Scompenso cardiaco, diagnosi con una puntura al dito
Lo scompenso cardiaco è la prima causa di ricovero tra gli over 65. La patologia, inoltre, a cinque anni dall’insorgenza, in alcuni casi è anche più severa del cancro perché arriva a una mortalità di circa il 50%. A fare la differenza è la prevenzione. Lo ricorda l’Associazione Italiana Scompensati Cardiaci (AISC) che festeggia i 10 anni di attività con un convegno all’ospedale San Raffaele Montecompatri. Oggi esistono nuovi farmaci efficaci e la possibilità di accelerare i tempi di diagnosi grazie all’innovazione. Per questo è fondamentale aumentare la consapevolezza dei pazienti, sottolinea l’associazione.
Scompenso cardiaco, nuove terapie
Sullo scompenso cardiaco negli ultimi anni la ricerca ha fatto grandi passi avanti, ma la malattia rappresenta in Italia la principale causa di ricovero tra gli ultra 65enni. Difatti, la consapevolezza pubblica è ancora insufficiente.
I costi ospedalieri per la patologia rappresentano l’1,5% della spesa sanitaria. Le ospedalizzazioni sono, infatti, un serio problema: spesso avvengono per lo stesso paziente quattro volte l’anno e ogni ricovero si accompagna ad un aumento della riduzione dell’aspettativa di vita.
Le tecnologie sono d’aiuto, come nel caso di alcuni device impiantabili di elettrostimolazione e metodiche che consentono di arrivare in sicurezza al trapianto di cuore. Ma soprattutto sono stati sviluppati nuovi farmaci, molto più efficaci.
“Oggi abbiamo la possibilità di trattare in maniera adeguata lo scompenso cardiaco, riducendo la mortalità e le ospedalizzazioni”, sottolinea Salvatore Di Somma, Direttore del Comitato Scientifico AISC/APS, Cardiologo, docente di Medicina Interna dell’Università La Sapienza di Roma e Presidente di GREAT-Italy.
“La grande novità delle nuove terapie è che sono efficaci in tutte le forme di scompenso cardiaco, sia nella forma a frazione di eiezione ridotta, sia nella forma di scompenso cardiaco a frazione di eiezione conservata. Tuttavia, non sono farmaci sostitutivi, ma addizionali di quelli esistenti. Questo crea una problematica in più per il paziente che dovrà aggiungere altre pillole ogni giorno, per questo è importante renderlo consapevole del beneficio della loro assunzione, in quanto migliorano l’aspettativa di vita”.
Test diagnostici per lo scompenso cardiaco
Il passo fondamentale per una presa in carico tempestiva è la diagnosi precoce. “Uno degli ostacoli – avverte Di Somma – è la scarsa diffusione del test dei peptidi natriuretici NT-pro-BNP o BNP. Si tratta di test standard che sono disponibili in pronto soccorso per diagnosticare la dispnea grave, ma sono utili anche per l’identificazione di pazienti con sintomi molto sfumati. Difatti, all’inizio lo scompenso non si presenta con l’affanno o con le gambe gonfie, ma può provocare stanchezza e astenia che la persona di una certa età tende a considerare fisiologici. In questi casi, anche l’ecocardiogramma può risultare poco significativo, mentre solo il test dei peptidi natriuretici può rivelare la presenza dello scompenso in fase precoce. Per questo è necessario l’utilizzo del test con una semplice puntura al dito anche nella medicina territoriale. Come Associazione Italiana Scompensati Cardiaci (AISC) – annuncia il Professore – stiamo facendo un protocollo che prevede l’accesso a tali test anche presso i medici di medicina generale e le farmacie. Questa è la base da cui partire per ridurre mortalità e ospedalizzazioni”.
Case di comunità per le cronicità
Da pochi giorni si è conclusa la consultazione pubblica, attivata dall’Agenas, per la stesura del “Documento di indirizzo contenente indicazioni per la promozione della partecipazione e co-produzione dei pazienti, dei cittadini e della comunità nell’ambito delle Case della comunità”.
“In queste realtà – spiega il Professor Di Somma – ci saranno medici di medicina generale presenti h24, specialisti ambulatoriali e infermieri. Sul territorio ci sarà una struttura ogni 40mila abitanti. Lo scompenso cardiaco è per definizione una malattia cronica, quindi è necessario che le Case di comunità diventino un presidio territoriale per ottimizzarne la gestione. Il fine è quello di domiciliare le cure e realizzare una politica sanitaria rivolta al territorio. Le Case di comunità non vedono il medico da solo, ma un team multidisciplinare e la tecnologia di screening, consentendo una risposta ai bisogni di salute. Nelle Case ci saranno anche le associazioni dei pazienti, per offrire un supporto non solo medico ma anche sociale. Per consentire l’equità, il documento di Agenas avrà un indirizzo nazionale, affinché tutte le Regioni abbiano un modello unico. In questo tentativo di creare un percorso omogeneo, dall’ospedale al territorio, anche la riabilitazione del paziente con scompenso cardiaco rappresenta un importante anello di congiunzione”.
10 anni di AISC
Per accendere i riflettori sull’importanza della riabilitazione cardiovascolare nel percorso di cura, l’Associazione Italiana Scompensati Cardiaci (AISC) promuove un convegno il 10 aprile 2024, presso la struttura ospedaliera San Raffaele Montecompatri, dal titolo “La riabilitazione nello Scompenso Cardiaco: un nuovo modello costruito sulle esigenze del paziente”.
Nella prima parte, gli specialisti faranno il punto sull’importanza della riabilitazione cardiaca, presentando il modello innovativo proposto a Montecompatri. L’appuntamento è anche l’occasione per celebrare il decimo anniversario dell’Associazione, con la presenza di clinici, tecnici di riabilitazione, pazienti, caregiver e rappresentanti del consiglio direttivo e del comitato scientifico.
“Come Aisc – afferma la Dottoressa Maria Rosaria Di Somma, Consigliere Delegato dell’AISC APS – operiamo a carattere nazionale e abbiamo dei centri presso gli ospedali. Oggi ne contiamo circa 80 e ora ci sarà una nuova sede che si lega all’associazione, per offrire nuove opportunità di assistenza e di cura ai pazienti, superando le criticità del sistema sanitario nazionale e regionale”.
Individuare precocemente la malattia, infatti, significa favorire un trattamento tempestivo, migliorando la prognosi e riducendo il rischio di complicanze. L’Associazione si impegna anche nella ricerca medica, promuovendo una rete nazionale di supporto ai pazienti.