App e telemedicina così cambia l’assistenza
Da un lato gli asintomatici, dall’altro chi si è trovato a combattere tra la vita e la morte. Una delle poche certezze che si hanno del Covid-19 è nella contraddizione forte che porta con sé: non colpisce tutti allo stesso modo e troppo spesso non concede seconde opportunità.
Un rischio altissimo per centinaia di migliaia di persone fragili, per età o a causa di patologie pregresse che hanno indebolito l’organismo. In attesa di un vaccino, l’obiettivo del contenimento è funzionale alla difesa di questa fascia di popolazione più esposta, una difesa che dev’essere portata avanti sotto il profilo assistenziale ma anche previdenziale.
Centrale è senza alcun dubbio la figura dei medici di famiglia, che attraverso tecnologie di video conferenza e di telemedicina possono seguire i pazienti, soprattutto quelli cronici, senza esporli a un alto rischio di contagio. «Bisogna gestire un nuovo modello di presa incarico di questi pazienti», chiarisce il segretario generale della Federazione dei medici di medicina generale, Silvestro Scotti. «Un modello – aggiunge – che non può essere solo domiciliare, ma che dovrà essere mediato da strumenti tecnologici semplici ed efficaci». Molti sono già disponibili, «ad esempio – racconta Scotti – un piccolo dispositivo che assomiglia ad un cellulare, che poggiato sul petto ci trasmette un elettrocardiogramma a due derivazioni. Utilissimo anche per pazienti Covid che usano farmaci cardiotossici». Dati che possono essere inviati tramite App che i medici di famiglia conoscono bene e che possono giocare un ruolo determinante in questo contesto di crisi e non solo.
La tutela delle fragilità ai tempi del Covid non può non coinvolgere anche due attori protagonisti quali Inail e Inps. Basti pensare che l’Istituto nazionale di previdenza sociale gestisce circa 3 milioni di prestazioni ed è il solo istituto di previdenza in Europa ad aver emanato linee guida di carattere medico legale per diverse patologie con l’obiettivo di sostenere i pazienti fragili. Non da meno l’Inail, che ha focalizzato l’attenzione sui tanti lavoratori che si stanno ammalando a causa del Covid-19. Un ruolo importante, che non si esaurisce con gli indennizzi, ma che si estende anche sotto profilo medico, riabilitativo e di reinserimento al lavoro.
«Abbiamo una rete di 196 ambulatori per le cure primarie – spiega Patrizio Rossi, sovrintendente sanitario centrale dell’Inail – che il virus non ha fermato. È stato utile riorganizzare le attività, costituire dei pool di prima accoglienza, organizzare la rotazione del personale e chiudere solo se necessaria una sanificazione». Obiettivo: tenere attiva l’intera rete assistenziale. Rossi rivela anche che, proprio a causa della pandemia, molti pazienti Inail senza problemi legati al Covid non hanno trovato assistenza negli ospedali. «Un momento nel quale – dice – la nostra finalità assistenziale è divenuta centrale». E ora si aspettano forze nuove. Con il «Cura Italia» Inail sta per arruolare altri 200 medici specialisti e 100 infermieri. Oltre a chirurghi, ortopedici, oculisti e cardiologi, si pensa alle figure più strettamente legate al Covid: pneumologi, internisti, psichiatri che possano gestire il burnout e infettivologi. Ci si prepara a dare assistenza a tutti coloro che una volta superata la malattia avranno bisogno di essere sostenuti.
Fonte: Il Mattino – Speciale Salute & Prevenzione