Influenza aviaria: cresce rischio per l’uomo, cosa dicono gli esperti
Il virus dell’influenza aviaria H5N1, che fino ad oggi rappresentava un rischio solo per alcuni animali, mostra segni sempre più evidenti di adattamento all’uomo. Lo dimostrano i dati raccolti nel 2024: 66 casi di umani negli Stati Uniti, di cui uno in un agricoltore della Louisiana e un altro in una giovane in Canada. La capacità del virus di infettare nuove specie e di adattarsi rapidamente aumenta il rischio di un salto verso l’uomo. Ad oggi, il rischio di trasmissione da uomo a uomo è considerato basso, ma la situazione è in evoluzione.
Secondo gli studi, una delle mutazioni osservate nel paziente della Louisiana favorisce il legame del virus con i recettori delle vie aeree umane. Questo aspetto è stato analizzato in un documento al New England Journal of Medicine, pubblicato il 31 dicembre 2024. Gli autori sottolineano che queste mutazioni rappresentano segnali preoccupanti.
La scoperta del virus nei bovini
La virologa Ilaria Capua ha definito H5N1 il “nemico numero uno”. Intervistata dal Corriere della Sera, ha spiegato come la grande sorpresa del 2024 sia stata la scoperta del virus nei bovini in Texas. “Pensavamo che i bovini non avessero i recettori necessari per contrarre l’infezione. Ma nella mammella di questi animali sono presenti i recettori alpha-2-3, che hanno permesso al virus di replicarsi”, ha dichiarato.
Il problema si è aggravato con la mancata adozione di misure tempestive. Negli Stati Uniti, almeno 15 Stati hanno segnalato casi di infezione nei bovini, ma nessuna misura di abbattimento è stata applicata. Al contrario, oltre 500 milioni di volatili sono stati eliminati nell’ultimo anno e mezzo per contenere l’epidemia.
Gli animali domestici come possibile ponte verso l’uomo
Il virus non si limita ai bovini. Sono stati documentati casi di infezione nei gatti in Polonia, Corea del Sud, Francia e Stati Uniti. Una possibile fonte di trasmissione è il pet food contenente carne cruda o ossa contaminate. Questo canale potrebbe favorire la diffusione del virus all’interno delle famiglie.
Secondo Capua, “la presenza del virus nei pet food rende possibile l’insorgere di focolai domestici tra gli animali, con migliaia di gatti a rischio di morte per influenza aviaria”.
H5N1: i rischi di una pandemia
Il pericolo maggiore riguarda la capacità di H5N1 di mescolarsi con altri virus influenzali. I maiali, storicamente serbatoi di virus influenzali, non sono più l’unico rischio. Oggi, la massiccia presenza di H5N1 nei bovini e negli uccelli selvatici e domestici offre il terreno ideale per l’emergere di nuovi ceppi pandemici, come accaduto nel 1957, 1968 e 2009.
La situazione è complessa anche per la mancanza di regolamentazioni adeguate. Nonostante i segnali di allarme, le autorità statunitensi classificano ancora H5N1 come un rischio basso per la popolazione generale, una decisione criticata da molti esperti.
Italia: il rischio rimane contenuto
In Italia, al momento, non sono stati rilevati casi di H5N1 nei bovini o nell’uomo. Tuttavia, se dovesse verificarsi una trasmissione sostenuta da uomo a uomo negli Stati Uniti, il rischio aumenterebbe anche a livello globale.
Le contromisure disponibili includono vaccini e antivirali, strumenti sviluppati nel corso degli anni per affrontare i virus influenzali. “Non partiamo da zero, ma bisogna prepararsi per affrontare eventuali emergenze”, ha concluso Capua.
Farsi trovare preparati
Il direttore generale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, Tedros Adhanom Ghebreyesus, ha recentemente dichiarato che il mondo non è ancora pronto per affrontare una nuova pandemia. Questo include anche il rischio derivante da H5N1.
La ricerca sui vaccini e gli antivirali deve essere accelerata. Gli esperti sottolineano la necessità di stimare il numero di dosi disponibili e di preparare piani per la produzione di vaccini contro eventuali varianti del virus.