Tempo di lettura: 2 minutiIl segreto per restare giovani è una dieta a base di pesce: medici, nutrizionisti ed esperti sono d’accordo e studi recenti lo confermano.
Perché mangiare pesce mantiene giovani?
Lo dice la scienza e lo confermano anche i risultati di recenti ricerche: mangiare pesce 2 o 3 volte a settimana ha grandi benefici per la salute.
I ricercatori della University of California a San Francisco hanno scoperto che il pesce non è solo un toccasana per l’organismo, ma mantiene addirittura giovani. E lo fa grazie agli omega-3, che proteggono e allungano i telomeri, ovvero le terminazioni dei cromosomi.
Altri recenti studi, in Inghilterra, hanno portato anche alla scoperta del gene che fa apparire più giovani: si tratta del gene “Dorian Gray”. Chi è dotato della mutazione del gene che fa sì che i telomeri siano accorciati, dimostra più anni della sua età anagrafica; d’altra parte, coloro i quali sembrano non invecchiare mai non possiedono telomeri accorciati. La lunghezza dei telomeri è infatti legata alla longevità.
Sulla lunghezza dei telomeri, che costituiscono la chiave per misurare l’età biologica di un individuo, possono influire vari fattori ambientali tra cui stress, fumo, sedentarietà, alimentazione scorretta. Un valido aiuto per allungare i telomeri e apparire più giovani può venire dal pesce che, grazie agli omega-3 che contiene, rappresenta un vero e proprio elisir di lunga vita. Il corpo umano non riesce a produrre gli omega-3 di cui ha bisogno da solo: ecco perché è essenziale introdurli mangiando pesce.
I benefici per la salute di una dieta a base di pesce
Nei bambini, una dieta a base di pesce è fondamentale per lo sviluppo del cervello e degli occhi, mentre negli adulti aiuta a mantenere il cuore sano, abbassando i livelli di trigliceridi nel sangue e, dunque, diminuendo il rischio di accumulo di placche che possono indurire le arterie e provocare infarti.
Per gli anziani mangiare pesce è fondamentale per il cuore, per il cervello e anche per la salute delle ossa. Il pesce, insomma, è un alimento ad alto contenuto proteico e basso contenuto di grassi, essenziale per la salute del nostro organismo.
Il pesce azzurro, ad esempio, è molto ricco di omega-3, detti anche grassi buoni. Inoltre ha un contenuto di grassi inferiore a qualunque altra fonte di proteine animali: ad esempio, nella carne rossa si trovano molti grassi cattivi, di cui il pesce è privo.
La cosa migliore per mantenersi sani, giovani e vivere più a lungo è ridurre la quantità di carne nella propria dieta, a vantaggio del pesce.
Fruttosio aggiunto può danneggiare sistema immunitario
AlimentazioneUna dieta troppo ricca di fruttosio può impedire il corretto funzionamento del sistema immunitario. Gli scienziati hanno scoperto dinamiche che si innescano nel corpo umano che ad oggi erano in gran parte sconosciute. Il fruttosio è uno zucchero naturale presente in diversi alimenti, soprattutto nella frutta ma anche nei vegetali e nelle farine utilizzate per pasta, pane e pizza. In una dieta bilanciata, il consumo di fruttosio naturalmente contenuto nei cibi non provoca alcun effetto negativo. I problemi derivano dall’abuso sistematico di fruttosio aggiunto, presente in bevande zuccherate, dolci e alimenti trasformati: è ampiamente utilizzato nella produzione alimentare.
Fruttosio, quali rischi
Il fruttosio stimola l’infiammazione nel sistema immunitario e questo processo fa si che si producano molecole più reattive associate all’infiammazione stessa. Questo processo può danneggiare cellule e tessuti e contribuire a far sì che organi e sistemi del corpo non funzionino come dovrebbero. Di conseguenza potrebbe portare a malattie. La scoperta è frutto di una ricerca realizzata dall’Università di Swansea e pubblicata su Nature Communications. L’assunzione di fruttosio in quantità importanti è associata a obesità, diabete di tipo 2 e steatosi epatica non alcolica. Il consumo di questa sostanza è aumentato notevolmente negli ultimi anni nel mondo sviluppato.
Tuttavia, la comprensione dell’impatto di questo zucchero sul sistema immunitario delle persone che lo consumano in livelli elevati è stata finora limitata. Questa ricerca porta anche a una maggiore comprensione dei meccanismi tramite i quali il fruttosio potrebbe essere collegato proprio al diabete e all’obesità, in quanto un’infiammazione a bassa intensità è connessa a queste due patologie, in particolare al peso in eccesso.
Fruttosio e bambini
L’abuso sistematico del fruttosio aggiunto ai cibi e alle bevande ha un effetto pericoloso anche sulla salute di bambini: le quantità assunte quotidianamente in eccesso accrescono di una volta e mezza il rischio di sviluppare malattie epatiche gravi. La conferma scientifica era già arrivata da uno studio dei ricercatori dell’area di Malattie epato-metaboliche dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù che aveva rivelato i danni del fruttosio sulle cellule del fegato dei più piccoli. I risultati dell’indagine sono stati pubblicati sulla rivista scientifica Journal of Hepatology.
Murphy, il cagnolino da reparto
PsicologiaÈ un dolcissimo springer spaniel di nome Murphy e ha un compito speciale: aiutare i pazienti che devono sottoporsi a trattamenti in emergenza a ridurre lo stress e l’ansia. Già, il miglior amico dell’uomo, a quanto pare, è stato impiegato anche in ospedale. E i risultati dicono che lavora bene quanto i colleghi umani. Lo studio pubblicato sulla rivista Patient Experience Journal mette in luce che i pazienti che hanno trascorso 10 minuti proprio in compagnia del cagnolino hanno riferito di sentirsi più a proprio agio, felici e meno angosciati tra le mura ospedaliere.
LO STUDIO
La ricerca è stata condotta presso il Royal University Hospital di Saskatoon, nella provincia dello Saskatchewan, il primo dipartimento di emergenza del Paese a introdurre cani da terapia per migliorare l’esperienza dei pazienti in attesa di cure. «I reparti di emergenza sono luoghi frenetici e confusionari, la maggior parte delle persone in attesa di un trattamento si sente nervoso e l’attesa può aumentare il dolore, è risaputo che interagire con gli animali può aiutare a sentirsi calmi e rilassati. Il nostro studio – evidenzia Colleen Dell, che ha co-diretto lo studio – ha dimostrato proprio un notevole miglioramento nello stato d’animo dopo l’interazione con un cane da terapia».
CAPACE DI “ASCOLTARE”
I pazienti hanno incontrato Murphy da 10 a 30 minuti: si trattava di persone con disturbi cardiaci, fratture, problemi psichiatrici e dolore cronico, in totale 124, che hanno risposto a un questionario dichiarando che i loro livelli di angoscia diminuivano, a prescindere dalla durata della loro attesa. Il 60% di coloro che hanno ricevuto la sua visita lo ha accarezzato o coccolato. Un paziente gli ha fatto un massaggio e un altro ha lasciato che il cane gli mettesse la testa sul petto. Non solo: Murphy è risultato essere molto intuitivo rispetto ai bisogni emotivi della persona che incontrava: nel caso di una donna che era dovuta tornare in ospedale per il fallimento di una terapia e si sentiva senza speranza il cane è saltato sulle sue ginocchia e lì si è addormentato.
Mercurio nel pesce, ecco come evitarlo
AlimentazioneMercurio nel pesce che portiamo in tavola? Il rischio è più concreto di quanto si potrebbe pensare. A rivelarlo è Altroconsumo che ha realizzato un’indagine su circa 100 pesci, sia freschi che conservati, di diverse specie fra le più acquistate dagli italiani. Obiettivo della ricerca è stato quello di verificare una delle “leggende metropolitane” che più tornato nel corso degli anni: il pesce che portiamo in tavola contiene mercurio? La risposta, incredibilmente, è “spesso sì”. Ma va anche detto che se sappiamo come orientarci possiamo evitare di superare la soglia indicata dall’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa).
INQUINAMENTO
A finire sotto accusa sono i pesci di grossa taglia, si pensi ad esempio al pesce spada o la verdesca (un tipo di squalo). Sono proprio questi pesci ad essere quelli maggiormente contaminati da mercurio, metallo pesante che inquina l’ambiente marino e che inevitabilmente finisce sulle nostre tavole. Gli esperti, nel ricordare di fare attenzione nelle scelte e che il pesce è uno degli alimenti più presenti e apprezzati della dieta mediterranea che apporta numerosi benefici alla nostra salute grazie alle sue qualità nutrizionali, segnalano invece che fra i pesci più piccoli e anche fra quelli più diffusi nei carrelli degli italiani la situazione migliora: trota salmonata, sardine e sgombro risultano molto meno inquinati. Anche il tonno in scatola è risultato sicuro.
CICLO DI VITA
Il segreto di una carne sana è quindi nel preferire pesci che hanno un ciclo di vita più breve, il ché significa scegliere i pesci più piccoli e possibilmente non carnivori. Il pesce in assoluto amico della salute, i nutrizionisti non hanno dubbi, è il pesce azzurro. Si tratta infatti di pesce ricco di acidi grassi omega 3, grassi polinsaturi considerati essenziali per la salute.
Dormendo costruiamo la nostra identità: sognando
News Presa, Prevenzione, Psicologia, Ricerca innovazioneDormire troppo o troppo poco mette a rischio il cuore e l’organismo
“Un terzo della vita si passa dormendo, e per buona parte di questo tempo si sogna, ma non sono anni persi, anzi. Proprio sognando una persona costruisce la propria identità”. A dirlo è il neurochirurgo Giulio Maira. Il sogno sarebbe quindi un aspetto fondamentale della vita di una persona, con funzioni specifiche. Il meccanismo del sogno serve a rafforzare i ricordi e durante il sonno si passa attraverso diverse fasi.
Le fasi del sonno hanno diverse funzioni
Nella prima fase il cervello riorganizza e seleziona le esperienze importanti della giornata, cancellando tutto ciò che è inutile. Successivamente si raggiunge un quadro identico a quello del cervello sveglio, la cosiddetta fase Rem.
Qui si ha un sogno più complesso, si collegano informazioni, mettendo assieme ciò che è successo di recente con le memorie del cervello. Questa fase non segue le stesse regole che si hanno da svegli, perchè il cervello non memorizza i fatti come una pellicola cinematografica ma per categorie, quindi non segue le sequenze temporali normali.
In questa fase paragona i fatti, cerca di dare un senso alle esperienze vissute e costruisce l’identità della persona.
Dormire fa bene al cervello
Sempre più ricerche, sottolinea Maira, dimostrano l’importanza del sonno.
“Quando dormiamo eliminiamo le scorie del nostro cervello – afferma – ricerche dicono che il pisolino del pomeriggio è importante perchè aumenta sia la coordinazione motoria che l’apprendimento, dormire bene e in modo corretto protegge il nostro cervello e lo fa invecchiare bene”.
Una ricerca dell’Università di Harvard ha dimostrato che un breve pisolino pomeridiano migliora la coordinazione motoria, e l’apprendimento, del 20%, mentre è dimostrato da una serie vastissima di studi, che la deprivazione di sonno diminuisce le prestazioni cerebrali e compromette la memoria. Uno studio della West Virginia University indica che la maggioranza degli adulti dovrebbe dormire dalle 7 alle 8 ore a notte. Dormire troppo (più di 9 ore) o troppo poco (meno di 5 ore), mette a rischio il cuore e mette a repentaglio l’organismo (obesità, diabete, ansia).
Pancreas artificiale per diabete di tipo 2. La nuova tecnica
Ricerca innovazioneUna tecnica basata sull’utilizzo dei cosiddetti modelli simbolici, per la progettazione di un pancreas artificiale per pazienti diabetici di tipo 2. La proposta arriva da uno studio condotto dall’Istituto di analisi dei sistemi ed informatica “Antonio Ruberti” del Cnr, in collaborazione con l’Università degli Studi dell’Aquila e con l’Università di Milano-Bicocca. Il lavoro è stato pubblicato sulla rivista IEEE Transactions on Control Systems Technology.
Pancreas artificiale, la nuova tecnica
Si tratta di una tecnica da utilizzare per la progettazione di un pancreas artificiale per pazienti diabetici di tipo 2. Questa tipologia rappresenta circa il 90% dei casi di diabete, che è una malattia metabolica caratterizzata da elevate concentrazioni di glucosio nel sangue (iperglicemia), tipicamente in un contesto di insufficiente secrezione endogena e/o di resistenza all’azione dell’insulina, che è l’ormone regolatore del glucosio. Il pancreas artificiale rappresenta oggi la tecnologia all’avanguardia per la regolazione automatica della glicemia nei pazienti diabetici. “L’approccio si basa sui cosiddetti modelli simbolici, che sono approssimazioni finite di sistemi dinamici complessi. Nel nostro caso il modello tiene conto della dinamica della concentrazione di glucosio nel sangue, della somministrazione di insulina dall’esterno per via sottocutanea, e dell’assunzione di pasti”, spiega Alessandro Borri del Cnr-Iasi. “La metodologia è stata validata in silico (cioè mediante simulazione numerica) su un modello di paziente virtuale approvato dalla Food and Drug Administration come sostituto della sperimentazione animale nei test preclinici di strategie di controllo della glicemia ad anello chiuso”.
Considerando una popolazione di 10mila pazienti virtuali “si evidenzia – continua – che il controllore simbolico è in grado di compensare il comportamento iperglicemico e congiuntamente di evitare pericolosi episodi di ipoglicemia, fornendo, rispetto a tecniche standard, significativi miglioramenti delle prestazioni, valutate secondo indici di efficacia definiti a livello internazionale”, conclude Borri. “Inoltre, l’approccio simbolico è in grado di adattarsi in modo robusto a variazioni casuali nella quantità e nella composizione dei pasti e alla eterogeneità della popolazione considerata”.
Infarto del miocardio: nanofili come cura. Lo studio
Ricerca innovazioneUtilizzare nanofili in grado di fungere da bypass elettrici per ripristinare la conduzione nell’infarto. Questa l’idea di fondo di una ricerca condotta dal team guidato da Michele Miragoli, docente di Tecnologie mediche sperimentali e applicate all’Università di Parma (Dipartimento di Medicina e Chirurgia), in collaborazione con il CNR e l’Istituto Clinico Humanitas di Milano.
L’infarto del miocardio ha una mortalità elevatissima in fase acuta, principalmente dovuta a blocchi di conduzione elettrica che sfociano in aritmie fatali. Purtroppo questa conduzione alterata non viene ripristinata da un intervento di bypass coronarico. Esistono diverse terapie per risolvere i blocchi di conduzione, ma necessitano di mesi per essere operative. Il gruppo del Laboratorio di Tecnologie Mediche Sperimentali e Applicate ha ideato e sperimentato nanofili semiconduttivi biocompatibili di carburo di silicio in grado di mettere in comunicazione elettrica cellule cardiache distanti tra di loro. Una volta iniettati nell’infarto miocardico, i nanofili ripristinano il normale flusso di corrente dopo 5 ore dall’inserimento e permettono la risoluzione delle aritmie post-infarto. Il lavoro è stato pubblicato su Nature Communications.
Nel prossimo futuro l’utilizzo di nanostrutture impiantabili sarà sempre più massivo. La possibilità di intervenire contemporaneamente non solo a livello emodinamico ma anche a livello bioelettrico aprirà nuove e concrete possibilità interventistiche soprattutto dove la bioelettricità gioca un ruolo chiave nella normale funzione d’organo (cuore, cervello, muscolo).
Primo autore del lavoro è Stefano Rossi del Dipartimento di Medicina e Chirurgia dell’Università di Parma, insieme a Paola Lagonegro e Francesca Rossi di IMEM-CNR. Il team e l’approccio sono stati interdisciplinari, grazie al coinvolgimento di Franca Bigi, docente del Dipartimento di Scienze Chimiche, della Vita e della Sostenibilità Ambientale dell’Università di Parma, di Silvana Pinelli del Centro di Eccellenza per la Ricerca Tossicologica in collaborazione con IMEM – Istituto dei Materiali per l’Elettronica e il Magnetismo e IRGB – Istituto di ricerca genetica e biomedica del CNR e del Dipartimento Cardiovascolare di Humanitas guidato dal professor Gianluigi Condorelli.
Anemia aplastica grave, una speranza in più
Ricerca innovazioneUn nuovo studio potrebbe rendere più efficaci le cure per l’anemia aplastica grave, una malattia rara e potenzialmente fatale. Lo studio internazionale si è concentrato su pazienti di età di 15 anni o più con una diagnosi anemia aplastica grave che non avessero ricevuto un precedente trattamento immunosoppressivo. La sperimentazione ha dimostrato che l’aggiunta di eltrombopag al trattamento immunosoppressivo standard è sicura e migliora la qualità della risposta nei pazienti. La ricerca è stata pubblicata sulla rivista scientifica New England Journal of Medicine, riconosciuta tra le più importanti al mondo e porta anche la firma di Antonio Mario Risitano (direttore dell’Unità operativa di Ematologia e Trapianto di midollo dell’Azienda “San Giuseppe Moscati” di Avellino), che l’ha ideata con Régis Peffault de Latour, (professore e Direttore del Centro di riferimento francese per l’anemia aplastica) e la EPN presso l’ospedale Saint-Louis di Parigi, per poi pianificarla insieme a Carlo Dufour, Professore e Direttore del Dipartimento di Emato-Oncologia e Trapianti di Cellule Staminali dell’Ospedale Pediatrico “G. Gaslini” di Genova, e coordinatore del Gruppo di Studio dell’EBMT (Società Europea di Trapianto di Midollo Osseo e Terapie Cellulari) sulle Anemie Aplastiche Severe (SAA).
LA MALATTIA
L’anemia aplastica grave (SAA) insorge quando il midollo osseo non produce abbastanza nuove cellule del sangue. La SAA, fino a qualche anno fa incurabile, può oggi essere trattata con il trapianto di cellule staminali ematopoietiche o, per i pazienti non idonei a ricevere un trapianto o che non trovano un donatore, con un trattamento immunosoppressivo. Tuttavia, circa il 35% dei pazienti non risponde al trattamento o vi risponde solo parzialmente o tardivamente. Inoltre, un terzo dei soggetti che rispondono può eventualmente recidivare e un altro terzo può richiedere un trattamento immunosoppressivo cronico per mantenere una conta ematica adeguata. Eltrombopag è stato sviluppato per stimolare la piastrinopoiesi, ma successivamente si è dimostrato efficace anche a ripristinare l’emopoiesi in tutte le sue tre linee. «Un precedente studio a singolo braccio ha suggerito che eltrombopag in aggiunta al trattamento immunosoppressivo standard poteva migliorare la risposta nei soggetti con anemia aplastica grave o molto grave – spiega il primario Risitano -. Trattandosi dei risultati di uno studio non controllato, non potevano, però, essere presi in considerazione per modificare il trattamento. Per questo erano necessari dati derivati da studi di livello superiore, cioè di tipo randomizzato controllato, che rappresentano il più alto grado scientifico di evidenza ottenibile. Ed è proprio quello che abbiamo fatto. Siamo molto entusiasti che i risultati dello studio RACE ora confermino che l’aggiunta di eltrombopag all’immunosoppressione standard porta a tassi di risposta significativamente più rapidi e migliori rispetto al solo trattamento immunosoppressivo standard».
Anche il genoma umano influenza il microbioma intestinale. Lo studio
Ricerca innovazioneNegli ultimi dieci anni la ricerca ha fatto passi da gigante nella comprensione del microbioma umano, in particolare del microbioma dell’apparato digerente. Oggi sappiamo con certezza che il microbioma intestinale (cioè la totalità del patrimonio genetico posseduto dal microbiota) svolge un ruolo importante nella salute umana e che un microbioma sano è costituito da una maggiore diversità di batteri che si mantengono in equilibrio tra loro. Il numero e il tipo di batteri dipende in larga misura da fattori esterni come dieta, farmaci e stile di vita. Tuttavia, nel nuovo studio, pubblicato su Nature Genetics da ricercatori Dipartimento di genetica dell’Università di Groningen e da Serena Sanna, dirigente di ricerca dell’Istituto di ricerca genetica e biomedica del Cnr di Monserrato (Cagliari), mostra che anche il nostro genoma influenza il microbioma intestinale.
“Abbiamo analizzato il microbioma intestinale di 7.738 partecipanti allo studio Dutch Microbiome Project, un progetto all’interno della grande biobanca olandese Lifelines”, afferma Serena Sanna che ha coordinato lo studio insieme a Alexandra Zhernakova, docente dell’Università di Groningen. “Abbiamo utilizzato tecniche ad alta risoluzione per mappare quali batteri fossero presenti nel microbioma intestinale e la loro funzione. Per ogni partecipante, le informazioni, su oltre 5 milioni di varianti genetiche comuni, sono state quindi utilizzate per scansionare l’intero genoma umano alla ricerca di possibili associazioni con il microbioma intestinale. Questi risultati forniscono un nuovo punto di partenza per lo sviluppo di strategie nutrizionali personalizzate efficienti per prevenire malattie o per migliorare l’efficacia di alcune terapie farmacologiche”.
I ricercatori hanno identificato due punti del genoma che hanno un impatto importante sulla composizione e sulla funzione del microbioma intestinale. “Il primo è il gene che codifica per l’enzima lattasi (LCT), enzima necessario per digerire il lattosio (zucchero del latte) nello stomaco”, spiega Serena Sanna, “A seconda della variante nel genoma, questo enzima non è prodotto, o è prodotto in scarse quantità, e si può essere intolleranti al lattosio. Questo studio mostra che l’abbondanza di specie di bifidobatteri nell’intestino, la cui caratteristica è la capacità di utilizzare il lattosio come fonte di energia, è maggiore nei partecipanti che consumano latte e che non sono geneticamente predisposti a produrre l’enzima lattasi. In queste persone il lattosio non viene digerito nello stomaco, passa quindi nell’intestino e viene usato dai batteri”.
L’altro gene identificato per avere un impatto sul microbioma intestinale è ABO, che determina i tipi di gruppo sanguigno. “È stato scoperto che le persone con gruppo sanguigno A, B o AB hanno un aumentato numero di batteri della famiglia Collinsella rispetto alle persone con gruppo zero (0), cioè quelle persone che non presentano né l’antigene A né l’antigene B. Questi antigeni A e B contengono uno zucchero, il galattosio, e possono essere rilasciati nell’intestino, risultando una fonte di energia per i batteri. Con questo studio, abbiamo scoperto che entrambi i geni LCT e ABO influenzano anche l’attività di altri batteri coinvolti nella degradazione del lattosio e del galattosio.
Nel complesso, possiamo dunque dire che, seppur globalmente, il microbioma intestinale dipenda fortemente dalla dieta e dallo stile di vita per un sottoinsieme di batteri e, per alcune attività metaboliche, è rilevante anche il genoma umano. Questi risultati sono un punto di partenza importante per acquisire una migliore comprensione del ruolo del microbioma intestinale nelle malattie umane e per sviluppare strategie nutrizionali personalizzate efficienti che tengano conto anche del genoma di ogni persona.
Alcuni degli autori dello studio hanno pubblicato, sempre su Nature Genetics, anche un altro articolo sulle sfide attese e sulle prospettive future degli studi genetici sul microbioma: “Gli studi futuri – conclude Sanna – dovrebbero concentrarsi anche sul genoma batterico. I batteri dello stesso tipo possono infatti presentare piccole differenze nei loro genomi che ne modificano l’attività e la funzione. Pertanto, queste informazioni aggiuntive possono aiutare ulteriormente gli studi volti a comprendere le relazioni specifiche tra geni, batteri e fenotipi umani”.
Il segreto per restare giovani è una dieta a base di pesce
AlimentazioneIl segreto per restare giovani è una dieta a base di pesce: medici, nutrizionisti ed esperti sono d’accordo e studi recenti lo confermano.
Perché mangiare pesce mantiene giovani?
Lo dice la scienza e lo confermano anche i risultati di recenti ricerche: mangiare pesce 2 o 3 volte a settimana ha grandi benefici per la salute.
I ricercatori della University of California a San Francisco hanno scoperto che il pesce non è solo un toccasana per l’organismo, ma mantiene addirittura giovani. E lo fa grazie agli omega-3, che proteggono e allungano i telomeri, ovvero le terminazioni dei cromosomi.
Altri recenti studi, in Inghilterra, hanno portato anche alla scoperta del gene che fa apparire più giovani: si tratta del gene “Dorian Gray”. Chi è dotato della mutazione del gene che fa sì che i telomeri siano accorciati, dimostra più anni della sua età anagrafica; d’altra parte, coloro i quali sembrano non invecchiare mai non possiedono telomeri accorciati. La lunghezza dei telomeri è infatti legata alla longevità.
Sulla lunghezza dei telomeri, che costituiscono la chiave per misurare l’età biologica di un individuo, possono influire vari fattori ambientali tra cui stress, fumo, sedentarietà, alimentazione scorretta. Un valido aiuto per allungare i telomeri e apparire più giovani può venire dal pesce che, grazie agli omega-3 che contiene, rappresenta un vero e proprio elisir di lunga vita. Il corpo umano non riesce a produrre gli omega-3 di cui ha bisogno da solo: ecco perché è essenziale introdurli mangiando pesce.
I benefici per la salute di una dieta a base di pesce
Nei bambini, una dieta a base di pesce è fondamentale per lo sviluppo del cervello e degli occhi, mentre negli adulti aiuta a mantenere il cuore sano, abbassando i livelli di trigliceridi nel sangue e, dunque, diminuendo il rischio di accumulo di placche che possono indurire le arterie e provocare infarti.
Per gli anziani mangiare pesce è fondamentale per il cuore, per il cervello e anche per la salute delle ossa. Il pesce, insomma, è un alimento ad alto contenuto proteico e basso contenuto di grassi, essenziale per la salute del nostro organismo.
Il pesce azzurro, ad esempio, è molto ricco di omega-3, detti anche grassi buoni. Inoltre ha un contenuto di grassi inferiore a qualunque altra fonte di proteine animali: ad esempio, nella carne rossa si trovano molti grassi cattivi, di cui il pesce è privo.
La cosa migliore per mantenersi sani, giovani e vivere più a lungo è ridurre la quantità di carne nella propria dieta, a vantaggio del pesce.
Le mandorle, con le loro proprietà benefiche, sono un prezioso alleato per la nostra salute
AlimentazioneLe mandorle hanno proprietà benefiche per l’organismo, poiché sono semi oleosi ricchi di vitamine e sali minerali. Le mandorle rappresentano uno spuntino gustoso e salutare, essendo efficaci nel preservare e mantenere in salute arterie, cuore e ossa… e non solo.
I nutrizionisti le considerano un alimento essenziale nelle diete bilanciate, utili a spezzare l’appetito e a favorire una eventuale perdita di peso.
Le mandorle forniscono all’organismo energia buona, contengono proteine vegetali e fibre che aiutano il benessere dell’intestino. Inoltre, essendo ricche di magnesio, aiutano anche il sistema nervoso in caso di stress o fatica, mentre la presenza di quantità significative di calcio risulta utile per il benessere delle ossa. Anche la nostra pelle beneficia del consumo di mandorle, grazie alla presenza di vitamina E e altre sostanze antiossidanti, che la renderanno più levigata e morbida.
Valori nutrizionali delle mandorle
Le mandorle sono un vero e proprio concentrato di sostanze nutritive.
Una porzione di 35 grammi di mandorle fornisce circa 206 calorie e contiene:
–carboidrati – 6 g
– proteine - 7,6 g
– fibre – 4,1 g
– grassi – 18 g, di cui una parte monoinsaturi
– carboidrati – 1,7 g
Le mandorle contengono anche diversi tipi di vitamine: vitamina A, vitamina B2 (riboflavina) e vitamina E; oltre a contenere anche altri nutrienti e minerali essenziali utili per l’organismo umano, come calcio, ferro, magnesio, manganese, fosforo, zinco, potassio, molibdeno, selenio e acido folico.
Mandorle: proprietà benefiche per l’organismo
Molte ricerche hanno dimostrato i tanti benefici delle mandorle che, se assunte con costanza, possono davvero migliorare la nostra salute. Vediamo nel dettaglio tutti i benefici per l’organismo: