Donne medico: lavorare di più per ottenere meno
Le donne medico sono più degli uomini, almeno se si guarda agli over 50. Una buona notizia, se si tiene presente dell’enorme disparità di genere che ha sempre caratterizzato la medicina in Italia. Alle donne, infatti, è sempre stato richiesto un impegno in più per ottenere meno di quello sarebbe spettato loro rispetto ai colleghi uomini. Senza contare che la nostra società si muove ancora oggi sulla suddivisione in ruoli, con le donne che possono dedicarsi alla carriera, ma solo se al contempo mandano avanti casa e figli.
I dati del sorpasso di genere
A certificare la rottura degli schemi sono alcuni dati diffusi dalla Federazione nazionale degli Ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri (FNOMCeO) per i quali, tra i medici italiani con meno di 50 anni, sei su dieci sono donne. Nella fascia compresa tra i 40 e i 49 anni, la proporzione sale al 64%: quasi due su tre. Il trend della femminilizzazione della professione medica è in crescita, con un lieve incremento della presenza femminile rispetto allo scorso anno.
Donne medico, luci e ombre
Tuttavia, i medici under 50 rappresentano solo il 42% degli oltre 422.000 iscritti all’Albo, mentre l’Italia continua a essere il Paese europeo con la popolazione medica più anziana, secondo i dati Eurostat. Se si considera la platea dei medici con meno di 70 anni, la maggioranza femminile si riduce, ma resta prevalente con il 53%. Situazione opposta tra gli over 70, dove gli uomini rappresentano il 76%, percentuale che sale all’83% tra gli over 75.
Il divario tra gli odontoiatri
Diversa la situazione per gli odontoiatri, ancora a prevalenza maschile (70%). Tuttavia, tra i più giovani si registra una tendenza alla parità: tra gli under 24, uomini e donne sono in numero uguale, mentre tra i 25 e i 29 anni le professioniste superano leggermente i colleghi (1959 contro 1902).
Impegno costante verso la parità di genere
Le donne in ambito medico continuano a guadagnare meno rispetto ai loro colleghi uomini, a incontrare maggiori difficoltà nell’ottenere promozioni e continuano a subire discriminazioni più o meno velate. La conciliazione tra vita professionale e familiare rimane una sfida, soprattutto in un settore che richiede orari di lavoro estenuanti e un impegno costante. Inoltre, la rappresentanza femminile nelle posizioni di vertice delle istituzioni sanitarie e accademiche è ancora drammaticamente inferiore rispetto a quella maschile.
Se da un lato i progressi sono evidenti e incoraggianti, dall’altro è fondamentale continuare a lottare per un cambiamento culturale profondo e strutturale. Serve un impegno concreto per abbattere i pregiudizi, garantire pari opportunità di carriera e valorizzare il contributo delle donne in medicina. Solo quando il merito prevarrà sulle discriminazioni di genere potremo finalmente dire di aver raggiunto una vera parità. Utopia? Forse sì, ma lo sforzo verso questo obiettivo non deve mai cessare.
Leggi anche: