Musica. Perché odiamo le canzoni dopo averle ascoltate troppe volte?
C’è una spiegazione psicologica se il tormentone estivo, amato e canticchiato durante l’estate, l’anno dopo appare lontano e privo di appeal. Succede a molte persone: ascoltano tante volte una canzone e, alla fine, la odiano. Verne, giornale leggero de El País spiega come tutto dipenda dalla sovrastimolazione dei centri del piacere. Ripetuto per troppe volte, lo stesso stimolo si usura e perde il suo potenziale evocativo: perciò le canzoni smettono di piacere. Anche The Independent ha affrontato la questione: una parte del cervello, durante l’ascolto, anticipa il momento preferito della canzone (ad esempio, il ritornello), l’altra parte libera endorfina nell’attimo in cui l’anticipazione viene confermata. A lungo andare, però, la dinamica di anticipazione-conferma perde forza. Il piacere che ne deriva da quella musica, ormai privo di ogni effetto-sorpresa, diminuisce.
Gli effetti potenti della musica sul cervello sono noti ormai da tempo agli scienziati, per questo la musica viene utilizzata anche come strumento terapeutico, o come stimolo ritmico per il movimento. La musica riduce l’ansia, la depressione, il dolore, rafforza le funzioni sociali, induce modificazioni cerebrali e attiva le aree del sistema dei neuroni specchio. L’ascolto della musica colpisce una serie intricata di sistemi di elaborazione cerebrali, come quelli connessi all’elaborazione sensoriale-motorio, o implicati nella memoria, nelle emozioni o cognizioni mentali o nelle fluttuazioni dell’umore.
Oltre alla sovraesposizione, subentra anche il “condizionamento”: meccanismo per il quale stimoli diversi vengono associati a emozioni ed esperienze contemporanee. Una canzone, quindi, può risvegliare ricordi ed emozioni ormai lontani e risultare odiosa. In altre parole, se la canzone è legata ad un momento particolare che si vuole dimenticare, perché ad esempio è stata ascoltata insieme a una persona con la quale è finita una relazione, ecco che la canzone trascinerà con sé ogni ricordo.
Gli scienziati, però, fanno una distinzione: quanto più una musica è complessa e tanto più lontano sarà il momento in cui smetterà di piacere. Questo spiega perché le canzoni commerciali estive, basate su motivetti elementari passano presto di moda. Le grandi melodie classiche, più difficili e raffinate, continuano invece a piacere e ammaliare anche dopo anni di ascolto.
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