Tempo di lettura: 4 minutiI dati dicono che un quarto dei pazienti con dolore cronico continua a soffrire perché non riceve cure adeguate. Tuttavia, anche con l’aiuto di nuove tecnologie basate sulla neurostimolazione si potrebbero risolvere la maggioranza dei casi. Se n’è discusso a Milano in occasione del 5° International Theras Day.
Molti italiani che continuano a soffrire di mal di schiena (più della metà con dolore cronico), di cefalea, della nevralgia post-erpetica (fuoco di Sant’Antonio), della nevralgia del trigemino, artrosi, sono rassegnati a pensano che la medicina non possa fare di più. “Tutti cercano di lenire il dolore, ma se questo è cronico, per molti la cosa si fa difficile con il trascorrere del tempo – spiega Giuliano De Carolis, Presidente Federdolore-SICD (Società Italiana dei Clinici del Dolore), Anestesista dell’Azienda Ospedaliera Universitaria di Pisa – Purtroppo il dolore viene sopportato o sottovalutato dal paziente in quasi un terzo dei casi (29%) oppure curato con antidolorifici non specifici (23%). Dopo le prime cure, spesso sufficienti per la fase acuta, 1 paziente su 4 non riesce più a far fronte alla sofferenza perché le cure non sono più efficaci. I tentativi di trovare nuove strade farmacologiche non hanno sempre successo e il paziente stesso, scoraggiato, non crede più a soluzioni possibili. In realtà le soluzioni esistono e risolvono o migliorano la maggioranza dei casi, grazie alle nuove tecnologie che permettono approcci mini-invasivi, duraturi e non farmacologici”
Dunque 1 italiano su 4 soffre di dolore cronico, e di questi il 25% non è adeguatamente trattato. “La nuova frontiera è la neurostimolazione, non ancora così diffusa e praticata in Italia. Parliamo di trattamenti senza l’utilizzo di farmaci, ben consolidati e utilizzati a livello globale da oltre 30 anni, in cui gli impulsi elettrici calmano i nervi e riducono i segnali di dolore al cervello – continua De Carolis – Gli strumenti a disposizione offrono la possibilità di intervenire in modo efficace, rapido e duraturo, a seconda le indicazioni di ogni singolo paziente. Il livello di invasività è decisamente ridotto, basti pensare alla neurostimolazione percutanea (PENS) in grado di alleviare il dolore già dalla prima applicazione nella zona di interesse. Per dolori più complessi è possibile intervenire anche a livello midollare grazie a un intervento chirurgico (SCS, Stimolazione del Midollo Spinale) che permette di impiantare un piccolo dispositivo che rilascia in sicurezza lievi impulsi elettrici ai nervi interrompendo o riducendo la trasmissione dei segnali del dolore al cervello. I trattamenti di nuova generazione oltre a confermare l’evidente livello di efficacia anche nel tempo, ha inciso molto anche sull’invasività dell’intervento che ora viene fatto in anestesia locale con un blando sedativo per la durata di massimo 1 ora. Anche i tempi di reazione sono decisamente migliorati, grazie soprattutto alla mancanza di formicolio (parestesia) che facilita la ripresa delle attività quotidiane (compresa quella di guidare l’auto)” .
Definizione e numeri del dolore cronico
Il dolore cronico benigno è un dolore persistente e debilitante che dura per tre mesi o più, e può avere eziologie molto differenti. Può essere conseguente a un intervento chirurgico o a un infortunio oppure può essere di origine iatrogena come l’emicrania. Il dolore cronico (non causato da tumori) colpisce circa 1,5 miliardi di persone in tutto il mondo e oltre 16 milioni di italiani. Tra le varie eziologie il mal di schiena è tra le prime cause di dolore cronico benigno. Il 51% degli italiani soffre di cefalea acuta, mentre il 14% soffre di emicrania e il 4% di cefalea cronica.
Identikit
Il paziente tipo è una donna tra i 35-50 anni, con mal di testa e dolori diffusi, un reddito familiare medio tra i 20 e i 40 mila euro all’anno, sottoposta a molti fattori di stress e con un’educazione medio-bassa (es. scuola dell’obbligo). La causa generalmente è da individuare nelle artriti o nell’ernia del disco, le sedi più comune rimangono schiena, gambe e testa. Gli esperti identificano, infatti, una relazione inversamente proporzionale tra il grado di istruzione e il grado e la persistenza del dolore. Probabilmente questo dato dipende dall’accesso alle cure. Solo nella metà dei casi si rivolgono a un medico, più spesso a quello di famiglia (57,9%), raramente al terapista del dolore (5,8%). Il 61,7% degli italiani soffre di dolore cronico ma non sa come affrontarlo. Il dolore viene sopportato o sottovalutato dal paziente in quasi un terzo dei casi (29%) oppure curato con antidolorifici non specifici (23%)
Le terapie
La pratica clinica più diffusa per il trattamento del dolore cronico moderato è l’impiego dei farmaci antinfiammatori non steroidei, i Fans. In Italia nel 68% dei casi il dolore viene controllato con uno di questi medicinali (ogni anno si consumano 43 milioni di confezioni di Fans per curare il dolore nel nostro Paese), rispetto a una media europea del 44%, con un costo annuale di trattamento del dolore cronico nel nostro Paese di 4.556 euro per paziente, imputabili alle perdite di produttività (assenze da lavoro) e 1.400 euro come costi diretti a carico del Servizio sanitario nazionale. Esiste un dolore nocicettivo di origine meccanica generalmente causato da danni alle ossa, ai muscoli o in generale ai tessuti e un dolore neuropatico che è causato da una lesione dei nervi. Generalmente queste due tipologie di dolore coesistono nello stesso paziente rendendo quindi necessaria una terapia multifattoriale. È ampio lo spettro di patologie che possono generare il dolore cronico benigno ad esempio: lombalgia, ernia del disco, cefalea, sciatica, nevralgia post-erpetica, cicatrice dolorosa, neuropatia diabetica, nevralgia del trigemino, artrosi, fibromialgia, lombosciatalgie, dolori di origine osteoarticolare.