Diabete tipo 1, nuovo farmaco lo ritarda fino a 5 anni
Per il trattamento del diabete di tipo 1 arriva, per la prima volta, un farmaco in grado di ritardarne l’insorgenza dai 3 ai 5 anni. Si tratta di un anticorpo monoclonale somministrabile per via endovenosa al cui sviluppo ha contribuito la ricerca italiana. È stato approvato a novembre dalla statunitense Food and Drugs Administration, aprendo la strada al suo utilizzo anche in Europa, dove è in fase di revisione da parte delle autorità di regolamentazione dei farmaci nel Regno Unito e nell’Unione Europea.
La sfida, come è emerso durante l’evento della Sid “Panorama Diabete” appena concluso a Riccione, è quella di individuare i soggetti idonei alla somministrazione. Il farmaco, infatti, va utilizzato prima dell’insorgenza della malattia.
Diabete di tipo 1, lo screening mirato
L’immunoterapia è stata approvata dalla FDA come un nuovo approccio terapeutico per rallentare la distruzione di β-cellule. Questo nuovo farmaco pone domande sulla opportunità di stratificare il rischio della malattia nella popolazione e di procedere a uno screening mirato. La terapia per ritardare la malattia è indirizzata a individui di età maggiore di 8 anni, con almeno due auto anticorpi circolanti e che abbiano una condizione di prediabete, ovvero alti tassi di zucchero nel sangue.
Gli specialisti hanno sottolineato come gli esami ematici abbiano un costo di poche decine di euro per individuo, quindi con un rapporto positivo tra costi e benefici. Se le persone con diabete di tipo 1 in Italia sono circa 180.000, il costo umano è alto poiché la patologia toglie dai 10 ai 15 anni all’aspettativa di vita. Inoltre il trattamento delle persone con diabete di tipo 1 è oneroso per il sistema sanitario nazionale, con una terapia insulinica a vita, una tecnologia di monitoraggio e l’assistenza medica specialistica. Infine, il diabete di tipo 1 è in crescita annua del 2%-3% e durante la pandemia, per cause ignote, è aumentato ancor di più.
La terapia che ritarda l’insorgenza
“Dopo circa 30 anni di studi e relativi trials clinici finalizzati alla prevenzione dell’insorgenza clinica del diabete tipo 1 nei soggetti a rischio – dichiara il Presidente Eletto di SID, Raffaella Buzzetti – l’approvazione negli Stati Uniti di un farmaco a base di anticorpi monoclonali, il teplizumab, capace di dilazionare di circa 2 anni l’insorgenza della malattia apre nuovi scenari. Al di là dell’efficacia di questa molecola che necessita di ulteriori studi a lungo termine, questa approvazione offre nuova linfa ed entusiasmo, dopo anni di attesa, nella ricerca di base e nell’implementazione di studi clinici per prevenire o addirittura curare il diabete tipo 1”.
“È un momento particolare – dichiara il Presidente del Comitato Scientifico della SID, Lorenzo Piemonti, professore di endocrinologia e direttore del Diabetes Research Institute dell’IRCCS Ospedale San Raffaele – perché per la prima volta abbiamo la possibilità di immaginare di intervenire in una fase precoce del diabete di tipo 1, prima che compaia la malattia clinica, grazie a dei sistemi di predizione molto opportuni. Si apre così una nuova era, sia dal punto di vista scientifico che di quello della sanità pubblica, poiché possono essere attuate strategie per ridurre il carico della malattia all’interno della popolazione. Si tratta di una delle novità più importanti nel campo della diabetologia per il diabete di tipo 1 in cui il nostro Paese ha giocato un ruolo importante, contribuendo a costruire questa prospettiva con la propria ricerca scientifica. È importante che ciò avvenga proprio mentre in Parlamento è in discussione l’approvazione di una legge che introduce per la prima volta al mondo lo screening di popolazione per il diabete di tipo 1: un primato che porrebbe l’Italia all’avanguardia nella predizione e prevenzione di questa malattia”.