Covid e Alzheimer, relazione pericolosa
Il Covid potrebbe avere un ruolo nell’aumento di casi di Alzheimer in un prossimo futuro. La ragione sta nel fatto che nonostante il virus che causa il Covid sia della stessa famiglia di quelli che sono responsabili dell’influenza e del raffreddore, l’infezione che provoca può colpire con conseguenze devastanti ogni organo del nostro corpo. É insomma una malattia capace non solo di distruggere i polmoni, ma di attaccare e creare problemi a cuore, fegato, intestino e persino al sistema nervoso centrale. Anche il cervello può essere sotto attacco, come dimostrato da un team tedesco guidato ricercatori del dipartimento di Neuropatologia dell’istituto Charité di Berlino. Lo studio ha chiaramente dimostrato come il Sars-CoV-2 riesca a sfruttare la mucosa olfattiva per raggiungere il cervello, passando attraverso il nervo-bulbo olfattivo. Proprio grazie a questo passaggio il Covid potrebbe causare le conseguenze cognitive scatenate dall’infezione, alcune delle quali abbiamo imparato a conoscere (perdita del gusto e dell’olfatto), mentre altre le conosciamo meno: il delirio, la psicosi e la cosiddetta “nebbia cerebrale”. Ora un copioso gruppo di scienziati ipotizza che la Covid possa avere conseguenze neurologiche anche a lungo termine e anche quando lo si contrae con sintomi lievi. Se così fosse è evidente che potremmo trovarci nei prossimi anni davanti ad una vera e propria ondata di casi di declino cognitivo, morbo di Alzheimer e altre forme di demenza.
IL LOCKDOWN
A disegnare una mappa chiara dell’impatto del Covid in Italia sono i dati diffusi in occasione dell’ultimo Congresso Nazionale della Società Italiana di Neurologia. In Italia le patologie neurologiche hanno avuto un fatale incremento: sono oltre 1.200.000 le persone affette da demenza, di cui 720.000 quelle colpite da Alzheimer, alle quali il lockdown ha provocato un aggravamento dei sintomi comportamentali e un peggioramento del decadimento cognitivo. Circa 800.000 sono i pazienti con conseguenze invalidanti dell’Ictus, patologia che ogni anno fa registrare 150.000 nuovi casi e che ha mostrato una maggiore incidenza e severità nei pazienti con coronavirus. Non va m egli con i disturbi del sonno, che riguardano mediamente 12 milioni di italiani ma che durante la pandemia hanno colpito circa 24 milioni di persone. Persino la cefalea, che interessa un individuo su 2, è stata identificata come sintomo del covid.
LAVORO DI SQUADRA
«In considerazione di questi numeri, aggravati proprio dalla pandemia in corso – ha dice il professor Gioacchino Tedeschi, presidente SIN e Direttore Clinica Neurologica e Neurofisiopatologia, AOU Università della Campania “Luigi Vanvitelli” di Napoli – la sfida della neurologia italiana per il futuro si presenta davvero impegnativa e sarà necessario uno sforzo comune per mantenerne i livelli scientifici e migliorarne quelli assistenziali. Il Congresso della SIN rappresenta proprio un importante momento di confronto costruttivo, sinergico e di contaminazione che vede coinvolte tutte le forze in campo».