Formaggio, un grande business italiano. Ma sappiamo sceglierlo e conservarlo?
Mangiamo 23 kg di formaggio a testa (media annua) di cui 10 kg di prodotti freschi. Sono il 25% di ciò che mettiamo nel carrello. I formaggi sono una vera passione degli italiani. Il settore non conosce crisi: abbiamo 460 formaggi diversi, con un giro d’affari di 1,5 miliardi di euro. Ma i formaggi non sono tutti uguali, ad esempio ci sono i freschi o gli stagionati. Qual è la differenza? Il formaggio fresco oggi in Italia è quello più venduto, dalle mozzarelle alla ricotta, alle robiole di vari tipi. La produzione annua di formaggi arriva a un totale di 1.232.000 tonnellate. Quelli di latte bovino sono 1.005.000 tonnellate (di cui dop 441.000 tonnellate). I formaggi di altro latte sono invece 228.000 tonnellate (di cui dop 86.000).
Come scegliere i formaggi?
Quando si acquista formaggio al banco, o nel supermercato è importante stare attenti alla data di scadenza, le fette devono essere integre e devono avere un colore chiaro privo di muffe. Per quanto riguarda i formaggi freschi che subiscono dei deterioramenti rapidi, possono cambiare sapore dopo essere stati per molte ore nel frigorifero, ma questo non vuol dire che non siano più buoni.
Valori nutrizionali e stagionatura
I valori nutrizionali variano molto a seconda dei formaggi, come spiega il biologo nutrizionista Luciano Atzori, intervistato dalla tv pubblica. Durante la stagionatura i formaggi hanno un radicale cambiamento. Per quanto riguarda i grassi, spesso si parla di formaggi freschi come prodotti con poco grasso, in realtà non è così. Ad esempio il quartirolo è un formaggio magro, ma la mozzarella arriva invece anche ad avere il 19% di grassi, se poi è di bufala arriva anche al 23, 24% e vengono considerate erroneamente dalla massa dei formaggi tipicamente magri. Ciò che fa la differenza è sicuramente il tipo di latte utilizzato (se parzialmente scremato, totalmente scremato o intero).
Stagionatura e lattosio.
Con la stagionatura cambia la percentuale di acqua che si asciuga notevolmente, aumenta quindi la quantità di formaggio e questo è un aspetto importante dal punto di vista della dieta. In alcuni formaggi, però, scompare completamente il lattosio, questo è fondamentale per le persone intolleranti. Anche la proteina casina scompare, specialmente nei formaggi con 30 mesi di stagionatura e sono molte le persone sensibile a questa proteina. Dall’altra parte aumenta invece la concentrazione di sale, negativo per chi soffre di pressione alta.
Il colesterolo
Negli ultimi anni il formaggio è stato un po’ demonizzato anche dai dietologi per alcuni aspetti: il primo è per il colesterolo, ma in realtà il colesterolo ematico, presente nel nostro sangue è per la maggior parte, circa il 90% endogeno, cioè lo produciamo noi stessi. Solamente una piccola parte circa il 10% e esogeno, cioè proviene dall’esterno, quindi non è il formaggio in sé in quanto tale pericoloso. Tuttavia si consiglia di mangiare generalmente 50 g di formaggio stagionato tre volte a settimana e 100 g se è fresco.
La crosta del formaggio è edibile, tranne quando sono presenti delle scritte o delle lucidature con la cera. Per utilizzare la crosta, ad esempio dei minestroni, va raschiata la parte che presenta inchiostro o cera.
Cosa fare se nel formaggio si crea un po’ di muffa?
La muffa si forma soprattutto nei formaggi freschi, perché più ricchi di acqua e quindi deperibili. Se la muffa è una minima parte, basta eliminarla, spiega Atzori. Se il formaggio è invece notevolmente invaso dalla muffa, va buttato perché non si conosce la natura della muffa.
Come conservare il formaggio?
Sono sconsigliate le pellicole cellofan, perché hanno, anche se in bassissima concentrazione, il PVC che può rilasciare sostanze pericolose. Infatti su molte confezioni c’è scritto che non è idonea per prodotti oleosi o grassi. Di recente però si trovano in commercio pellicole che derivano dal mais o da prodotti naturali che quindi possono essere utilizzati anche per prodotti grassi come formaggi. Va bene invece la carta stagnola. Non è idoneo, invece, dal punto di vista igienico sanitario utilizzare le stoffe perché creano le condizioni ideali perché si sviluppino microorganismi.
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