Il “Lancet Countdown on Health and Climate Change” 2025 fotografa un pianeta sempre più malato nel rapporto clima e salute. La diagnosi è netta: i rischi sanitari crescono, gli indicatori peggiorano e la lentezza delle politiche – unita alla persistente dipendenza dai combustibili fossili – si traduce in milioni di morti evitabili ogni anno. È il bilancio più completo mai pubblicato: 128 esperti, 71 istituzioni, 57 indicatori. Il messaggio, privo di ambiguità, ribalta l’ordine delle priorità: la salute deve diventare il motore dell’azione climatica, non un capitolo accessorio delle strategie ambientali.
Il quadro globale: caldo estremo, incendi e aria irrespirabile
Le evidenze raccolte delineano un’escalation di minacce. I decessi legati al caldo sono aumentati del 23% dalla metà degli anni ’90, con una media di 546.000 morti l’anno nel periodo 2012–2021. Il 2024 ha segnato un picco drammatico: si stimano 154.000 morti attribuibili al particolato fine generato dal fumo degli incendi. Non si tratta di episodi isolati, ma di un pattern coerente con l’intensificazione e la durata delle ondate di calore e degli eventi estremi.
Sul fronte della qualità dell’aria, la mancata transizione energetica presenta un conto salatissimo. Nel 2022 si stimano 2,52 milioni di morti associate all’inquinamento esterno di origine fossile e 2,3 milioni legate ai combustibili sporchi utilizzati in casa. A questi numeri si somma l’espansione di malattie trasmesse da vettori: il potenziale di trasmissione della dengue è cresciuto fino al +49% dagli anni ’50, segnale che il riscaldamento globale sta ridefinendo le mappe epidemiologiche e le stagioni di rischio.
Politiche in retromarcia: quando il portafoglio contraddice gli obiettivi
Gli autori denunciano un inquietante scollamento tra dichiarazioni e scelte economiche. Le emissioni del settore energetico restano ai massimi storici; i sussidi ai combustibili fossili sfiorano i 1.000 miliardi di dollari; i prestiti bancari ai fossili, nel 2024, risultano aumentati del 29%, superando il credito “green”. A fronte di questa traiettoria, l’adattamento continua a essere sotto-finanziato, mentre crescono i costi sanitari e sociali della crisi climatica.
Il rapporto chiede di smettere di trattare salute pubblica e clima come dossier separati. Le politiche di mitigazione e adattamento salvano vite oggi – grazie a un’aria più pulita, diete più sane, città più vivibili – e riducono i rischi di domani. Investire nella salute significa ridurre ricoveri, assenze dal lavoro, spese sanitarie e, soprattutto, morti premature. In altre parole, l’azione climatica è una grande politica sanitaria.
Italia, un 2024 rovente: lavoro a rischio e mari più caldi
La scheda-Paese dedicata all’Italia evidenzia quanto l’emergenza sia già realtà. Nel 2024 si contano in media 46 giorni di ondate di calore per persona: il 72% di questi episodi non si sarebbe verificato senza il cambiamento climatico. L’esposizione al caldo con rischio di stress termico per chi lavora all’aperto è arrivata a 434 ore, un record che mette in discussione la sicurezza del lavoro in molti comparti.
L’impatto economico è tangibile: si stimano 364 milioni di ore di lavoro perse per il caldo, pari a circa 15 ore pro capite, con un incremento del 181% rispetto al 1990–1999. L’edilizia concentra il 40% delle perdite, a conferma della vulnerabilità dei settori con attività fisica intensa e in ambienti esterni.
La qualità dell’aria resta un nodo irrisolto. Tra il 2019 e il 2023, il 98,45% della popolazione è stato esposto a livelli giornalieri di PM10 superiori alla linea guida OMS. Nel periodo 2020–2024, il fumo degli incendi è stato associato a circa 1.100 morti l’anno. Nel frattempo cresce la vulnerabilità costiera: 657.000 persone vivono a meno di un metro sul livello del mare. E il mare stesso è più caldo: nel 2022 la temperatura media lungo le coste italiane è stata di +1,42 °C rispetto al periodo 1981–2010, un’anomalia che accelera erosione, innalzamento del livello del mare e impatti su pesca, turismo e infrastrutture.
Cosa fare adesso: centrare la salute nelle scelte climatiche
Il “Countdown” propone una bussola operativa chiara: mettere la salute al centro delle politiche. Tradotto in azioni, significa accelerare la dismissione dei combustibili fossili – con co-benefici immediati sulla qualità dell’aria – e rafforzare i piani caldo e i sistemi di allerta incendi. La formazione di medici, infermieri e operatori sanitari sui nessi clima-salute diventa prioritaria, così come la protezione dei lavoratori esposti al caldo attraverso orari flessibili, pause programmate, idratazione adeguata e dispositivi di protezione individuale.
Sul fronte territoriale, serve una pianificazione costiera integrata che metta in sicurezza ecosistemi, infrastrutture e comunità, con interventi basati sulla natura e opere adattive dove necessario. La finanza pubblica, poi, va riallineata: meno sussidi ai fossili, più investimenti in adattamento sanitario e resilienza urbana. L’Organizzazione mondiale della sanità chiede esplicitamente che la protezione della salute sia riconosciuta come il driver più potente dell’azione climatica: un criterio per fissare le priorità e per misurare i risultati nel tempo.
Clima e salute: perché occorre agire ora
Mettere la salute al centro non è solo eticamente doveroso, ma anche economicamente vantaggioso. Ogni tonnellata di emissioni evitata si traduce in meno malattie respiratorie e cardiovascolari, meno ricoveri, meno giornate di lavoro perse. Ogni città che investe in verde urbano, mobilità attiva e raffrescamento degli spazi pubblici riduce l’esposizione al caldo e migliora il benessere collettivo. Ogni programma di allerta precoce e protezione dei lavoratori abbatte rischi immediati e costi assicurativi. Di fronte a indicatori che peggiorano e a un carico di morti evitabili, la domanda non è più “se” agire, ma “quanto in fretta”.
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Esistono diversi tipi di fermentazione alimentare. La fermentazione lattica è tra le più comuni e prevede la trasformazione degli zuccheri presenti negli alimenti in acido lattico da parte di batteri lattici. Questo processo può avvenire in modalità omolattica, in cui si produce quasi esclusivamente acido lattico, oppure eterolattica, che genera anche piccole quantità di acido acetico, anidride carbonica ed etanolo.
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