Un po’ in tutto il mondo, e l’Italia non fa certo eccezione, ci si chiede se servirà una quarta dose per tenere a bada il Covid. Una domanda più che legittima, che fa nascere dubbi e resistenze anche tra i più fiduciosi. A rispondere, o quantomeno a dare una propria linea di pensiero, ci ha pensato il professor Guido Rasi (ex Ema e oggi consigliere del commissario Figliuolo) che in un’intervista a Repubblica ha bocciato, o quasi, l’idea di una quarta dose per affrontare Omicron. La quarta dose, secondo l’esperto, potrebbe non servire ed è anche scettico sulla possibilità di un richiamo permanente dei vaccini: «Non ha senso mantenere il sistema immunitario continuamente attivato. Abbiamo una memoria che ci aiuta anche quando gli anticorpi calano. Forse non sarà in grado di evitare l’infezione, ma la malattia grave sì. E per il futuro sarebbe meglio elaborare una nuova risposta, più strutturata, piuttosto che continuare a organizzare vaccinazioni di massa in regime di emergenza». Per Rasi la quarta dose attualmente «ci pone più domande che risposte. Al momento la consiglierei alle persone immunocompromesse, ai pazienti oncologici, a chi ha una riduzione rapida degli anticorpi perché è in dialisi». Mentre non conosciamo la durata della protezione della terza dose: «Ma ora ci sta chiaramente proteggendo dai sintomi gravi. E non torniamo mai al punto di partenza. Gli anticorpi calano come è naturale che sia. Ma la memoria immunitaria, la risposta cellulare, restano attive ancora oggi. È per questo che ci possiamo contagiare, ma ci ammaliamo meno». Anche se la quarta dose sarà sicura, per Rasi «non è scontato che una stimolazione continua e ripetuta dopo un po’ non crei problemi al sistema immunitario. In ogni caso non possiamo andare avanti con campagne vaccinali di massa ogni pochi mesi. Non è sostenibile. Bisognerebbe pensare a una risposta più strutturata». Ovvero: «creando vaccini spray che producano un’immunità nelle mucose dell’apparato respiratorio, per esempio. O che siano facili da prendere, ad esempio per via orale come avviene con la polio. Oppure vaccini che riconoscano altre proteine del virus, più stabili della spike che muta rapidamente».
OMICRON 2
Intanto, in Nord Europa è stata ormai individuata una nuova variante, chiamata Omicron 2. Per Massimo Ciccozzi, direttore dell’Unità di Statistica medica ed epidemiologia molecolare del Campus Bio-medico di Roma, si potrebbe trattare di una sottovariante di Omicron che ha però, probabilmente, le sue stesse caratteristiche, e quindi non deve allarmare perché il vaccino la copre. «La vaccinazione rende inoltre la stessa Omicron sintomatologicamente più leggera, ma va ribadito che per i non vaccinati può comunque portare alla necessità del ricovero in terapia intensiva», ha avvertito. In generale, sottolinea «non credo che vedremo una variante più contagiosa di Omicron, ma è importante che la vaccinazione sia globale e omogenea in tutti Paesi per impedire l’insorgenza di ulteriori varianti». Anche Ciccozzi sposa l’idea che evitare un’eccessiva stimolazione del sistema immunitario sia meglio. «Scientificamente – dice – non è consigliabile una somministrazione del vaccino ogni pochi mesi perché si stresserebbe troppo il sistema immunitario ottenendo infine l’effetto contrario, nel senso che il sistema immunitario finirebbe per non innescare più una risposta di protezione».