Liquirizia, pompelmo e caffè: quando cibo altera i farmaci
L’interazione tra alimenti, bevande e farmaci rappresenta un campo di studio fondamentale per garantire l’efficacia delle terapie e la sicurezza dei pazienti. Spesso sottovalutiamo quanto ciò che mangiamo o beviamo possa influenzare l’assorbimento, il metabolismo e l’azione dei principi attivi contenuti nei farmaci. La Società Italiana di Farmacologia ha recentemente elaborato un vademecum utile per comprendere come evitare rischi derivanti da queste interazioni, particolarmente importanti nel caso di sostanze comunemente presenti nella dieta quotidiana.
Come il cibo influisce sull’assorbimento dei farmaci
Quando assumiamo un farmaco, la sua efficacia dipende da diversi fattori, tra cui la corretta biodisponibilità del principio attivo, ovvero la quantità che effettivamente raggiunge il circolo ematico. L’assorbimento nel tratto gastrointestinale può essere modificato da alcuni alimenti o bevande attraverso meccanismi diversi, come l’alterazione del PH gastrico, la competizione per gli stessi trasportatori cellulari, o l’attivazione/inibizione di enzimi coinvolti nel metabolismo.
Un esempio tipico è rappresentato dal pompelmo, la cui assunzione è spesso sconsigliata in concomitanza con determinati farmaci. Gli ingredienti contenuti nel pompelmo, come i furanocumarini, possono inibire l’attività dell’enzima CYP3A4, presente principalmente nell’intestino, aumentando così la quantità di farmaco disponibile nel circolo sanguigno. Questo può portare a effetti collaterali anche gravi, soprattutto con farmaci ad alta potenza.
Liquirizia: un alimento da usare con cautela durante la terapia farmacologica
La liquirizia, conosciuta per il suo gusto dolce e le proprietà benefiche, può però provocare interazioni significative con alcuni farmaci. Il suo principio attivo, l’acido glicirretico, può causare ritenzione di sodio e acqua, con conseguente aumento della pressione arteriosa. Se associata a farmaci come i diuretici o gli antiipertensivi, può controbilanciare gli effetti terapeutici, compromettendo il controllo della pressione o causando squilibri elettrolitici.
Inoltre, la liquirizia può influire sul metabolismo di alcuni farmaci epatici, modificandone l’efficacia. Per questo motivo, il consumo regolare o in elevate quantità va segnalato sempre al medico o al farmacista, per valutare eventuali aggiustamenti della terapia.
Caffè e farmaci: un’interazione da non sottovalutare
Il caffè rappresenta una delle bevande più consumate al mondo e ha un effetto stimolante sul sistema nervoso centrale. Tuttavia, può interferire con alcuni farmaci, modificandone l’assorbimento o potenziandone gli effetti collaterali. La caffeina, infatti, può aumentare la frequenza cardiaca e la pressione, effetti controindicati se si assumono farmaci per problemi cardiaci o ansiolitici.
Inoltre, la presenza di acidi organici nel caffè può modificare il PH gastrico, influenzando la solubilità e quindi l’assorbimento di certe molecole. Alcuni farmaci, come gli antidepressivi o gli ansiolitici, possono vedere alterata la loro efficacia se assunti in concomitanza con caffè in quantità elevate.
Il vademecum della Società Italiana di Farmacologia: indicazioni per evitari rischi
Il documento pubblicato dalla Società Italiana di Farmacologia fornisce una guida chiara e dettagliata per medici, farmacisti e pazienti. Tra le raccomandazioni più importanti si segnalano:
– Evitare di assumere farmaci con pompelmo o il suo succo in quanto questo può aumentare pericolosamente la concentrazione plasmatica di diversi farmaci, inclusi alcuni calcioantagonisti, statine e immunosoppressori.
– Limitare il consumo di liquirizia durante terapie che agiscono sul sistema cardiovascolare o sul metabolismo di farmaci epatici.
– Monitorare l’assunzione di caffè in presenza di trattamenti farmacologici che possono avere effetti potenziati o ridotti dalla caffeina.
– Consultare sempre il proprio medico o farmacista prima di modificare la dieta o introdurre integratori a base di erbe, in modo da valutare possibili interazioni.
L’importanza della comunicazione tra paziente e professionista sanitario
Un aspetto cruciale per evitare effetti indesiderati è la comunicazione aperta tra paziente e professionista sanitario. Spesso i pazienti non riferiscono le proprie abitudini alimentari o il consumo di integratori, sottovalutando il potenziale impatto sulla terapia in corso. Medici e farmacisti, da parte loro, hanno il compito di informare e sensibilizzare sui rischi legati all’interazione tra cibo e farmaci.
Solo in questo modo è possibile personalizzare la terapia, garantendo sicurezza ed efficacia, e migliorare la qualità della vita del paziente, riducendo il rischio di effetti collaterali e di inefficacia dei trattamenti.
In sintesi, conoscere le possibili interazioni tra alimenti come liquirizia, pompelmo e caffè e i farmaci che si assumono è fondamentale per una corretta gestione terapeutica. Occorre quindi adottare un approccio consapevole, basato sull’informazione scientifica e sul confronto continuo con i professionisti della salute.




