Cinque milioni di persone sono morte ogni anno a causa del fumo, tra il 1990 e il 2015. Lancet ha portato a termine un’importante ricerca.
È il secondo più importante fattore di rischio per mortalità precoce e disabilità in tutto il mondo. Ad oggi, più della metà di questi decessi si verifica in quattro grandi Paesi: Cina, India, USA e Russia. Se le politiche anti-fumo negli ultimi decenni hanno ottenuto grandi risultati, ancora i numeri sono altri.
Le iniziative. Uno dei provvedimenti più importanti che ha rappresentato una vera svolta per la lotta al fumo è stato il divieto nei luoghi pubblici (l’Italia può vantarsi di essere stata un’antesignana in Europa, con la legge Sirchia del 2003, la prima al mondo è stata invece la California nel 1998). Un’importante recente spinta in questa direzione è stata data dall’adozione della Framework Convention for Tobacco Control dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, un trattato evidence-based che riafferma i diritti di tutti i popoli a raggiungere i migliori standard di salute, messa a punto in risposta all’epidemia planetaria ‘tabacco’. Tuttavia il fumo continua a mietere vittime, Lancet ha pubblicato in questi giorni il rapporto costruito su dati (le fonti sono ben 2.818) del Global Burden of Diseases, Injuries, and Risk Factors Study (GBD), che ha valutato l’effetto del fumo (in termini di mortalità e morbilità) in 195 nazioni, nei 25 anni che vanno dal 1990 al 2015.
I dati. Ad oggi nel mondo hanno ancora il ‘vizio’ del fumo il 25% dei maschi e il 5,4% delle femmine, anche se la prevalenza dei fumatori attivi ha fatto registrare una cospicua riduzione a partire dal 1990 (- 28,4% tra i maschi e -34,4% tra le femmine), risultando più marcata negli anni tra il 1990 e il 2005, che in quelli a seguire (2005-2015). Soltanto 4 Paesi hanno fatto registrare dei trend in controtendenza (Congo e Azerbaijan per i maschi, Kuwait e Timor-Leste per le femmine) tra il 2005 e il 2015, con un aumento dei fumatori. Nel 2015, l’11,5% della mortalità totale (pari a 6,4 milioni di decessi) è risultata attribuibile al fumo e oltre la metà (52,2%) dei morti si sono verificati in appena 4 Paesi: Cina, India, USA e Russia). Il fumo nel 2015 figurava nella top 5 dei principali fattori di rischio per DALY in 109 Paesi (nel 1990 era nei primi cinque posti di questa poco edificante classifica ‘solo’ in 88 Paesi), posizionandosi addirittura al secondo posto come causa di mortalità precoce e disabilità.