Noduli e carcinomi della tiroide sono in costante aumento. Il dato riguarda soprattutto le forme tumorali meno aggressive (istotipo papillare) e i tumori con dimensioni inferiori a 1 centimetro. E’ merito di diagnosi più accurate, insomma, se si riesce a tener testa al diffondersi di questa malattia. Una foto molto interessante in proposito arriva dal primo report dell’Italian Thyroid Cancer Observatory (ITCO), il primo osservatorio italiano sui noduli e sui tumori alla tiroide. Semplificando un po’ quello che ne viene fuori è un quadro traluci e ombre, dove le luci riguardano diagnosi precoce e nuove terapie, mentre le ombre sono legate ad un uso eccessivo di una chirurgia radicale.
Sebastiano Filetti, Preside della Facoltà di Medicina dell’Università La Sapienza di Roma spiega che «del campione analizzato, nel 98% dei casi i pazienti sono stati sottoposti a rimozione totale della tiroide e solo nel 2% dei casi viene fatta la rimozione della sola parte interessata dal tumore». Come tutto questo possa essere di interesse per la popolazione è presto detto: un intervento radicale, ove non necessario, può peggiorare la qualità di vita del paziente. Ma quali sono i campanelli d’allarme? Il sintomo più comune del tumore della tiroide è un nodulo isolato all’interno della ghiandola, che si sente tra le dita se si tocca il collo in corrispondenza della tiroide. Non tutti i noduli tiroidei mutano in forme di cancro, anzi. Spesso sono il segno di quella che si definisce “iperplasia tiroidea”, ovvero una forma benigna di crescita ghiandolare. Si stima che meno del 5% dei noduli tiroidei nasconda effettivamente un tumore. Va etto che disturbi degli ormoni tiroidei come ipo o ipertiroidismo si manifestano solo nelle forme avanzate della malattia, per fortuna molto rare.
Il prossimo studio dell’ITCO sarà centrato sulla valutazione della qualità di vita dei pazienti affetti e trattati per un tumore della tiroide. Sta infatti per prendere il via uno studio multicentrico, italiano, mirato a valutare se cambia, e come cambia, la qualità della vita dei soggetti sottoposti ad asportazione totale della ghiandola tiroidea e in terapia sostitutiva ormonale, con l’obiettivo di comprendere quale intervento terapeutico sia in grado di ripristinare lo stato pre-operatorio del paziente.