Tumore del seno, nuove speranze
E’ più di una speranza quella che arriva dal congresso ASCO (American Society of Clinical Oncology) 2021, il più importante congresso mondiale di oncologia, sulle nuove terapie contro i tumori della mammella endocrino sensibili. «Uno step importante, che non può essere ancora considerato definitivo, ma che di certo rafforza ancor più la nostra certezza di avere contro questa malattia armi sempre nuove e sempre più efficaci», commenta il direttore del dipartimento di Oncologia senologica e toroco-polmonare dell’Istituto Pascale di Napoli Michelino De Laurentiis. Ed è proprio De Laurentiis a spiegare in modo semplice e chiaro quali sono questi passi in avanti che oggi offrono una speranza a migliaia di donne. «Solo nel nostro paese – dice – il tumore della mammella porta a circa 56.000 nuove diagnosi l’anno e circa 12.000 recidive. Questo significa che ogni anno 12.000 pazienti sviluppano metastasi per tumori individuati negli anni precedenti. Il 60% di queste donne ha una forma di tumore della mammella che si definisce “endocrino sensibile”, vale a dire un tumore che risponde alle manipolazioni ormonali. Perché la crescita stessa di questi tumori è stimolata dagli estrogeni».
INIBITORI DI CILCINE
È proprio a questa platea di donne, che sino a qualche hanno fa avevano, purtroppo, un’aspettativa di vita limitata, che sono rivolti i cambiamenti più significativi. Sono loro che potranno beneficiare di risultati che, se confermati dai prossimi studi, aggiungeranno un tassello significativo alla lotta contro questo tumore. Un’evoluzione delle cure che De Laurentiis ricostruisce nelle tappe più significative. «Per anni è stato possibile curare queste pazienti solo con la terapia ormonale o con la chemioterapia. Dal 2010 c’è stato un cambio di passo, sono arrivati i farmaci a bersaglio molecolare specifico e, tra questi, negli ultimi 4 anni, più o meno a partire dal 2017, i cosiddetti “inibitori delle cicline” che, con la loro onda d’urto, hanno letteralmente cambiato la storia naturale di questa malattia». Semplificando non poco, c’è da sapere che questi farmaci non funzionano da soli, ma si devono “appoggiare” alla terapia ormonale, cioè si devono combinare con questa. «Una terapia ormonale – ricorda De Laurentiis – che è la stessa da almeno 20 anni». A questo punto entra in gioco una categoria di farmaci che degradano in maniera selettiva il recettore degli estrogeni, lo distruggono. Ma c’è un problema: l’unico di questi farmaci disponibile già, come detto, da una ventina di anni, il Fulvestrant, pur essendo molto efficace, presenta grandi difficoltà pratiche. «Ha quella che in gergo si definisce una “scarsa biodisponibilità”. Questo significa che si tratta di un farmaco che è difficile da tenere ad elevate concentrazioni nell’organismo. È poco solubile si somministra con una terapia iniettiva abbastanza dolorosa». Proprio perché poco solubile, il farmaco va sciolto in un liquido oleoso e oltre una certa dose è molto difficile da somministrare.
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FARMACI SERD
Ma è qui che arriva la buona notizia. «Quelli dei quali abbiamo oggi i dati preliminari sono gli studi che dimostrano l’efficacia di nuovi SERD orali (questo il nome di questa categoria di farmaci), che cercano di superare il problema della somministrazione dolorosa e puntano ad una migliore biodisponibilità. In teoria questi farmaci potrebbero portare grandi vantaggi – aggiunge il professore -, e tra i più promettenti della categoria c’è l’Amcenestrant che ha dimostrato di essere molto efficace e con pochi effetti collaterali. Questo almeno per quanto possiamo appurare dagli studi pre clinici e dai dati clinici preliminari appena presentati all’ASCO 2021. Saranno, comunque, gli studi confermatori già in corso, anche presso il nostro istituto, a dire l’ultima parola nei prossimi anni». Proprio in occasione dell’ultimo congresso appeno conclusosi è stato presentato uno studio che punta a dimostrare che non solo la combinazione di inibitori delle cicline con Amcenestrant è possibile e ben tollerata, ma sembrerebbe anche funzionare particolarmente bene. I dati definitivi arriveranno con lo studio “Ameera 5”, al quale partecipa anche lo stesso Michelino De Laurentiis con il suo team. «Sono certo – conclude – che presto avremo nuove armi terapeutiche e, un passo alla volta, riusciremo a prolungare sempre di più la sopravvivenza delle donne affette da queste forme metastatiche, cronicizzandone la malattia per anni. Infatti, i risultati preliminari degli studi presentati su questi nuovi farmaci ci dicono che presto potremmo aumentare ulteriormente l’aspettativa di vita di pazienti alle quali, sino a pochi anni fa, potevamo solo dire “mi dispiace”». Cambiamenti, quelli nelle cure del tumore metastatico della mammella, che già oggi consentono a più della metà di queste pazienti di vivere più di 5 anni e che, perché no, magari in un futuro prossimo potrebbero consentirci di guarire anche queste forme avanzate.