Emicrania, lo smart working ha cambiato tutto
Per molti pazienti con emicrania, sembra strano a dirsi, il Covid è stato un toccasana. A rivelarlo è uno studio pubblicato su Cephalalgia nel quale viene messo in evidenza come lo smart working abbia ridotto la pressione del lavoro, dando la possibilità di gestire meglio la giornata e mettendoli in condizione di fare ricorso anche alla telemedicina. Per un aspetto positivo, però, ce ne sono diversi negativi. La pandemia Covid ha infatti colpito in maniera importante le persone con emicrania. Secondo i dati degli esperti poco meno di un emicranico su tre, il 30%, che aveva bisogno di un’assistenza più assidua e controlli stretti, ha avuto problemi in questi due anni di pandemia. Con i centri che hanno avuto difficoltà a ricevere i pazienti, i medici dirottati ad altri reparti e lo stato di depressione e ansia cresciuto in tutta la popolazione, il disagio si è accentuato in coloro che hanno forma di emicrania cronica e già ne soffrono in una percentuale del 30-40 per cento. Chi tra gli emicranici si è infettato poi, specie con la variante Delta, ha avuto più mal di testa di prima e più persistente e simile o in parte diversa da quella di cui già soffriva.
NUOVE PROSPETTIVE
Cristina Tassorelli, presidente dell’International Headache Society, spiega che la variante Omicron ha portato in Paesi uno stop delle visite, mentre in Italia a seguito di quarantene e isolamenti i consulti sono “a singhiozzo” nei centri, prendendo come esempio quello di Pavia diretto proprio dall’esperta, con molte più disdette di qualche mese fa. «Fino ad ora l’abbiamo usata poco – dice Tassorelli – perché non è riconosciuta e non è remunerata: con remunerata intendo dire che c’è un contratto che mi assicura che ciò che sto facendo posso farlo perché è negli ambiti normativi. Non solo in Italia ma in generale, nell’ambito delle cefalee, la telemedicina l’abbiamo usata troppo poco. La prima diagnosi, certo, va fatta in persona, ma da lì in poi il paziente potrebbe essere gestito in buona parte a distanza. Credo che questo troverà sempre maggiore impulso». Su futuro delle cure, dalla presidente dell’International Headache Society arrivano prospettive positive: nonostante le difficoltà sperimentate dai pazienti, la ricerca non si è mai fermata, anzi in questo periodo è molto attiva e diversi farmaci saranno in futuro a disposizione dei pazienti per ampliare il ventaglio di opzioni a disposizione. Per quanto riguarda i nuovi farmaci, specifica l’esperta, «non sono in arrivo nell’immediato, ma ci sono vari studi in fase avanzata. Vi sono ad esempio delle molecole che sono simili come meccanismo di azione agli anticorpi monoclonali e possono essere prese per bocca, per la prevenzione degli attacchi – conclude – e anche delle novità per il trattamento sintomatico, cioè quando l’attacco è ormai in atto. Per questo ci sono due-tre molecole nuove. Alcuni di questi farmaci sono già disponibili negli Usa e gli studi che ne dimostrano l’efficacia sono già conclusi, per cui arriveranno».