Le persone di mezza età che lavorano su turni o che passano a un impiego notturno sarebbero più a rischio di soffrire di demenza. Lo ha dimostrato uno studio presentato a SLEEP 2017, l’incontro annuale dell’American Academy of Sleep Medicine e della Sleep Research Society, che si è svolto a Boston. I risultati sono stati riportati da Reuters Health.
La ricerca
Un gruppo di ricercatori del Karolinska Institutet di Stoccolma,coordinati da Kathleen Bokenberge, ha esaminato la relazione tra il lavoro su turno e la demenza in due gruppi di pazienti: lo Swedish Twin Registry (STR) e lo Screening Across the Lifespan Twin (SALT). Il primo, STR-1973, comprende 13.283 partecipanti nati tra il 1926 e il 1943. Questi avevano almeno 30 anni nel 1973, quando hanno ricevuto un questionario che richiedeva informazioni sul tipo di lavoro che svolgevano e da quanti anni. Nel secondo gruppo, invece, ci sono 41.610 partecipanti nati tra il 1900 e il 1958. Questi, tra il 1998 e il 2002 sono stati intervistati telefonicamente sulla storia e la durata del lavoro notturno che svolgevano. I ricercatori hanno quindi consultato i registri nazionali svedesi sulla salute pubblica per cercare i casi con diagnosi di demenza che coinvolgevano i partecipanti.
Il follow-up medio per il gruppo STR-1973 è stato di 41 anni, mentre per il campione SALT è stato di 14, durante i quali i ricercatori hanno identificato, rispettivamente, 983 (7,4%) e 2.033 (5%) casi di demenza. Dall’analisi dei dati è emerso che l’incidenza della demenza sarebbe associata al lavoro su turni, con un tasso di rischio di 1,4, e al lavoro notturno, con un rapporto di 1,13. Inoltre, non sarebbe la durata nel lavoro su turni o notturno a determinare un aumento del rischio di demenza nelle persone di mezza età.
Secondo Camilo Ruiz, portavoce dell’American Academy of Sleep Medicine di Darien, “questi risultati non sono sorprendenti e sono coerenti con la teoria secondo la quale il lavoro notturno è in conflitto con i nostri ritmi circadiani”.