Legumi: pochi sulle tavole italiane, nonostante i benefici
Meno della metà degli italiani consuma la quantità di legumi raccomandata dalle Linee Guida per una Sana Alimentazione. I dati del progetto ARIANNA dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS) mostrano un consumo regolare più diffuso al Sud e tra le persone fisicamente attive, ma in generale resta lontano dai livelli consigliati. I legumi forniscono proteine di origine vegetale, fibre, ferro e vitamine del gruppo B. Soprattutto se abbinati ai cereali, danno un ottimo apporto proteico, senza i grassi saturi presenti nelle carni.
Legumi: hanno molte proprietà, ma sono poco presenti nella dieta
Diversi studi hanno evidenziato che un consumo regolare è associato a una riduzione del rischio di malattie cardiovascolari, obesità, diabete di tipo 2 e alcune forme di tumore. Contribuiscono anche alla sostenibilità ambientale, riducendo l’impatto degli allevamenti intensivi legati alle carni. Sono inoltre parte integrante della dieta mediterranea, ma negli ultimi decenni il consumo è diminuito, sostituito in gran parte da fonti proteiche animali.
Dai dati del progetto ARIANNA, condotto dall’ISS su un campione di 3.732 persone, è emerso che meno della metà degli intervistati consuma i 2-3 piatti di legumi a settimana raccomandati dalle Linee Guida per una Sana Alimentazione. Questo dato conferma la tendenza generale osservata in altri studi.
Per sensibilizzare sul loro valore nutrizionale, nel 2018 è stata istituita, dalle Nazioni Unite, la Giornata mondiale dei legumi (nel mese di febbraio).
Il consumo in Italia e nel mondo
I dati mostrano un consumo medio di legumi che varia notevolmente tra le diverse aree geografiche. A livello globale, ogni persona ne consuma in media 7,77 kg all’anno. Il dato più alto si registra in Africa (11,46 kg pro capite), mentre l’Europa è il continente con il consumo più basso (2,97 kg pro capite).
In Italia, l’indagine IV SCAI (Studio sui Consumi Alimentari in Italia) condotta dal CREA ha rilevato che il consumo medio giornaliero di legumi è di 9 grammi a persona. Solo il 31% degli italiani li consuma abitualmente.
La suddivisione per fasce d’età evidenzia alcune differenze: il consumo è relativamente più diffuso tra bambini e anziani, mentre adolescenti (25%) e adulti (29%) ne mangiano ancora meno. Questi dati suggeriscono che nella popolazione attiva i legumi sono meno presenti nella dieta quotidiana, a causa di abitudini alimentari che privilegiano altri tipi di proteine.
Fattori che influenzano il consumo
Secondo i risultati del progetto ARIANNA, alcuni gruppi della popolazione italiana sono più propensi a rispettare le raccomandazioni sul consumo di legumi.
Le persone che vivono nelle regioni del Sud consumano legumi più frequentemente rispetto a quelle del Nord e del Centro. Questo potrebbe dipendere da una maggiore persistenza della tradizione culinaria mediterranea, in cui ceci, fagioli e lenticchie sono ingredienti di piatti tipici.
Le persone fisicamente attive hanno maggiori probabilità di includere i legumi nella loro dieta, forse per una maggiore attenzione all’equilibrio nutrizionale.
Al contrario, il consumo è più basso tra alcuni gruppi in particolare. Gli uomini tendono a consumarne meno rispetto alle donne. Le persone con più di 40 anni mostrano una minore adesione alle raccomandazioni rispetto ai più giovani. Chi ha un reddito superiore ai 50.000 euro annui è meno incline a consumare regolarmente legumi, una tendenza che potrebbe essere legata a preferenze alimentari orientate verso altri tipi di proteine.
L’impatto sulla salute e sull’ambiente
Diversi studi hanno confermato che un’alimentazione ricca di legumi contribuisce a ridurre il rischio di malattie metaboliche e cardiovascolari. Contengono fibra che aiuta a controllare i livelli di colesterolo e glicemia, mentre le proteine vegetali rappresentano un’alternativa alle proteine animali, spesso consumate in eccesso.
L’aspetto economico è un altro elemento rilevante: i legumi hanno un costo inferiore rispetto alla carne e rappresentano una risorsa alimentare accessibile.
Dal punto di vista ambientale, la loro coltivazione presenta vantaggi significativi. Le piante leguminose migliorano la fertilità del terreno e contribuiscono alla riduzione dell’uso di fertilizzanti chimici, grazie alla loro capacità di fissare l’azoto atmosferico. Inoltre, richiedono meno acqua rispetto alla produzione di carne e generano basse emissioni di gas serra.
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