La battaglia contro la CAD: una sfida rara
Molte malattie rare hanno nomi complicati e sono sconosciute ai più, sono però malattie che spesso devastano la vita dei pazienti e delle loro famiglie. Ed è per questo che è importante parlarne, fare in modo che sempre più cada quel velo di indifferenza che le circonda. Della cold agglutinin disease (o semplicemente CAD) abbiamo parlato con la dottoressa Claudia Giordano (Dipartimento di Medicina Clinica e Chirurgia Unità di Ematologia dell’Università Federico II di Napoli). «Si tratta di una rara patologia ematologica caratterizzata dalla distruzione dei globuli rossi da parte di anticorpi prodotti dal proprio sistema immunitario (auto-anticorpi) che esercitano la loro azione a temperature corporee inferiori ai 37°», ci spiega.
Ritardo diagnostico
Ma Qual è la disfunzione che la caratterizza? La dottoressa Giordano chiarisce che la malattia porta ad una grave anemia (riduzione dei globuli rossi) di tipo emolitico. Questo significa che i globuli rossi si rompono e rilasciano sostanze tra le quali emoglobina e scarti. «Quindi, quando un paziente ha la CAD presenta i sintomi tipici dell’anemia: facile affaticabilità, incremento del battito cardiaco, dispnea per sforzi lievi, ma anche sintomi dovuti all’azione di questi particolari auto-anticorpi che agiscono soprattutto a basse temperature», dice Giordano. I numeri ci dicono che in Italia la malattia da agglutinine fredde riguarda più o meno una persona su un milione. O meglio, una su un milione riceve una diagnosi ogni anno. «Per questo motivo la CAD è spesso misconosciuta e il paziente è correttamente diagnosticato anche dopo molto tempo dall’esordio dei sintomi».
I sintomi
Ci sono, come in tutte le malattie, dei campanelli d’allarme ai quali è possibile prestare attenzione. La specialista ci spiega che «i pazienti con CAD possono riferire come primo sintomo una facile affaticabilità, oppure presentare le dita delle mani o piedi fredde e bluastre con relativa difficoltà nei movimenti di precisione. Il paziente può presentare ittero (cute e sclere degli occhi giallastri) per l’incremento della bilirubina dovuto alla distruzione dei globuli rossi». Se questi sono i sintomi principali, resta da capire come si arriva ad una diagnosi. Un percorso, lo diciamo subito, che spesso si trasforma in un’epopea. «Il primo esame da praticare se si ha un sospetto diagnostico è l’emocromo, che evidenzierà una riduzione dell’emoglobina. In seguito, il paziente dovrà praticare un consulto con lo specialista ematologo che provvederà a tutti gli esami del sangue specifici per evidenziare la presenza dell’effettiva distruzione dei globuli rossi in circolo. C’è un test specifico (Test di Coombs) che consente di accertare la presenza di anticorpi che legano e distruggono i globuli rossi proprio a temperature più fredde.
Evitare il freddo
Trattandosi di una malattia che reagisce al freddo, una delle raccomandazioni dei medici è quella di modifiche lo stile di vita, in primis, ma ci sono anche delle terapie specifiche quando la condizione diventa più severa. «Spieghiamo ai nostri pazienti che è necessario evitare l’esposizione a temperature più fredde e, comunque, che bisogna utilizzare indumenti che proteggano le parti più a rischio per il freddo (mani e piedi, ndr)». Quanto alla terapia «quella più comunemente usata fino ad ora per trattare la CAD è basata su un farmaco che agisce sui linfociti del paziente (globuli bianchi) impedendo ad essi di produrre gli autoanticorpi che attaccano i globuli rossi. Si tratta di un farmaco efficace, ma il paziente può perdere la risposta dopo qualche anno e avere bisogno di un nuovo ciclo di terapia. È importante anche informare i pazienti che questa terapia non è scevra da controindicazioni. Si tratta infatti di un farmaco che lo espone ad un maggior rischio di infezioni e di aver bisogno, in alcuni casi, di una profilassi per le infezioni batteriche e virali».
Una terapia efficace
La vera novità riguarda invece un nuovo farmaco per la CAD, approvato solo di recente, che agisce impedendo direttamente gli autoanticorpi di legarsi e quindi attaccare i globuli rossi e migliora in poco tempo i sintomi correlati all’anemia. Un capitolo a parte lo meritano le trasfusioni di sangue. «Se la CAD è in forma grave (acuta), il medico può aver bisogno di eseguire una trasfusione di sangue o una plasmaferesi – spiega Giordano – per stabilizzare la condizione. Purtroppo – conclude la specialista – non esiste una cura definitiva per questa malattia, la plasmaferesi agisce riducendo il numero di autoanticorpi circolanti nel sangue. La CAD è insomma una patologia cronica con la quale il paziente deve imparare a convivere, imparare a riconoscere i sintomi correlati ad un’acutizzazione della malattia ed evitare esposizioni a temperature più fredde».
Articolo pubblicato su IL MATTINO il giorno 29 settembre 2024 a Firma di Marcella Travazza con la collaborazione del network editoriale PreSa – Prevenzione Salute
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