Sindrome dell’invecchiamento prematuro: tecnologia ora lo studia
Si chiama SAMMY-seq ed è una tecnologia in grado di identificare le alterazioni del Dna che causano la progeria. Questa malattia fa invecchiare i bambini precocemente (sindrome dell’invecchiamento prematuro). La nuova tecnologia prende il nome dal 26enne Sammy Basso, paziente e testimonial per la ricerca sulle laminopatie. Lo studio è stato appena pubblicato su Nature Communications.
La sindrome dell’invecchiamento prematuro
La sindrome dell’invecchiamento prematuro è una malattia genetica rara che colpisce un bambino su 4-8 milioni. È causata da una mutazione del gene LMNA, che produce una proteina, la Lamina A, importante per la struttura e il funzionamento delle cellule.
I pazienti affetti da questa patologia nascono sani, ma dopo il primo anno di vita mostrano un’accelerazione dei processi di invecchiamento: la pelle si assottiglia, i muscoli perdono forza, il grasso sottocutaneo cala drasticamente. Nell’arco dei primi 20 anni di vita, spesso durante l’adolescenza, i pazienti sono colpiti da malattie cardiovascolari tipiche degli anziani.
Questa nuova tecnologia è stata realizzata in Italia dai ricercatori dell’Istituto nazionale genetica molecolare (Ingm) “Romeo ed Enrica Invernizzi”, dell’Istituto FIRC di Oncologia Molecolare (Ifom), dell’Istituto di tecnologie biomediche e dell’Istituto di genetica molecolare del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Itb e Cnr-Igm).
Come altre “laminopatie”, la sindrome dell’invecchiamento prematuro o Hutchinson Gilford Progeria Syndrome (HGPS), presenta delle mutazioni in una specifica proteina del nucleo, la Lamina A. “In ogni cellula del nostro organismo solo una piccola parte del Dna viene “letta” e “tradotta” in proteine essenziali per il corretto funzionamento della cellula”, spiega Chiara Lanzuolo, ricercatrice dell’Istituto di tecnologie biomediche del consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Itb) e responsabile del Laboratorio di Chromatin and Nuclear Architecture all’Ingm. “La diversità di lettura delle informazioni è determinata dall’accessibilità del Dna, che è impacchettato da proteine che ne regolano l’attivazione formando la cromatina. La cellula regola l’utilizzo del suo Dna esponendo le sequenze da tradurre (ovvero quelle utili alla cellula in uno specifico momento della sua vita) e nascondendo mediante compattazione le altre sequenze (ovvero quelle che non servono in quel dato momento). La Lamina A modella la forma del Dna ed è fondamentale in questo processo. Nei malati di HGPS la mutazione nella Lamina A produce una proteina tronca, la progeria, che provoca una distorsione nella forma del Dna”.
Ad oggi però non erano mai state caratterizzate in dettaglio le regioni del Dna colpite per prime da questo cambio di conformazione, e quindi le prime responsabili della cascata di alterazioni. “Una conoscenza più approfondita dei meccanismi molecolari all’origine della malattia e in particolare di queste regioni genomiche aprirebbe degli scorci conoscitivi fondamentali per capire meglio le origini molecolari della patologia e per sviluppare potenzialmente in prospettiva delle strategie terapeutiche a favore delle aspettative di vita dei pazienti”, afferma Francesco Ferrari, responsabile del programma di Genomica computazionale all’Ifom e ricercatore all’Istituto di genetica molecolare del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Igm).
I team coordinati da Lanzuolo e Ferrari, unendo competenze di biologia molecolare e biologia computazionale, hanno messo a punto la SAMMY-seq, una tecnologia innovativa basata sul sequenziamento del Dna mirata a classificare la struttura in base ad alcuni parametri chimico-fisici della molecola. Utilizzando questa tecnologia sulle cellule dei pazienti affetti da progeria, i ricercatori hanno identificato delle alterazioni della struttura tridimensionale del Dna che sono all’origine del suo malfunzionamento. “L’alterazione della struttura del Dna delle cellule – spiegano Lanzuolo e Ferrari – porta infatti a errori nella regolazione dell’espressione dei geni e, conseguentemente, andando incontro a una disfunzione cellulare che termina in un blocco della proliferazione”.
“Il successo di questo progetto – precisa Francesco Ferrari – è stato possibile solo grazie a una efficace sinergia tra gruppi di ricerca con competenze complementari. In questo dobbiamo ringraziare tutti i coautori dello studio, in primis Endre Sebestyén e Fabrizia Marullo, primi autori del lavoro che si sono messi in gioco con entusiasmo per contribuire al progetto con expertise diverse. In questi progetti interdisciplinari è sempre fondamentale l’impegno di tutti per uscire dalla “comfort zone” del proprio specifico campo di ricerca per poter far avanzare i limiti della conoscenza scientifica”.
“Siamo fiduciosi che ulteriori sviluppi nell’utilizzo sperimentale della tecnologia SAMMY-seq – concludono i ricercatori – potranno aiutare i ricercatori a capire l’efficacia delle terapie sul DNA degli individui affetti da Hutchinson Gilford Progeria Syndrome o da altre sindromi progeroidi. Inoltre la tecnologia, efficace anche su cellule primarie e tessuti, può essere utilizzata in altri contesti medici come strumento diagnostico o di monitoraggio dell’efficacia dei protocolli terapeutici”.
Perché la nuova tecnologia è stata battezzata con il nome di SAMMY-seq? È un acronimo che sta per “Sequential Analysis of MacroMolecules accessibilitY” e al tempo stesso è un omaggio alla persona di Sammy Basso, il 26enne noto a livello nazionale e internazionale per essere particolarmente attivo nel promuovere la ricerca scientifica sulle laminopatie, sia partecipando a convegni scientifici sia attraverso la sensibilizzare dell’opinione pubblica. “Sammy – spiega Lanzuolo – oltre che essere un paziente, è un attivissimo e poliedrico promotore della ricerca scientifica e lui stesso ormai un valido collega. Mi ha colpito molto professionalmente e umanamente l’incontro con lui, ormai 4 anni fa, al convegno annuale del network italiano per le Laminopatie. Uno strumento innovativo per questa patologia – conclude – non può che portare il suo nome”.
“Sono veramente onorato che il mio nome sia divenuto l’acronimo di questa nuovissima ed incredibile tecnica di identificazione delle modificazioni cromatiniche in progeria – commenta Sammy Basso-. Ormai da qualche anno conosco Chiara Lanzuolo e la passione che mette nelle ricerche che conduce, passione che sicuramente condivide con tutti coloro che la affiancano, visto che ormai la scienza è un lavoro che si fa a molte mani. Oltre ad essere entusiasta per questa nuova tecnica, che sicuramente aprirà la strada a grandi scoperte, e oltre ovviamente ad essere lusingato che essa porti il mio nome, sono anche felice perché sempre di più la ricerca sta prendendo una strada innovativa e tutt’altro che scontata: una strada che vede ricercatori e pazienti fianco a fianco per arrivare all’obiettivo. Potrebbe sembrare secondario, ma il legame umano e fraterno che si crea, diventa forza motrice per far avanzare la scienza e dunque anche l’umanità. Per questo ringrazio ancora una volta tutti coloro che hanno collaborato alla realizzazione di questa nuova ed intrigante tecnica (dal gran bel nome, direi)”
Il lavoro è stato possibile grazie al sostegno del progetto bandiera Epigen del CNR, di Fondazione Cariplo e di Fondazione AIRC. Il lavoro dal titolo: “SAMMY-seq reveals early alteration of heterochromatin and deregulation of bivalent genes in Hutchinson-Gilford Progeria Syndrome” è stato appena pubblicato su Nature Communications, e gli autori sono: Endre Sebestyén, Fabrizia Marullo, Federica Lucini, Cristiano Petrini, Andrea Bianchi, Sara Valsoni, Ilaria Olivieri, Laura Antonelli, Francesco Gregoretti, Gennaro Oliva, Francesco Ferrari and Chiara Lanzuolo.