Cibo industriale e rischio morte. Gli studi sui cibi pronti
Snack, patatine, dolciumi vari e merendine: il cibo industriale definito anche ‘ultra processato’ in realtà comprende molti più alimenti di quanto si pensi. Ne fanno parte, ad esempio, le bibite, i cereali zuccherati, il cibo precotto e persino le zuppe di verdura. Si tratta di prodotti confezionati che spesso contengono tantissimi zuccheri, sale e additivi. Tutti questi prodotti, secondo le ultime ricerche, potrebbero aumentare il rischio cardiovascolare – collegato a infarto e ictus – e di conseguenza il rischio di morte. A dimostrarlo sono due ultimi studi indipendenti e pubblicati entrambi sul British Medical Journal. A dirigere il primo studio è stato Mathilde Touvier, del gruppo di ricerca ‘Nutritional Epidemiology Research Team’ che comprende vari centri di ricerca francesi tra cui l’Inserm. Il secondo lavoro è stato condotto all’Università di Navarra in Spagna.
Cibo industriale e rischio di morte, gli studi
Nel primo lavoro sono stati coinvolti 105.159 adulti francesi (21% maschi; 79% donne) di età media 43 anni, i quali hanno svolto un questionario alimentare delle 24 ore per misurare il consumo abituale di 3.300 differenti tipologie di cibi come parte dello studio “NutriNet-Santé”. I cibi sono stati raggruppati a seconda del livello di ‘lavorazione industriale’, o al contrario della sua naturalità (un cibo è considerato tanto più sano e naturale, non industriale, quanti più corta è la lista degli ingredienti di cui è composto, compresi gli additivi). La salute dei partecipanti è stata valutata per un periodo di 10 anni (2009-2018). I risultati hanno dimostrato che ogni aumento del 10% del consumo di cibi industriali, si associa a un aumento dei rischio cardiovascolare complessivo del 12%, del rischio cuore del 13% e del rischio ictus dell’11%.
Il secondo studio
Per quanto riguarda lo studio spagnolo, il consumo di cibo industriale è stato confrontato con la mortalità per tutte le cause. È stato analizzato un campione di 19.899 laureati (7.786 maschi; 12.113 femmine) di età media 38 anni, i quali hanno svolto un questionario alimentare nell’ambito dello studio ‘Seguimiento Universidad de Navarra’ (SUN). I casi di morte sono stati registrati nell’arco di 10 anni di monitoraggio. È emerso che chi consumava 4 porzioni al dì di cibi industriali aveva un rischio di morire per qualunque causa del 62% più alto di chi ne consumava solo due al dì; il rischio di morte sale di un ulteriore 18% per ogni porzione di cibo industriale in più consumata al giorno.
Conclusioni
Per poter individuare un rapporto di causa ed effetto tra consumo di cibo industriale e malattie cardiovascolari e rischio di morte serviranno ulteriori studi, tuttavia i risultati di questi ultimi lavori vanno a confermare studi precedenti che avevano messo già in relazione il cibo industriale con uno stato di salute peggiore.