Tempo di lettura: 4 minutiL’intento è rendere la Salute, grazie alle nuove tecnologie, più inclusiva, personalizzata e sostenibile. Il presupposto è che l’innovazione – se governata in direzione dell’effettivo valore generato e se misurata sull’impatto di salute di cittadini e pazienti – è un vettore di sviluppo e crescita socio-economica.
Se ne è discusso ieri nella tavola rotonda The Health Teach R(E)volution promossa da Medtronic, in collaborazione con il Corriere della Sera, con il patrocinio di Confindustria dispositivi medici, Ecole enti Confindustriali Lombardi per l’education e American Chamber of Commerce in Italy.
In Italia il 40% della popolazione con cronicità
In Italia il peso della cronicità affligge il 40% della popolazione, percentuale tra le più alte nel mondo. A livello globale, le malattie croniche sono responsabili di 41 milioni di morti ogni anno.
Di fronte alle sempre crescenti aspettative dei pazienti e cittadini verso l’equità e l’accesso alle cure, la Salute è al centro di un mondo in forte cambiamento. Tra questi, l’aumento dei costi e la trasformazione digitale che la pandemia ha accelerato di 7 anni. Il forte focus post pandemia verso la salute pubblica si basa sulla stima che il beneficio economico incrementale è di 2-4 euro per ogni 1 euro investito in una salute migliore. Le nuove tecnologie possono rivestire un ruolo chiave in questo senso, tra i trend di innovazione: la connettività e digitalizzazione, l’IA, i dati, il machine learning, la mininvasività e miniaturizzazione, la robotica e la telemedicina.
L’innovazione non riguarda solo le tecnologie, ma anche il modello di sviluppo che per Medtronic va orientato verso il valore generato dalle cure. Ogni anno sono circa 100 le nuove tecnologie realizzate da Medtronic e circa 400 istituzioni ospedaliere hanno deciso, in Europa, di lavorare con una partnership più ampia e orientata ad andare oltre l’acquisto di tecnologia per la salute.
Cure sulla base dei bisogni di salute
L’evento si è svolto a Roma presso lo Spazio Ara Pacis. I professionisti del settore hanno condiviso le proprie esperienze concrete sulla HealthTech (R)evolution ovvero sull’innovazione tecnologica per la salute con effetto misurabile e il rapporto pubblico-privato nella filiera.
A dare il benvenuto e introdurre i lavori, Michele Perrino Vice President di Medtronic, Enterprise Accounts & Services, Western Europe che ha sottolineato: “Stiamo guidando un’evoluzione senza eguali, una rivoluzione dell’HealthTech dove le nuove tecnologie offrono l’opportunità di ridisegnare le cure sulla base dei bisogni delle persone con la valutazione dei risultati e degli esiti di salute.
Per noi la promessa di un ecosistema di salute, più sostenibile e inclusivo, costituisce un traguardo raggiungibile attraverso gli strumenti della Partnership Pubblico Privata e con la convergenza di nuove tecnologie in grado di definire modelli di presa in carico, dalla prevenzione alla diagnosi e cura. Per il mercato questo significa definire modelli di offerta inclusivi di servizi e soluzioni, con nuove modalità di acquisto e nuove modalità di pagamento”.
Salute: sfide e risposte per l’Healthcare in Italia
Tre i panel di discussione: ’Esperienze dalla Community of Practice’; “Gli abilitatori chiave del Valore per la Salute: Digital Health, Open Innovation” e “Il Futuro è oggi: Sfide e risposte per l’Healthcare in Italia”.
Nel corso del primo panel è emerso il cambio di rotta portato avanti da Consip con un nuovo approccio agli acquisti di dispositivi medici basato anche sulla sostenibilità dell’esito. Come confermato da Giuseppina Bisceglia, Category Manager – Area Sanità – Divisione Sourcing Sanità, Beni e Servizi (Consip S.p.A.): ‘Consip pubblica procedure di dispositivi medici già dal 2016. Negli ultimi anni abbiamo introdotto, come fatto con pacemaker e defibrillatori cardiaci impiantabili, criteri focalizzati sulla performance a lungo termine in grado di valorizzare il beneficio clinico e la qualità di vita del paziente’.
A condividere questo nuovo approccio, anche Monica Piovi, Consigliere regionale della Toscana, settore Provveditorato, gare e contratti e manutenzione sedi, che ha confermato come da anni anche la Regione Toscana abbia introdotto nuovi parametri, quali il monitoraggio dei risultati sul paziente soprattutto su tecnologie a forte impatto economico. “I criteri di valutazione si spingono anche sui temi di sostenibilità ambientale e sociale, chiedendo all’industria di partecipare con responsabilità e attenzione”
I dispositivi innovativi
Luca Merlino, direttore generale del Centro cardiologico Monzino ha sottolineato invece, la necessità di ‘introdurre nelle aziende sanitarie dispositivi innovativi come, ad esempio, il micro-pacemaker senza fili. Con l’innovazione digitale molte attività di follow-up dei pazienti possono essere fatte al di fuori dell’ospedale. Per questo motivo il sistema di rimborso DRG deve evolversi e valutare l’intera gestione della malattia in un’ottica bundle’.
Sulla stessa lunghezza d’onda si è espresso, nel corso del secondo panel, anche Giulio Siccardi, Direttore UOC Sistemi informativi, patrimonio gestione della logistica e provveditorato, portale della trasparenza, il quale ha sottolineato il ruolo di Agenas: ‘Oggi, con la fruizione aperta al cittadino del Programma Nazionale Esiti abbiamo dato impulso a una positiva competizione verso la migliore assistenza sanitaria’.
Annalisa Mandorino di Cittadinanzattiva conferma che “Il cittadino ha un ruolo proattivo sulla costruzione del valore. Il nostro audit civico partecipato prevede diversi cicli con un approccio propositivo verso il miglioramento delle strutture e dei servizi sanitari”.
Il partenariato pubblico-privato
Dal terzo panel, invece, è emersa l’importanza che in questo campo assumono i rapporti di partenariato pubblico-privato al fine di garantire la sostenibilità dell’innovazione.
In tal senso, una best practice, è rappresentata dal Rome Technopole, come sostiene infatti Carlo Catalano, Direttore del Dipartimento di Scienze Radiologiche Oncologiche e Patologiche- Sapienza Università di Roma e Delegato dalla rettrice Polimenti per Rome Technopole: ‘La nostra Università partecipa attivamente alla ricerca sanitaria in vari ambiti, in particolare il PNRR ci ha dato la possibilità di partecipare a progetti finanziati volti alla costruzione del Tecnopolo a Pietralata e alla realizzazione di alcuni device, portandoli da una base di ricerca a un ambito clinico, quindi al loro effettivo utilizzo’.
Sono intervenuti anche Michele Muccini, direttore Istituto per lo studio dei materiali nanostrutturati al Cnr Emilia Romagna e presidente di Mister Smart Innovation e Francesco Di Meco, direttore del dipartimento di Neurochirurgia dell’IRCCS Besta e direttore della Scuola di Specializzazione in Neurochirurgia all’Università Statale di Milano.
Trent’anni cieco, nessuno pensava potesse accadere
Ricerca innovazioneCieco a causa di due patologie, torna a vedere grazie ad un intervento unico al mondo. Il protagonista di questa storia è un uomo di 83 anni, operato all’ospedale Molinette di Torino. A causare la cecità dell’uomo erano state due diverse patologie, ma incredibilmente ora per il paziente si è riaccesa, anche se parzialmente, la luce.
TRENT’ANNI
Era da trent’anni che l’anziano non vedeva più nulla dall’occhio sinistro per una cecità retinica irreversibile e negli ultimi 10 anni era divenuto cieco dall’occhio destro per una patologia rara. Per lui i chirurgi dell’ospedale di Torino hanno immaginato e realizzato un autotrapianto, che alla fine ha dato i frutti sperati. Il prelievo di cornea, una parte di sclera e la congiuntiva dall’occhio sinistro, irrecuperabile dal punto di vista funzionale, ma con una buona superficie oculare, gli ha consentito di tornare a vedere.
NUOVE POSSIBILIÀ
L’intervento, durato quattro ore, è stato eseguito da un’equipe guidata da Michele Reibaldi, direttore della Clinica oculistica universitaria delle Molinette ed esperto chirurgo retinico, e Vincenzo Sarnicola, presidente della Società Italiana della cornea e della staminalità. I chirurghi spiegano che la vera novità consiste nell’avere allargato il trapianto corneale all’intera superficie oculare, ai tessuti congiuntivo-sclerali, che giocano un ruolo fondamentale nel permettere il successo del trapianto in condizioni particolari. Gli occhi ciechi con aspetti funzionali non vanno enucleati (cioè sacrificati) perché possono essere necessari come pezzi di ricambio. Negli ultimi 20 anni la frontiera dei trapianti ha fatto passi da gigante e l’Italia riveste un ruolo leader nel mondo. A due settimane dall’operazione, il paziente 83enne riesce a riconoscere persone e oggetti e a muoversi autonomamente. Il suo occhio sinistro è stato ricostruito, a scopo estetico, con tessuti da donatore.
Diabete, pesano esposizione allo smog e grado di istruzione
Benessere, Medicina funzionale, News PresaNel 2025 si stima che il 65% delle persone con diabete vivrà nelle città. Il diabete è una patologia sempre più connessa a urbanizzazione, inquinamento e contesti sociali e culturali. Tuttavia è anche una malattia strettamente legata allo svantaggio socioeconomico e il 15% dei casi è legato all’esposizione allo smog.
Solo in Italia si stimano oltre 5 milioni di persone con diabete, tra cui 3,5 milioni diagnosticate e circa un milione e mezzo senza diagnosi. Si tratta di una crescita del 60% negli ultimi vent’anni. Nel mondo la malattia sta assumendo sempre più i contorni di una vera e propria emergenza sanitaria.
Il diabete mellito sarà al centro delle riflessioni del forum multidisciplinare “Panorama Diabete – Prevedere per prevenire” promosso dalla Società Italiana di Diabetologia. Dal 21 al 24 maggio a Riccione ne discuteranno i maggiori esperti italiani di questa patologia.
Le cause del diabete e il ruolo dell’inquinamento
Tra le cause del forte incremento rientra anche l’eccessiva urbanizzazione, che comporta uno stile di vita più sedentario. Nel 2025 il 65% delle persone con diabete vivrà nelle aree urbane, nel 2040 saranno il 75%. Non a caso l’International Diabetes Federation e l’OMS individuano nella città la frontiera calda del contrasto alla crescita della patologia.
Un ruolo importante lo svolge anche l’inquinamento atmosferico. Infatti, l’associazione con il diabete di tipo 2 è ormai presente nella letteratura scientifica. Si stima una percentuale del 15% circa a livello mondiale dei casi in cui l’esposizione prolungata allo smog, mediata dall’adiposità e dall’infiammazione di basso grado potrebbe avere un ruolo nella patogenesi del diabete mellito.
Inoltre influisce una insufficiente consapevolezza dei fattori di rischio comportamentali, lo stress psicosociale e l’accesso inadeguato alle cure e all’educazione sanitaria. Se da un lato le minori risorse economiche tendono ad ostacolare il passaggio ad abitudini di vita più sane e spesso anche più costose, dall’altro lato la letteratura scientifica riporta un rischio di diabete nelle persone meno istruite mediamente superiore del 60%. Tra le donne le disuguaglianze sono ancora maggiori in tutte le classi di età.
Il peso delle disuguaglianze sociali
Tutti questi aspetti verranno affrontati nel corso di diversi simposi durante le quattro giornate di lavoro. “Il diabete mellito – dichiara il Presidente SID, Angelo Avogaro –, una delle più frequenti malattie croniche non trasmissibili, emerge non solo come conseguenza di stili di vita inappropriati ma come conseguenza di contesti socio-economici degradati. È importante anche ricordare che il diabete è non solo strettamente connesso ad obesità ma anche a diverse forme di neoplasie: tutte queste informazioni verranno discusse da autorevoli esperti del settore. Per questi motivi il paziente con diabete deve trovare un ruolo centrale nell’organizzazione sanitaria dedicata alle cronicità, altro tema che sarà affrontato durante la sessione di apertura da esperti non solo nel campo della medicina ma anche di politica sanitaria”.
“Accanto alla forma più prevalente di diabete mellito, ovvero di tipo 2, ad insorgenza soprattutto nell’età adulta – dichiara il Presidente Eletto SID, Raffaella Buzzetti – si tratterà il diabete tipo 1, patologia che riconosce un’insorgenza nel bambino e l’adolescente ma anche nell’età adulta. Si esporranno i più recenti studi al riguardo in tema di terapia, sia relativi alle più nuove molecole di insulina che alle recentissime terapie appena approvate dalla Food and Drug Administration, l’ente regolatorio americano. Tali terapie, al momento in discussione all’EMA, riguardano l’approvazione di un nuovo farmaco potenzialmente prescrivibile nei familiari di persone con il diabete tipo 1 e a rischio a loro volta di ammalarsi di questa patologia”.
Insetti in tavola, attenzione allo shock
Alimentazione, News Presa, PsicologiaSulla farina di insetti gli esperti lanciano un allarme: può causare allergie anche gravi. Ecco perché chi è sensibile agli allergeni farebbe bene ad evitarla. A mettere in allerta medici e scienziati sono i dati riportati in letteratura scientifica, che descrivono reazioni allergiche che vanno da prurito e gonfiore a vomito, diarrea e, nei casi più gravi, shock anafilattico.
PROTEINE
Alla base delle allergie alimentari associate al consumo di insetti ci sarebbero due proteine, tropomiosina e arginina chinasi. Queste proteine stimolano la produzione di immunoglobuline E, anticorpi associati alle reazioni allergiche, nei soggetti suscettibili. Ciò significa che alcune persone possono manifestare una reazione allergica dopo aver mangiato insetti, come larve, grilli e formiche, a causa della loro sensibilità a queste proteine.
COME NEI CROSTACEI
Inoltre, le persone che hanno già altre allergie alimentari, in particolare a gamberetti e crostacei, dovrebbero stare attenti in quanto la reattività crociata delle immunoglobuline E alla tropomiosina è stata dimostrata anche in altre specie di insetti commestibili. Anche se l’ipersensibilizzazione è meno frequente rispetto a chi è allergico ai crostacei, sarebbe opportuno evitare il consumo di insetti commestibili anche se si è allergici agli acari della polvere.
EFFETTI IMPREVEDIBILI
Infine, molte persone si chiedono se il consumo di insetti sotto forma di farina possa ridurre il rischio di allergie. Gli esperti spiegano che i trattamenti ad alte temperature possono influenzare il potenziale allergenico delle proteine, ma gli effetti non sono facilmente prevedibili. Pertanto, anche se la farina di insetti può essere un’alternativa nutrizionale, non ci sono garanzie che ridurrà il rischio di allergie.
MA È VERO CHE
A rispondere alle più frequenti domande in materia è la rubrica “Dottore ma è vero che?” della Federazione nazionale degli Ordini dei medici (Fnomceo), dopo la presentazione dei tre decreti per regolamentare in modo stretto la vendita di prodotti con farine di grilli, locuste, larve e tarme. Se si ha una storia di allergie alimentari o si è sensibili alle proteine presenti negli insetti, sarebbe meglio evitare il consumo di insetti come cibo. In caso di dubbio, è sempre consigliabile consultare un medico allergologo per determinare la presenza di eventuali allergie e decidere se è sicuro mangiare insetti.
L’HealthTech può rendere la salute più sostenibile e inclusiva
Benessere, News Presa, One health, Ricerca innovazioneL’intento è rendere la Salute, grazie alle nuove tecnologie, più inclusiva, personalizzata e sostenibile. Il presupposto è che l’innovazione – se governata in direzione dell’effettivo valore generato e se misurata sull’impatto di salute di cittadini e pazienti – è un vettore di sviluppo e crescita socio-economica.
Se ne è discusso ieri nella tavola rotonda The Health Teach R(E)volution promossa da Medtronic, in collaborazione con il Corriere della Sera, con il patrocinio di Confindustria dispositivi medici, Ecole enti Confindustriali Lombardi per l’education e American Chamber of Commerce in Italy.
In Italia il 40% della popolazione con cronicità
In Italia il peso della cronicità affligge il 40% della popolazione, percentuale tra le più alte nel mondo. A livello globale, le malattie croniche sono responsabili di 41 milioni di morti ogni anno.
Di fronte alle sempre crescenti aspettative dei pazienti e cittadini verso l’equità e l’accesso alle cure, la Salute è al centro di un mondo in forte cambiamento. Tra questi, l’aumento dei costi e la trasformazione digitale che la pandemia ha accelerato di 7 anni. Il forte focus post pandemia verso la salute pubblica si basa sulla stima che il beneficio economico incrementale è di 2-4 euro per ogni 1 euro investito in una salute migliore. Le nuove tecnologie possono rivestire un ruolo chiave in questo senso, tra i trend di innovazione: la connettività e digitalizzazione, l’IA, i dati, il machine learning, la mininvasività e miniaturizzazione, la robotica e la telemedicina.
L’innovazione non riguarda solo le tecnologie, ma anche il modello di sviluppo che per Medtronic va orientato verso il valore generato dalle cure. Ogni anno sono circa 100 le nuove tecnologie realizzate da Medtronic e circa 400 istituzioni ospedaliere hanno deciso, in Europa, di lavorare con una partnership più ampia e orientata ad andare oltre l’acquisto di tecnologia per la salute.
Cure sulla base dei bisogni di salute
L’evento si è svolto a Roma presso lo Spazio Ara Pacis. I professionisti del settore hanno condiviso le proprie esperienze concrete sulla HealthTech (R)evolution ovvero sull’innovazione tecnologica per la salute con effetto misurabile e il rapporto pubblico-privato nella filiera.
A dare il benvenuto e introdurre i lavori, Michele Perrino Vice President di Medtronic, Enterprise Accounts & Services, Western Europe che ha sottolineato: “Stiamo guidando un’evoluzione senza eguali, una rivoluzione dell’HealthTech dove le nuove tecnologie offrono l’opportunità di ridisegnare le cure sulla base dei bisogni delle persone con la valutazione dei risultati e degli esiti di salute.
Per noi la promessa di un ecosistema di salute, più sostenibile e inclusivo, costituisce un traguardo raggiungibile attraverso gli strumenti della Partnership Pubblico Privata e con la convergenza di nuove tecnologie in grado di definire modelli di presa in carico, dalla prevenzione alla diagnosi e cura. Per il mercato questo significa definire modelli di offerta inclusivi di servizi e soluzioni, con nuove modalità di acquisto e nuove modalità di pagamento”.
Salute: sfide e risposte per l’Healthcare in Italia
Tre i panel di discussione: ’Esperienze dalla Community of Practice’; “Gli abilitatori chiave del Valore per la Salute: Digital Health, Open Innovation” e “Il Futuro è oggi: Sfide e risposte per l’Healthcare in Italia”.
Nel corso del primo panel è emerso il cambio di rotta portato avanti da Consip con un nuovo approccio agli acquisti di dispositivi medici basato anche sulla sostenibilità dell’esito. Come confermato da Giuseppina Bisceglia, Category Manager – Area Sanità – Divisione Sourcing Sanità, Beni e Servizi (Consip S.p.A.): ‘Consip pubblica procedure di dispositivi medici già dal 2016. Negli ultimi anni abbiamo introdotto, come fatto con pacemaker e defibrillatori cardiaci impiantabili, criteri focalizzati sulla performance a lungo termine in grado di valorizzare il beneficio clinico e la qualità di vita del paziente’.
A condividere questo nuovo approccio, anche Monica Piovi, Consigliere regionale della Toscana, settore Provveditorato, gare e contratti e manutenzione sedi, che ha confermato come da anni anche la Regione Toscana abbia introdotto nuovi parametri, quali il monitoraggio dei risultati sul paziente soprattutto su tecnologie a forte impatto economico. “I criteri di valutazione si spingono anche sui temi di sostenibilità ambientale e sociale, chiedendo all’industria di partecipare con responsabilità e attenzione”
I dispositivi innovativi
Luca Merlino, direttore generale del Centro cardiologico Monzino ha sottolineato invece, la necessità di ‘introdurre nelle aziende sanitarie dispositivi innovativi come, ad esempio, il micro-pacemaker senza fili. Con l’innovazione digitale molte attività di follow-up dei pazienti possono essere fatte al di fuori dell’ospedale. Per questo motivo il sistema di rimborso DRG deve evolversi e valutare l’intera gestione della malattia in un’ottica bundle’.
Sulla stessa lunghezza d’onda si è espresso, nel corso del secondo panel, anche Giulio Siccardi, Direttore UOC Sistemi informativi, patrimonio gestione della logistica e provveditorato, portale della trasparenza, il quale ha sottolineato il ruolo di Agenas: ‘Oggi, con la fruizione aperta al cittadino del Programma Nazionale Esiti abbiamo dato impulso a una positiva competizione verso la migliore assistenza sanitaria’.
Annalisa Mandorino di Cittadinanzattiva conferma che “Il cittadino ha un ruolo proattivo sulla costruzione del valore. Il nostro audit civico partecipato prevede diversi cicli con un approccio propositivo verso il miglioramento delle strutture e dei servizi sanitari”.
Il partenariato pubblico-privato
Dal terzo panel, invece, è emersa l’importanza che in questo campo assumono i rapporti di partenariato pubblico-privato al fine di garantire la sostenibilità dell’innovazione.
In tal senso, una best practice, è rappresentata dal Rome Technopole, come sostiene infatti Carlo Catalano, Direttore del Dipartimento di Scienze Radiologiche Oncologiche e Patologiche- Sapienza Università di Roma e Delegato dalla rettrice Polimenti per Rome Technopole: ‘La nostra Università partecipa attivamente alla ricerca sanitaria in vari ambiti, in particolare il PNRR ci ha dato la possibilità di partecipare a progetti finanziati volti alla costruzione del Tecnopolo a Pietralata e alla realizzazione di alcuni device, portandoli da una base di ricerca a un ambito clinico, quindi al loro effettivo utilizzo’.
Sono intervenuti anche Michele Muccini, direttore Istituto per lo studio dei materiali nanostrutturati al Cnr Emilia Romagna e presidente di Mister Smart Innovation e Francesco Di Meco, direttore del dipartimento di Neurochirurgia dell’IRCCS Besta e direttore della Scuola di Specializzazione in Neurochirurgia all’Università Statale di Milano.
Bambini, subito davanti agli schermi e nessuno legge loro libri
Bambini, News Presa, PediatriaOltre 9 mamme su 10, hanno riferito di non aver fumato durante la gravidanza e oltre 8 su 10 di non aver consumato bevande alcoliche. Tuttavia, sono ancora troppi i bambini (38%)potenzialmente esposti a fumo passivo a causa della presenza di almeno un genitore e/o altra persona convivente fumatrice.
Inoltre, se è vero che più del 90% delle mamme ha assunto acido folico in gravidanza, è altrettanto vero che solo un terzo (32,1%) lo ha fatto in maniera appropriata a partire da un mese prima del concepimento.
Ancora: tra gli 11 e i 15 mesi, oltre la metà dei piccoli è esposta già a schermi, tra TV, computer, tablet o cellulari. Nella stessa fascia d’età, oltre un terzo delle mamme trova difficile farli stare, in auto, nel seggiolino ben allacciati.
Sono questi alcuni dei risultati, presentati ieri presso l’Istituto Superiore di Sanità, del Sistema di Sorveglianza 0-2 anni sui principali determinanti di salute del bambino – Sorveglianza Bambini 0-2 anni – promosso dal Ministero della Salute e coordinato dall’ISS, realizzato in collaborazione con le Regioni.
Salute dei bambini
“Investire nelle prime epoche della vita significa favorire ricadute positive lungo tutto l’arco dell’esistenza, non solo nel singolo ma nell’intera comunità, sia in termini di salute che di sviluppo di competenze cognitive e sociali e di accesso a percorsi educativi e professionali – afferma Giovanni Capelli, Direttore del Centro Nazionale per la Prevenzione delle Malattie e la Promozione della Salute dell’ISS. I risultati dell’edizione 2022 ella Sorveglianza mostrano che i comportamenti favorevoli al pieno sviluppo psico-fisico dei bambini non sono sempre garantiti ed evidenziano differenze territoriali e socio-economiche meritevoli di attenzione in un’ottica di salute pubblica”.
Dalla Sorveglianza – che ha coinvolto un totale di oltre 35.000 mamme intervistate nei Centri Vaccinali delle Regioni partecipanti – viene fuori che due terzi delle mamme (66,7%) è consapevole di dover mettere a dormire il proprio bambino a pancia in su per prevenire la morte improvvisa in culla.
Tre quarti delle mamme (76,1%) intende vaccinare i propri figli ricorrendo sia alle vaccinazioni obbligatorie che a quelle raccomandate. Il 13% dei bambini non è mai stato allattato e sono ancora pochi quelli allattati in maniera esclusiva per il tempo raccomandato dall’OMS. Sono il 46,7% nella fascia d’età 2-3 mesi che si riducono al 30% nella fascia 4-5 mesi.
Troppi schermi e niente più libri
Troppi i bambini che passano del tempo davanti a TV, computer, tablet o cellulari già a partire dai primi mesi di vita: il 22,1% nella fascia 2-5 mesi, percentuale che cresce all’aumentare dell’età fino ad arrivare al 58,1% tra i bambini di 11-15 mesi. La quota di bambini a cui non sono stati letti libri nella settimana precedente l’intervista risulta pari al 58,3% nella fascia d’età 2-5 mesi, e al 32,6% tra i bambini di 11-15 mesi.
Il 12,4% delle mamme di bambini di 0-2 anni ha riferito di essersi rivolta a pediatra o pronto soccorso per incidenti occorsi al bambino. Il 19,3% delle mamme di bambini di 2-5 mesi riferisce di avere difficoltà nel farli stare seduti e allacciati al seggiolino, quota che sale al 34,4% tra le mamme di bambini di 11-15 mesi.
Andrea: a 29 anni sono arrivato a pesare 280 chili
AlimentazionePesare 280 chili
Ventinove anni e un peso di 280 chili. La storia di Andrea è fatta di sofferenza, tanti rifiuti, tanti no, ma anche di un sì che ora gli sta cambiando la vita. Dopo svariate ricerche, è riuscito infatti a trovare un reparto in grado di prendersi cura di lui e di aiutarlo a tornare a vivere. Un percorso molto difficile e per nulla scontato, ma anche un percorso fatto di eccellenze e sostegno concreto. Ma andiamo con ordine.
UN VUOTO INCOLMABILE
A parlare della sua storia è proprio il giovane. Andrea spiega che con 280 chili, ogni singolo respiro è una sfida. Dentro di te, racconta, sai che ogni notte potrebbe essere l’ultima. Nonostante questo, senti il desiderio incontrollabile di mangiare. Sempre di più, senza alcun limite. Forse io mangiavo per riempire un vuoto, per anestetizzare un dolore che per anni mi sono portato dentro. Arrivato ormai ad un passo dalla morte, Andrea ha trovato aiuto presso reparto di Chirurgia Generale ad Indirizzo Bariatrico ed Endocrino Metabolico diretto dal professor Mario Musella.
LA SPERANZA
Sottoposto ad un di bypass gastrico, il giovane ha ora una lunga strada da percorrere. Non l’ultimo passo, dice, ma di certo uno spartiacque tra un prima e un dopo. A soli 29 anni, Andrea si è ritrovato prigioniero del suo corpo, schiacciato da un peso di 280 chili, e incapace di trovare una via d’uscita. Un disagio che ha radici profonde, acuitosi durante la pandemia e trasformatosi ben presto in una strada apparentemente senza uscita. Fino a quando è stato accolto dalla equipe del Centro bariatrico federiciano dove si sono potute riaccendere le speranze per un futuro che sembrava già scritto. La struttura, diretta dal professor Musella, infatti, è l’unico centro di eccellenza nel Sud Italia (sono otto i centri in tutto il territorio nazionale) tra quelli riconosciuti dalla Federazione Internazionale – IFSO ed è uno dei sette centri di eccellenza presenti in Campania accreditati dalla Società Italiana di Chirurgia Bariatrico Metabolica (SICOB).
BYPASS GASTRICO
Grazie all’interazione multidisciplinare, caratteristica principale del nostro Centro di Chirurgia Bariatrica, spiega il professor Musella, Andrea ha effettuato prima un trattamento psicologico e dietetico-comportamentale, che lo ha portato a perdere circa 60 chili, poi, al peso di circa 220 chili, è stato sottoposto ad un intervento chirurgico laparoscopico di bypass gastrico a singola anastomosi. Questo intervento è una variante del tradizionale bypass gastrico ed è caratterizzato, non solo dalla riduzione del volume dello stomaco, ma anche da una marcata diminuzione della capacità dell’intestino ad assorbire nutrienti che si ottiene escludendo il primo tratto dell’intestino tenue dal passaggio degli alimenti.
FORTE COME IL NAPOLI
Grazie all’operazione, il paziente ha avuto un rapido recupero ed è stato dimesso, dopo pochi giorni dalla procedura, con un ulteriore calo ponderale di circa 20 chili. Oggi Andrea ha già perso più di 75 chili. A chi gli chiede se riuscirà a farcela risponde «devo farcela». L’obiettivo non è facile da raggiungere, il peso forma è di 80 chili, ma non è certo impossibile. Ad incoraggiare Andrea sono anche gli incredibili risultati di Osimhen, Kvaratskhelia e compagni. «nche per loro, a inizio stagione, gli obiettivi di quest’anno saranno sembrati impossibili, dice sorridendo Andrea, e invece… Una volta dimesso, Andrea potrà continuare il suo cammino di rinascita.
TORNARE A CASA
Un percorso difficile e pieno di insidie. Ma anche un percorso lungo durante il quale potrà contare sul sostegno di sua madre Ornella, di suo padre Vito e del secondo marito di Ornella, Antonio, che lo ha cresciuto come un padre. Certamente, Andrea sarà supportato da tutto il personale del reparto di Chirurgia Bariatrica e Metabolica che in queste settimane si è preso cura di lui. I medici del Centro gli hanno dato infatti appuntamento in ambulatorio, dove sarà regolarmente seguito dall’equipe multidisciplinare nel suo percorso di dimagrimento e di guarigione dall’obesità patologica e da tutta la sofferenza, fisica e psicologica che lo accompagnavano da almeno 15 anni.
Lotta al melanoma, Ascierto è il migliore al mondo
PrevenzioneNon solo bravo, addirittura il migliore al mondo. Il nome è quello di un campano d’eccezione Paolo Ascierto (direttore dell’Unità di Oncologia Melanoma, Immunoterapia Oncologica e Terapie Innovative del Pascale), stando alla classifica Expertscape, ideata dall’Università del North Carolina. Nella graduatoria, che ha messo in fila i massimi esperti di melanoma al mondo nel decennio 2013-2023, Ascierto è risultato primo su su oltre 130 mila specialisti a livello mondiale. Una valutazione che si basa sulla produzione scientifica dei ricercatori nell’ultimo decennio, valutando la qualità della rivista e la posizione come autore nell’articolo.
CHI È
Pioniere della prima molecola immuno-oncologica approvata e autore di oltre 150 studi sul melanoma, Ascierto è certamente tra i volti più noti e amati nel panorama campano e non solo. Un uomo di grande spessore umano, oltre che professionale. Il suo successo non è solo personale, ma anche per l’Istituto dei tumori partenopeo, che conferma il suo ruolo di leader internazionale coinvolto nelle principali sperimentazioni cliniche e traslazionali e nella definizione delle più importanti linee guida nel settore.
ESSERE I MIGLIORI NON BASTA
L’oncologo sottolinea che la parte più difficile non è arrivare ai vertici ma rimanerci, grazie alla sana e importante competizione internazionale che stimola a fare sempre di più per la ricerca e per i pazienti. Anche per questo Paolo Ascierto non ha mai smesso di cercare di migliorarsi e di fare di più. Oggi, tra le altre cose, è componente del gruppo di lavoro che stila le linee guida di ASCO (American Society of Clinical Oncology), nonché coordinatore dell’Esmo (European Society of Clinical Oncology) e di Aiom (Associazione italiana di oncologia medica) sul melanoma. I prossimi obiettivi di ricerca di Ascierto sono di capire i meccanismi di resistenza all’immunoterapia e target therapy, e di testare nuovi farmaci per superare questa resistenza.
Cambio dell’ora può influire sulla dieta. I consigli dell’esperto
Alimentazione, News PresaDormiremo un’ora in meno e ci metteremo a tavola in orari diversi dal solito. Sabato torna l’ora legale. L’esperto suggerisce i tipi di alimenti e quando possono essere di aiuto per riprendere il ritmo circadiano.
Si tratta di un cambiamento a cui siamo ormai abituati per almeno 2 volte l’anno quello che ci fa spostare le lancette dell’orologio. Ma quanto può incidere sulla nostra tavola e sulla nostra dieta? Per capire meglio la relazione tra i nostri ritmi interni e quelli a tavola, interviene Paolo Bianchini, consulente nutrizionale e autore del Metodo Bianchini.
Cambio dell’ora può incidere sulla dieta
Esiste nel nostro organismo un meccanismo chiamato ritmo circadiano che rappresenta l’orologio biologico di numerose funzioni dell’organismo (es. temperatura corporea, frequenza cardiaca, pressione arteriosa, secrezione ormonale e ciclo sonno-veglia) e che può risentire del cambio delle lancette.
“I cambiamenti di questa attività vengono regolati da una serie di molecole specifiche prodotte prevalentemente dall’ipotalamo, ma anche da fattori esterni come il cambio dell’ora, l’alternanza a buio/luce, la temperatura, le esigenze sociali. La ghiandola pineale – spiega BIANCHINI – secerne la melatonina che favorisce il ciclo sonno veglia e viene prodotta solo in condizioni di buio. Possono avvenire delle alterazioni di questo ritmo a seguito di motivazioni endogene oppure a seguito di una mancata “sincronizzazione” tra l’orologio biologico e il ritmo imposto all’esterno come per esempio il caso del cambio dell’ora solare. Le conseguenze di questa alterazione sono affaticamento, sonnolenza diurna ma anche disturbo del sonno con difficoltà ad addormentarsi. Un corretto stile alimentare può mantenere la corretta funzionalità del ritmo circadiano e quindi di un buon ciclo sonno/veglia”.
Gli alimenti che aiutano a riprendere il ritmo circadiano e compensare il cambiamento dell’ora, sono quelli che mantengono un buon controllo glicemico e ormonale.
“Evitiamo gli stereotipi per cui cereali, banane, uva e latticini conciliano il sonno – prosegue. Un piatto unico composto da proteine e verdure costituiscono quel binomio ottimale per regolarizzare la risposta ormonale che serve a intervenire sul nostro orologio biologico interno”.
Vanno evitati sicuramente – prosegue BIANCHINI – cibi amidacei come i cereali (anche integrali), la frutta fresca, cioccolato e i latticini. Questi sono tutti alimenti sfavorevoli al pasto serale perché aumentano i livelli di glicemia nel sangue innescando di conseguenza la produzione di insulina. Questo ormone può provocare attacchi di sonnolenza quasi improvvisa o addirittura insonnia creando ripetuti risvegli notturni”.
L’orologio biochimico degli alimenti
Per sfruttare al massimo i benefici della biochimica degli alimenti, è bene seguire anche una tempistica legata ai pasti che dovrà avvicinarsi al nuovo orario.
“A determinati orari corrispondono funzioni ormonali differenti che comportano un’elaborazione e un’assimilazione a livello biochimico diversa. Per esempio l’orario ottimale del mattino è tra le 7 e le 8.30, perché è in quel lasso di tempo che il fisico accetta meglio gli alimenti con un carico glicemico più elevato. Vale anche per l’ora della cena (che deve essere nutriente, ma leggera) – continua BIANCHINI – che è preferibile si concluda al massimo entro le ore 20.30 per facilitare la digestione e l’addormentamento. La sera tardi la ghiandola pineale situata nel cervello inizia a secernere melatonina, l’ormone che favorisce il sonno e la temperatura corporea inizia ad abbassarsi. Dall’ipofisi, viene liberato l’ormone della crescita (GH), che permette il recupero muscolare, cioè la riparazione e rigenerazione di cellule e tessuti. Se, al contrario, si assumesse un pasto ricco di carboidrati o molto grasso si innalzerebbero i livelli di insulina nel sangue con conseguente produzione di cortisolo, sviluppando una vera e propria violenza per il nostro organismo che invece sta facendo il possibile per “spegnersi”.
Acqua minerale e plastica, un connubio controverso
AlimentazioneBere acqua, ma non dal rubinetto. È la convinzione del 29,4% delle famiglie italiane, che evidentemente si fida poco o niente dell’acqua pubblica. Una sfiducia che resta stabile rispetto al 2021, pur nel contesto di una progressiva riduzione delle preoccupazioni rispetto a venti anni fa (40,1% nel 2002). I dati sono quelli dell’Istat, contenuti nelle statistiche sull’acqua per il periodo 2020-2022 e diffusi in occasione della Giornata mondiale dell’acqua. Enormi sono le differenze sul piano territoriale: si passa dal 17,3% di sfiducia nel Nord-est al 58,3% nelle Isole. A livello regionale, le percentuali più alte si riscontrano in Sicilia (61,7%), in Calabria (51,1%) e in Sardegna (48,6%).
MICROPLASTICHE
Se è vero che in molti preferiscono bere acqua minerale, molti altri si chiedono se la plastica che la contiene non faccia male. Diciamo subito che la plastica usata per l’acqua non è la stessa plastica utilizzata per imballaggi o per produrre oggetti di uso comune. Per le bevande, così come per l’acqua minerale, per esempio, viene usato principalmente il PET (polietilene tereftalato). Le norme in questo settore sono stringenti e tendono a imporre dei limiti importanti per le sostanze che potrebbero trasferirsi dalla confezione all’alimento andando ad alterarlo.
LA MIGRAZIONE
Questo trasferimento di sostanze viene chiamato migrazione. Ovviamente la quantità di sostanze che potrebbero trasferirsi al prodotto dipende da molti fattori, ad esempio la modalità e dal tempo di conservazione del prodotto, le proprietà chimico-fisiche della sostanza migrante, dalla temperatura e molto altro. Anche se in piccola parte, l’acqua contenuta in bottiglie di plastica può presentare delle alterazioni.
I DATI
Secondo lo studio Experimental Comparison of Chemical Migration, sembra che ci siano 29 sostanze chimiche pericolose per la salute che possono migrare dalla plastica della bottiglia all’acqua contenuta al suo interno. Tra queste sostanze si trovano aldeidi come l’acetaldeide e la formaldeide, chetoni e ftalati. È stato osservato che la quantità di queste sostanze aumenta di 9 volte se la bottiglia viene esposta a temperature che passano da 20 a 30 °C, e di 4 volte se l’acqua rimane nella bottiglia per più di tre mesi.
Demenze: disparità tra nord e sud. La fotografia dei centri
Benessere, News Presa, One healthUn’indagine dell’ISS traccia il profilo dei Centri dedicati alle demenze. Circa la metà dei centri sono aperti cinque giorni a settimana, ma si trovano al Nord. La prima criticità che emerge è il divario di offerta tra nord e sud.
I dati dell’indagine sui Centri per i Disturbi Cognitivi e le Demenze
Sono oltre 500 i Centri per i Disturbi Cognitivi e le Demenze (CDCD) sparsi sul territorio nazionale. All’interno vi lavorano in media 5 professionisti. Un terzo circa di questi centri è diretto dal neurologo, un altro terzo dal geriatra e in poco meno di un altro terzo operano almeno due delle tre figure mediche fondamentali (neurologo, geriatra, psichiatra), mentre nel 5% dei casi a coordinare è lo psichiatra.
Scarseggiano, inoltre, altre tipologie di professionisti (infermieri, fisioterapisti, logopedisti, mediatori culturali) nell’organico delle strutture. È quanto emerge dalla survey sui CDCD, condotta dall’Osservatorio Demenze dell’ISS tra luglio 2022 e febbraio 2023.
L’indagine ha inoltre evidenziato che un quarto dei CDCD è aperto un giorno a settimana. Tra quelli aperti 5 giorni a settimana, la maggioranza (43.5%) è al Nord, il 27.5% al Centro e il 24.6% al Sud.
“Questi dati fotografano le criticità dell’offerta sanitaria presente in Italia per i CDCD sia per quanto riguarda il numero complessivo di professionisti che per la scarsità di altre tipologie di professionisti diverse dai medici – osserva Nicola Vanacore, direttore dell’Osservatorio Demenze dell’ISS –. In una logica di sanità pubblica è fondamentale poter disporre nei CDCD, un nodo cruciale per la diagnosi e la presa in carico delle persone con demenza, di un maggior numero di professionisti e di personale con diversi profili al fine di poter valorizzare sempre più un lavoro di equipe interprofessionale e di renderlo disponibile e capillare in tutto il territorio nazionale.
Si tratta di dati molto importanti poiché parliamo di un problema che coinvolge in Italia circa due milioni di persone con disturbo cognitivo lieve o demenza e circa tre milioni di italiani, tra familiari e caregiver, che vivono con loro”.
Disparità tra nord e sud
All’indagine hanno partecipato 512 CDCD su 540 (95%). L’80.9% di questi CDCD è presente sul territorio nazionale con sedi uniche mentre il 19.1% ha dei distaccamenti territoriali per un totale complessivo di ulteriori 163 strutture. I CDCD sono localizzati per il 9.2% nelle Università/IRCSS, per il 44.1% nel territorio e per il 46.7% negli ospedali.
Il 25.4% dei CDCD è aperto un solo giorno a settimana, una criticità già rilevata nella survey precedente del 2014-2015. I CDCD aperti per 5 giorni a settimana si trovano per il 43.5% al Nord, mentre al Centro sono il 27.5% e al Sud-Isole il 24.6%.
I professionisti che lavorano nei CDCD sono complessivamente 2568, di cui il 14% non strutturato. Nel 29.7% dei CDCD operano almeno due tra neurologo, geriatra e psichiatra, mentre il 33 % dei CDCD è diretto solo dal neurologo, il 31.5% solo dal geriatra e il 5.1% solo dallo psichiatra. Nel 29.9% dei Centri opera almeno uno neuropsicologo e nel 26.6% almeno uno psicologo. Nel 58.8% dei CDCD è impegnato almeno un infermiere, nel 16.2% un assistente sociale, un amministrativo (8.9%), un logopedista (8.4%), un fisioterapista (6.4%), un genetista (1.6%), un terapista occupazionale (1.1%), un mediatore culturale (1.1%) e un interprete linguistico (1.1%).