NIGeF, sfruttare il DNA per dimagrire
Quando si parla di dieta e piani alimentari spunta fuori una parola che non tutti conoscono: NIGeF, ma cosa significa e di che si tratta. NIGeF sta per Nutrizione Immuno Geno Funzionale: un approccio che promette di costruire una “mappa alimentare” personalizzata incrociando i polimorfismi genetici (i piccoli “errori di ortografia” nel DNA), gli indicatori di infiammazione/metabolismo e le abitudini quotidiane. In pratica, ogni alimento riceve un giudizio tipo semaforo: verde (ok), giallo (con moderazione), rosso (limitare), con l’idea di ridurre il carico infiammatorio e migliorare l’efficienza metabolica. L’impianto è dichiaratamente comportamentale + genetico: non basta il test del DNA, serve anche lavorare su routine, preferenze e stile di vita.
Da dove nasce e chi lo propone
Il metodo è associato al lavoro del dottor Primo Vercilli e di realtà che offrono percorsi nutrigenetici e mappe alimentari personalizzate; nelle presentazioni pubbliche si parla di una parametrizzazione che porta a identificare gli alimenti più idonei per ciascuno, senza stravolgere la quotidianità. Si rimarca la vocazione “educativa” della dieta oltre che l’uso di test genetici come base informativa.
Come funziona, in pratica, la “mappa alimentare”
Il percorso tipico parte da un test genetico (per es. varianti che influenzano detossificazione, risposta infiammatoria, gestione di carboidrati e lipidi), quindi incrocia i risultati con dati anagrafici, sintomi, attività fisica, preferenze. Ne esce una lista di alimenti codificati a semaforo, che può essere calata in diverse correnti dietetiche (onnivora, vegetariana, chetogenica, ecc.) perché il criterio è l’idoneità metabolico-infiammatoria più che l’etichetta della dieta. Attenzione: la mappa non è un test di intolleranze “generiche”; sul piano genetico hanno fondamento solo poche condizioni (es. lattosio, celiachia) e, anche lì, il gene suggerisce predisposizione, non diagnosi clinica.
Cosa promette (e cosa no)
Secondo i promotori, NIGeF aiuta a perdere peso con meno stress, drenare liquidi in eccesso, migliorare energia e marcatori metabolici indirizzando la scelta dei cibi sui “verdi” e regolando i “gialli/rossi”. L’elemento distintivo è la personalizzazione: stesso alimento, risposta diversa a seconda dei geni e del contesto. Va però chiarito che nessuna mappa è una bacchetta magica: se le porzioni, il movimento, il sonno e la continuità non sono curati, i risultati sfumano.
Cosa dice la scienza sulla nutrigenetica (il motore sotto il cofano)
La nutrigenetica studia come alcune varianti genetiche influenzano l’assorbimento e il metabolismo degli alimenti. È una disciplina reale e in crescita: ci sono geni con evidenza discreta (es. metabolismo della caffeina, alcol, lipidi; predisposizione a insulino-resistenza) che possono orientare consigli più mirati. Ma la forza dell’evidenza varia molto gene per gene e l’effetto di un singolo polimorfismo è spesso modesto. Tradotto: il DNA può affinare la bussola, non sostituisce le regole base (calorie, qualità, aderenza, stile di vita).
I (buoni) punti del metodo
- Personalizzazione pragmatica: l’idea del semaforo è intuitiva e aiuta a decidere cosa mangiare oggi senza calcoli infiniti.
- Focus su infiammazione e comportamento: non solo calorie, ma gestione degli stimoli pro-infiammatori e delle abitudini che fanno deragliare i piani.
- Integrazione con sport e sonno: nella prassi divulgata, la mappa si usa dentro un percorso più ampio (allenamento, routine), non come lista rigida.
I limiti da non sottovalutare
- Evidenza eterogenea: alcune scelte “gene-guided” hanno basi solide, altre sono ancora ipotesi promettenti. Guardare sempre alle prove, non al fascino dell’algoritmo.
- Rischio “determinismo genetico”: i geni indicano predisposizioni, non destini; ambiente e abitudini contano enormemente.
NIGeF, consigli pratici (se si vuole provarlo con intelligenza)
- Mettere nero su bianco gli obiettivi: peso, glicemia, performance. Il DNA non decide gli obiettivi; aiuta a scegliere le strade.
- Provare un piano alimentare sostenibile: la mappa a semaforo deve trasformarsi in menu, spesa e routine compatibili con lavoro, famiglia e budget.
- Monitorare esiti reali: peso, circonferenze, marcatori ematici, qualità del sonno, aderenza. Senza follow-up, la personalizzazione resta teoria.
Tiriamo le somme (senza innamorarci del buzzword)
NIGeF è un metodo interessante per portare la nutrigenetica nella pratica quotidiana con uno strumento operativo (la mappa a semaforo). È plausibile che, per alcuni profili, orientare scelte su base genetica migliori aderenza e risultati. Ma la bussola genetica non sostituisce il buon senso clinico, e senza monitoraggio, porzioni adeguate, sonno e movimento, la “personalizzazione” rischia di essere cosmesi. L’approccio più onesto è considerarlo una cornice utile, da applicare con trasparenza, obiettivi misurabili e capacità di revisione. Chi promette miracoli in 30 giorni non sta facendo scienza: sta facendo marketing.
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