Longevità: stile di vita batte genetica. Cosa dicono gli studi
La longevità dipende da fattori ambientali e da fattori genetici. Se il genoma ha un effetto sulla durata della vita, i fattori ambientali svolgono un ruolo nell’invecchiamento e nella mortalità. In altre parole, per la longevità conta più lo stile di vita che la genetica. A questa conclusione è giunta una ricerca condotta da ricercatori dell’Università di Oxford e pubblicata su Nature Medicine.
I risultati dell’analisi mostrano la relazione tra abitudini quotidiane e durata della vita. Lo studio si basa su dati di 492.567 persone raccolti dalla Uk Biobank. I ricercatori hanno indagato 164 fattori ambientali e i fattori genetici per 22 malattie legate all’età e alla mortalità. In particolare, hanno misurato i livelli delle proteine nel sangue per registrare il tasso di invecchiamento in relazione alle varie cause.
Longevità e stile di vita
Lo studio ha indagato l’impatto della genetica e dell’ambiente sulla durata della vita. Questi due fattori influenzano l’invecchiamento umano, ma non hanno lo stesso peso. Gli scienziati hanno analizzato i dati di centinaia di migliaia di persone e hanno confrontato gli elementi legati allo stile di vita con le proteine rilevate nel sangue.
Studi precedenti avevano dimostrato l’effetto del genoma, patrimonio genetico di ogni organismo vivente, sulla longevità. I fattori ambientali, invece, incidono sull’invecchiamento e sulla mortalità. Per questo motivo, la durata della vita umana è aumentata di quasi due volte negli ultimi 200 anni, mentre il genoma è rimasto stabile. Lo studio inglese dimostra che l’esposoma, ovvero l’insieme degli elementi ambientali e degli agenti patogeni a cui ogni individuo è esposto, è responsabile del 17% della variazione nel rischio di morte. In confronto, la predisposizione genetica contribuisce solo per il 2% a questa variazione.
Salute degli organi vitali
I fattori che determinano la morte e l’invecchiamento sono il fumo, lo status socioeconomico, la deprivazione, l’etnia, l’attività fisica, la convivenza, il sonno e il benessere psicofisico, oltre alle esposizioni nella prima infanzia. Fra queste ultime rientrano l’altezza e le dimensioni corporee a 10 anni e il fumo materno prima e dopo la nascita.
Il fumo, lo stato socioeconomico e l’attività fisica risultano associati rispettivamente a 21, 19 e 17 malattie. I fattori ambientali incidono sulle malattie dei polmoni, del cuore e del fegato – quali le malattie cerebrovascolari, la cardiopatia ischemica, la bpco, l’artrite reumatoide, le malattie epatiche e renali. Il rischio genetico incide nei tumori, nel seno, nelle ovaie, nella prostata, nel colon-retto, nell’Alzheimer, nella demenza e nella degenerazione maculare.
Le malattie croniche
Gli autori dello studio hanno sottolineato l’importanza di politiche che promuovano stili di vita sani. Cornelia Van Duijn, autrice senior dello studio, ha ribadito che i geni hanno un ruolo nelle condizioni cerebrali e in alcuni tumori e che i risultati evidenziano la possibilità di mitigare i rischi delle malattie del polmone, del cuore e del fegato, cause di disabilità e morte a livello globale.
Secondo Bryan Williams, direttore scientifico della British Heart Foundation, servono azioni da parte dei governi per affrontare le barriere che impediscono a molti di avere una vita più lunga in salute.