Glaucoma, metà non sa di averlo. Settimana mondiale
Il glaucoma è la principale causa di cecità irreversibile nel mondo. La malattia degli occhi danneggia il nervo ottico, spesso associato a un aumento della pressione oculare. Dà sintomi solo in fase avanzata, quando i danni causati non sono più riparabili. La progressione della malattia, inoltre, è così lenta che il paziente non si accorge di nulla per molto tempo. Per poterla curare è necessario riconoscerla quando i sintomi non si sono ancora manifestati. Per sapere se si ha il glaucoma è sufficiente rivolgersi a un medico oculista che con una visita specialistica può diagnosticarlo in tempo.
Secondo “Vista in Salute – Report 2019/2022” dell’Agenzia Internazionale per la Prevenzione della Cecità – IAPB Italia Onlus, nel mondo le persone affette da glaucoma sono circa 76 milioni. I casi nel nostro Paese sono circa 1 milione, tuttavia circa la metà dei colpiti non è consapevole di esserne affetta. In particolare, gran parte della popolazione non sa che cosa è il glaucoma e non è a conoscenza del grave rischio di perdita della vista che ne consegue. Inoltre, chi ha sentito parlare di questa patologia e la conosce pensa che i sintomi siano riconoscibili e permettano di accorgersene in tempo. Gli specialisti, invece, sottolineano che non è così.
Da domenica 10 a sabato 16 marzo torna in 100 piazze italiane “La Settimana Mondiale del Glaucoma” dell’Agenzia Internazionale per la Prevenzione della Cecità – IAPB Italia Onlus. La campagna di sensibilizzazione coinvolge tutto il Paese con la collaborazione delle strutture territoriali dell’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti, con la distribuzione di opuscoli informativi nelle piazze dei capoluoghi di provincia, interviste a medici oculisti sui media locali e controlli gratuiti o visite di approfondimento con oftalmologi.
“Gli attuali modelli sanitari– sostiene Mario Barbuto, presidente di IAPB Italia Onlus – non sono più in grado di gestire il bisogno di salute visiva di una popolazione che richiede che la prevenzione entri efficacemente nei percorsi di cura. Né è prova l’esistenza di lunghe liste di attesa”.
“Noi riscontriamo una consapevolezza nella popolazione, per certi versi timidamente accresciuta, sulla necessità di prevenzione delle malattie oculari – prosegue Barbuto – ma l’offerta pubblica utilizza vecchi modelli di salute oculare, incapaci di assicurare l’accesso a una visita oculistica a coloro che rischiano di perdere in tutto o in parte la vista. Più precisamente, non c’è ancora una selezione al livello territoriale che faccia da filtro per garantire a coloro che necessitano di accedere prioritariamente alle cure, di raggiungere rapidamente i centri specializzati, ossia gli ospedali. In tal modo si liberano gli ospedali dalla pressione di visite differibili e si tutela la vista di chi è più a rischio ipovisione e cecità. Perciò il Servizio Sanitario Nazionale si deve riorganizzare per garantire l’accesso effettivo ai servizi pubblici oftalmici”.