Neuroni umani riemergono dalle ceneri di Pompei
Dalle ceneri di Pompei ed Ercolano riemergono dei neuroni umani, frammenti di DNA appartenenti a una vittima dell’eruzione che nel 79 d.C. seppellì l’intera area vesuviana fino a 20 km di distanza dal vulcano. La straordinaria scoperta è tutta italiana, frutto del lavoro dell’antropologo forense Pier Paolo Petrone, in collaborazione con geologi, archeologi, biologi, medici legali, neurogenetisti e matematici, che hanno raggiunto risultati eccezionali nonostante le limitazioni imposte dal Covid-19. «Il rinvenimento di tessuto cerebrale in resti umani antichi è un evento insolito – spiega Petrone, coordinatore del team – ma ciò che è estremamente raro è la preservazione integrale di strutture neuronali di un sistema nervoso centrale di 2000 anni fa, nel nostro caso a una risoluzione senza precedenti». Una scoperta, quella di questi neuroni, che ricorda un po’ la ricostruzione fantascientifica di Jurassic Park. Anche se in questo caso i dinosauri non c’entrano.
VETRIFICAZIONE
L’eruzione, che causò la devastazione dell’area vesuviana e la morte di migliaia di abitanti, seppellendo in poche ore la città di Ercolano, ha permesso la conservazione di resti biologici anche umani. La straordinaria scoperta ha potuto contare sulle tecniche più avanzate e innovative di microscopia elettronica del Dipartimento di Scienze dell’Università di Roma Tre, un’eccellenza italiana, dove le strutture neuronali perfettamente preservate sono state rese possibili grazie alla conversione del tessuto umano in vetro, che dà chiare indicazioni del rapido raffreddamento delle ceneri vulcaniche roventi che investirono Ercolano nelle prime fasi dell’eruzione. I risultati dello studio mostrano che il processo di vetrificazione indotto dall’eruzione, unico nel suo genere, ha congelato le strutture cellulari del sistema nervoso centrale di questa vittima, preservandole intatte fino ad oggi.
INDAGINI
Le indagini sulle vittime dell’eruzione proseguono in sintonia tra i vari ambiti della ricerca. La fusione delle conoscenze dell’antropologo forense e del medico-legale stanno dando informazioni uniche, altrimenti non ottenibili. Lo studio ha anche analizzato i dati di alcune proteine già identificate dai ricercatori in un lavoro pubblicato a gennaio scorso dal New England Journal of Medicine. Un aspetto di rilievo potrebbe riguardare l’espressione di geni che codificano le proteine isolate dal tessuto cerebrale umano vetrificato. Tutte le trascrizioni geniche identificate sono presenti nei vari distretti del cervello quali, ad esempio, la corteccia cerebrale, il cervelletto o l’ipotalamo. Le indagini sui resti delle vittime dell’eruzione non si fermano qui. Questi e altri risultati delle indagini bioantropologiche e vulcanologiche in corso a Ercolano stanno via via riportando alla luce particolari mai prima messi in evidenza, che arricchiscono il complesso quadro di eventi della più nota tra le eruzioni del Vesuvio.