«Vedo spesso tante persone “normali” in down. Siamo tutti così frenetici, così attenti a mediare nelle nostre relazioni sociali, poco spontanei. Per questo adoro lavorare e girare l’Italia con la mia compagnia, che una copia in più di un cromosoma e che, forse, proprio per questo ha una marcia in più e una spontaneità unica». È una lezione di vita, un prezioso spunto di riflessione, quello regalato da Paolo Ruffini al quale è stato ssegnato ieri il premio PreSa “per l’attività culturale a favore dell’integrazione sociale e professionale delle persone con disabilità”. Ruffini, ormai da tempo in giro per l’Italia con lo spettacolo Up & Down, ha usato parole spontanee per definire il valore di un rapporto autentico. «Quando sono con i mei colleghi sono con persone che non hanno bisogno di mediare o di fingere, sono persone autentiche che danno valore ai sentimenti». Ruffini ha poi rovesciato il paradigma “salute è cultura”, spiegando che anche “cultura è salute”. «Un paese senza cultura – ha detto – è un paese povero. La cultura ci aiuta a stare meglio, a prendere decisioni consapevoli, a decidere per il nostro futuro». Poi la dedica «tutti miei amici che rendono me disabile, perché ogni volta che capisco che loro hanno una marcia in più. Ho imparato nel tempo che preferisco stare a tavola con qualcuno che ha una sensibilità maggiore, anche se con qualche difficoltà cognitiva».
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