Tutto sull’oncologia, quel che resta da fare
In Italia vivono oggi 3.600.000 malati di cancro. Un numero importante di cui la politica non può non tener conto. Proprio in piena era Covid – proprio quando vengono a mancare le nuove diagnosi, i pazienti temono il confronto in ospedale con i clinici, le visite vengono rinviate e le terapie a volte sospese – la politica sembra prendere in considerazione più attentamente le vite dei malati di tumore. C’è un cuore pulsante che parla di cancro in Parlamento; lo fa in silenzio o meglio fuori dalle ribalte dei talk show politici, con continuità ed il consueto disordine creativo. Pochi giorni fa la Commissione Affari sociali della Camera ha approvato all’unanimità, senza se e senza ma, la risoluzione sulla governance del cancro presentata dalla dem Elena Carnevali, che fissa impegni precisi per il governo su argomenti cruciali quali le reti e il piano oncologico e su tanti altri bisogni insoddisfatti dei pazienti. Così come c’è una sorta di tentativo di riedizione del pentapartito con ben cinque proposte di legge incardinate in Commissione Lavoro e presentate da Silvana Comaroli (Lega), Luca Rizzo Nervo (Partito democratico), Enrica Segneri (Movimento Cinque Stelle), Walter Rizzetto (Fratelli d’Italia) ed Elvira Savino (Forza Italia) per modificare le norme sul diritto di comporto dei pazienti oncologici (il periodo di assenza dal lavoro per malattia nel quale il datore di lavoro non può licenziare il dipendente). L’ex pentastellata, approdata al Gruppo misto, Fabiola Bologna e la leghista Vanessa Cattoi chiedono al governo linee guida e percorsi per i malati oncologici in costanza di emergenza Covid, mentre i parlamentari azzurri Roberto Bagnasco, Roberto Cassinelli e Massimo Ferro interrogano Speranza sulla mancata presa in carico dei pazienti metastatici e ancora sul Piano oncologico, che è scaduto e vecchio di 10 anni, un’eternità visti i progressi scientifici ed organizzativi intercorsi. E poi ci sono i problemi sui Registri tumori, seguiti da vicino dalla vicepresidente al Senato del Movimento Cinque Stelle, Mariolina Castellone, madre della relativa legge e molto determinata nel portare a compimento l’attuazione della legge stessa con un’azione ai fianchi – a sua firma un’interrogazione sul tema – del ministero della Salute.
E ancora, il grillino Alberto Zolezzi, del sindacato ispettivo, presenta ben otto interrogazioni su temi a cavallo fra l’ambiente e la salute dove compare sempre la parola oncologia, mentre la forzista Maria Rizzotti, da anni impegnata sul cancro, chiede conto al governo sulle strategie per eradicare il papilloma virus e presenta una mozione sull’organizzazione dei centri di senologia. Anche i rappresentanti politici delle Regioni propongono cose buone e giuste sul cancro. Ci prova il vicepresidente presso la commissione Sanità del Consiglio regionale del Lazio, Loreto Marcelli, che dai banchi dell’opposizione riesce a far approvare con un emendamento in legge di bilancio un fondo per assistere i pazienti oncologici sotto una certa soglia di reddito. E Tommaso Calderone, azzurro dell’Assemblea regionale siciliana, porta a casa una legge regionale sulle disposizioni per il contrasto all’inquinamento, che è fra le cause del cancro, mentre il consigliere regionale forzista pugliese Paolo Pellegrino ottiene il voto unanime dell’assemblea sulla sua proposta di legge a sostegno del caregiver familiare, una figura centrale nell’assistenza dei pazienti oncologici e non solo. Bisogna infine ricordare che la Commissione europea varerà molto presto il piano oncologicoeuropeo,chela commissaria alla Salute Stella Kyrikiades ha definito «l’occasione per dimostrare ciò che l’Europa può fare concretamente per i cittadini». Su questo piano ci sono grandi aspettative. Ma forse non ci sarebbe bisogno di questa magnitudo. Basterebbe ridurre la burocrazia, quella che ad esempio impedisce alla Rete Labnet della Fondazione Gimema di far circolare – per garantire una diagnosi più precisa – i campioni di sangue al posto dei pazienti ematologici. Su questo tema l’anno scorso Elvira Savino interrogò il viceministro della Salute, ma il problema non è ancora stato risolto.
di Edoardo Ferri