Negli Stati Uniti si parla sempre più di EFS, ovvero di Early Feasibility Study. Un tema un po’ complesso, certo, che però ha un grande impatto sulla vita dei cittadini e che per questo merita un approfondimento, seppur con tutte le semplificazioni del caso. Il primo passo è chiarire cosa si intende con il termine inglese Early Feasibility Study. L’acronimo EFS può essere tradotto con l’espressione “studi di fattibilità precoce”, e racchiude in sé il programma che il Centro FDA americano per i dispositivi e la salute radiologica (CDRH) ha sviluppato proprio per favorire piccoli studi clinici progettati per ottenere informazioni preliminari su una tecnologia medica innovativa durante il processo di sviluppo. Quindi, prima di iniziare una sperimentazione clinica più ampia.
I PRODUTTORI
Un tema che il direttore generale di Confindustria Dispositivi Medici, Fernanda Gellona, considera «centrale e di grandissimo interesse». La ragione è evidente, si tratta di un’attività che non solo è coerente con il mondo dello sviluppo e della produzione delle tecnologie biomediche, ma che potrebbe porre le basi per una nuova leadership italiana, con ricadute favorevoli sia in termini occupazionali che di salute pubblica. Del resto l’evoluzione di questi dispositivi è incredibilmente rapida. «Poter contare su un sistema codificato – spiega la dottoressa Gellona – grazie al quale cominciare a presentare le nostre tecnologie con l’obiettivo poi di poterle proporre al mercato, sarebbe un grande vantaggio. Non sempre, infatti, le innovazioni tecnologiche, anche se fortemente impattanti sulla salute dei pazienti, rientrano nei LEA». Un tema molto attuale, anche e soprattutto oggi che molto si discute di Recovery Plan. «Il nostro settore – conclude la dottoressa Gellona – ha bisogno di una politica industriale che oggi non esiste. Abbiamo bisogno di un mercato regolamentato e che agevoli la presenza dell’industria in questo settore, con regole che siano di tutela per l’intero sistema».
VANTAGGI PER LA SALUTE
Non è solo Confindustria Dispositivi a pensare che il programma EFS possa dare all’Italia una marcia in più. «Il programma EFS, che in America vede precise linee guida, permetterebbe – se adottato anche in Italia – di avviare studi clinici in fase molto precoce, portando i dispositivi sul mercato in modo rapido e sicuro», sottolinea la professoressa Paola Minghetti, ordinario di Tecnologia e legislazione farmaceutica de La Statale di Milano. «Parliamo di prodotti anche molto importanti per la vita dei pazienti – aggiunge -. Questo è un settore nel quale l’evoluzione è continua e per questo è fondamentale accedere a dispositivi che siano i più avanzati sul mercato». Una conferma in più, qualora ve ne fosse bisogno, che avere precocemente prodotti innovativi ed efficaci è un gran vantaggio per i pazienti. La professoressa Minghetti evidenzia poi che per fare un deciso passo in avanti «servirebbero linee guida tecniche e un deciso snellimento della burocrazia. Se l’Italia riuscisse a produrre questo cambiamento – dice – vedremmo realmente l’inizio di una nuova stagione». È dunque evidente che nell’ottica del riassetto della nuova governance di settore, il programma potrebbe rappresentare un fattore determinante per la realizzazione di sperimentazioni cliniche nel nostro Paese. Mentre oggi assistiamo ad un percorso inverso, con ritardi nella disponibilità di dispositivi innovativi e un impoverimento nella conoscenza di questi dispositivi prima della loro commercializzazione.
UN SISTEMA SOSTENIBILE
Convinto che il settore dei dispositivi medici si sia «dimostrato fondamentale anche in quest’ultimo anno, non soltanto a livello nazionale, ma anche a livello europeo e mondiale», il professor Francesco Saverio Mennini, docente di Economia Sanitaria e Microeconomia, direttore EEHTA del CEIS dell’Università“Tor Vergata” precisa che «è essenziale promuovere l’innovazione dei dispositivi medici anche in un’ottica di sostenibilità del sistema. Sviluppare programmi e usare strumenti che consentano di individuare rapidamente le innovazioni e poterle valorizzare. Negli USA questo è stato fatto proprio con gli Early Feasibility Study, sistema che in Italia potrebbe essere sotto la guida del Ministero della Salute, anche sotto l’egida di una futura agenzia nazionale di HTA, in modo da soddisfare i requisiti per un percorso accelerato di approvazione. In questo modo sarebbe possibile una valorizzazione prospettica di questi dispositivi e a cascata si arriverebbe ad un’accelerazione nell’accesso dei pazienti a queste tecnologie. Un programma – conclude Mennini – che può spingere verso l’alto l’innovazione e può aiutare a semplificare il processo di accesso alle tecnologie di alta qualità, sicure ed efficaci nel nostro sistema sanitario». L’idea condivisa è che i continui progressi in questo settore abbinati all’avvio di questo programma potrebbero aiutare a riportare l’Italia in una posizione di leadership nella valutazione clinica di nuovi dispositivi, in grado di dare risposte a tutta quella schiera di esigenze insoddisfatte oltreché aumentare l’accesso dei pazienti italiani a prodotti potenzialmente benefici.