Dipendenze, pazienti e terapisti insieme nella realtà virtuale
«I videogiochi? Ok ma solo un’ora al giorno». Da genitori quante volte avete pronunciato queste parole? Probabilmente molte. Ora invece i videogiochi, anzi la realtà virtuale, diventa una vera e propria cura per le dipendenze. Non solo da droga, ma anche da alcool o ludopatia. Il Monash Institute di Melbourne ha infatti creato una struttura per lo studio del cervello sotto stress che combina la neuroscienza con la realtà virtuale e con l’esercizio ad alta intensità per diagnosticare e trattare le persone che soffrono di disturbi compulsivi senza ricorrere a farmaci.
Brain Park
Il progetto, che si chiama BrainPark, sta già dando ottimi risultati. «La realtà virtuale terapeutica – spiega la direttrice del BrainPark, Rebecca Seagrave – rappresenta un punto di svolta per le malattie mentali. Può mettere insieme il medico, il paziente e le sue cattive abitudini ricreando una realistica “zona calda” della dipendenza che viene affrontata congiuntamente per rieducare il soggetto e sviluppare nuove risposte a cannabis, alcool, anfetamine o gioco d’azzardo. Nelle dipendenze vi è tutta una serie di situazioni di innesco problematico a cui è veramente difficile accedere nel mondo reale, e che si possono facilmente ricreare virtualmente in uno studio medico».
Messi alla prova
Attraverso la realtà virtuale, ad esempio, un paziente con un disturbo ossessivo-compulsivo legato alla pulizia può essere messo alla prova affrontando degli “inneschi”, creando cioè sporcizia e disordine in cucina o nel bagno. I dipendenti dal gioco d’azzardo possono invece essere testati con una replica virtuale di una sala slot da poker. «Possiamo misurare la risposta cerebrale fisiologica delle persone – ha continuato Seagrave – verso differenti aspetti del gioco d’azzardo in un ambiente virtuale ed esaminare quali aspetti sono più legati al comportamento da dipendenza». E conclude: «Tradizionalmente le dipendenze sono trattate secondo il tipo, come assistenza psicologica per la ludopatia e farmaci per le crisi di astinenza o l’ansia. Ma questo non funziona per tutti. Noi vogliamo offrire un nuovo approccio per diagnosticare e trattare la compulsione, sfruttando i benefici offerti dalla tecnologia».