Il desiderio di avere un figlio, poi scoprire di essere incinta. Nove mesi di sacrifici, rinunce, fatica, attesa, gioia. Un giorno arriva il momento del parto in un ospedale di Catania e qualcosa va storto. Il bambino nasce con gravi lezioni cerebrali.
Oggi, a un anno di distanza, tre dottoressa del Santo bambino di Catania sono state sospese dal servizio e indagate dalla procura del capoluogo etneo. Avrebbero procurato, secondo l’accusa, danni irreversibili al neonato per evitare di effettuare sulla madre un parto cesareo. Il motivo del rifiuto di fare il cesareo sarebbe da ricercare nel fatto che le tre dottoresse in servizio non volessero trattenersi in ospedale oltre il loro orario di lavoro, quindi per non fare lo straordinario. Il bambino, per il presunto ritardo e le pratiche svolte non correttamente, ha riportato lesioni cerebrali gravissime. Il fatto risale a luglio 2015. I familiari della donna che ha dato alla luce il piccolo hanno presentato un esposto alla magistratura per capire quanto sia avvenuto quel giorno all’interno del reparto del Santo bambino che fa capo al policlinico Vittorio Emanuele di Catania. Secondo i magistrati della procura però ci sarebbe di più, le cartelle cliniche, infatti, sarebbero state redatte in notevole ritardo rispetto all’accaduto, questo, sostiene l’accusa forse per coprire le negligenze da parte del personale medico che adesso è stato sospeso. Due dottoresse sono state sollevate dall’incarico per un anno, la terza per cinque mesi. Per adesso non possono accedere in ospedale. Intanto il direttore generale dell’azienda Paolo Cantaro ha fatto sapere che è stata avviata anche un’indagine interna per cercare di ricostruire quanto avvenuto e se vi siano realmente delle responsabilità da parte dei medici coinvolti nell’inchiesta giudiziaria. L’ospedale Santo bambino, insieme al reparto di ostetricia e ginecologia del Vittorio Emanuele rappresenta il secondo punto nascita della Sicilia. I medici sospesi, fanno sapere dalla direzione generale, sono stati immediatamente sostituiti per continuare a garantire i servizi. Intanto l’inchiesta della procura va avanti.
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