Gioco d’azzardo, una droga per famiglie
Il gioco d’azzardo dev’essere uno sfizio e non un vizio. È un po’ questo il messaggio proposto dalle stesse piattaforme di scommesse on line. Un messaggio quantomeno contraddittorio, visto che per definizione il gioco tende a creare dipendenza. Immaginate la mente intrappolata in un loop incessante: il pensiero fisso sul gioco, la speranza di una vincita, la sensazione di essere a un passo dalla svolta. Un’ondata di adrenalina che in un battito di ciglia si tramuta in frustrazione lancinante, rabbia sorda, disperazione cupa. In molti casi il gioco diventa una sorta di droga legalizzata per famiglie.
Il loop del gioco d’azzardo
E poi, inevitabilmente, si ricade nel vortice. Ancora e ancora, fino a quando non resta più nulla: i risparmi svaniscono, gli affetti si allontanano, il lavoro si perde, la dignità si sgretola. Questa spirale infernale è la dipendenza dal gioco d’azzardo – tecnicamente definita disturbo da gioco d’azzardo – una vera e propria malattia del comportamento. Agisce nel profondo del nostro cervello, innescando gli stessi meccanismi neurobiologici che legano una persona a una droga. Solo che qui non si inala o si inietta nulla: si “consuma” l’illusione del gioco.
Non un vizio, ma una ferita invisibile
La dipendenza dal gioco non è una debolezza morale, un semplice “vizio” da scrollarsi di dosso. Non è un passatempo che sfugge di mano. È una malattia seria, riconosciuta a livello globale dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. Chi ne soffre è ostaggio di un impulso irrefrenabile, una forza che spinge a giocare anche quando le conseguenze sono catastrofiche.
Troppo spesso, però, chi lotta con questa dipendenza non si riconosce come malato. Non si vede come un “dipendente” e non cerca il sostegno dei servizi pubblici, come i SerD (Servizi per le Dipendenze). Questo ritardo nel prendere coscienza del problema allunga il cammino verso la guarigione e aggrava le ferite, sia interiori che economiche.
Un mercato che inghiotte vite
Cadere nella trappola del gioco è sorprendentemente facile. In Italia, il gioco d’azzardo legale è un affare da oltre 100 miliardi di euro all’anno. Slot machine che lampeggiano negli angoli dei bar, gratta e vinci che promettono fortune immediate, scommesse online accessibili con un clic, casinò virtuali aperti 24 ore su 24. La pubblicità, nonostante alcune restrizioni formali, riesce comunque a insinuarsi nei meandri del web e attraverso sponsorizzazioni subdole, normalizzando un comportamento che, nella sua essenza, può trasformarsi in una vera e propria patologia distruttiva.
Il gioco viene spesso presentato come un innocuo divertimento, persino come un modo semplice per fare soldi. Ma bastano poche settimane perché una semplice abitudine si trasformi in una catena. Il cervello impara a desiderare le scariche di dopamina legate alle “quasi vittorie”, e il giocatore si ritrova intrappolato in un circolo vizioso: inseguire disperatamente il recupero delle perdite con altre giocate, in un’escalation senza fine.
La mano tesa del sistema sanitario
Fortunatamente, negli ultimi anni qualcosa si sta muovendo. Il disturbo da gioco d’azzardo è stato incluso nei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA), il che significa che il trattamento è ora un diritto garantito dal Servizio Sanitario Nazionale. In molte regioni italiane stanno nascendo centri specializzati, luoghi dove persone competenti tendono una mano a chi soffre di ludopatia.
Questi centri adottano un approccio a 360 gradi: psicologi che ascoltano le ferite dell’anima, psichiatri che aiutano a ritrovare l’equilibrio, educatori che offrono strumenti per ricostruire, assistenti sociali che supportano nel difficile percorso di reinserimento, e in alcuni casi, anche avvocati pronti a offrire consulenza legale. Ogni percorso di recupero è unico, costruito su misura per la persona.
Nonostante questi passi avanti, il cammino è ancora pieno di ostacoli. Alcuni recenti tagli ai fondi e alle risorse destinate alla prevenzione e al monitoraggio del fenomeno destano seria preoccupazione tra chi lavora in questo campo. Si teme un indebolimento della rete di supporto proprio ora, in un momento in cui il gioco online dilaga, raggiungendo anche i più giovani.
La forza delle comunità locali
Tuttavia, a livello locale, molte regioni continuano a credere nell’importanza della prevenzione. Campagne di sensibilizzazione che parlano direttamente al cuore delle persone, sportelli informativi che offrono un primo ascolto nelle scuole, iniziative nei comuni per regolamentare l’accesso alle slot machine: sono tutti piccoli ma significativi passi per arginare l’impatto devastante del gioco patologico.
I numeri, d’altronde, sono impietosi: in Italia si stima che oltre un milione di persone viva un rapporto tormentato con il gioco. E il costo sociale ed economico di questa dipendenza è un fardello pesantissimo per l’intera collettività.
Oltre la roulette: le nuove fragilità
La dipendenza dal gioco non è l’unica ombra che preoccupa gli esperti del comportamento umano. Negli ultimi anni, stiamo assistendo a un aumento di altre forme di dipendenza “senza sostanza”, altrettanto insidiose. La dipendenza da acquisti compulsivi, ad esempio, spinge a spendere in modo irrefrenabile, lasciando dietro di sé un senso di colpa e un disagio crescente. La dipendenza sessuale, con i suoi comportamenti ossessivi, rischia di minare le relazioni affettive e la vita professionale. E poi ci sono le dipendenze digitali: l’immersione senza fine in internet e smartphone, la fuga nel mondo dei videogiochi, la prigione dei social network.
Spesso sottovalutate, queste dipendenze possono avere effetti devastanti sulla salute mentale, soprattutto tra i più giovani. Tutte queste nuove fragilità condividono con la ludopatia lo stesso meccanismo perverso: un bisogno insaziabile di stimoli e la progressiva perdita del controllo sulla propria vita.
Un appello a una risposta corale
Il disturbo da gioco d’azzardo è una ferita che sanguina nel tessuto sociale, nel sistema sanitario e nella nostra cultura. Non basta alzare muri con divieti pubblicitari o limitare gli orari delle sale giochi. Serve un cambiamento profondo nel nostro modo di pensare al gioco.
È necessario investire con forza nella prevenzione, rafforzare i servizi pubblici che offrono aiuto concreto e, soprattutto, lavorare sull’educazione e sulla consapevolezza di tutti. Perché il gioco, nella sua forma più sana, deve rimanere un momento di svago, una parentesi leggera. Non una trappola oscura che rischia di inghiottire intere esistenze.
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