Olio di palma, perché fa paura?
Alcune aziende hanno anche iniziato a scrivere sull’etichetta dei prodotti “non contiene olio di palma” per rassicurare i consumatori. Ma da quando quest’olio è diventato il male assoluto e perché ? L’olio di palma e quello di palmisto contengono grandi quantità di acidi grassi saturi, pericolosi per la salute di arterie e cuore. Uno studio pubblicato nel 2016 dall’EFSA dice anche che a temperature superiori ai 200 °C questi olii sviluppano sostanze (2 e 3-3- e 2-monocloropropanediolo, MCPD, e relativi acidi grassi) che, ad alte concentrazioni, sono genotossiche, ovvero possono mutare il patrimonio genetico delle cellule. Tuttavia l’EFSA non ha mai chiesto il bando dell’olio di palma, perché è difficile raggiungere concentrazioni pericolose con la normale alimentazione; inoltre nello stesso studio si nota che negli ultimi anni il contenuto di queste sostanze nei prodotti industriali è drasticamente diminuito poiché le industrie hanno appunto modificato i propri processi produttivi. Nel gennaio del 2018 l’EFSA ha pubblicato un aggiornamento della sua valutazione del 3-MCPD, innalzandone la soglia tollerabile da 0,8 microgrammi per chilo al giorno a 2 microgrammi per chilo al giorno. Anche altri olii vegetali sviluppano le stesse sostanze nocive, anche se in concentrazioni minori, con effetti negativi per altri aspetti della salute non legati ai tumori. L’olio di palma ha anche un impatto sull’ambiente e la sua coltivazione (così come quella di altre piante da olio che potrebbero sostituirlo), infatti è considerata poco sostenibile. In conclusione, secondo gli esperti, è consigliabile non abusare di cibi contenenti olio di palma, ma non c’è alcun motivo valido per eliminarli del tutto.