Tempo di lettura: 2 minutiLa pandemia ha avuto un impatto anche sulle abitudini alimentari. Un’indagine italiana fa il punto sulle nuove abitudini alimentari degli adolescenti dopo il covid-19. “I nostri studi stanno via via sempre più confermando che la pandemia ha portato una maggiore attenzione del consumatore al tema della sana alimentazione. Tuttavia, l’aderenza alla dieta mediterranea resta bassa, con il 60% della popolazione che non la segue, soprattutto nelle regioni del sud Italia e la conoscenza nutrizionale è un fattore determinante per le buone scelte alimentari, ossia chi sa di nutrizione mangia anche meglio. Un altro dato estremamente importante è la stretta correlazione tra aderenza alle raccomandazioni nutrizionali e atteggiamenti di prevenzione dello spreco alimentare. Tutti elementi importantissimi per l’attuazione di adeguati programmi di politica alimentare”. Così Laura Rossi, ricercatrice del CREA Alimenti e Nutrizione, intervenuta all’evento di presentazione in anteprima nazionale dei risultati di “Food Mood, il monitoraggio sui nuovi atteggiamenti degli adolescenti nei confronti del cibo, nell’era del Covid-19”, che si è svolto su iniziativa dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, in collaborazione anche con l’ANBI e il Consorzio di Bonifica di Piacenza.
Si tratta di uno spaccato reale e comportamentale delle giovani generazioni, effettuato attraverso una analisi di un capillare sondaggio, realizzato all’interno degli istituti scolastici nel periodo pandemico, per valutare quanto la pandemia abbia inciso nell’atteggiamento nei confronti del cibo. Il 54% di questi ragazzi e ragazze ha esplicitamente dichiarato di aver cambiato le proprie abitudini alimentari, ma gli esperti vogliono capire la natura di questi cambiamenti: se siano stati positivi o negativi. Il quadro che ne emerge è caratterizzato da un contrasto tra luci e ombre, nel quale però le prime sembrano fortunatamente prevalere sulle seconde.
Tra i cambiamenti peggiorativi migliorativi si segnalano il recupero della “socialità” dei pasti in famiglia, favorita dal maggior tempo trascorso in casa (96% dei casi), la maggiore attenzione alla sicurezza dei prodotti, legata al bisogno da parte dei giovani di rassicurazione rispetto a tutto ciò che si mangia e si beve, e la diffusa propensione al “salutismo” alimentare (2 adolescenti su 3 hanno iniziato a scegliere cibi con meno grassi, meno zuccheri, meno sale e/o hanno ridotto la quantità complessiva di cibo consumato) la crescente aderenza ai principi-guida della cosiddetta “dieta mediterranea” e la riscoperta dei prodotti tipici del territorio, a cui il 70-80% degli adolescenti associa una straordinaria superiorità qualitativa.