Alzheimer, i «nanocubi» ci permetteranno di sconfiggerlo
Alzheimer e malattia di Parkinson, ora possiamo individuarle prima ancora che si manifestano. A disposizione dei medici ci saranno presto test diagnostici basati sulle nanotecnologie che serviranno ad individuare dei biomarcatori di queste malattie. Andiamo con ordine. La tecnica in questione è stata messa a punto da punto da un team di ricercatori dell’Istituto di fisica applicata (Ifac-Cnr), in collaborazione con i colleghi dell’Istituto di microelettronica e microsistemi (Imm-Cnr), del Dipartimento di chimica e scienze geologiche dell’Università di Modena e Reggio Emilia e dell’Università statale di Saratov (Russia). La ricerca è stata pubblicata su Acs Nano.
Impronte digitali
I ricercatori sono riusciti a identificare “l’impronta digitale” di proteine e biomarcatori quando sono ancora presenti in minime tracce, riuscendo così a effettuare una diagnosi precoce di queste malattie neurodegenerative.
Nanocubi
«La metodologia – dice Paolo Matteini dell’Ifac-Cnr, primo autore del lavoro e coordinatore del team – si basa sull’attivazione laser di nanocristalli (cristalli che hanno dimensioni dell’ordine del nanometro, unità di misura equivalente a un miliardesimo di metro) d’argento a forma di cubo. Questa attivazione consente di identificare molecole precursori della malattia presenti nei fluidi biologici (sangue, urina, fluido cerebrospinale». L’irraggiamento laser “accende” infatti i nanocristalli producendo un intenso campo elettrico che amplifica di circa un milione di volte il segnale delle molecole aderenti alla loro superficie. Il segnale così rivelato fornisce informazioni uniche su composizione e struttura della biomolecola, che viene riconosciuta anche in minime tracce.
Occhio elettronico
Grazie ad un nuovo microscopio elettronico a scansione, installato nei laboratori di Catania, è stato possibile analizzare la struttura cristallina dei vertici del nanocubo, rivelandone una disposizione che gli scienziati definiscono “a gradini”, che intercetta efficacemente le biomolecole in soluzione. Gli esperimenti condotti finora hanno dimostrato la validità di questo approccio. Questo metodo consente di sviluppare test diagnostici per il riconoscimento precoce di biomarcatori di patologie neurodegenerative, quindi per arrivare un giorno a prendere l’Alzheimer e il Parkinson in contropiede. Detto questo, strada ancora lunga. Sarà infatti necessaria un’accurata fase di test preliminari per classificare la complessità dell’impronta ottica dei vari biomarcatori prima che questa tecnica risulti affidabile per l’uso clinico.