L’obesità da adulti dipende dall’alimentazione da piccoli
Il rischio di obesità da grandi dipende dall’alimentazione nei primi due anni di vita. Soprattutto incide il tipo di svezzamento. Quest’ultimo è una fase delicata, in cui avviene il passaggio dal latte come alimento esclusivo agli altri cibi.
Pesa sulle scelte alimentari che riguardano il bambino anche la capacità economica della famiglia. Chi nasce da famiglie più agiate secondo i numeri viene svezzato meglio e ha una salute migliore da adulto.
Sullo svezzamento pesano differenze
L’Oms (Organizzazione mondiale della sanità) la definisce: alimentazione complementare. Si tratta dello svezzamento o divezzamento, quel periodo della vita che va dai 4-5 mesi fino a circa un anno di età. In questo periodo, il latte materno o formulato smette di essere l’alimento esclusivo della dieta. Il bimbo, quindi, viene introdotto nell’alimentazione degli altri componenti della famiglia. Tuttavia, in ogni nucleo familiare ci sono differenze economiche e culturali. Diverso è il livello di istruzione, l’accesso all’informazione e anche il modo in cui si fa la spesa.
Durante l’ultimo congresso della Fimp, la Federazione dei medici di famiglia, gli esperti hanno sottolineato l’importanza dei primi 100 giorni di vita. Come ci si nutre, in termini di qualità e quantità, all’interno del nucleo familiare dal concepimento ai due anni di età, incide drammaticamente sul futuro stato di salute della persona – ha sottolineato il presidente Antonio D’Avino.
Obesità da piccoli incide sulla salute da grandi
In Italia sono 100mila i casi di obesità e sovrappeso in età pediatrica. Spesso il problema viene sottovalutato dagli stessi genitori. I numeri maggiori si registrano nel Sud del paese (dati di OKkio alla Salute, il sistema di sorveglianza del Ministero della Salute). Nell’ultimo report sul sovrappeso-obesità e sui fattori di rischio correlati nei bambini delle scuole primarie, su un campione di 50mila bambini di terza elementare il 20,4% era in sovrappeso e il 9,4% obeso.
Secondo le evidenze scientifiche, l’80% circa dei bambini obesi lo sarà anche da adulto. La conseguenza è una percentuale di rischio maggiore di ammalarsi di malattie cardiovascolari (in particolare infarto e ictus), ipertensione, diabete di tipo 2, sindrome metabolica e di alcune forme di cancro, tra cui alla mammella, alla tiroide, alle ovaie, al fegato e al pancreas.
Allattamento al seno è protettivo
L’allattamento al seno è invece un fattore protettivo dell’obesità. Molti studi hanno dimostrato che i bimbi allattati esclusivamente al seno tendono ad assumere meno peso nei primi anni di vita. La qualità dei cibi è un altro elemento che fa la differenza. Le famiglie meno agiate tendono a usare più cibi pronti, ad aggiungere zucchero e sale in cucina e ad andare più spesso al fast food.
Durante il congresso è stato presentato il documento realizzato da 4 società pediatriche (oltre a Fimp, da Sipps, Società italiana di pediatria preventiva e sociale, Sinupe, Società italiana di nutrizione pediatrica e SIDOHaD, Società italiana per lo sviluppo e le origini della salute e delle malattie). L’obiettivo del lavoro è offrire a tutti i pediatri di famiglia gli strumenti per indicare i passaggi corretti ai genitori, con indicazioni redatte su una solida base di evidenza scientifica.
Dieta mediterranea da piccoli contro il rischio di obesità e sovrappeso
Tra i modelli di alimentazione complementare quello mediterraneo risulta il migliore. I pediatri di Fimp di Napoli hanno pubblicato su Nutrients una ricerca che ha valutato l’efficacia di uno svezzamento di tipo mediterraneo. Si basa solo su cibi freschi, di stagione, con spezie ed erbe aromatiche. I bambini dello studio a 3 anni mangiavano più mediterraneo degli altri, e le loro madri avevano stili alimentari migliori. Inoltre, i dati preliminari indicano un effetto benefico sul microbiota intestinale.
Uno degli errori, per esempio, che predispone all’obesità futura, è un eccessivo apporto proteico durante lo svezzamento. Le tabelle nutrizionali consigliano 25-30 grammi di proteine fino ai 12 mesi, hanno spiegato gli esperti. Inoltre, l’obesità infantile, mettendo l’organismo in uno stato infiammatorio costante aumenta il rischio in età adulta e avanzata di malattie correlate con l’infiammazione, come il Chron e la colite ulcerosa e poi di malattie autoimmuni, di demenza.