Tempo di lettura: 3 minutiProf. Pietro Barbetta, Docente di Psicologia Dinamica Università di Bergamo, socio Ordinario della Società Italiana di Psicologia e Psicoterapia Relazionale (SIPPR).
Siamo in epoca psicotica, non è la prima e non sarà l’ultima. Cos’è un’epoca psicotica? Tra gli altri sintomi familiari – è la negazione di qualsiasi tipo di conflitto. Nei sistemi psicotici “conflitto”, per definizione, significa “distruzione”.
Questo soggetto collettivo esiste e non è quel soggetto collettivo romantico che libererà l’umanità da ogni male. È narcisista e sadico. Però, questo soggetto, non è struttura patologica individuale, è sistema patologico. Non si tratta di cattiva educazione familiare; neppure di neurotrasmettitori in eccesso, o in difetto. Questa patologia è effetto di un contesto storico-sociale; un portato culturale antico, che di tanto in tanto riemerge, l’effetto di un brodo culturale. Esiste un’isteresi del soggetto collettivo, che, dopo essere uscito dal campo magnetico totalitario, ancora a lungo mantiene mentalità e caratteri totalitari, qualcuno l’ha chiamata democrazia reazionaria. Dobbiamo uscire dall’illusione politologica che, caduto un sistema oppressivo e corrotto, si possa ottenere finalmente la democrazia. Tutto ciò insegna che esiste un inconscio sociale, che il soggetto collettivo è abitato da una assenza costitutiva, da una follia radicale, da una mancanza incolmabile.
La democrazia è, in primo luogo, una forma mentis difficile da mantenere, facile da screditare. Il mondo, come voleva Hobbes, sembra andare nella direzione opposta. Oggi questo spostamento verso il totalitarismo avviene per opera di un soggetto collettivo radicalmente antagonista, che non si esprime in politica, ma in ambiti differenti: fede, delirio politico, gesto “estetico”. Non più dissenso, solo guerra, non avversari, solo nemici. Significativo è video sulla differenza tra John McCain e Donald Trump a proposito dell’avversario Obama: http://www.attn.com/stories/3226/donald-trump-response-to-anti-Islamic-campaign-supporter?utm_source=facebook&utm_medium=viralvideoposttext&utm_campaign=videos:
Trump fa parte di quella vasta schiera di personaggi che popolano l’occidente da tempo, seguono il soggetto collettivo narcisista, che squalifica, discredita, distrugge il nemico. McCain fa parte di quella minoranza che crede nel conflitto, nella divergenza, anche radicale, di opinione, senza passare attraverso la demonizzazione dell’avversario.
Da dove viene questa patologia del sistema sociale? A diversi livelli e con differenze di contenuto, questa patologia trasversale sta producendo i nuovi serial killer. Paradossalmente dipende dall’idea di autonomia come antagonismo. Si è pensato, per anni, e tutt’ora si pensa, che il soggetto antagonista sia autonomo. Al contrario di ciò, la sottomissione è parte costitutiva dell’antagonismo, il soggetto antagonista è un suddito. Un facchino che, mentre protesta, porta sulle spalle i bagagli del padrone. L’esperienza storica del secolo scorso è la prova lampante di questa terribile verità, la promessa di un mondo nuovo si è rivelata nel terrore.
Penso che Michel Foucault, quando scrisse Bisogna difendere la società – http://www.lafeltrinelli.it/libri/michel-foucault/«bisogna-difendere-società»/9788807720895 – intendesse precisamente questo: dobbiamo difendere l’esercizio del parlar franco, il free speech, la parresia.
Quando un Anders Breivik colpisce, gioisce un’organizzazione neo-nazista, quando colpisce un Mohamed Lahouaiej Bouhel, gioisce un’organizzazione islamica fondamentalista. C’è sempre stato, nel fondamentalismo, il gesto solitario, “estetico” .C’è sempre stato un Lee Harvey Oswald, un Shiran Shiran, un James Earl Rey, un Ygal Amir dei quali mai si saprà se hanno, o meno, agito da soli o per conto di un’organizzazione fondamentalista. Quel che si sa è che chi ha gioito per l’eliminazione dei Kennedy, di Martin Luther King e di Yithzak Rabin rappresenta il soggetto collettivo antagonista del quale è urgente liberarsi.Oggi chi muore è persona che, a sua volta, rappresenta un soggetto collettivo. Soggetto fatto di volti sconosciuti, ai quali non è neppure possibile erigere un monumento, erano lì per puro caso.