro, che hanno minori probabilità di conoscere il rischio che corrono. E’ necessario quindi avviare un percorso di screening e di sensibilizzazione per far sì che possano sottoporsi in tempo a controlli periodici adeguati.
Il progetto ObeWeCarevuole quindi supplire alla carenza di informazione che, di fatto, rappresenta una minaccia per la salute delle donne obese e creare un’esperienza pilota di un percorso di screening che possa avviare poi una best practice replicabile a livello nazionale.
Con il supporto non condizionato di Medtronic Italia, 5 centri di eccellenza, già punti di riferimento delle 5 regioni coinvolte – Lombardia, Emilia-Romagna, Lazio, Campania e Sicilia – avviano questo progetto per informare e sensibilizzare le pazienti obese attraverso i medici specialisti di chirurgia bariatrica, ginecologia e endocrinologia, ai fini di favorire controlli congiunti e promuovere la cultura della prevenzione avviando percorsi di screening che coniughino i controlli legati all’obesità e alle sue comorbidità al percorso legato alle patologie femminili, viste le ripercussioni che l’obesità può comportare nelle donne.
Il progetto ObeWeCare si tradurrà poi in iniziative di ascolto, Open Day, percorsi di visite congiunti, che saranno delineati e programmati, nei mesi a venire, dalle singole strutture che hanno deciso di avviare il progetto.
“Il quadro pandemico dell’obesità, che tocca il 10,4% della popolazione, rende necessario e fondamentale intensificare l’attenzione sanitaria alle comorbilità ad essa correlate – avverte il professor Marco Antonio Zappa, presidente nazionale Sicob Società Italiana chirurgia obesità -Le patologie ginecologiche, anche tumorali, rappresentano certamente un aspetto poco considerato ma percentualmente molto rilevante e che necessita di una attenta valutazione nell’ambito di centri di riferimento dove la professionalità di tipo ginecologico sia associata all’esperienza nella cura della grande obesità. Nasce così l’iniziativa di riunire quei centri ginecologici italiani che affiancano quotidianamente i centri Sicob di chirurgia dell’obesità per mettere a punto un progetto di ricerca e valutazione terapeutica delle patologie ginecologiche del paziente obeso”.
L’obesità e le condizioni metaboliche ad essa associate (iperestrogenismo, sindrome metabolica, resistenza periferica all’insulina, diabete) sono dunque ritenute da tempo fattori che favoriscono lo sviluppo del tumore dell’endometrio. “Al Policlinico Universitario ‘Agostino Gemelli’ IRCCS di Roma è attivo un Percorso Clinico Assistenziale per le donne giovani desiderose di gravidanza affette da tumore dell’endometrio – informa la dr.ssa Ursula Catena, coordinatrice del percorso -. Questo percorso è particolarmente importante nelle pazienti affette da obesità, alle quali, grazie ad un trattamento personalizzato e ad un approccio multidisciplinare, si dà la possibilità di una gravidanza prima della chirurgia radicale”.
“Il trattamento proposto consiste nell’asportazione conservativa della patologia endometriale per via isteroscopica associato poi a terapia ormonale. Sebbene le terapie da eseguirsi siano le medesime utilizzate nella paziente normopeso, il tasso di risposta nelle pazienti obese è dimostrato essere inferiore, come anche il loro tasso di successo ostetrico – interviene ilprofessor Francesco Fanfani, UOC Ginecologia Oncologica Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS -. L’associazione con una terapia in grado di interferire con le alterazioni metaboliche tipiche dell’obesità ha dimostrato un effetto sinergico nel trattare le patologie dell’endometrio nelle pazienti obese”.
“A sua volta, la chirurgia bariatrica, attraverso la riduzione significativa del peso corporeo e dei fattori predisponenti legati alle patologie associate all’obesità, può ridurre il rischio di sviluppare una patologia endometriale – sottolinea il professor Marco Raffaelli, direttore UOC Chirurgia Endocrina e Metabolica sempre al Policlinico Gemelli – L’approccio multidisciplinare che coinvolge, al Policlinico Gemelli, ginecologi, chirurghi bariatrici, endoscopisti, nutrizionisti, endocrinologi e psicologi è fondamentale per la prevenzione, la diagnosi precoce ed il trattamento personalizzato della patologia endometriale nelle pazienti affette da grave obesità”.
Anche perché, precisa il professor Mario Musella, Direttore della UOC di Chirurgia Generale ad Indirizzo Endocrino Metabolico dell’AOU “Federico II” di Napoli, tra i promotori del nuovo progetto “la chirurgia bariatrica si è dimostrata in grado di attivare una serie di risposte metaboliche, per molti versi deficitarie nei soggetti obesi, in una maniera che è direttamente, ma anche indirettamente collegata alla perdita di peso indotta appunto chirurgicamente. Questo è il motivo per cui oggi si parla più correttamente di chirurgia bariatrico-metabolica (BMS). La risoluzione del diabete di tipo II, dei dismetabolismi, dell’ipertensione arteriosa e degli accidenti cardiovascolari è stata ampiamente dimostrata dall’evidenza clinica. Ma la ricerca è sempre in movimento, e i rapporti tra obesità e cancro, specie quei modelli oncologici tipici della sfera genitale femminile, per molti aspetti ancora poco conosciuti, potranno essere adeguatamente studiati grazie a questo progetto, innovativo e stimolante, attraverso l’interazione tra chirurghi bariatrici e ginecologi”.
Infatti, “non può essere assolutamente trascurata la prevenzione delle neoplasie ginecologiche. E’ ormai un dato acclarato che la prevenzione primaria del tumore dell’endometrio si attua correggendo gli stili di vita a rischio già in età giovanile e tra questi certamente l’eccesso di peso e il relativo iperestrogenismo. Lavorare ad un progetto di cura dell’obesità e di prevenzione delle neoplasie ginecologiche che veda coinvolte tante discipline è certamente un obiettivo prioritario” dichiara il professor Giuseppe Bifulco, Direttore della UOC di Ginecologia, Ostetricia e Centro di Sterilità dell’AOU Federico II di Napoli.
L’iperplasia è tra i potenziali precursori del tumore dell’endometrio, e per questo si tratta di una condizione meritevole di trattamento tempestivo, onde evitare un’evoluzione a forme più maligne e aggressive. Questa relazione deve portare le pazienti a sottoporsi a controlli ginecologici periodici e riconoscere precocemente i sintomi, ove si manifestino, dell’insorgenza di nuove patologie. Ugualmente, gli specialisti medici dediti alla cura dell’obesità devono essere preparati ad anticipare complicanze ginecologiche, conducendo, ove possibile, visite congiunte. Le visite congiunte di chirurghi bariatrici, ginecologi e endocrinologi possono, potenzialmente, ridurre numero di casi di forme neoplastiche, anticipo della diagnosi e conseguente riduzione dei casi oncologici più avanzati, ponendo le premesse per un netto miglioramento della sopravvivenza e della qualità di vita.
“Ci siamo fatti promotori di questo nuovo progetto comune perché presso l’IRCCS Sant’Orsola di Bologna vi è da sempre attenzione alle problematiche delle donne affette da obesità grave, grazie al lavoro sinergico di endocrinologi, ginecologi e chirurghi bariatrici, mediante percorsi dedicati in particolare alle pazienti con lesioni preneoplastiche endometriali e carcinoma endometriale – sottolineano il dottor Paolo Bernante, che dirige il Centro Interaziendale di Chirurgia Metabolica e obesità IRCCS Policlinico Sant’Orsola Ausl Bentivoglio ed il Dott. Paolo Casadio, responsabile del servizio di isteroscopia dell’IRCCS AOU di Bologna – Per alcune di loro, in casi selezionati, sono previsti anche trattamenti personalizzati: la gestione conservativa medico-chirurgica con preservazione della funzione riproduttiva in donne giovani desiderose di future gravidanze oppure trattamenti chirurgici combinati bariatrico-ginecologici con il supporto di tecnologie innovative per coagulare in una sola procedura la radicalita’ oncologica ad un’efficace perdita di peso e miglioramento della funzione endocrino-metabolica, al fine di migliorare la sopravvivenza delle nostre pazienti riducendo il rischio di recidiva neoplastica e di problematiche cardiovascolari maggiori nel lungo periodo. L’occasione di questa importante campagna di sensibilizzazione permetterà di focalizzare ulteriormente l’attenzione della popolazione generale e del personale medico-sanitario sulla prevenzione, la diagnosi precoce e la terapia personalizzata della patologia endometriale così frequentemente associata all’obesità”.
“E’ quindi con grande interesse e determinazione che la nostra Unità Operativa Complessa di Ostetricia e Ginecologia del Presidio Ospedaliero Macedonio Melloni ASST Fatebenefratelli Sacco, Milano – sottolinea il direttore professor Michele Vignali – aderisce al progetto nazionale ObeWeCare dedicato alla cura delle pazienti obese. L’obesità può essere un fattore di alto rischio di patologia ginecologica benigna e maligna. Il progetto prevede la diagnosi ed il monitoraggio in questi soggetti dei problemi ginecologici. Un ambulatorio dedicato sarà disponibile nel nostro ospedale dal prossimo giugno per soddisfare le necessità di queste pazienti ed indirizzarle ad un percorso appropriato”.
“Medtronic è da sempre impegnata a fianco delle Società Scientifiche, di tutti gli stakeholder e di EASO – European Association for the Study of Obesity, in occasione del World Obesity Day, nella lotta all’obesità. – ha spiegato Emanuele Abate, Business Director Surgical Innovations Medtronic Italia – Quest’anno, a pochi giorni dal World Obesity Day e in occasione della Festa della Donna abbiamo deciso di supportare un progetto per promuovere la cura dell’obesità femminile, attraverso percorsi di screening volti a prevenire patologie tumorali. Nasce così la nostra idea di supportare il progetto ObeWeCare, interamente dedicato alle donne, per promuovere percorsi di cura adeguati e sicuri per l’obesità e le sue comorbidità”.
In conclusione, alla base di ObeWeCare – ASST Fatebenefratelli Sacco di Milano, Policlinico S.Orsola-Malpighi, Policlinico Universitario Agostino Gemelli, Azienda Ospedaliera Universitaria Federico II e Azienda Ospedaliera Universitaria Policlinico “G. Martino” con il sostegno non condizionato di Medtronic Italia – c’è il progetto di creare insieme un’esperienza pilota che dimostri l’impatto delle visite congiunte e avviare poi una best practice replicabile a livello nazionale.
Focal One, gli ultrasuoni per sconfiggere il cancro
News Presa«Oggi possiamo offrire ai nostri pazienti una soluzione terapeutica che sfrutta un fascio di ultrasuoni ad alta intensità per eradicare il tumore della prostata senza intaccare altre funzioni». È Giovanni Di Lauro, direttore dell’Unità Operativa Complessa di Urologia a spiegare i vantaggi di una nuova tecnologia entrata a far parte dell’arsenale in forza al Santa Maria delle Grazie di Pozzuoli. «Questa tecnologia già molto diffusa in Francia, e che in Italia si trova solo in alcune delle principali strutture del Nord, offre enormi vantaggi in termini di efficacia e qualità di vita dei nostri pazienti – aggiunge -. Per ora trattiamo tumori focali di medio e basso grado (neoplasie localizzate, ndr) con un solo nodulo neoplastico, ma ritengo che in un prossimo futuro sarà possibile valutare applicazioni off-label per trattare anche pazienti con tumori più importanti». Insomma, se oggi la tecnologia Focal One già permette di evitare effetti collaterali quali l’impotenza o l’incontinenza per pazienti affetti da carcinoma della prostata, un domani potrebbe anche garantire il controllo di neoplasie più aggressive, migliorando la qualità della vita di chi ne è affetto. I pazienti a cui è rivolta questa opzione terapeutica, sono quelli idonei alla “sorveglianza attiva”, che prevede continue analisi. Quindi, l’utilizzo del Focal One fa risparmiare alle casse del sistema sanitario migliaia di euro, evitando continue risonanze e biopsie, e consente ai pazienti di sentirsi liberati dalla malattia. Ma come funziona la tecnologia Focal One? Semplificando un po’ si può dire che i pilastri di questo sistema sono tre: localizzazione del tumore, tecnologia ablativa clinicamente provata e validazione dell’efficacia del trattamento. Questa macchina gestisce 8 punti focali di azione. Questo si traduce in enorme precisione, una maggiore probabilità di riuscita della procedura e un minor rischio di avere zone non trattate nell’area bersaglio. L’apparecchio ha un sistema robotizzato che adatta la sonda al trattamento di tutta la zona target. Grazie ad un’immagine ecografica in tempo reale il chirurgo ha infatti un controllo assoluto e può ottimizzazione l’area da trattare in modo dinamico e continuo per tutta la durata della procedura. «I trattamenti – spiega Di Lauro – durano circa 20 minuti. In questo modo abbiamo un beneficio per il paziente, ma anche in termini di minor impegno delle sale operatorie».
CENTRO D’ECCELLENZA
Come detto, questa tecnologia ha ampliato l’arsenale a disposizione del Santa Maria delle Grazie (primo ospedale del Centro Sud ad essersene dotato) e che ora più che mai offre opzioni terapeutiche e chirurgiche tra le più moderne e le più varie. «La scelta della nostra direzione generale – spiega il chirurgo – ha un volare strategico, perché si colloca nel contesto di un Centro di alta specialità che affronta ogni patologa prostatica, sia benigna che maligna, a partire dalla diagnosi per arrivare alle possibili soluzioni. Si pensi ad esempio alla chirurgia robotica, alla radioterapia per o alla terapia oncologica». Il Centro diretto da Di Lauro è dunque sempre più un’eccellenza della sanità campana, dove oggi più che mai ci si prende cura del paziente a 360 gradi. Dalla diagnosi oncologica, con la risonanza magnetica multiparametrica o le biopsie fusion ad alta precisione, a tecniche d’intervento all’avanguardia. È qui, ad esempio, che viene realizzata una tecnica che in molti casi consente di salvare l’eiaculazione dopo la distruzione prostatica. Moltissimi inoltre gli interventi realizzati con la chirurgia laser (evitando quindi gli interventi tradizionali) o con la chirurgia robotica attraverso il sistema Da Vinci e, oggi, sfruttando il potere degli ultrasuoni ad alta intensità.
Un nuovo studio sul legame tra Covid e stagioni
News PresaEsistono delle variabili indipendenti dalle strategie di contenimento del contagio che hanno condizionato la propagazione dell’infezione del Covid in Italia? Un team di ricercatori delle università di Camerino e Verona, composto da Giulio Nittari, Paolo Marino, Filippo Gibelli, Paolo Sossai, Ascanio Sirignano e Giovanna Ricci, ha provato a rispondere a questa domanda. Ha preso forma così uno studio, pubblicato su «European review for medical and pharmacological sciences» che ha analizzato i dati ufficiali dell’epidemia italiana da Covid registrati dal suo esordio fino al 31 dicembre 2020. Il punto di partenza è stato la constatazione che il nuovo coronavirus, emerso all’inizio in Cina, nel dicembre 2019, si è rapidamente diffuso nei primi mesi del 2020 nell’emisfero boreale, spostandosi da Est a Ovest, interessando in maggior misura l’area geografica corrispondente alla «zona temperata». I ricercatori hanno osservato l’andamento dell’infezione da Covid in diverse regioni italiane, confrontandolo con la situazione demografica, con gli indici medi dell’irraggiamento della luce ultravioletta solare e dell’umidità relativa che si è rilevata al variare delle stagioni. Si è trattato, dunque, di uno studio molto complesso che ha dimostrato che il nuovo coronavirus è stato più attivo entro determinati intervalli di temperatura e umidità relativa. Non solo. Per l’intera durata dell’osservazione, la diffusione dell’epidemia è stata di tipo stagionale, con picchi cioè di incidenza nei periodi febbraio-aprile e ottobre-dicembre. D’altra parte, è risaputo che gli altri coronavirus umani sono più attivi dall’inizio dell’autunno fino all’inizio della primavera, così come la maggior parte dei virus respiratori. Diversamente, nei mesi in cui l’indice medio dell’irraggiamento solare nazionale assume valori compresi tra 5 e 67, con una media dei valori dell’umidità relativa tra il 50 e il 70 per cento, si è registrata una drastica riduzione del contagio. È facile comprendere come questo studio fornisca importanti elementi di valutazione per gli scenari futuri della pandemia di Covid-19 in Italia. La comprensione delle dinamiche evolutive della diffusione del contagio nei prossimi mesi è una questione di grande importanza e urgenza per i governi di tutto il mondo, che dovranno prendere decisioni fondamentali sulla base di quanto si conosce sui meccanismi di trasmissione del virus e sulla sua sopravvivenza nell’ambiente.
“Il mio Corpo è un Tempio”, la Campagna per la rinascita dell’immagine femminile
News PresaIn occasione della Festa della Donna di oggi, 8 marzo 2022, Laura Rossi, Presidente de La Stella di Daniele Onlus, ha lanciato la campagna nazionale “Il mio Corpo è un Tempio”. L’obiettivo è quello di una grande rinascita dell’immagine della donna agendo sulle nuove generazioni: donne e uomini di domani con la consapevolezza che la vera rivoluzione passa attraverso il rispetto del proprio corpo, di sé e degli altri.
Una Campagna di sensibilizzazione fatta di confronti e azioni, attraverso talk, fotografie d’autore, laboratori e altro. “La cultura che vorremmo diventasse virale dovrebbe accumunare uomini e donne, che usano il proprio corpo come il protagonista di una dimensione non più solo estetica ma etica. Nei nostri talk in un intreccio di competenze, giornalisti e docenti che diventano celebranti, un fotografo che diventa narratore di vita, una psicologa e una sessuologa che diventano esploratrici archeologhe di anime, si vorrebbe tracciare su un quaderno bianco la rotta verso una nuova terra, quella dove ogni uomo e donna si possano incontrare e scoprire rispettando l’altro e rispettandosi”, afferma Laura Rossi.
La Campagna propone, inoltre, “scatti di autore” del maestro Roberto Rocco, fotografo e regista di fama internazionale, di donne vere, nel cuore, nell’anima e nelle espressioni, per superare quegli stereotipi che hanno permeato l’immagine della donna. Rocco propone scatti che sono quasi fotogrammi di film che scorrono nell’immaginario inducendo l ’osservatore a nuove riflessioni andando oltre la cosiddetta “società dello spettacolo”. I volti della Campagna sono di giovani donne, forti, coraggiose, alcune delle quali hanno scelto impegni lavorativi importanti. Donne che vivono nel mondo e che lo osservano, che lo difendono, che lo interpretano, che se ne prendono cura. Le protagoniste sono: una autista di autobus, una studentessa, due attrici, una dottoressa, un’infermiera, una poliziotta, un’impiegata e una imprenditrice. I volti di donne con accanto lo slogan “Il mio corpo è un tempio” arriveranno in varie città italiane: Venezia, Firenze, Milano, Roma, Napoli, Lecce, Palermo, Olbia, insieme alle loro video interviste e spot in cui sono protagoniste.
Una Campagna di sensibilizzazione che entrerà nelle scuole con laboratori per promuovere e sviluppare competenze nelle relazioni sentimentali nei giovani, in collaborazione tra scuola e famiglia. Sono previsti workshop di educazione sessuale e affettiva per preadolescenti e percorsi di educazione affettiva e sessuale per adolescenti con Antonella Elena Rossi, psicopedagogista, Comandata Miur, Direttore Scientifico de La Stella di Daniele Onlus e Rosa Perosi, psicopedagogista e sessuologa. Verranno affrontati temi come: l’innamoramento, il corteggiamento e l’amore. Cos’è il sesso e la sessualità? Riconoscere ed esprimere i segnali del corpo tipici dell’innamoramento. Riflessioni sul corteggiamento: è il maschio a corteggiare la femmina? Stereotipi di genere, pregiudizi. Il ruolo delle emozioni, l’empatia. “Il mio corpo è un Tempio” perché? “La Donna è un tempio, il suo corpo è un tempio, un luogo di bellezza, sacro, da rispettare, da tutelare, da proteggere. Uno stato, quello di essere Donna che la Donna stessa, per prima, deve riconoscere come un grande dono ricevuto – afferma la Dr.ssa Antonella Elena Rossi, anche Vice-Presidente de La Stella di Daniele Onlus – Vorremmo venissero svelati e superati gli stereotipi che con maestria ci arrivano da ogni parte e ci entrano sottopelle come quelle dinamiche di potere tra Uomo e Donna, quelle disuguaglianze di genere che nella maggior parte dei casi abbiamo largamente interiorizzato”.
Leucemia: scoperto meccanismo per bloccare recidive
Ricerca innovazioneUno studio tutto italiano ha identificato il fattore chiave che nasconde le cellule tumorali al sistema immunitario. Agendo farmacologicamente su di esso si potrà ridurre il rischio di recidiva dopo il trapianto di midollo da donatore. Si tratta di una scoperta molto importante, poiché nella leucemia mieloide acuta circa il 50% di chi riceve un trapianto sviluppa una recidiva del tumore. Secondo i dati AIOM (Associazione Italiana di Oncologia Medica) ogni anno in Italia ci sono circa 2 mila nuovi casi di leucemia mieolide acuta, un tumore del sangue tipico degli anziani, infatti l’incidenza maggiore è dopo i 60 anni, tuttavia può comparire anche nei bambini (circa il 13% di tutte le leucemie riguarda la fascia di età tra gli 0 e i 14 anni). Lo studio è stato realizzato dai ricercatori dell’Ospedale San Raffaele di Milano ed è pubblicato sulla rivista Cancer Discovery.
Leucemia mieloide acuta: il meccansimo alla base delle recidive
Il team di ricercatori del San Raffaele ha individuato il meccansimo alla base delle recidive: è la proteina PRC2 a causarle, rendendo invisibili le cellule tumorali al sistema immunitario. L’ipotesi dei ricercatori è che bloccandone l’attività si possa ridurre il rischio di recidiva. Ad oggi esistono già farmaci in sperimentazione che hanno PRC2 come bersaglio. In Italia, ogni anno, sono circa 2 mila i nuovi casi di leucemia mieolide acuta, l’incidenza maggiore è dopo i 60 anni, ma il 13% riguarda i bambini nella fascia 0-14 anni. La cura prevede una chemioterapia di induzione e una di mantenimento. Dopo, in alcuni casi si procede ad un trapianto di cellule staminali ottenute dal midollo osseo. Il trapianto, da donatore o autologo, è utile per ripopolare le cellule eliminate con la chemioterapia e per tenere a bada eventuali cellule cancerose residue, ma in circa la metà delle persone sottoposte a trapianto da donatore non basta e sviluppa nel tempo una recidiva della malattia. Una volta compreso il ruolo di PRC2, bloccarne l’attività potrebbe essere la via per ridurre il rischio di recidiva. Gli inibitori di PRC2 sono già in via di sperimentazione clinica avanzata per altri tumori ematologici e solidi, sulla base di meccanismi di azione diversi rispetto a quello, del tutto nuovo, scoperto dai ricercatori del San Raffaele.
Terapie su misura la frontiera anti-cancro
News PresaSi va verso terapie sempre più personalizzate rispetto ai bisogni del paziente, come spiega Giuseppe Colantuoni, dirigente medico di Oncologia medica al San Giuseppe Moscati di Avellino. «L’oncologia è una delle branche che più ha sofferto della pandemia», spiega, «sono circa un milione i tumori che non sono stati diagnosticati in Europa, l’interruzione, o comunque il rallentamento delle attività ha peggiorato la prognosi delle patologie esistenti. Lockdown e smart working hanno condizionato negativamente gli stili di vita di moltissime persone, basti guardare al numero di fumatori e di sigarette procapite. Molti altri fanno un uso eccessivo di alcol, pochissimi svolgono attività sportiva, l’AIOM per il 2040 prevede un incremento delle 21% delle neoplasie». Tuttavia, le scoperte e i risultati dei nuovi studi accendono un faro di speranza. Tra questi, lo studio Monnalisa 2, che ha combinato un nuovo farmaco biologico inibitore selettivo dell’Echinasi ciclina dipendente con la terapia ormonale, somministrato a donne in menopausa, con tumore metastatico della mammella.
MONNALISA 2
«Lo studio ha evidenziato che la sopravvivenza in circa la metà delle donne arruolate è molto migliorata, con una riduzione del 25% del rischio di morte, permettendo di evitare la chemioterapia, e generando quindi una minore tossicità», dice Colantuoni. Un secondo studio, il Destinity Breast, ha preso in esame il tumore della mammella ER2 Positivo combinato ad un anticorpo monoclonale farmaco coniugato in pazienti già trattate con altri farmaci, anche in questo gruppo la sopravvivenza è stata migliorata. «Questa unione permette di introdurre il farmaco in maniera selettiva nelle cellule malate risparmiando quelle sane. Una volta all’interno della cellula il farmaco danneggia la parte malata ed è capace al tempo stesso di evitare la replicazione della neoplasia». È importante, prosegue Colantuoni «offrire alle donne un percorso di cura in centri che abbiano un team di Breast Unit, come succede nel nostro ospedale, è dimostrato infatti che la sopravvivenza aumenta del 10-15% se la paziente è seguita in modo multidisciplinare. Le pazienti, inoltre, possono essere arruolate in studi innovativi. Da noi sono presenti ambulatori per avviare le pazienti al counselling per i test DBRCA (genetici) ed ambulatori per la preservazione della fertilità, poiché l’età media di comparsa del carcinoma mammario si è abbassata, è necessario quindi dare a queste giovani pazienti la possibilità di avere una normale vita riproduttiva».
OSPEDALE E TERRITORIO
Altra realtà d’eccellenza è quella di Bari, dove l’Oncologia Universitaria del Policlinico è diretta dal professor Camillo Porta già dal maggio del 2020. L’Unità Operativa si propone come una nuova realtà di eccellenza in aggiunta a quanto già presente sul territorio regionale per rispondere anche in epoca pandemica alle esigenze del paziente oncologico. Il professor Porta sta lavorando alacremente per favorire una maggiore integrazione tra ospedale e territorio, poiché la cronicizzazione delle patologie oncologiche e la complessità dei trattamenti impiegati rende necessaria questa integrazione per una reale presa in carico globale del paziente oncologico; ancor più oggi, con le difficoltà legate al Covid. Come in Campania, anche in Puglia si preferisce un approccio diagnostico-terapeutico integrato. Per il rene, come nel caso della mammella, gli studi clinici che vedono coinvolto il professor Porta offrono al paziente oncologico l’accesso a farmaci innovativi. Si pensi ad esempio ad immunoterapia e farmaci a bersaglio molecolare in sequenza ed in combinazione, in ogni fase della malattia oncologica (terapia adiuvante, I linea metastatica e successive linee terapeutiche).
MIGRAZIONE SANITARIA
«L’obiettivo è anche quello di ridurre la migrazione sanitaria passiva verso i grandi Centri del Nord, abbattere i costi per il Sistema Sanitario Nazionale in quanto la struttura sanitaria non deve farsi carico del costo dei farmaci e delle procedure diagnostiche; ciò permette quindi all’Ospedale di poter investire le risorse ottenute nell’implementazione delle attività di ricerca indipendente». È evidente, quindi, l’importanza di potenziare l’Oncologia di precisione. «Si parte dall’identificazione delle caratteristiche genetico-molecolari di uno specifico tumore in uno specifico paziente – dice il professor Porta – per utilizzare farmaci mirati a specifici meccanismi di crescita e diffusione del tumore, aumentare le possibilità di cura e minimizzanre gli effetti collaterali». Ma il professor Porta, ritiene fondamentale anche un’umanizzazione delle cure, con l’attivazione di un Ambulatorio di Cure Simultanee per prendere in carico i pazienti, soprattutto quelli anziani e più fragili, fin dall’inizio, trattando tempestivamente i sintomi indotti dal tumore e prevenendo gli effetti collaterali delle terapie oncologiche. Il tutto in un ambito multidisciplinare, con il fondamentale apporto della figura della Psico-Oncologa, quale parte integrante della equipe di cura, per supportare i pazienti oncologici, i caregiver e il personale sanitario. Tante le novità quindi per contrastare la malattia oncologica, e molti gli sforzi messi in campo su tutto il territorio nazionale, sempre ponendo al centro il paziente, per una migliore qualità di vita non solo dopo la cura, ma anche durante la malattia.
Emanuela Di Napoli Pignatelli
Malattie lisosomiali, mai più invisibili
BambiniIl 28 febbraio si è celebrata la Giornata mondiale dedicata alle Malattie rare, un ramo della medicina spesso sottovalutato rispetto a quelli che sono i numeri e che in Italia parlano di oltre 2 milioni di casi, di cui uno su cinque riguarda un bambino. A Roma, proprio il 28 febbraio, è stato installato un basamento di marmo, come se ne incontrano migliaia, ma senza alcuna scultura. È il «monumento invisibile» per la campagna voluta da Sanofi che dalla Capitale rilancia il valore simbolico della lotta alle patologie rare. Il perché è presto detto: le persone con patologia rara, milioni nel mondo, a volte possono sentirsi invisibili ed essere indotte a nascondere la propria malattia per timore di discriminazioni, isolamento sociale o stigmatizzazione. La campagna di sensibilizzazione, «Storie (in)visibili», durerà tutto l’anno e darà voce ad alcune storie dei malati rari. Lo scopo è quello di aumentare la consapevolezza e richiamare l’attenzione sulle difficoltà e le sfide, nella convinzione che la conoscenza stimoli una sempre maggiore inclusione. Tra le malattie rare, alcune su cui si sono fatti enormi passi in avanti sono quelle lisosomiali. «Un gruppo di patologie che ricomprende circa 50 differenti malattie metaboliche ereditarie», spiega il professore Alberto Burlina, direttore di Malattie metaboliche ereditarie, azienda ospedaliera universitaria di Padova.
SINTOMI
«Si tratta di malattie genetiche che colpiscono a tutte le età, anche se si manifestano soprattutto in età pediatrica». Burlina spiega che i sintomi sono spesso difficili da individuare, perché sono aspecifici e richiedono per la diagnosi laboratori altamente specialistici, così si rischiano ritardi anche nelle cure. In genere, nei primi anni di vita si manifestano problemi di tipo neurologico e con un interessamento di organi quali fegato, reni o cuore. Se l’esordio avviene più in là negli anni, si ha un maggiore interessamento sistemico. «Negli adulti – dice lo specialista – i sintomi si confondono spesso con quelli di altre patologie come ictus, insufficienza renale, epatopatie, danni oculari». Ma chi sono i più esposti alle malattie lisosomiali? Burlina spiega che «queste malattie non dipendono da fattori esterni, ma sono ereditarie, trasmesse da entrambi i genitori o dalla madre». I numeri parlano di un bambino colpito ogni 10.000. E, proprio la maggior parte di queste patologie, sono dovute a un difetto enzimatico presente sin dalla nascita, che provoca a livello cellulare, e quindi negli organi e nei tessuti, un accumulo di sostanze tossiche. «Il lisosoma lavora come un inceneritore capace di riciclare il materiale di scarto nella cellula. Se però questo meccanismo non funziona, il materiale si accumula e nel tempo crea danni all’organismo». Decisivo è lo screening neonatale. In Italia, l’esame viene eseguito dalla terza giornata di vita e serve a individuare un gruppo di circa quaranta malattie metaboliche ereditarie. Basta una goccia di sangue per capire, ma solo un emendamento alla legge 167 ha da poco ampliato il pannello delle malattie da ricercare, includendo quelle lisosomiali. Ad oggi, però, sono partite solo quattro regioni, Veneto, Friuli-Venezia Giulia, Toscana e Umbria, con benefici enormi, perché per le malattie lisosomiali esistono terapie molto efficaci. «La ricerca ha fatto passi da gigante», conclude Burlina. «Abbiamo terapie farmacologiche, ma anche la possibilità del trapianto e delle cure geniche. Esistono infatti diverse opzioni, e medicinali orali hanno affiancato le terapie enzimatiche sostitutive. Molte malattie metaboliche ereditarie, tra cui la mucopolisaccaridosi, la malattia di Fabry, la malattia di Gaucher e la malattia di Pompe, oggi possono essere efficacemente trattate. È, dunque, auspicabile che presto altri screening per malattie lisosomiali possano essere iniziati, e a Padova siamo già pronti ad ampliare l’attività ad altre patologie con lo scopo di prevenire e curare il danno che queste malattie possono provocare».
Ucraina: tamponi e vaccini anti-Covid ai rifugiati in arrivo. Aiuti ai bimbi malati rimasti bloccati
News PresaIl ministero della Salute ha allertato le Regioni affinché predispongano tamponi e vaccini anti-Covid ai rifugiati dell’Ucraina. “In relazione alla crisi in corso e in previsione dei conseguenti fenomeni migratori verso il nostro Paese – si legge nella circolare ministeriale – si prega di voler allertare le Aziende Sanitarie Locali ai fini della individuazione e predisposizione di risorse necessarie all’esecuzione di test diagnostici-tamponi oro/rinofaringei antigenici e molecolari per infezione da SarsCoV2 ed alla somministrazione di vaccini anti-Covid e altre vaccinazioni di routine per tale popolazione a rischio”. Infatti, il ministero della Salute raccomanda di offrire ai rifugiati dall’Ucraina in arrivo in Italia anche le vaccinazioni di routine, segnalando “notevoli criticità dovute alle basse coperture vaccinali in quel Paese e il recente verificarsi di focolai epidemici, come l’epidemia di morbillo nel 2019 e il focolaio di polio iniziato nel 2021 e tutt’ora in corso nel Paese”.
Ucraina: bambini malati intrappolati
Nel frattempo la situazione dei bambini colpiti dalla guerra peggiora di giorno in giorno. “500.000 bambini sono stati costretti a lasciare le proprie case in soli 7 giorni. È una cosa senza precedenti in termini di portata e velocità – ha detto James Elder, Portavoce UNICEF alla conferenza stampa delle Nazioni a Ginevra – E se le violenze, le munizioni esplosive non si arresteranno, molti, molti di più lasceranno il paese in tempi molto brevi”. Inoltre ci sono coloro che non possono sfuggire ai bombardamenti. “Decine di migliaia di bambini sono in istituti per l’infanzia, molti vivono con disabilità. Ci sono poi i bambini malati. Bambini feriti negli ospedali a Kiev. – ha spiegato – Neonati in terapia intensiva, bambini sotto flebo. La loro fuga è molto più complicata e pericolosa“. Sabato mattina un primo convoglio di camion dell’Unicef ha portato in Ucraina aiuti medici d’emergenza, kit per l’acqua e i servizi igienico-sanitari; così come medicine, kit ostetrici e attrezzature chirurgiche. “Abbiamo fornito bombole di ossigeno a un ospedale di Kiev, e abbiamo tende sicure (‘blue dots’) in luoghi di confine con un set di supporto – anche se, finché il conflitto continua, la domanda continuerà a superare gli aiuti –ha continuato Elder“. Inoltre sono stati portati dispositivi di protezione individuale (DPI), per proteggere gli operatori sanitari dal COVID-19 mentre rispondono ai bisogni sanitari di base di bambini e famiglie, così come aiuti medici disperatamente necessari, tra cui medicine, kit di primo soccorso, kit ostetrici e attrezzature chirurgiche.
Il contesto operativo in Ucraina è estremamente complesso. Le limitazioni di accesso e le linee del fronte che cambiano rapidamente rendono molto più difficile consegnare
“Vorrei parlare – ha concluso Elder – ai volontari ucraini e alle comunità locali, e naturalmente a quelli in Polonia, Romania, Slovacchia, Ungheria, Moldavia, che sono stati implacabili nel loro sostegno, forza e solidarietà. Qui in Ucraina, ho visto nonne fornire pasti caldi nella neve; sconosciuti che offrivano agli sfollati un letto per la notte; bambini che preparavano biscotti per coloro che aspettavano gli autobus; offerte per comprare medicine per coloro che erano malati e aspettavano in una stazione ferroviaria. Momenti costanti di grande umanità sono dappertutto”. forniture e servizi essenziali.
Malattie lisosomiali: Intervista alla Dott.ssa Serena Gasperini
PodcastCosa sono le malattie lisosomiali
News Presa, Partner«Le malattie lisosomiali sono malattie rare che interessano un elemento che è dentro le nostre cellule e che si chiama appunto “lisosoma”. Questo, a sua volta, contiene enzimi che metabolizzano, se vogliamo “spezzeranno”, le molecole più grandi che poi vengono eliminate con le urine dal nostro corpo. Se c’è un difetto di uno questi enzimi si può creare un accumulo di queste sostanze. Malattie come malattia di Pompe, le mucopolisaccaridosi, la malattia di Gaucher o la malattia di Fabry sono tra le malattie lisosomiali più note, ma ce ne sono tante altre». Ai microfoni di Radio Kiss Kiss (per le pillole di salute proposte dal network PreSa) è stata questo sabato la dottoressa Serena Gasperini, responsabile dell’Unità Malattie Metaboliche Rare dell’Ospedale San Gerardo di Monza, a fare il punto su una serie di malattie poco note ma di grande impatto. All’indomani della giornata mondiale delle malattie rare, la dottoressa Gasperini ha chiarito anche l’importanza della diagnosi precoce e della terapia domiciliare.
TERAPIA DOMICILIARE
«Troppo spesso la diagnosi è tardiva, quindi è importante garantirla in modo precoce. Esiste poi una terapia enzimatica sostituiva che di solito viene somministrata per via endovenosa che fornice al nostro organismo gli enzimi dei quali ha bisogno. Questo però significa per moltissimi pazienti dover venire in ospedale una o due volte a settimana, e per questo ritengo che sarebbe fondamentale poter garantire a tutti una terapia domiciliare, così da migliorare sensibilmente la qualità di vita dei nostri pazienti». Infine, sulla campagna Momento Invisibile, la dottoressa Gasperini si è detta «entusiasta». Aggiungendo che è stata «un’iniziativa bellissima, simbolica ed emblematica. Ci fa riflettere sul fatto che spesso non vogliamo vedere le cose, soprattutto che esistono le malattie rare, che questi pazienti sono veramente invisibili. Non hanno bisogno di essere solo curati, ma anche ascoltati per quelli che sono i loro bisogni e le loro esigenze. Qualche volta nella vita avremmo tutti voluto essere invisibili, ma esserlo nel quotidiano è veramente sconsolante. C’è bisogno di aprire gli occhi perché le malattie rare sono in realtà tante in Italia, quasi due milioni di pazienti dei quali molti sono bambini».
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