Da Monet a Escher, ecco le illusioni dell’arte
La luce, i colori, le forme per aumentare la percezione in 3D sulla tela. Questi aspetti, nei dipinti della serie Waterloo Bridge dell’artista francese Claude Monet, sono “manipolati” dal punto di vista percettivo in un modo che gli studiosi non capivano completamente, ma che oggi grazie a ricerche come quella condotta dalla Rochester University è più chiaro. Monet utilizza una palette di colori molto limitata nella serie Waterloo Bridge, ma è comunque in grado di evocare una vasta gamma di ambienti. Come fa? «La risposta coinvolge il modo in cui gli occhi osservano le lunghezze d’onda della luce». Così la pensa David Williams, direttore del Centro per le scienze visive dell’Università Usa.
Come funzione la retina
Nella retina ci sono tre tipi di coni: il blu, sensibile alle lunghezze d’onda corte della luce, il verde, alla media lunghezza, e il rosso, alla lunga. Questi segnali tricromatici «sono semplici, eppure la miriade di sfumature di colore derivano solo da questi tre», afferma Williams. Dalla retina, i segnali viaggiano fino alla corteccia visiva e poi vengono trasmessi ad altre parti del cervello. Così diventano oggetti e scene. Uno dei modi in cui Monet sfrutta la percezione, osservano poi gli studiosi, è nel dipingere una scena tridimensionale su una tela bidimensionale. Il processo è simile a quello di occhi e cervello: gli occhi sono curvi, ma essenzialmente un mondo tridimensionale viene proiettato – capovolto – in una retina piatta. Il cervello deve collegare i punti, ruotare l’immagine ed estrarre la terza dimensione mancante. Monet tenta di “ingannare” il cervello dell’osservatore rappresentando elementi di luce, ombra e contrasto per dipingere “l’illusione” di un ponte tridimensionale. Manipola anche la luce. Il Waterloo Bridge non cambia mai colore, ma sembra che lo faccia, grazie a tonalità e intensità diverse. Inoltre, utilizza pennellate di colore diverso l’una accanto all’altra e non le fonde, ottenendo il contrasto simultaneo: lo stesso colore appare cioè diverso se collocato accanto a un altro.
Prospettive illusorie
Altro artista che sapeva bene come “ingannare” la vista è Escher. Proprio in questi giorni Napoli gli dedica una grande retrospettiva al PAN | Palazzo delle Arti Napoli. La mostra presenta anche un’ampia sezione dedicata all’influenza che il suo lavoro e le sue creazioni esercitarono sulle generazioni successive, dai dischi ai fumetti, dalla pubblicità al cinema: un percorso di 200 opere che parte da Escher per arrivare ai giorni nostri. Nelle opere di Escher l’illusione ottica diventa realtà, in questo senso si può dire che il suo genio ha superato di gran lunga (o se si vuole ha anticipato) le innovazioni tecnologiche dei giorni nostri.