App Immuni, un “passaporto” contro il virus
Si chiama Immuni ed è l’app che ci accompagnerà nei nostri giorni (più probabilmente mesi) di convivenza con il Covid-19. Un software da scaricare sul cellulare che sta destando non poche perplessità e preoccupazioni tra i sostenitori della procacy a tutti costi. Ma quali sono i requisiti ai quali dovrà rispondere l’app Immuni? Due i tratti distintivi: la sicurezza e la privacy. I dati anagrafici e sanitari dei cittadini dovranno essere conservati su una “infrastruttura pubblica e italiana”. O almeno così ha detto in conferenza stampa il commissario Domenico Arcuri. «La privacy e la riservatezza dei dati – ha aggiunto – è un diritto inalienabile ed irrinunciabile». Dunque «non sarà da parte mia possibile allocare queste informazioni in un luogo che non sia un’infrastruttura pubblica e italiana». Ma fino a quando dovremo sacrificare un po’ della nostra privacy in favore della salute non è possibile dirlo per ora. Di certo l’utilizzo dell’app Immuni è fondamentale per accompagnare l’allentamento delle misure di contenimento. Secondo le indicazioni di Arcuri, un cittadino che scarica l’app sul suo device e ha garantite sicurezza e privacy non può solo produrre un “alert” verso altri cittadini con cui è stato in contatto. Sarà necessario, in tempi ristretti e nelle forme possibili, che la app si possa connettere al sistema sanitario nazionale, che dia informazioni perché si possa intervenire tempestivamente ed efficacemente. Solo così il contact tracing avrà una valenza e non sarà solo un sistema informativo.
OBBLIGATORIA O LIBERA
Il grande interrogativo che in molti si pongono è se l’utilizzo dell’app Immuni sarà facoltativo, o se invece in un modo o nell’altro scaricare e installare l’app sarà obbligatorio. Ad oggi tutti assicurano che l’app sarà assolutamente facoltativa, anche se gli esperti sottolineano che sarà efficace solo se sarà scaricata e adoperata in maniera massiva. In un primo momento si era anche parlato di limitazioni imposte a chi non dovesse accettare di utilizzarla, ma queste voci sono state presto smentite ai più alti livelli del Governo. Dunque niente paura. Se i complottisti sono già pronti a denunciare l’ennesimo inciucio, basta guardare ad altri paesi per capire che l’uso di tecnologie simili si è dimostrato molto efficace per la lotta al Covid.19. In Cina gli smartphone dei cittadini proprio grazie a queste app sono diventati dei passaporti digitali che tramite un QR Code consentono o meno l’ingresso in alcune aree e permettono alle persone di capire se si è entrati in contatto con concittadini contagiati. Bene quindi il rispetto il rispetto della privacy, ma una piccola rinuncia potrà essere un valido aiuto per riprendere una vita quasi normale. Senza contare che ogni giorno svendiamo i nostri dati personali semplicemente per giocare con un app o connetterci ad un social network. Allora, perché non accettare un’app che può salvare delle vite?.